Il libro dell'estate
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Info su questo ebook
I segreti di Cliff House raccontati dalle voci di tre generazioni di donne
L’oceano e le rose selvatiche sulle dune fanno da cornice alla meravigliosa Cliff House, arrampicata in cima alla scogliera di Sconset, nell’isola Nantucket. Bess Codman, per la prima volta dopo anni, visita il posto che i suoi nonni costruirono circa un secolo prima. A causa dell’erosione, la grande casa è destinata a precipitare nel mare. Bess dovrà mettere da parte i suoi conflitti con il passato e occuparsi di sistemare la casa. Per farlo sarà costretta ad affrontare sua madre, una donna dal carattere determinato, che si rifiuta di abbandonare Cliff House. Bess non dovrà fare i conti solo con il passato della sua famiglia, ma anche con un vecchio amore. Nella confusione degli imballaggi, Bess ritrova il registro degli ospiti di Cliff House: “Il libro dell’estate”. Tra le pagine sbiadite del libro sono custodite le affascinanti storie di coloro che l’hanno abitata. La nonna di Bess, Ruby – che possedeva il libro dell’estate al tempo della Seconda Guerra Mondiale –, le ha sempre detto che “Cliff House è una casa di donne”. Solo l’ultimo giorno dell’ultima estate in quella casa arroccata sul mare, Bess si renderà conto che la verità delle parole di sua nonna è più profonda di quanto avrebbe mai potuto pensare.
«Michelle Gable racconta in modo brillante il passato, rivelando come rispecchi il presente. Questo libro è uno splendido romanzo multi-generazionale che parla della forza delle donne di Cliff House.»
Publishers Weekly
Michelle Gable
è cresciuta a San Diego, si è laureata al College of William & Mary e vive a Cardiff by the Sea, in California, con il marito, due figlie e un gatto. Si occupa di finanza e dedica tutto il tempo libero alla scrittura. L’idea per Un favoloso appartamento a Parigi, il suo romanzo d’esordio, è nata da una fotografia dell’appartamento parigino di Mme De Florian, arredato con estremo gusto eppure abbandonato per 70 anni. Alle stesse atmosfere è ispirato il suo secondo libro, Ritorno a Parigi.
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Il libro dell'estate - Michelle Gable
1725
Tutti i personaggi e gli eventi descritti in questo libro, tranne quelli di pubblico dominio, sono frutto dell’immaginazione dell’autrice e qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, è puramente casuale.
Titolo originale: The Book of Summer
Copyright © 2017 by Michelle Gable
Published in agreement with the author, c/o baror international inc., Armonk, New York, u.s.a.
All rights reserved.
Traduzione dall’inglese di Adriana Altavilla
Prima edizione ebook: agosto 2017
© 2017 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-227-1105-2
Realizzazione a cura di The Bookmakers Studio editoriale, Roma
www.newtoncompton.com
Michelle Gable
Il libro dell’estate
Newton Compton editori
Indice
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Nota dell’autrice
Per Paige Virginia e Georgia Anne
Capitolo uno
Island acktion
cliff house è spacciata?
15 maggio 2013
Gira voce che Cliff House, la villa di Nantucket per antonomasia, stia per finire nell’oceano. È uno strazio, questo è sicuro, visto che si tratta dell’unico edificio, originale e ben conservato, costruito prima del 1978 e rimasto nella metà più a nord di Baxter Road.
Per chiunque viva sotto una conchiglia, la casa si trova proprio a Sconset, in cima a una scogliera, a due passi dal faro di Sankaty Head e dal famoso campo di golf dove si può incontrare un certo famoso coach della National Football League, incappucciato e intento a darsi da fare con le sue mazze.
Assediata da decadi di erosione, Cliff House è un’incantevole villa antica che è invecchiata di un secolo solo nell’ultimo anno. Prima, lo scorso autunno, è stata investita dall’uragano Sandy, poi, a febbraio, da un’implacabile tempesta di neve e, infine, a marzo, da uno spietato Nor’easter, con venti che sono arrivati a soffiare a più di centocinquanta chilometri orari. In soli otto mesi, Cliff House ha perso più di quindici metri di scogliera, il che corrisponde circa alla metà di un campo da football, signore e signori; il tizio incappucciato ve lo confermerebbe.
Come molti sanno, la proprietaria di Cliff House altri non è che l’agitatrice del posto, Cissy Codman, che afferma di avere qualche asso nella manica: il riciclo di sabbia, argini e via dicendo. Ma, per quanto possiamo essere ossessionati da Cissy e dai suoi trucchetti, qualsiasi grande piano abbia escogitato la nostra abitante di Sconset preferita deve essere approvato da uno stormo di interessi locali e statali. In linea di massima, gli isolani non vogliono le barricate, mentre i vacanzieri sì. E Cissy Codman, in fin dei conti, appartiene un po’ a entrambe le categorie: pur vivendo sull’isola per la maggior parte dell’anno, rimane una bostoniana nel cuore.
