Il codice del potere: Strategie di successo del Machiavelli indiano del IV sec. a.C.
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Anteprima del libro
Il codice del potere - Gianluca Magi
fondamentale.
IL CODICE DEL POTERE
Libro primo
LA DISCIPLINA
Attraverso una psicologia priva dei falsi accomodamenti morali, fin dagli esordi prende piede nella Scienza del potere il gioco urgente degli interessi immediati.
deduce con logica implacabile insegnamenti particolari, principi e assiomi dai fatti compiuti, sotto gli occhi, regole e massime dall'esperienza che andrà seminando in tutta la sua opera attraverso il mezzo espressivo del precetto.
Nel tipico spirito della logica indiana, riporta le opinioni di autori che, in una sorta di brainstorming tra cinque «maestri» o «dotti» di differenti scuole di pensiero politico, confrontano il loro punto di vista sulle varie situazioni e decisioni da prendere, che, pur soppiantandole in forza della propria casistica fondata sul sapere accumulato e il costante confronto coi fatti, si riflettono nelle sue citazioni e nei suoi aforismi.
non s'appaga di coltivare il re all'arte del buon governo, al modo di trattare col nemico, alla strategia militare e così via. No, egli fa pure da mentore, e prescrive al re la padronanza su se stesso, una disciplina lucida e un meticoloso modo d'impiegare le ore della giornata.
Con metodica «scienza» volta a formare il perfetto sovrano e perfezionarlo nei mezzi atti a promuovere il benessere e la prosperità dei sudditi, il re disciplinerà i «propri nemici interiori», ovvero imbriglierà la concupiscenza (manas) che si manifesta nei sei impulsi perniciosi della natura umana: cupidigia, collera, avidità, orgoglio, arroganza e avventatezza. Puerile e goffa sarebbe la pretesa di condurre un popolo senza aver prima padroneggiato se stessi. La psicologia è strumento nell'arte del comando. E il dominio su di sé è la prima conquista da approntare, giacché nessun ordine può stabilirsi nella società laddove chi lavora a farlo regnare non sia già egli stesso disciplinato.
Poiché tale disciplina non s'acquista per un mero atto del proprio volere, l'accurata educazione, dall'età di tre anni, si attua attraverso lo studio di quattro scienze: la filosofia, che insegna a ben riflettere e a discernere il giusto da ogni cosa; la religione che, basata sui sacri testi del Veda, determina i diritti e i doveri delle quattro classi sociali e delle quattro fasi della vita individuale secondo le istituzioni sacerdotali; l’economia che, occupandosi della produzione e del commercio, scaltrisce nei mezzi per accrescere la ricchezza del Paese; la politica che tende, con i suoi poteri e con mezzi palesi e occulti, a favorire l'ordine e la stabilità dello Stato, e talmente necessaria che senza di essa non potrebbero fiorire le prime tre scienze.
Essendo peraltro chiuse le porte del sapere all'uomo senza guida, è necessario che il colto sovrano disponga di un precettore che, in modo costante e oculato, lo guidi nelle profondità di tali scienze. Dunque una necessità ne sospinge un'altra: la disciplina personale presuppone il sapere, il sapere l'insegnamento di un maestro.
Pur possedendo il sovrano un'autorità illimitata e rimanendo l'arbitro assoluto in ogni deliberazione, è sottolineata l'importanza della collaborazione: se già è difficoltoso condurre una piccola impresa da un uomo solo, maggiormente lo è un regno con grosse entrate. Di qui la necessità di stabilire collaborazioni con ministri i cui compiti devono essere connaturati e compatibili al loro calibro.
Come uno spirito che anima un organismo, il sovrano si circonda dunque di un ristretto e fidatissimo entourage di consiglieri, un'assemblea ministeriale consultiva il cui numero varia secondo le circostanze e gli appartenenti a un esecutivo centrale di diciotto ufficiali governativi. I requisiti di cui i ministri e i consiglieri devono essere dotati, sono ampiamente descritti da . Le qualità richieste ai consiglieri sono ancora più elette di quelle dei ministri e si fondano su valori intellettuali, culturali, spirituali, morali e fisici.
