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Un sogno in un ranch: Harmony Collezione
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Un sogno in un ranch: Harmony Collezione
E-book154 pagine2 ore

Un sogno in un ranch: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Era una scelta d’amore.

I vecchi debiti da pagare, l’affitto, i vestiti per la sua adorata figlia Kelsey. Josie Callahan è sempre stata contraria a scendere a compromessi, ma il futuro è troppo incerto per permettersi di rifiutare certe occasioni.

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LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2017
ISBN9788858961810
Un sogno in un ranch: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Un sogno in un ranch - Sandra Steffen

    successivo.

    1

    Jake McKenna sentì vibrare la terra sotto ai piedi. Appoggiò la punta del forcone al suolo, tendendo l'orecchio, lo sguardo puntato all'orizzonte.

    La vibrazione cresceva. Poteva essere un tornado, una tempesta, o... Ah, diavolo! Gettò il forcone a terra e uscì dalla stalla.

    Era una tempesta, in effetti. Un ciclone umano. Sky Buchanan stava divorando la strada sul suo cavallo, con la testa e le spalle chine sull'animale, il cappello che sventolava impetuosamente trattenuto solo dal laccio intorno al collo.

    Imprecando, Jake corse al cancello e riuscì ad aprirlo giusto tre secondi prima che Sky lo attraversasse alla velocità della luce.

    «Dannazione, Buchanan!» gli ringhiò quando Sky ebbe arrestato il cavallo a pochi metri dal muro della stalla. «Uno di questi giorni non sarò abbastanza veloce ad aprirti, e allora dovrò raccoglierti dal muro con un cucchiaio.»

    Sky Buchanan smontò elegantemente, quindi si voltò con un movimento fluido.

    «Se hai deciso di barattare i tuoi stivali da cowboy con scarpette da ballo, sei nel posto sbagliato.»

    Pur rendendosi conto che il suo sorriso irritava ancor di più i nervi già tesi di Jake, Sky guardò l'amico di traverso. «Hai l'aria di voler litigare. Il che significa o che è un giorno come tutti gli altri, oppure che la lettura del testamento del tuo vecchio non è andata troppo bene.»

    Una volta nella stalla, Jake si tolse lo Stetson nero che non lo abbandonava mai e aprì la bocca, come per dire qualcosa. Poi si rimise il cappello e, afferrato il forcone, ricominciò a rivoltare il fieno dal punto esatto in cui si era interrotto.

    «Ehi, Jake, che disposizioni ha lasciato?»

    La risposta fu molto simile a un grugnito.

    «Allora?» lo incoraggiò Sky. «Isaac ti ha lasciato il ranch o no?»

    Jake continuò ad accatastare il fieno.

    «Più o meno.»

    Il nitrito di un cavallo riecheggiò nella stalla. Jake sapeva che Sky lo stava osservando, ma intuiva anche che il suo miglior amico non gli avrebbe fatto altre domande fino a quando lui non fosse stato pronto a rispondere. Se Sky era paziente, Jake era testardo. I loro caratteri erano complementari.

    Quando ebbe calmato la propria irritazione, Jake conficcò il forcone in una balla di fieno. «È piuttosto chiaro.»

    «Cosa c'è che non va, allora?»

    «Vuoi proprio saperlo? È tutto mio, a eccezione dei cento acri di Sugar Creek.»

    «Cosa diavolo intendi...»

    «Intendo dire che i cento acri di Sugar Creek saranno miei solo se sarò un uomo sposato entro il mio prossimo compleanno.»

    «Altrimenti?»

    Un'ombra offuscò gli occhi di Jake. «Allora il terreno più fertile e produttivo di tutti i possedimenti dei McKenna andrà pari pari agli O'Grady.»

    Sky riusciva sempre a mantenere la calma, ma questa volta sbottò: «Avrei dovuto immaginarlo che quel vecchio guardiano di vacche avrebbe trovato il modo di interferire nella tua vita anche dalla tomba!».

    Gli O'Grady possedevano il ranch più vasto nel raggio di duecento miglia, e non perdevano mai occasione per ricordare alla famiglia McKenna che erano secondi.

    Jake odiava essere secondo. In qualsiasi cosa. Ma soprattutto odiava essere secondo agli O'Grady. Sbirciò oltre la spalla. «Hai sentito niente?»

    Sky tese l'orecchio. Era venerdì e i lavoranti erano andati tutti a Pierre a divertirsi. Un cavallo scalciò e si stava alzando il vento. C'era sempre vento, in Sud Dakota. Scosse la testa. «Stai cercando di cambiare argomento?»