Si dice che non ci sia più speranza, ma noi di Island acktion
troviamo difficile deglutire il boccone amaro. Se qualcuno può salvare la scogliera, quel qualcuno è proprio Cissy. Senza dubbio, muoverà mari e monti per ottenere ciò che vuole; speriamo solo che i monti, o in questo caso le scogliere, non si spostino per primi.
Continuate a seguirci, abitanti di Nantucket. Il braccio di ferro non si è ancora concluso. Personalmente, i miei soldi li punterei volentieri su un’audace sessantenne che non sembra dormire mai.
su di me
:
Corkie Tarbox, residente a Nantucket da una vita, assidua chiacchierona. Sposata con un marmocchio. Le opinioni espresse sul blog "Island
ack
tion" (Twitter, Facebook, Instagram et. al.) sono solo sue. Di solito.
Capitolo due
Sabato pomeriggio
So lo Cissy Codman può andare a prendere qualcuno in bici all’aeroporto.
«Bess!», urla, pedalando all’impazzata. «Elisabeth!».
Cissy indossa la sua uniforme standard: pantaloncini cachi, camicia di jeans e un paio di scarpe da ginnastica consunte; i capelli, invece, li porta infilati dentro un cappellino da baseball dei Red Sox.
«Oh, Bess, sei bellissima», dice e poi stritola sua figlia con uno dei suoi tipici abbracci: vigorosi, aggressivi, quasi punitivi. «Mi aspettavo di gran lunga di peggio, visto il divorzio».
«Sono in attesa di divorzio. E mamma, sei venuta in bici?».
Bess è troppo sconcertata dal mezzo di trasporto per lamentarsi dell’insulto mascherato da complimento, una specialità targata Cissy Codman; Bess ormai ci è abituata, così come è abituata alla bici. Eppure, nonostante tutto ciò per sua figlia non sia una sorpresa, Cissy riesce sempre a prenderla alla sprovvista.
«Devo noleggiare una macchina?», chiede Bess e trascina la sua valigia fuori, alla luce del sole, schermandosi gli occhi con una mano.
«Non essere ridicola», replica Cissy. «Siamo a Nantucket, non a Los Angeles».
«Okay, ma io vivo a San Francisco, il che equivale praticamente a vivere in uno Stato completamente diverso. Inoltre, ti rendi conto che siamo almeno a otto chilometri da Cliff House?»
«Sono giusto un po’ più di undici», ribatte Cissy. «Ho un cestino sulla bici, però!».
Bess abbassa lo sguardo sulla sua valigia che, pur entrando nella cappelliera di un aereo, decisamente non ci sta nel consunto cestino di vimini appeso al manubrio della bici di Cissy. Per non parlare del fatto che Milestone Road è una strada noiosa e interminabile che porta a Sconset. Sarebbe già difficile farla in bici senza valigia.
«Cis, pensi davvero che io possa far entrare questa…», Bess indica la sua valigia. «In quello?».
Il cestino della bici è così inadatto che persino il coniglio pasquale si lamenterebbe.
«Non mi aspettavo che portassi così tante cose», dice Cissy.
«Oh, mamma».
Bess si sporge in avanti per un secondo abbraccio; il primo è stato così fulmineo che non ha avuto occasione di ricambiarlo.
«È bello vederti», le dice. «Sono contenta che certe cose non cambino mai».
Bess si ritrae.
«E adoro che tu pensi di poter girare il mondo su quelle gambe ossute che ti ritrovi», aggiunge. «Ma, seriamente, dobbiamo valutare altre opzioni».
«Da quand’è che sei diventata una tale principessa sul pisello?», chiede Cissy con un sorriso. «Cavolo, hai passato troppo tempo in California. Non si capisce nemmeno più che sei del New England».
Afferra la valigia di Bess e si dirige a grandi passi verso la strada, tenendo il bagaglio con una mano e la bici con l’altra.
«La posso portare io quella!», grida Bess.
Cissy aumenta l’andatura, la sua coda riccia, sporca di salsedine, ondeggia attraverso il buco del suo cappello. Per tutta risposta, Bess appiattisce le sue ciocche scure e lisce.
«Non sono certa di sapere perché tu sia qui», le urla Cissy da sopra la spalla, «così tanto in anticipo per il matrimonio di tua cugina. Non fraintendermi, è grandioso vederti, ma non dovresti lavorare?».
Sì, lavorare è esattamente ciò che dovrebbe fare. È la stessa obiezione che Bess ha mosso a suo padre, quando lui ha chiamato.
«Be’, papà dice…», inizia a dire Bess.
«Oh, per favore». Cissy fa un verso simile a uno sbuffo. «Tuo padre di norma tende a esagerare. Probabilmente ha fatto del suo meglio per farti drizzare le antenne e per far sembrare la situazione irrimediabilmente disperata».
Bess scuote la testa; in effetti, disperata
potrebbe essere la definizione azzeccata per la situazione, insieme a catastrofica
.
