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Fantasie in doppiopetto (eLit): eLit
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Fantasie in doppiopetto (eLit): eLit
E-book187 pagine2 ore

Fantasie in doppiopetto (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Per anni Adam era stato il ragazzo delle sue fantasie.
Ma la realtà era ancora meglio. Con il vestito formale di ottimo taglio, la cravatta allentata e i primi bottoni della camicia aperti, era una tentazione vivente.
"Tu giochi in Borsa, ti piace rischiare. Allora adesso gioca con me" lo invitò Bridget.

Adam Hale, affarista affermato, ha perso la testa per le curve provocanti di Bridget Weiss fin da quando era un adolescente in balia degli ormoni. Una passione proibita, dato che lei era la sorellina dei suoi migliori amici.
Ma adesso Bridget è sola in una grande città. Ed è cresciuta.
Che male c'è a tenerla d'occhio molto da vicino? Dal suo letto, per esempio.
LinguaItaliano
Data di uscita31 mag 2018
ISBN9788858987742
Fantasie in doppiopetto (eLit): eLit
Autore

Marie Donovan

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Fantasie in doppiopetto (eLit) - Marie Donovan

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Bare Necessities

    Harlequin Blaze

    © 2008 Marie Donovan

    Traduzione di Paola Picasso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-774-2

    1

    «Come ti sembrano i miei seni?» Sugar Jones ruotò la testa per guardarsi nello specchio a tre facce e così facendo le extensions che si era applicata tra i capelli le danzarono intorno al viso.

    Bridget Weiss finì di agganciarle il reggiseno argentato le cui coppe dovevano contenere due seni prorompenti, opera di un famoso chirurgo plastico, pagato anticipatamente dal proprietario del Frisky Gentleman Club, un club frequentato da personaggi che non avevano niente a che vedere con dei veri gentiluomini.

    Sugar ruotò sulla pedana e il suo tanga argentato mandò dei lampi di luce. «Non mi sembra che i capezzoli siano alla stessa altezza» constatò, accigliata.

    Bridget la scrutò con occhio critico e notò che il capezzolo sinistro era mezzo centimetro più in alto dell’altro ma che, fortunatamente, entrambi erano centrati. Una ragazza che si era rivolta a una specie di macellaio si era ritrovata con un capezzolo che guardava a nord e l’altro a sud.

    Per fortuna esistevano vari stratagemmi per nascondere i peccati. Prima ancora di frequentare la scuola di disegnatrici di moda a Chicago, Bridget aveva studiato con grande attenzione i trucchi che si potevano mettere in atto per migliorare i seni.

    «Lascia che accorci appena un po’ la spallina sinistra» mormorò, aggiustandola.

    Vedendo il risultato, Sugar sorrise e si mise a saltellare di gioia, rimirandosi da tutti i lati. Alta e proporzionata, avrebbe potuto essere un’indossatrice un po’ formosa se non avesse deciso di gonfiarsi i seni fino alle dimensioni di due cocomeri.

    «Adesso che sono guarita dall’intervento, diventerò una Frisky’s Kitten, una ballerina del club. Finalmente!»

    «Una Frisky’s Kitten, eh? Caspita!» esclamò Bridget, colpita. Lo spogliarello così come le danze erotiche rappresentavano un affare lucroso, sebbene al limite della legalità, per i soci del Frisky’s.

    I clienti di quel locale erano sempre più numerosi e correva voce che le ballerine, o meglio, le spogliarelliste, fossero le più attraenti di Chicago.

    Chissà se anche Adam frequentava quel club?

    Turbata da quel pensiero, Bridget si morsicò le labbra e poi, irritata con se stessa, scrollò le spalle.

    Adam Hale poteva fare quello che gli pareva e se voleva perdere un mucchio di soldi passando le giornate a scambiare vacche con conigli, o con chissà cos’altro, al Mercantile Exchange, erano affari suoi.

    «Un lavoro molto redditizio» affermò Sugar, ammiccando. «Stando alle previsioni, il mio nuovo impianto mi ripagherà abbondantemente nel giro di due mesi.»