    Anche questa volta la risposta fu un grugnito.

    «Rilassati! C'è ancora tempo. Compi gli anni a luglio, oggi è solo il primo maggio. Il tuo problema è che prendi le cose troppo seriamente.»

    «Questa cosa è seria, dannazione! Vorrei tanto che anche tu fossi serio, solo per dieci secondi!»

    «Io sono serio. Quando si tratta del mio cavallo, quando penso al vitellino che ho appena fatto nascere, e soprattutto quando penso a quanto sono fortunato che Isaac McKenna non fosse mio padre!»

    Sky si diresse verso la porta e Jake lo chiamò.

    «Dove stai andando, adesso?»

    «A prendere una bottiglia del rhum preferito dal tuo vecchio. Mentre la scoliamo, possiamo escogitare un piano.»

    «Penso che essere sbronzo non mi renderà un uomo felicemente sposato.»

    «Ehi! Non hai detto che il testamento ti impone di essere felice! Torno tra un attimo con la bottiglia. Direi che ne hai bisogno, no?»

    Jake raggiunse la porta. Da lì si poteva vedere la casa dei McKenna. Isaac se l'era guadagnata col sudore della fronte, insieme alla terra che la circondava, dopo essersi sposato, quarant'anni prima. Aveva aggiunto un'ala e il porticato dieci anni più tardi, subito prima che la moglie decidesse di andarsene con un altro uomo.

    Isaac aveva comprato altra terra, ma l'edificio non era più stato modificato. Non c'erano fioriere sugli scalini, né cespugli fioriti davanti all'ingresso; niente che suggerisse un po' di calore e che facesse pensare a una vera casa.

    Era tutto di Jake, ora. La casa, la terra, gli animali. Si sarebbe dovuto occupare delle pratiche per la successione, ma non quella sera. Quella sera, lui e Sky si sarebbero scolati un'ottima bottiglia dimenticando tutto il resto.

    Dimenticando che Sugar Creek sarebbe andata agli O'Grady.

    Sollevando il cappello, Jake lasciò che il vento gli scompigliasse i capelli. C'era un sacco di lavoro da fare: la staccionata da sistemare, i macchinari da riparare. La mietitura era dietro l'angolo. I vecchi sostenevano che la primavera era la stagione che comportava più lavoro.

    Come accidenti poteva trovare il tempo di cercarsi una moglie?

    E anche se avesse avuto tempo, a Jasper Gulch non c'erano donne nubili. Non molte, comunque.

    Era storia vecchia. Le donne avevano cominciato a lasciare il paese cinquant'anni prima; negli ultimi venti, addirittura, scappavano a frotte. Nessuno poteva biasimarle. La vita in un ranch non era certo paragonabile alle prospettive che offriva una grande città.

    Qualche anno prima la situazione era diventata problematica a tal punto che il Consiglio Comunale aveva deciso di pubblicare degli annunci sui giornali locali. Ben presto la notizia si era divulgata e Jasper Gulch era stata ribattezzata la città degli scapoli.

    Molte donne allora avevano deciso di venire a dare un'occhiata a questi solitari cowboy, ma era stato sufficiente uno sguardo ai negozi squallidi, alle strade polverose e agli ancora più polverosi abitanti perché la maggior parte di esse decidesse di tornarsene da dove erano venute. Delle poche che si erano fermate, quasi tutte avevano accalappiato uno degli scapoli decentemente appetibile e adesso erano madri di famiglia.

    Chi rimaneva?

    Il pavimento scricchiolò sotto i passi di Sky. Sistemandosi sulla staccionata di fronte a Jake, versò il rhum e gli porse il bicchiere. «Al capitano Morgan!» I bicchieri tintinnarono e furono svuotati in un unico sorso. Sky ne versò ancora.

    «A Isaac McKenna.»

    Questa volta Jake non alzò il bicchiere, ma neppure sprecò il fiato per mandare suo padre all'inferno. Sicuramente ci era già arrivato da solo.

    Il calore cominciava a divampare alla bocca dello stomaco. Sky riempì i bicchieri fino all'orlo per l'ennesima volta.

    «Hai una soluzione, Buchanan?»

    «La situazione non è disperata come sembra.»

    «Davvero?» Jake era conscio dello sguardo dell'amico fisso su di lui.