«Elisabeth, devi trascinare tua madre fuori da quella casa», l’aveva implorata suo padre, solo settantadue ore prima.
«Perché non puoi farlo tu?», aveva domandato Bess. «È tua moglie».
«Ci ho provato, ma ha smesso di ascoltarmi anni fa. Tu sei l’unica che possa fare qualcosa».
Nonostante l’affermazione sembrasse sospettosamente un complimento, in realtà non lo era per niente. No, Dudley non credeva che la figlia di mezzo fosse in grado di influenzare la matriarca, testardissima e irremovibile. La sua fede in Bess era più pratica, radicata più che altro nella sua capacità di presentarsi dalla madre con pochissimo preavviso, almeno in confronto agli altri suoi due figli. Bess non è Clay, il fratello maggiore, che lavora un’infinità di ore alla settimana al fondo speculativo del loro padre. Clay, con i suoi due figli piccoli e una moglie, incinta di nove mesi ed esigente, il cui lavoro a tempo pieno consiste proprio nel dare ordini e comandi.
E Bess non è nemmeno Julia, l’ultima nata, che risponde quasi esclusivamente al nome di Lala
, perché per molti anni non è stata capace di pronunciare il suo stesso nome. La dolce Lala è in Sudan ad aiutare i rifugiati, perché le piccole di casa con delle lauree a Harvard e una vita privilegiata possono fare quel genere di cose. Julia non ha niente da dimostrare.
«Non posso volare dall’altra parte del Paese ora come ora», aveva detto Bess a suo padre. «Devo lavorare. Coprire tutti i miei turni creerebbe non pochi problemi a molte persone».
Per non parlare della sua vita privata completamente sottosopra, anche se Bess non ne aveva accennato al padre.
«Mi piacerebbe tantissimo essere d’aiuto», aveva mentito. «Ma non è fattibile. Hai provato a chiedere a Clay o a Lala?»
«Assolutamente no. Non chiederei mai una cosa del genere a nessuno di loro due».
«Ma certo che no».
«Non sarai comunque sull’isola alla fine del mese?», aveva domandato lui. «Per il matrimonio di Felicia. Parti prima».
«Papà, sono un medico. Non posso semplicemente prendere e mollare tutto».
«Ma non lavori qualcosa come tre giorni a settimana?»
«Tre turni», aveva replicato lei. «Che durano più di una comune giornata lavorativa».
«Lavori al pronto soccorso».
«Sì, ma è più un dipartimento che una semplice stanza».
«Vabbè».
Suo padre aveva cominciato a esasperarsi, come Dudley Codman era solito fare quando le cose non andavano come voleva lui; era un uomo insistente e intimidatorio, come un dittatore o come un capo di un cartello della droga, ma veniva smascherato solo nel momento in cui qualcuno lo faceva arrabbiare.
«Elisabeth», aveva detto con un sospiro tormentato. «Trova un altro dottore che copra i tuoi turni. Nessuno ha un appuntamento specificamente con te. Le persone non si limitano a presentarsi a caso con una ferita da taglio o che so io, cercando qualcuno che respiri?»
«Sì, ma quel qualcuno deve avere una laurea in medicina. E si presentano ben poche persone con delle ferite da taglio, ma capisco quel che intendi».
In un certo senso, suo padre aveva ragione: è abbastanza semplice scambiare i turni e, a differenza dei suoi colleghi, a Bess non secca lavorare durante le vacanze. In effetti, lo preferisce. Le piace fare favori alle persone, inoltre, sotto le feste, le emergenze tendono a essere più interessanti, perché ci sono meno drogati e mamme paranoiche.
«Ho già preso le ferie per il fine settimana del Memorial Day», aveva replicato Bess, facendosi due conti a mente.
Se avesse acconsentito alla sua richiesta, Bess sarebbe arrivata dieci giorni prima del previsto. Quella non era un’opzione contemplata.
«E riuscire a ottenerle per il matrimonio di Flick è stato davvero un colpaccio», aveva detto. «Più o meno si aspettano tutti che io lavori durante le vacanze».
«Perché? Perché sei divorziata?»
«Quasi divorziata. E non è poi così lampante, ma sì».
«Senti, non ho tempo di stare qui a litigare», aveva replicato lui. «Andrai a Nantucket, aiuterai tua madre a inscatolare tutto e la trascinerai fuori da quella catapecchia che chiama casa. Ora, se vuoi scusarmi, una delle mie compagnie sta per rivelare gli introiti e sono certo che sia in perdita».
«Papà, le parlerò quando sarò là. La chiamerò stasera! Di certo, non succederà niente tra ora e…».
«Senti, Bess», aveva sbottato lui. «Se non ci vai, tua madre finirà in spiaggia sotto un cumulo di macerie».
«Santo cielo, papà».
Il gangster nascosto in Dudley stava venendo fuori.
«Passeremo mesi a cercare di capire quali pezzi siano le ossa», aveva proseguito, «e quali le rocce».
E poi la linea era caduta.