    «Previsioni? Hai fatto un piano economico?» domandò Bridget, chiedendosi se Sugar avesse calcolato quante danze del ventre eseguire ogni notte per intascare la cifra preventivata. Il suo piano economico si limitava a racimolare l’occorrente per pagare l’affitto del suo piccolo appartamento e il conto del negozio di alimentari.

    «Non solo ho fatto i calcoli al computer, ho studiato le previsioni riguardanti l’industria dell’intrattenimento e ho presentato il mio prospetto al professore di marketing. Sai, ho avuto un dieci e lode per quello. Non solo. La mia commercialista pensa che riuscirò a detrarre dalle tasse il costo dell’impianto.»

    Bridget socchiuse gli occhi. Doveva fare anche lei un piano economico e rivolgersi alla commercialista di Sugar. Le riusciva sempre difficile dedurre le spese dalle tasse e alcuni tessuti elastici erano molto costosi.

    «Bene, il tuo reggiseno sarà pronto tra due giorni. Inserirò nel tuo file le tue nuove misure, così, quando avrai bisogno di un reggiseno, basterà che mi telefoni.»

    «Fantastico! Penso che me ne serviranno moltissimi. Alcuni clienti se ne impossessano e non vogliono restituirli, oppure finiscono dentro un boccale di birra» si lamentò Sugar, restituendole l’indumento.

    Bridget lo prese e lo posò accanto alla macchina da cucire. Tre mesi prima, vedere i seni nudi di una donna l’avrebbe gettata in un imbarazzo atroce. Adesso, nemmeno i due grossi globi di carne che ballonzolavano davanti al suo naso le facevano effetto.

    Contorcendosi come un’anguilla, Sugar si era tolta il tanga e si era infilata un paio di slip e un banale reggiseno, entrambi di cotone bianco. Vedendo l’espressione meravigliata di Bridget, sorrise.

    «Sai, è difficile trovare dei completini seducenti di questa misura. Di solito le bretelle mi scavano un solco sulle spalle che risulta molto doloroso.»

    «Lo so bene. È per questo che mi sono dedicata alla biancheria intima» rispose Bridget, stringendosi nelle spalle. «Non ho mai trovato niente che andasse bene per me.»

    «Mi domandavo...» Sugar esitò. «Non offenderti, ma a guardarti non sembri il tipo che ha fatto esperienza nel campo degli intrattenimenti per gli adulti.»

    «Non mi offendo» rispose Bridget con rassegnazione. Con i suoi capelli castano chiaro e le lentiggini dovute alle estati passate sotto il sole ad ammassare il fieno nella fattoria di famiglia nel Wisconsin, faceva agli uomini l’effetto di una sorella minore. Come ad Adam.

    «Non ti sei fatta un impianto? Devi avere la quarta misura.»

    «Esatto ed è tutto naturale.»

    «Che fortuna!» Sugar si guardò il petto. «Sai quanto mi renderà questa bellezza?»

    Abbastanza da pagare i debiti nel giro di due mesi, facendo solo qualche ora di lavoro al giorno, pensò Bridget, soffocando un sospiro. Era stanca di economizzare su tutto. Non intendeva spogliarsi per guadagnare dei soldi, ma poteva rendere molto più redditizio il suo lavoro.

    «Un buon reggiseno è essenziale per sostenere i seni grandi, o quelli che cominciano a cadere.»

    «A cadere?» Sugar inorridì. «Nessuno mi ha detto che le protesi cadono.»

    «Be’, ma la pelle e i muscoli che le sostengono?»

    Sugar si posò una mano sul petto. «Non ci avevo pensato.»

    «C’è un rimedio. Posso confezionarti dei reggiseni per tutti i giorni che ti garantiscano il sostegno dovuto e dei tanga abbinati. Se non ti sembrano comodi, ti restituirò i soldi e tu potrai tenerti i tanga.»

    Sugar s’infilò una t-shirt bianca. «Una proposta senza rischi» commentò, ridendo. «Niente male. Mi piace.»

    «Bene.» Bridget sorrise. «Quale colore preferisci?»