    «Ascolta. Non capisco come sia possibile» cominciò Sky, i folti capelli neri che ondeggiavano nel vento, gli occhi verdi, capaci di analizzare a fondo una situazione, «eppure si dice che le donne ti trovino attraente, anche se qualcuna ritiene che i tuoi capelli siano più lunghi di quanto si convenga e altre pensino che tu abbia un cuore di ghiaccio come quello del tuo vecchio. Certo, ti aiuterebbe un po' se sorridessi ogni tanto...»

    «Io sorrido!»

    Sky lo fissò perplesso. «Sicuro!»

    «Io sorrido, dannazione!»

    «Quando? Avanti, quando è stata l'ultima volta che hai sorriso?»

    Jake osservò il rhum rimasto nel bicchiere. «È solo che da un po' di tempo non ho niente di cui sorridere.»

    L'occhiata di Sky valse più di qualunque altro commento.

    «Hai torto, amico. La situazione è veramente disperata. E lo sono anch'io.»

    «Andiamo! C'è ancora una manciata di donne libere a Jasper Gulch.»

    «Una piccola manciata.»

    «C'è Crystal Galloway.»

    «Crystal Galloway mostra interesse relativo per gli uomini.»

    «È vero» rifletté Sky. «Però se è venuta in una città rinomata per l'alta percentuale di scapoli, un motivo ci deve essere.»

    «Chi lo sa... Altri suggerimenti?»

    «Mmh... C'è Tracy Gentry.»

    «È una ragazzina!»

    «È maggiorenne. E un uomo disperato non dovrebbe fare tanto il difficile. Brandy Shafer è fuori questione, dal momento che si dice abbia una storia con Jason Tucker. Poi c'è quella splendida lontana parente di Wes Stryker, Meredith Warner, ma... a dire la verità, l'avevo adocchiata per me.»

    Jake si volse lentamente. Il rhum cominciava a far effetto. «Hai finito?»

    «Non proprio. Suppongo che potrei mostrarmi nobile e cederti Meredith.»

    Oh, no! Jake non osservava molte regole, ma non riteneva corretto addentrarsi nel territorio di un altro uomo, soprattutto del suo miglior amico. Oltretutto pareva che anche Meredith fosse attratta da Sky. «Tu la desideri» sentenziò, «e tu ci devi provare!»

    Sky sembrò sollevato. «Ce n'è un'altra... Josie Callahan.»

    «Jo...» Jake balbettò, poi riprese fiato e balbettò ancora.

    «Guarda un po'! Ti manca il respiro solo a sentire pronunciare il suo nome!»

    Jake lo avrebbe incenerito. «Josephine Callahan? È il meglio che sai proporre?»

    «Cos'hai contro Josephine Callahan?»

    «È timida quanto un topo di biblioteca e altrettanto affascinante. E poi, è qui da più di un anno. Se avesse voluto sposarsi, avrebbe già trovato marito.»

    «Hai un'idea migliore?»

    Jake rivide un visetto pallido circondato da una aureola di capelli rossi che si osservava nervosamente le scarpe, prima di alzare lo sguardo su di lui.

    «Non credo.»

    «Josie Callahan, e sia!»

    Fa' che ci sia uno sbaglio, ti prego!

    Josie Callahan controllò una seconda volta il totale delle uscite nel registro di cassa. Poi lo controllò una terza volta. I numeri erano sempre stati il suo forte, e questa volta non faceva eccezione: non c'era alcun errore, era evidente come le lentiggini sul suo naso.

    Accidenti!

    Posò la penna e cercò di mantenere la calma. Stando così le cose non avrebbe avuto denaro sufficiente per comprarsi da mangiare quel mese, né tanto meno per pagare l'affitto o gli altri conti. Lei avrebbe potuto tirare la cinghia, ma la sua bambina aveva bisogno di nutrirsi. A Kelsey serviva anche un tetto e quella sicurezza che Josie aveva sempre cercato di darle, da quando Tom Callahan era morto, due anni prima.

    Pensa, Josie, pensa!

    Si trovava a suo agio a sommare e sottrarre, ma pianificare era un'altra storia. Tom le aveva sempre rimproverato di studiare i progetti col cuore e non con la mente.

    A dir la verità era proprio questo che l'aveva condotta all'altare appena diciannovenne; sempre per quello, poi, aveva deciso di trasferirsi in una piccola città del Sud Dakota, un anno prima.

    Tuttavia non rimpiangeva né l'una né l'altra scelta. Nossignore! Sposare Tom era stata la cosa migliore che

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