Perciò, disperata
? Sì, lui aveva fatto sembrare la situazione abbastanza disperata, soprattutto quando aveva parlato dei frammenti di osso.
«Non so, Cissy», dice Bess ora, una volta raggiunta sua mamma, una sessantacinquenne che può correre più veloce di quanto si siano mai sognati di fare i suoi tre figli. «Papà mi ha dato l’impressione che fosse parecchio pericoloso».
«Se le cose fossero messe davvero così male, non pensi che sarebbe qui?»
«Dice che la casa cadrà giù dalla scogliera».
«Come se io lo permettessi».
Cissy si infila le dita in bocca ed emette un fischio acuto; due gabbiani terrorizzati volano via dal loro nido sul palo del telefono con un gran battito d’ali. Lei fischia di nuovo, poi inclina il pollice verso la strada.
«stiamo facendo l’autostop?!», strilla Bess.
«Non fare la femminuccia».
Bess rimane lì in piedi a bocca aperta, mentre una goccia di sudore le scivola lungo la schiena. Ecco a voi Cissy Codman
, devono pensare i passanti. Intenta a fare le sue solite bizzarrie
.
La madre di Bess è famosa su quell’isola, no, anzi, è famigerata. Quando Bess era ritornata sull’isola per finire le superiori, gli abitanti di Nantucket erano sembrati sorpresi che Cissy fosse qualcosa di più di un’agitatrice locale.
«Mia mamma sarà qui tra mezz’ora», diceva Bess.
«Tua mamma?», era la tipica risposta. «Intendi Cissy?»
«Mia mamma voleva che le portassi questo».
«Chi è tua… Oh, ah ah ah. Perché non mi hai detto semplicemente Cissy?».
E così Bess aveva iniziato a chiamarla semplicemente Cissy. All’inizio era partito tutto come uno scherzo, ma poi era diventata la norma. Sua madre non aveva dato segno di essere infastidita dalla cosa, tanto meno di averla notata.
«Cis, noleggiamo una macchina», ripete Bess. «Ovviamente nessuno muore dalla voglia di raccogliere un paio di imbroglione e questa non è esattamente una strada trafficata».
«Abbi un po’ di pazienza, eh? Che diamine, Bess».
Bess sospira, anche se le scappa un sorriso; punta lo sguardo sull’orizzonte, qualche macchina passa loro accanto. Bess è sempre più accaldata e impaziente. Per quanto ancora dovranno aspettare? Poi, per fortuna o sfortuna (Bess non sa decidere quale delle due), un enorme pick-up bianco, con dei pannelli di legno, appare in lontananza. Si avvicina e poi si ferma.
«Quello è….», fa per dire Bess.
«Assolutamente fantastico».
Cissy lascia cadere la bici e, poi, la valigia.
«Va’ all’inferno, Chappy!», urla e poi alza entrambi i medi.
«Madre!».
«Educata come sempre», replica l’uomo e si sporge oltre il sedile del passeggero per guardare malizioso le due donne dal finestrino aperto. «Che disastro, eh? Be’, Bess. Bentornata a casa».
«Grazie», borbotta lei.
«Forza, salite».
«È fottutamente perfetto», mugugna Cissy, ma comunque lancia la valigia e la bici nel cassone. «Suppongo che tu sia l’unica opzione disponibile, a causa del bagaglio di mia figlia».
Il bagaglio di mia figlia
, pensa Bess con un sorriso. Dolorosamente appropriato.
«Ma almeno ti è permesso guidare?», chiede sua madre all’uomo, il loro vicino Chappy Mayhew, mentre si allontana con un rombo dall’aeroporto. «Non ti avevano fermato per guida in stato d’ebbrezza?».
Chappy ride e scuote la testa; Bess non può fare a meno di sorridere. Già, è davvero a Nantucket o, per citare Cissy, tutto questo è fottutamente perfetto
. Bentornata a casa, dunque.
Capitolo tre
Sabato pomeriggio
«Allora, come te la passi, dottoressa?», chiede Chappy mentre procedono scoppiettando verso Baxter Road, e Bess si trova incastrata tra lui e sua madre.
Cissy ha gli occhi chiusi e la testa premuta contro il telaio della macchina.
«Bene», risponde Bess, brusca. «Proprio bene».
«Che cosa ti porta qui, sulla nostra incantevole isola, fin dalla California? Da che ricordo, non ci sei più venuta dal tuo matrimonio, che è stato, quando? Due anni fa?»
«Quattro», replica lei.
Chappy fischia.
«Wow. Sei stata lontana da tua mamma un sacco di tempo».
«Dacci un taglio, Mayhew», interviene Cissy. «Lei viene spesso a trovarci a Boston e io vado da lei a San Francisco almeno una volta al mese».
«Ah, sì?», domanda Bess e allunga il collo per guardare Cissy.
«Comunque, fatti gli affaracci tuoi».
«Sarebbe una minaccia, quella?», chiede lui, sbuffando.
