Un capo da soddisfare: Harmony Destiny
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Info su questo ebook
L'ufficio, la camera da letto... o entrambi?
Carismatico, sicuro di sé e sempre padrone della situazione, Wade Beaumont è un potente uomo d'affari che sa come ottenere quello che vuole. E adesso che Gina Grady è tornata da lui chiedendogli un impiego, ha in mente di usare la scrivania in molti modi, ma non per lavorare.
Dopo un'infuocata notte insieme, anni prima, Gina è scappata il più lontano possibile da Wade per proteggere il proprio cuore. Ma, ora che è stata costretta a tornare, sa che non potrà resistergli a lungo e che Wade userà tutte le armi in suo possesso per convincerla a soddisfare le sue fantasie più sfrenate.
Charlene Sands
Risiede nel sud della California con il marito e i loro due figli. Scrittrice dotata di grande romanticismo, è affascinata dalle storie d'amore a lieto fine ambientate nel Far West.
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Anteprima del libro
Un capo da soddisfare - Charlene Sands
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Between the Ceo’s Sheets
Silhouette Desire
© 2007 Charlene Swink
Traduzione di Giuseppe Biemmi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-176-8
www.harlequinmondadori.it
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1
Era l’ultimo posto in cui Gina Grady avrebbe voluto essere.
Ma la disperazione aveva in sé un forte potere persuasivo. E Gina era esattamente così: disperata. Senza contare che, nell’insieme, avevano un certo ruolo anche il suo orgoglio e la sua determinazione.
Aveva bisogno di quel lavoro.
Aveva bisogno di rimanere a Los Angeles.
Gina venne fatta accomodare in un ufficio vuoto. «Il signor Beaumont sarà subito da lei» le annunciò la signorina Danner delle Risorse Umane, prima di uscire dalla stanza e lasciarla sola con i suoi pensieri.
Gina si avvicinò all’imponente vetrata per godere della superba vista che si aveva dal dodicesimo piano del moderno grattacielo di Santa Monica, pregando mentalmente che il colloquio di lavoro andasse bene. Non avrebbe dovuto essere così preoccupata. Sam Beaumont era suo amico di vecchia data ed era sempre stato carino. Eppure, dover accettare la sua offerta di un posto di impiego presso la Triple B andava a inserirsi fra le dieci azioni di sopravvivenza più disperate che avesse mai dovuto contemplare. Il solo nome Beaumont le faceva rimescolare lo stomaco. Tuttavia, non era Sam, bensì suo fratello minore, Wade, quello che si augurava di non dover più incrociare sulla propria strada.
L’Oceano Pacifico si profilava all’orizzonte e, alla vista di quella distesa blu, rabbrividì, scacciando i pensieri riguardanti Wade. Aveva già abbastanza preoccupazioni. Non era il caso di permettere che le vecchie paure avessero la meglio su di lei proprio quel giorno.
Doveva soldi a un sacco di persone, alle quali non importava minimamente che fosse stata raggirata da un truffatore di professione che un tempo aveva creduto essere suo socio. La GiGiDesigns, la società che aveva messo in piedi con tanti sacrifici, non aveva avuto nessuna possibilità di sopravvivenza. Il sogno di una vita era stato spazzato via in un battito di ciglia. Tutto ciò che aveva realizzato con il sudore della fronte le si era sgretolato attorno.
Ma Gina aveva tempra. Non a caso, era più che determinata a ricostruire la sua attività nel campo della moda ripartendo da zero.
Prima di tutto, però, avrebbe dovuto pagare i debiti.
Gina si riordinò i lunghi capelli, assicurandosi che non fossero sfuggiti al nodo in cui li aveva raccolti dietro la testa, si sistemò il tailleur gessato e prese posto davanti alla massiccia scrivania in noce, posandosi sul grembo la grande borsa nera che era solo un Gucci taroccato. Quindi aspettò che Sam entrasse in ufficio.
Chiuse gli occhi per cercare di rilassare i nervi che sentiva a fior di pelle. Più calma, tirò un profondo respiro e li riaprì. Ma quando abbassò lo sguardo e si ritrovò a fissare incredula la targhetta in ottone che si trovava sul ripiano della scrivania, ebbe un sussulto.