    «Color carne. Con una scollatura profonda, in modo che possa lasciare sbottonate le camicette, almeno fino a un certo punto.»

    «Non c’è problema.» Bridget prese un appunto. «Ti aspetto venerdì alle quattro per ritirare il reggiseno argentato.»

    «D’accordo.» Sugar s’infilò un paio di jeans e delle scarpe da ginnastica. «Accidenti ai plantari. Il mio podologo ha detto che se non elimino i tacchi alti, palcoscenico a parte, dovrò farmi operare ai piedi.»

    «Capisco» convenne Bridget. «Le scarpe che porti adesso potrebbero andare bene allo stadio.»

    «È vero» ammise Sugar, pensierosa. «Potrei inventare una coreografia di tipo sportivo. Una giacca da baseball sbottonata e sotto un reggiseno e un tanga.»

    «Con il logo della squadra su ogni seno e sul davanti del tanga» suggerì Bridget, scherzando, benché la cosa fosse fattibile.

    «Che idea fantastica!» esclamò Sugar. «Le partite di baseball cominceranno tra due settimane. Potrei indossare il costume in autunno.»

    «Viva i Bears!» gridò Bridget. Tifosa dei Green Bay Packers, spesso non pubblicizzava il fatto di abitare a poche miglia dal Soldier Field, il primo campo da gioco di Chicago.

    Sugar prese la sua sacca a tracolla. «Viva i soldi! Rendono bella la vita. A proposito» disse, porgendole delle banconote. «Ascolta il mio consiglio. Fatti sempre pagare in anticipo.»

    «Ed ecco la ricevuta, così la tua commercialista sarà contenta.»

    «Ci tengo che sia contenta. Per pagarsi l’università, balla al Love Shack, perciò ha ben presente com’è il mio lavoro. Ci vediamo venerdì.»

    Bridget tornò nel laboratorio. Non potendosi permettere un appartamento con due camere da letto, aveva trasformato il salotto in stanza da lavoro. Una tenda chiudeva un angolo, formando una sorta di spogliatoio, anche se molte clienti non si vergognavano a mostrarsi nude.

    Davanti alla finestra c’era un grande tavolo da disegno, indispensabile per dar vita ai nuovi modelli, mentre lo specchio a tre facce era sistemato vicino al tavolo nel quale era inserita una macchina da cucire di tipo industriale.

    In realtà, un tempo quel tavolo era stato un ping-pong nella sala hobby di casa sua. Era grande e abbastanza robusto da reggere il peso delle camicie da notte ricamate per le spose, ma aveva richiesto l’aiuto di suo padre, dei suoi fratelli, Colin e Dane, e di Adam per trasportarlo nel suo appartamento al terzo piano.

    Durante il trasloco, Adam si era comportato in modo così strano e sfuggente che a un certo punto lei aveva domandato a Colin che cosa avesse. Il fratello le aveva detto che forse la ragazza di Adam si era arrabbiata perché lui le aveva offerto il suo aiuto.

    Un aiuto doveroso. Era per quel motivo che lei aveva deciso di andarsene dal Wisconsin. Era stanca di essere considerata l’eterna cucciola di casa.

    Sbuffando, allargò lo scollo della camicetta e osservò il suo reggiseno di cotone bianco. Proprio quel mattino aveva comprato in un discount delle mutandine altrettanto banali. Perché non si metteva mai qualcosa di più raffinato? Aveva abbandonato la famiglia per frequentare una scuola di disegno nella grande città peccaminosa proprio per creare della biancheria comoda ma bella per donne con taglie difficili: troppo grandi o troppo piccole. Che cosa aspettava a farlo?

    Di colpo aprì l’album da disegno e prese in mano un pennarello. Sugar non sarebbe stata la sola ad avere dei reggiseni sensuali, abbinati ai tanga. E l’uomo che avesse avuto la ventura di vedere lei svestita, non avrebbe pensato che assomigliasse alla sua sorellina.

    Adam Hale controllò il numero apparso sul suo cellulare e, pur sospirando, rispose. Da troppo tempo rimandava quella telefonata. «Pronto?»