Sarebbe difficile per Chappy farsi gli affaracci suoi, tenuto conto che vive nella casa grigia, di legno, proprio di fronte a Cliff House; a distanza di tiro, come direbbe Cissy, con una certa allegria. Chappy è il loro vicino da prima che Bess nascesse ma, anche se i due non vivessero così vicini, sarebbe impossibile ignorare Cissy Codman con tutto quel suo pedalare incessante, con le sue intrusioni alle assemblee cittadine e con la sua generale propensione a fare cagnara.
In breve, i due sono nemici naturali. Lui: un volgare abitante del posto, l’ultimo pescatore di professione sull’isola; lei: una non-isolana viziata che cerca di contaminare l’ecosistema e quindi i mezzi di sostentamento di lui. Ovviamente, visto che Cissy ha vissuto a Sconset (quasi) ininterrottamente per vent’anni, si considera una del posto a tutti gli effetti, ma i veri abitanti di Nantucket non sono necessariamente d’accordo; dopotutto, lei non è nata lì.
Con la sua casa di città a Back Bay e la sua tendenza a riparare a Boston al primo fiocco di neve, Cissy non è d’aiuto alla sua causa, senza considerare i milioni che raccoglie per il recupero della scogliera tra i suoi amici vacanzieri. Stanno salvando la costa, sapete? A beneficio sia dei residenti che dei visitatori. Sono proprio degli eroi!
I veri abitanti di Sconset non ci credono a quelle cavolate, però. Ai loro occhi, ai non-isolani non importa di Nantucket, ma solo delle loro eleganti case di vacanza. Tra l’altro, secondo loro, questi vacanzieri se la sono proprio andata stupidamente a cercare, perché a dirla tutta la gente del posto non sarebbe mai stata così idiota da andare a costruire direttamente su una scogliera.
«Me li faccio, comunque», dice Chappy. «Sarebbe un sogno che diventa realtà. Sapete, voi due siete parecchio aggressive per essere una coppia di autostoppiste. D’ora in avanti, raccatterò solo sporchi hippy».
«Ottimo», borbotta Cissy.
Durante il viaggio in penoso silenzio, Bess si domanda se non fosse stato meglio andare in bici, dopotutto; non ha davvero niente contro Chappy, se si esclude il suo atteggiamento pungente, ma essere cordiali sembra un bieco tradimento nei confronti di Cissy. Inoltre, il suo pick-up pare privo di ammortizzatori. Bess sarebbe pronta a giurare che le sue ossa stiano sbattendo le une contro le altre.
«Suppongo che tu sia qui ad aiutare tua mamma a portare via tutto», dice Chappy infine. «Tirarla fuori da quella casa».
«Qualcosa del genere».
«Non è ancora detta l’ultima parola», ricorda Cissy a entrambi. «Se dovrò mollare l’osso, non lo farò senza sollevare un polverone».
«Oh, santo cielo. Cara mia, so che vedi questa cosa come una lotta all’ultimo sangue, un combattimento in stile noi-contro-di-loro…».
«Quante volte te lo devo dire? Non esiste una differenza tra noi e loro. Siamo un noi
e basta! Sono una di voi, vivo qui! Vogliamo la stessa cosa: una Nantucket migliore».
«Una Nantucket migliore?», ironizza Chappy e alza gli occhi al cielo. «Migliore per te, che usi i soldi guadagnati con le palle da golf per mantenere i prezzi delle proprietà alle stelle e, nel frattempo, rovinare l’ambiente. Voglio dire, seriamente, compra un’altra casa e basta, no? O meglio ancora, tornatene in America».
Bess fa un sorriso beffardo. Ah, sì, la caratteristica distintiva di un vero abitante di Nantucket, che considera Boston come America
e l’isola come qualcosa di completamente diverso.
«Innanzitutto», replica Cissy, «questa è casa mia e non ne voglio un’altra. In secondo luogo, abbiamo venduto quell’azienda un sacco di tempo fa, come ben sai. Infine, le palle da golf c’entravano poco o niente; mio padre ha fondato la sua azienda con l’intento di riconvertire scarti di gomma in materiale riutilizzabile. In altre parole: li riciclava, molto prima che andasse di moda farlo».
«A ogni modo, aveva una fabbrica sulla riva del fiume e scaricava Dio solo sa cosa nell’Acushnet».
«Adesso basta».
«Questo sì che è divertente», interviene Bess.
«Senti, cara mia», dice Chappy, «non mi importa granché se la tua famiglia si è arricchita salvando degli orfani o vendendoli al mercato nero o in qualche altro modo. A me non importa e a Dio non importa. Neppure la cazzuta Cissy Codman, con la sua montagna di soldi, può opporsi allo scorrere del tempo».
«Cazzuta. Apprezzo il complimento, davvero, ma hai già tenuto questo discorso non particolarmente convincente due sere fa, e non sono rimasta colpita. Abbiamo un piano. Cascasse il mondo, costi quel che costi, ce la farò».