Wade Beaumont, CEO.
«No!» Con il cuore che le batteva forte in petto, balzò in piedi. Non poteva sopportare di rivedere Wade, tanto meno di lavorarci insieme. Non poteva proprio mettere da parte l’orgoglio fino a quel punto. Si sistemò la tracolla della borsa sulla spalla, voltandosi per andarsene al più presto.
«Stai scappando un’altra volta, Gina?»
Come paralizzata, si fermò di colpo e, alzando il volto, si ritrovò a fissare gli occhi verdi di Wade Beaumont. Con la testa leggermente piegata di lato, lui se ne stava appoggiato allo stipite della porta dalla quale lei aveva sperato di svignarsela. Wade sostenne il suo sguardo e sulla bocca gli si disegnò un sorriso beffardo. «D’altra parte, è una tua specialità.»
Gina tenne alta la testa e cercò di apparire calma, sebbene dentro di sé fosse in preda a un gran subbuglio. Aveva assurdamente sperato che Wade non avesse nulla a che fare con la Triple B, e solo ora si rendeva conto di quanto era stata ingenua.
In ogni caso, non poteva ignorare il fascino straordinario emanato da Wade, che se ne stava lì in piedi, indossando un paio di pantaloni neri e una camicia azzurra, con le maniche arrotolate fino al gomito. Pareva più vecchio, anzi più maturo, e quei suoi freddi occhi verdi... be’, non aveva mai dimenticato il modo in cui erano soliti addolcirsi quando la osservavano. Così come non aveva mai scordato la sensazione prodotta da quel corpo armoniosamente atletico premuto contro il suo.
Ma, soprattutto, non aveva dimenticato il giorno di nove anni prima in cui era fuggita da lui.
«Io... ehm, c’è un errore. Non avrei dovuto venire» disse con un filo di voce.
Wade ignorò il commento. «Sei tu ad aver presentato domanda di assunzione, non è così?»
«Sì, ma davo per scontato che fosse Sam a dirigere la società di vostro padre.»
«Ah, quindi non pensavi che mi avresti trovato qui?»
Gina si fece coraggio, rammentando il disprezzo nutrito un tempo da Wade per la società che suo padre pareva amare ancor più dei suoi due figli. Nulla contava quanto la Triple B, per Blake Beaumont. Quando lo aveva conosciuto a El Paso, lei aveva compreso la repulsione di Wade sia per la società sia per suo padre. Mai avrebbe immaginato che fosse proprio lui a guidare l’azienda, adesso. «No, in effetti, non lo avevo nemmeno sospettato. Come ho già detto, è stato un errore.»
Gina lo osservò storcere la bocca. Lui girò attorno alla scrivania e raccolse il suo curriculum vitae, leggendolo attentamente.
«Attualmente dirigo la Triple B dalla West Coast. Mio padre è morto e mio fratello si è risposato e vive in Texas. La società è finita nelle mie mani alcuni anni fa.» La fissò direttamente negli occhi. «Suppongo tu credessi che avrei lavorato tutta la vita nel ranch di zio Lee o che mettessi su qualcosa di mio a El Paso, non è così?»
«Per la verità, non è che ci abbia pensato molto» disse Gina sinceramente. Aveva pensato innumerevoli volte a Wade, in passato... lo aveva sognato e si era chiesta che sviluppi avesse avuto la sua vita, ma non le era mai importato granché di quel che faceva per guadagnarsi da vivere. Anzi, non gliene era proprio fregato nulla.
Aveva conosciuto Wade un’estate in cui era ospite dei Buckley a El Paso. Sarah, la sua compagna di stanza al college, le era stata molto vicina dopo che i suoi genitori erano deceduti in un incidente in alto mare. Anche Gina, quel giorno, si trovava a bordo dell’imbarcazione, ed era sfuggita di un niente alla morte. Sarah aveva organizzato il funerale, occupandosi di tutto e standole vicina. L’aveva stretta forte quando le bare erano state calate nelle rispettive fosse e, successivamente, quando Gina si era sentita incerta riguardo al futuro, Sarah l’aveva accolta nella sua casa a El Paso.