Quanto ai ministri, senza mai sopravvalutarne la moralità né sottovalutarne l'astuzia, non c'è un solo caso in cui, all'occorrenza, non possano essere messi sotto accusa. Per avere l'esatta misura dell'integrità e tempra di carattere dei propri ministri, il re, usando nella loro scelta quella circospezione che deve avere verso tutti e tutto, li sottopone ai test della giustizia, della ricchezza, del piacere e della paura, ossia eventi artificiosamente preparati in collaborazione con un'elaborata rete di spie e destinati a fare emergere, qualora realmente sussistano, i sentimenti di giustizia, d'incorruttibilità, d'onestà affettiva e di coraggio. I ministri che superano il primo test saranno impiegati nelle corti civili e penali, quelli che superano il secondo nelle attività di ricevitore e di ciambellano, quelli che risultano onesti al terzo test a dirigere i luoghi di piacere, quelli che superano il quarto test in servizi d'immediato contatto col re. Soltanto quelli che hanno superato tutti i quattro test possono entrare a far parte della limitatissima élite dei consiglieri per eccellenza che, unitamente al cappellano reale⁸, dove-vano assistere il sovrano nel controllo delle capacità dei Ministri da designare quali capi di dipartimento ed esercitare una sovrintendenza generale sull'opera di tutti i funzionari governativi.
Il sovrano darà il buon esempio impegnandosi per tutta la giornata in un'attività così rigorosamente organizzata da essere paragonata a un rito sacrificale: dalla sveglia prima del levar del sole, passando per gli affari urgenti e il consiglio con i suoi ministri, fissando le missioni degli agenti segreti, prendendo visione sia delle misure adottate dagli amministratori per garantire la sicurezza dello Stato sia delle entrate e delle spese pubbliche, ascoltando le lagnanze e le rivendicazioni degli abitanti delle città e delle campagne prima di potersi dirigere verso la stanza da bagno dei suoi appartamenti per prepararsi al pasto del mezzogiorno; dopo essersi ritirato nella sua stanza da letto per fare la siesta, accorda udienza ai suoi ispettori, presiede un altro consiglio dei ministri e riceve il rapporti dei suoi agenti informatori; solo a quel punto è libero di prendersi delle distrazioni e a sole declinato vede per l'ultima volta i suoi agenti segreti, poi prende un bagno con le sue donne e si reca a cena che trascorre tra gradevoli conversazioni e nell'ascolto dell'orchestra musicale; la notte inoltrata lo attendono i suoi appartamenti ove si corica, per essere pronto, qualche ora più tardi, a ricominciare una simile giornata.
La persona del re è circondata da grande stima e ammirazione e da un fasto incomparabile. Poiché chi amministra il potere non conta nulla se non comunica al popolo i simboli riconoscibili e riconosciuti delle proprie conquiste, viene spiegata una spettacolare macchina teatrale d'incantamenti e seduzioni, una propaganda, nelle sue varie articolazioni, mirata a creare nella psiche del suddito, avido di vederlo, uno stato di comunione e devozione col leader, e a svolgere al tempo stesso un'esemplare azione pedagogica, che sia di stimolo alla virtù, al dovere, al sacrificio di sé per il bene del regno, alla fiducia nel sovrano. Il re è al tempo stesso vicino e inaccessibile, sia che si trovi al chiuso del suo splendido palazzo regale con bastioni, torri di guardia e tetti ornati di stendardi che garriscono al vento, sia nelle sue periodiche uscite per feste e pellegrinaggi, ove la gran pompa si squaderna in tutto il suo fasto: preceduto da colpi di gong e tamburi, tra il mugghio delle buccine, il re compare a dorso d'elefante in sfarzosa gualdrappa, attorniato da fedeli e seguaci, da portatrici di spada reale, di sandali, di parasole reale e scacciamosche, da stendardi dorati dalle aste policrome che dominano le teste, mentre un plotone di nobili cavalieri e fanti segue tale apparecchiatura propagandistica.