«Qualcosa cascherà di sicuro… casa tua».
«In conclusione, come ho già detto moltissime altre volte in passato, vaffanculo».
«Va bene allora, attieniti ai tuoi piani. Io rimango dalla parte di Madre Natura e di Dio».
Chappy sterza di colpo a sinistra e conduce le due donne nel vialetto di casa sua. Bess riesce quasi a sentire la forza e la stazza di Cliff House alle sue spalle; si rende conto allora che non le ha nemmeno dato un’occhiata mentre le passavano accanto. Quattro anni. Chappy ha ragione, è passato davvero troppo tempo.
«Eccoci arrivati», annuncia il loro autista, senza che sia necessario.
Bess inspira forte.
«Be’, un grazie», replica Cissy, saltando giù dal pick-up, «suppongo sia dovuto».
Lei toglie la bici dal cassone, mentre Bess se la prende comoda prima di scendere, strisciando lungo il logoro sedile di pelle per calarsi finalmente a terra.
«Smettila di perdere tempo!», guaisce Cissy.
Bess riesce a sentire le ruote della bici scricchiolare sulla ghiaia.
«Oh, signore, ti sei trasformata in una californiana in piena regola, eh? Che il cielo mi aiuti. Vola basso, sorella».
«Decisamente non ho mai sentito dire a nessuno una cosa del genere».
In effetti, però, la dottoressa Bess Codman sta perdendo tempo. Che cosa abbia paura di vedere, nemmeno Bess lo sa; sono passati quasi quattro anni dall’ultima volta che è stata qui, può succedere di tutto in mille e passa giorni. Forse la casa sarà sfasciata e cadente come suo padre l’ha descritta; o forse sarà sempre il solito vecchio posto, la casa dove anche lei ha vissuto ininterrottamente per un certo periodo, dopo che la sua vita era andata a puttane. In altre parole, i giorni di gloria. È buffo pensare a quali siano i problemi di una sedicenne.
Purtroppo, Bess non può tergiversare oltre, specialmente se Cissy ha voce in capitolo, cosa che, del resto, ha sempre. E così, con entrambi gli occhi serrati, Bess chiude la portiera. Inspira e muove il torso prima a sinistra, poi a destra.
Infine, riapre gli occhi e lascia che la sua mente registri la scena.
Eccola là, l’inveterata Cliff House: ampia, grigia, con il tetto a coppi, circondata da un’enorme siepe di ligustro. Sembra quasi la stessa di sempre.
«Oh», dice ad alta voce.
Forse la situazione non è così grave.
Bess fa qualche passo avanti, e qualche altro ancora, con le ginocchia tremanti. Quando le dita dei suoi piedi toccano Baxter Road, si rende conto che, sebbene la casa conservi l’aspetto di sempre, l’oceano pare all’istante più vicino che mai.
Trascina i piedi sul vialetto bianco, tirandosi dietro la valigia; alla sua sinistra non c’è nient’altro se non la vista sull’Atlantico. In quel punto, un tempo, c’erano due case per gli ospiti e Bess si aspettava di vederne almeno una; Cissy le aveva detto che Overflow
era andata perduta un anno fa circa, ma adesso anche Family Room
era scomparsa. Sulla destra, incombe la stessa Cliff House, per il momento al sicuro dietro la siepe.
Bess espira e s’incammina su per il vialetto, passando oltre la decrepita Land Rover Defender di sua madre, con il paraurti pieno di adesivi dei college dei suoi figli. L’adesivo Nantucket bella
è stato coperto – da Chappy – con un altro che dice Nantucket oscena
. («Oh, Chappy Mayhew vuole vedere qualcosa di osceno?! Glielo faccio vedere io!»). Bess ride, pensando che un pick-up del genere batta alla grande un cestino e una bici. Qualche volta sua madre è del tutto priva del buon senso del New England di cui si lagna sempre.
All’improvviso, Bess nota l’asta portabandiera o, piuttosto, la sua mancanza; quando si immagina Cliff House, la sua mente le crea un vialetto bianco, la siepe di ligustro e la grande casa grigia, con la bandiera americana che sventola sullo sfondo. Bess lascia cadere la valigia e attraversa correndo il cancello pergolato nella siepe fino al cortile laterale.
Sì, l’asta non c’è più, così come, a quanto pare, non ci sono più i campi da tennis, la doccia esterna e il capanno. Tutte queste cose, e molte altre, si sono volatilizzate. A Bess manca l’aria.
«Gesù», esclama ad alta voce.
Cissy è una vecchietta tenace, ma Chappy Mayhew ha ragione: è ora di rinunciare a Cliff House; è già troppo quello che non riavranno mai più.
Capitolo quattro
Sabato sera
Sono in piedi sul patio dietro casa, gli ultimi raggi del sole del giorno si allungano sull’Atlantico. Nonostante la vista sia magnifica, lo stomaco di Bess si agita e si contrae, le sue viscere si trovano su una serie di discese delle montagne russe; i venti sferzanti non aiutano.