La casa dei Buckley confinava con il ranch dello zio di Wade e loro quattro, ovvero Sam, Wade, Sarah e Gina, erano stati inseparabili. Grazie a quell’amicizia, si era lentamente ripresa dalla terribile perdita subita, fino al giorno in cui il mondo le era crollato addosso di nuovo.
E adesso Wade se ne stava seduto dietro la sua scrivania, appoggiato allo schienale della sua poltrona, impegnato a esaminarla. Gina si sentiva indifesa e vulnerabile, oltre che incapace di sottrarsi a quell’intenso esame.
«Dunque, non hai pensato a me? Oh, naturale, perché mai avresti dovuto farlo? Mio padre si è assicurato che tu mi cancellassi dalla tua vita, non è vero?» Le fece cenno di accomodarsi, non aspettandosi alcuna risposta. «Siediti. Facciamo questo colloquio.»
«No, non la ritengo una buona idea, Wade.»
«Credevo avessi bisogno di un lavoro...» buttò lì lui, socchiudendo gli occhi.
«Infatti, è così» ammise lei. «Solo, non di questo.»
Wade tornò a concentrarsi sul suo curriculum. «Sei più che qualificata per la posizione.»
Dato che le gambe le si stavano facendo di gelatina, Gina decise di sedersi, almeno per un momento.
«Hai una laurea in Economia Aziendale. E poi hai frequentato il Fashion Institute. Sono stati i soldi di mio padre a finanziare la tua istruzione?»
Wade pose la domanda con tale nonchalance che Gina dovette fare mentalmente il rewind delle sue parole per assicurarsi di aver sentito bene. Wade era convinto che lei avesse accettato lo sporco denaro di suo padre per stare alla larga da lui. Lo credeva perché lei non lo aveva mai negato. Gli aveva lasciato pensare che fosse stata convinta da un bel gruzzolo di soldi a lasciare El Paso.
Ma non era andata affatto così.
Era scappata via da Wade per tutt’altra ragione. E far credere a Wade che aveva accettato l’allettante bustarella da parte di suo padre le aveva garantito che lui non la seguisse.
Aveva odiato ciò che le aveva fatto.
E aveva odiato ancor di più l’arrogante Blake Beaumont.
Ma se anche le fosse stata offerta la possibilità di scegliere, Gina non avrebbe cambiato una sola virgola di quell’estate. Tranne la notte in cui avevano fatto l’amore. Sebbene i dolci ricordi dell’intensa passione che avevano condiviso l’accompagnassero sempre, avrebbe tanto voluto cancellare quella notte.
Sistemandosi la tracolla della borsa sulla spalla e tenendo a freno la rabbia, si alzò per andarsene. «Mi scuso» disse, e subito lo vide inarcare le sopracciglia scure, «per averti fatto perdere del tempo.»
Wade si alzò a sua volta e la trafisse con una delle sue occhiate. «Non mi hai fatto perdere un bel niente. Sei assunta.»
Wade osservò Gina battere le palpebre dei suoi begli occhioni scuri. Nove anni non avevano fatto che enfatizzare la sua sensuale bellezza e lo faceva infuriare che potesse fargli palpitare ancora il cuore. Bastava che Wade guardasse in quegli occhi dolci e ingannevoli e che ammirasse quel corpo voluttuoso per avere già qualche difficoltà a ricordare il dolore che gli aveva arrecato. Aveva colto la sua verginità ed era stata pura estasi, tanto che lo aveva considerato un punto di partenza. Non di arrivo.
E, invece, lei era sparita, lasciando la città senza nemmeno salutarlo. Aveva ottenuto ciò che voleva: un sacco di denaro da parte di quell’invadente manipolatore di suo padre. Ma se era il denaro il suo obiettivo, avrebbe almeno potuto aspettare. Cessato da tempo di lavorare nel ranch di suo zio, Wade sguazzava ormai nell’oro. Ma, a questo punto, lei si era già lasciata corrompere da un pezzo e aveva arrecato a Wade abbastanza dolore da riempire un intero battello del Mississippi.
Gina si rassettò il completo gessato e respirò profondamente, sollevando il petto, il tessuto strutturato incapace di nascondere la pienezza dei