In ogni sua occupazione giornaliera il sovrano diffiderà di tutti, poiché la diffidenza è la somma di tutta la scienza politica insegnata da : un re si premunisce contro ogni pericolo, è guardingo in ogni sua azione, quando si accomoda in lettiga, allorché si corica solo o nel gineceo, si siede o indossa un vestito o s'adorna d'un monile; assaggia bevande, cibi, medicine solo dopo averli fatti ingerire a chi le ha preparate; ogni cosa gli provenga da estranei, è convenientemente esaminata. Come pure allontanati dal palazzo reale sono i calunniatori, i seminatori di zizzania, i perfidi, i cupidi, i bugiardi, i troppo rigidi o i troppo leggeri, giacché la corte non è un luogo che a loro conviene.
Se è giovevole diffidare di tutti, lo è altrettanto ispirare fiducia a tutti, poiché merita d'essere chiamato re solo chi riesce a far sì che il popolo in lui si riposi come in un padre. L'atteggiamento politico della diffidenza è dunque bilaterale: da un canto si diffida e dall'altro si affida. Ci si guarda dai tiri mancini per girarli, in segreto, contro gli avversari, facendoli sparire senza rumore: lo chiama «il castigo silenzioso», l'eliminazione fisica senza processo, senza appello, senza clemenza. Per farlo, il sovrano penetra nei pensieri della gente, quasi sorbendoli con gli occhi e con le orecchie, dove i propri occhi e orecchie sono anche quelli occulti delle spie di Stato seminate come riso sul territorio, soggetto e non soggetto, sotto le più insospettate mentite spoglie: padri di famiglia, chiaroveggenti, danzatori, commercianti, monaci itineranti, asceti, sacerdoti, mercenari, studenti, osti, cucinieri, buffoni, eunuchi, musicanti, saltimbanchi, astrologhi, polizia in borghese in rapporto con il mondo della malavita e della prostituzione, sicofanti, osti, servi, faccendieri, mercanti, generali, alti funzionari, cancellieri, strangolatori e avvelenatori di professione.
Ciò che essi vedono offre i mezzi per tirare dalla propria parte i malcontenti e i ribelli, facilita «l'estrazione delle spine» che insidiano la sicurezza del regno, sventa ogni pericolo e congiura, incluse quelle ordite all'interno della reggia da figli e consorti. Il peculiare aspetto esoterico d'alcuni procedimenti, che proprio nel suo mantenersi riservatissimo conserva valore ed efficacia, e che apparirà più accentuatamente negli espedienti di guerra, abbraccia l'intera dottrina politica e ne costituisce la caratteristica saliente.
Poi alla luce del sole, il sovrano volgerà dolci parole ad amici e a nemici, adoprando blandizie, onorificenze, doni. Conoscendo il valore delle parole e la loro ricaduta psicologica, le adatta alla personalità degli interlocutori e alle singole situazioni. Dalle sue labbra scorre miele, anche avendo a che fare coi bricconi, poiché è necessario sapere essere briccone coi bricconi e onesto con gli onesti. L'aperta e sfacciata violenza non è mai consigliabile. Affidando in tal modo i diffidenti, si guadagnano amici, si stemperano i malcontenti e si raggiungono i propri scopi.
1. ESPOSIZIONE DELLE SEZIONI DELL’OPERA
⁹
Dopo aver raccolto la maggior parte di trattati di scienza del governo elaborati dagli antichi maestri al fine di conquistare e conservare il possesso della terra, è stato composto questo eccellente trattato di scienza politica.
2. ESPOSIZIONE DELLE SCIENZE DEFINIZIONE DI FILOSOFIA
Filosofia, sacre scritture, economia e politica¹⁰: queste sono le scienze.
«Sacre scritture, economia e politica: queste sono le scienze», dicono i seguaci di Manu, «poiché la filosofia è da considerarsi una parte delle sacre scritture».
, «poiché le sacre scritture sono unicamente un inganno per chi conosce le faccende del mondo».
«La politica è la sola scienza», dicono i seguaci di Uśanas, «poiché da essa traggono principio tutte le scienze».
. Sono così chiamate poiché attraverso il loro ausilio si conosce il giusto e il benessere materiale.
La filosofia è costituita dal metodo sintetico, introspettico e materialistico¹¹.
La filosofia – indagando con argomentazioni il giusto e l'ingiusto in etica, il vantaggioso e lo svantaggioso in economia, la buona e la cattiva condotta in politica e il valore relativo di queste scienze – promuove il bene del mondo, rende stabile la mente nella calamità come nella fortuna e produce capacità di pensiero, di parola e d'azione.