«Cissy», dice. «Non possiamo stare qui».
Non c’è più. Cliff House è scomparsa.
L’edificio in sé resiste ancora, per il momento, ma il prato dove Bess si è sposata, dove moltissimi altri, inclusa Cissy, si sono sposati prima di lei è svanito. Nemmeno l’orto di nonna Ruby e il sentiero pubblico che ci passava dietro sono sopravvissuti.
Anche la piscina, un lungo rettangolo di blu con un singolo bordo bianco attorno, che un tempo si trovava nell’erba, è sparita, e lo stesso vale per il campo da pallavolo installato ambiziosamente da Cissy, nonostante la pallavolo fosse l’unico sport non praticato dalla famiglia.
La doccia esterna, l’asta della bandiera, il capanno delle bici e delle tavole: scomparsa, scomparsa e scomparso. Persino la loro notevole siepe di ligustro, curata per generazioni e fotografata per riviste, calendari e opuscoli turistici, è per lo più morta sul retro. Come aveva fatto a sembrarle tutto uguale dalla strada?
«Questo posto non è sicuro», dichiara Bess.
Se Bess osasse avanzare di tre metri, si troverebbe all’estremità del patio, dove il bordo d’acciaio è esposto; un cellulare lasciato cadere esattamente in quel punto precipiterebbe per diversi metri, finendo sulle rocce e sui detriti di sotto. Mentre il vento ulula contro di lei, Bess stessa rischia di volare giù dalla scogliera. Le folate sono forti lassù in cima a Baxter Road e, nel giro di pochi minuti, si ritrova la sabbia tra i denti e sulla pelle.
Le brucia la gola, ma ciò ha poco a che vedere con il clima che annuncia tempesta; capisce per un momento la riluttanza di Cissy a lasciare quel posto. Riguarda la casa, certo, ma anche la loro famiglia; riguarda Ruby, la mamma di Cissy e nonna di Bess, e Sarah, la bisnonna di Bess. All’inizio del Ventesimo secolo, Sarah aveva detto a suo marito, laureato al mit, che desiderava una casa dove la loro famiglia potesse rifugiarsi durante l’estate. Philip Young era uno scienziato che aveva inventato un processo di riciclo della gomma. Grazie a quella invenzione, aveva costruito un impero e la casa dei sogni di sua moglie.
Sconset, a dieci chilometri dalla città di Nantucket, non era la parte più alla moda della città; all’epoca, era infestato di artisti, pescatori e nuovi ricchi come gli Young. Sarah, tuttavia, l’aveva adorato a prima vista, ancora di più quando lei e Philip avevano scarpinato per un chilometro e mezzo su per Baxter Road. Le era bastata una sola occhiata alla scogliera disadorna per immaginarsi feste sul prato, orchestre e jazzisti che suonavano fino al mattino. La sua famiglia sarebbe cresciuta lì, aveva deciso Sarah. Non importava che cosa fosse accaduto nei mesi precedenti o quello che sarebbe accaduto nei mesi successivi: ogni anno sarebbe stato contrassegnato da un’estate trascorsa a Cliff House.
Il cuore di Bess si spezza vedendola finire a quel modo.
«Dobbiamo andarcene», afferma, scuotendosi di dosso una sconfinata nostalgia. È giunto il momento di essere pratici. «Papà mi ha accennato di averti spedito delle scatole vuote. Iniziamo a inscatolare tutto. Sai, non mi ero mai resa conto di aver paura dell’altezza».
«Bessie, riconosco che è un po’… pericoloso?».
Bess si volta verso sua mamma a bocca aperta.
«Se per pericoloso intendi letale, allora mi trovi d’accordo. Le tue tubature sbucano fuori dalla scogliera!».
«Sì, be’, abbiamo avuto una serie di sfortunati eventi con l’uragano Sandy, prima, e quelle tremende tempeste invernali, poi», replica Cissy. «Avevamo ancora mezza piscina a Natale! Ma non c’è nessun pericolo immediato».
«Hai dato un’occhiata tre metri davanti a te?», chiede Bess, puntando la zona con il dito.
«Il tempo si è stabilizzato e la veranda è abbastanza ampia…».
«No. Non esiste». Bess agita le mani attorno a sé, come se stesse cercando di far scomparire qualcosa. «Non perderò mia madre a causa dell’erosione. Qui giace Caroline Packard Codman, morta a causa della sua ostinazione e della sua incapacità di capire quando è venuto il momento di lasciar perdere
».
«Capisco il bisogno immediato di trovare una nuova sistemazione, ma fra tre giorni voteranno per approvare…».
«O non approvare», le ricorda Bess.
«Va bene. Martedì considereranno gli argini».
«E perché farebbe la differenza?»
«Gli argini funzionano benissimo a Martha’s Vineyard! Cavolo, l’intero Jersey Shore non è altro che un enorme progetto di ripascimento e di costruzione di argini. Una volta che quella situazione si sarà sistemata, potrò concentrarmi sulla mia situazione imbarazzante. Non riguarda me, lo sai, a prescindere da ciò che Chappy Mayhew afferma».