    «Che cosa ti succede, Adam?» domandò Colin Weiss, suo ex compagno di stanza al college.

    Adam si sedette sulla poltrona di cuoio e spense il suo portatile collegato con la Borsa. Colin era un chiacchierone e lui non voleva che la notizia di una vendita straordinaria di titoli lo distraesse. Entrare in una trattativa senza poterla concludere sarebbe stato inutile.

    «Salve, Colin. Non mi succede niente. Come stanno Jenna e i bambini?» Colin aveva sposato la sua ragazza, compagna di college, subito dopo la laurea e aveva già due marmocchi.

    «Bene, bene. Ne aspettiamo un altro fra cinque mesi.»

    «Congratulazioni!» Tre figli e Colin, come lui, aveva appena ventotto anni. Adam non riusciva nemmeno a immaginare di avere un bambino, anche perché non aveva ancora trovato la donna con cui farlo. Peccato, pensò, ma visto il tipo di lavoro che svolgeva, non c’era nemmeno da pensarci.

    «Già. Che cosa vuoi che ti dica? Jenna non riesce a togliermi le mani di dosso.»

    «Dopo aver rincorso per tutto il giorno due diavoletti di tre e cinque anni?» replicò Adam, ridendo. «Ti piacerebbe, amico. Come va la fattoria?» Colin si era specializzato in agraria e aveva preso le redini del piccolo caseificio del suocero a mezz’ora di strada dalla fattoria dei suoi genitori.

    «C’è sempre un gran da fare. L’hai visto quando sei venuto qui.»

    «Come no?» Durante il suo soggiorno nel Wisconsin avevano sgobbato tutti come matti. Lui stesso, i genitori di Colin, suo fratello Dane e la sorella minore, Bridget.

    Come se gli avesse letto nei pensieri, Colin la nominò subito. «Come se la cava Bridget, Adam?»

    «Bene, per quello che ne so. Sono passato da casa sua un paio di volte e, non trovandola, le ho lasciato dei messaggi.» Messaggi a cui lei non aveva risposto, cosa che l’aveva in parte deluso, in parte sollevato.

    «Diavolo, vorrei che non si fosse trasferita lì» borbottò Colin. «È una ragazza di campagna, ingenua e dolce e tu sai che tipi sono gli uomini di città.»

    «Marpioni come quelli di campagna» replicò Adam. «Non sei sempre stato un padre felice di tre figli e hai parecchie storie da raccontare sulle ingenue e dolci ragazze di campagna.»

    «Bridget è diversa!» scattò Colin. «Quando mio padre e mia madre le hanno dato il permesso di venire a Chicago per frequentare quella scuola di disegno, non riuscivo a credere alle mie orecchie. Non sarebbe potuta andare all’università di Menomonie?»

    «Non è la stessa cosa, Col. Menomonie si trova nel nord del Wisconsin e i suoi abitanti, infagottati di lana, non sono degli esperti in fatto di moda. Inoltre, a ventiquattro anni Bridget non è più una bambina.» Colin non poteva immaginare quanto lui la considerasse una donna a tutti gli effetti.

    «Da quando è partita, è tornata a casa una volta sola e non si fa mai sentire. La mamma la chiama tutte le settimane e ogni tanto riceviamo una e-mail, ma non sappiamo come sta veramente. Dovresti farmi un gran piacere. Vai a trovarla, portala a bere un caffè e...»

    «E dopo dovrei farti una relazione? Se venisse a sapere che la spio, mi prenderebbe a calci e poi verrebbe a spararti.»

    «Per favore, Adam. La mamma è in ansia per lei. Bridget è la piccola di casa. Vogliamo solo assicurarci che stia bene.»

    «D’accordo» si arrese Adam. «La chiamerò e cercherò di convincerla a uscire con me.»

    «Grazie, amico, e se riuscirai a persuaderla a venire a trovarci al termine del corso che sta seguendo, ti sarò grato in eterno.»

    «Non mi devi niente. Lo sai, Col.»

    «D’accordo. Ma anche tu dovresti fare una pausa e

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