La filosofia è la luce per tutte le scienze, efficace per tutte le azioni e appoggio di tutte le leggi.
3. DEFINIZIONE DI ECONOMIA - DEFINIZIONE DI POLITICA
La giustizia è lo strumento della prosperità della filosofia, delle sacre scritture e dell'economia. L'amministrazione della giustizia è la politica, che mira ad acquisire ciò che ancora non è acquisito, a far fruttificare ciò che è acquisito, ad accrescere ciò che è fruttificato e a distribuire alle persone meritevoli ciò che è accresciuto. Da tale arte di governare dipende lo sviluppo della vita del popolo: perciò il re, che desidera un prospero andamento del mondo, tiene sempre alta la giustizia.
Il re che infligge spesso severe punizioni diverrà lo sgomento del popolo, ma il re che ne impone di troppo leggere sarà disprezzato, mentre il re che dispensa giusti castighi sarà onorato.
La giustizia se amministrata con buon discernimento promuove il popolo al rispetto del giusto, al benessere materiale e al piacere dei sensi. La giustizia male amministrata – per passione, per ira e per ignoranza – suscita la furia persino dei santi ritirati nelle foreste e dei religiosi mendicanti, e quanto più poi quella dei capifamiglia. Ma se la giustizia non è affatto amministrata, produce la regola dei pesci: il pesce più grande divora il pesce più piccolo. Quando manca il re che amministra la giustizia il forte opprime il debole. Ma protetto dalla giustizia, il debole prospera. Il popolo con le sue quattro classi sociali e coi suoi quattro stadi della vita protetto dal re per mezzo della giustizia progredisce per il suo sentiero, ciascuno basandosi sul proprio dovere e sulla propria sfera d'azione.
4. PRATICA CON GLI ANZIANI
Le tre scienze hanno la loro radice nell'amministrazione della giustizia. La giustizia, la cui radice è nella disciplina di sé, assicura la prosperità dei viventi.
La disciplina di sé è al contempo artificiale e naturale: poiché lo studio rende seguace della disciplina il capace di studio, non l'incapace. La scienza rende seguace della disciplina l'uomo dalla mente intesa all'obbedienza, allo studio, alla comprensione, alla facoltà mnemonica, al discernimento, all'osservazione e alla realtà, non il contrario.
La disciplina e il contenersi derivano dall'autorità dei maestri delle singole scienze.
Dopo la cerimonia di tonsura il re studi la scrittura e l'aritmetica. Dopo la cerimonia d'investitura, studi le sacre scritture e la filosofia con l'aiuto di dotti, l'economia con l'aiuto d'ispettori governativi, la politica con l'aiuto di teorici e di pratici. Il voto di castità prosegua fino al sedicesimo anno, poi la tonsura e il matrimonio.
Per la sua stabile pratica frequenti coloro che sono invecchiati nello studio delle scienze, poiché questi sono la radice della disciplina.
Durante la prima parte del giorno si applichi alla disciplina nelle arti militari (con elefanti, cavalli, carri e dardi); nella seconda parte allo studio delle antiche narrazioni epiche, le quali comprendono i Racconti, i Romanzi, le Novelle, i Trattati giuridici e i Trattati politici. Per il resto del giorno e della notte si rivolga a cose che non conosce ancora, ripeta ciò che ha compreso e ascolti la ripetizione continuata delle cose non apprese. Poiché l'ascoltare assicura la capacità di giudizio, la capacità di giudizio l'applicazione, l'applicazione il vincere se stesso: ecco l'utilità delle scienze.
Il re disciplinato grazie alle scienze, lieto della disciplina del popolo, soddisfatto del bene di tutti i viventi, si godrà il dominio della terra.
5. VITTORIA SUI SENSI
La vittoria sui sensi è l'origine della retta condotta per mezzo delle scienze; si consegue soggiogando i sei nemici interiori: cupidigia, collera, avarizia, orgoglio, arroganza e avventatezza. Il non abusare del piacere dei sensi dell'udito, del tatto, della vista, del gusto e dell'olfatto è la vittoria sui sensi, ovvero la pratica dei precetti contenuti in questo codice: poiché tutto questo codice è teso alla vittoria sui