Bess occhieggia la scogliera; o i suoi occhi le stanno giocando un brutto tiro o anche in quel momento le rocce stanno scivolando verso la spiaggia. Fa per appoggiarsi a una ringhiera, ma poi ci ripensa. Chi lo sa con che razza di castello di carta hanno a che fare? Una mossa sbagliata e, be’, Bess non dovrebbe più preoccuparsi del suo imminente divorzio, né di tutti i problemi che ne conseguono.
Arretra di diversi passi.
«Perché stai qui? Puoi combattere la stessa battaglia da un posto che non stia per crollare».
«Stai esagerando. E poi, questa è casa mia, Bess».
«Lo capisco, ma…».
«A parte quello, ho le mie ragioni». Cissy tira su con il naso. «Senti, dopo l’incontro, farò i bagagli. Lo prometto».
«Lo prometti? Ma davvero? O questa è la classica promessa alla Cissy, non vincolante e con le dita incrociate?»
«Molto divertente. Lo prometto, Bess. Martedì mi trasferisco».
«Okay, bene». Bess espira.
«Sia io che Cliff House, ci trasferiamo entrambe».
Cissy gira sui tacchi e supera Bess, facendosi strada con decisione verso il bar all’aperto.
«Scusami?», dice Bess, girandosi di scatto. «In che senso vi trasferite entrambe?»
«Stavo pensando che potevamo spostarla indietro di una sessantina di metri?»
«Spostare che cosa?», domanda Bess, sentendosi invadere nuovamente dal panico.
«Cliff House, sciocchina. Abbiamo un sacco di spazio di manovra sul giardino anteriore».
«Cosa?!».
«Devo far tornare gli ingegneri», continua Cissy. «Il golf club ha garantito un diritto di passaggio».
«Quindi, ti limiti a…», Bess balbetta, «spostare la casa intera?»
«Con Sankaty Head ha funzionato».
«Un faro è un po’ più facile da spostare di una casa di cinquemila metri quadrati».
«Ne sarai sorpresa».
Cissy scompare sotto il bancone del bar e riemerge con una bottiglia e un bicchiere. Come se Bess stesse guardando una replica della sua serie preferita, osserva Cissy prepararsi una vodka con ghiaccio e la scena la disorienta quasi nella sua ordinarietà: ecco a voi Cissy Codman, sul patio di Cliff House, che mescola drink e ordisce trame. Bess quasi riesce a dimenticarsi l’Atlantico che le fissa a qualche metro di distanza.
«Non riesco a credere di essermi sposata lì», dice Bess e indica le nuvole.
Un mal di testa è in arrivo.
«È stato un giorno meraviglioso», replica Cissy, con un sorriso a trentadue denti.
«Ah, sì?»
«Non vedo l’ora di ricominciare a ospitare qui dei matrimoni. Ho offerto Cliff House a tua cugina per il suo, di matrimonio». Cissy si acciglia. «Ma Flick ha rifiutato. Santo cielo. Con tutti i posti che c’erano, si sposa allo yacht club. Sembra che mi stia facendo un affronto».
«Non è così».
Di colpo, Bess avverte un innegabile brivido di terrore; il matrimonio di sua cugina si celebrerà il Memorial Day, più o meno una settimana dopo. Bess dovrà rimanere fino ad allora? Dovrà stringere i denti
, per così dire? I suoi turni sono coperti, ma le sue ferie dovrebbero servire a tutt’altro e non dovrebbero comprendere viaggi inaspettati a Nantucket. Senza considerare il tempo impiegato per andare avanti e indietro da una costa all’altra, Bess non naviga esattamente nell’oro, il che solitamente è una diretta conseguenza di un divorzio, specialmente di uno come il suo.
Scuote la testa.
«Cis, nessuna donna con un minimo di cervello si sposerebbe qui», dice.
«Cliff House ha ospitato un numero infinito di matrimoni», replica Cissy, tirando su con il naso. «E il giardino laterale è grande abbastanza per il matrimonio che Felicia sta programmando. Ha solo cinquanta invitati!».
«Non prenderla sul personale. Sono certa che Flick non voglia avere a che fare con delle assicurazioni sulla responsabilità civile o con delle consorelle che muoiono cadendo».
«Tutti i suoi amici sono consulenti finanziari o avvocati», ribatte Cissy, scrollando le spalle. «Se in giro ce ne fosse qualcuno in meno, non guasterebbe».
«Che ridere».
Bess si avvicina a sua mamma e le mette delicatamente un braccio attorno alle spalle.
«Devi ammetterlo, Cissy. Questo posto non è esattamente pronto a ospitare un evento».
«Oh, lo so», dice lei e si obbliga a fare una risata. «Sarò anche un po’ avventata qualche volta, ma non sono un’idiota. Segnati le mie parole, però. Una volta che verranno attuate queste