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Passione d'Oriente: Harmony Collezione
Passione d'Oriente: Harmony Collezione
Passione d'Oriente: Harmony Collezione
E-book160 pagine1 ora

Passione d'Oriente: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Il loro primo incontro era stato turbolento. Il secondo, a dir poco sconvolgente. Eppure tra lo sceicco Nicholas al Rashid e Amanda Benning vi è qualcosa di irresistibilmente intenso,qualcosa cui non possono sottrarsi. A tutti è evidente l'attrazione esistente trai due, ma nessuno può permettersi di ostacolarli. Per amore di Nicholas, infatti, lei è disposta a seguirlo anche in capo al mondo, perfino nella sua terra natia. Purtroppo, però, una terribile sorpresa l'aspetta...
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2016
ISBN9788858955765
Passione d'Oriente: Harmony Collezione
Autore

Sandra Marton

Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Passione d'Oriente - Sandra Marton

    successivo.

    1

    Lo sceicco Nicholas al Rashid, Leone del Deserto, Signore del Regno e Sublime Erede del Trono Imperiale del Quidar, usciva dalla sua tenda tenendo in braccio una donna.

    Lo sceicco indossava un burnus, tipico mantello arabo con cappuccio, bianco, intessuto d'oro; gli occhi grigio argento brillavano di passione selvaggia. La donna gli circondava il collo con le braccia e lo fissava con espressione quasi supplichevole.

    Che succede, Nick?

    C'è una telecamera puntata contro di noi. Ecco che succede!

    Ma nessuno, guardando la copertina del Gossip, avrebbe creduto a una cosa così semplice, pensò Nick cupamente.

    Scorse per l'ennesima volta il trafiletto sotto la fotografia e imprecò a denti stretti.

    Lo sceicco Nicholas al Rashid con la sua ultima conquista, la bellissima Deanna Burgess. Che esperienza essere rapita da un simile, magnifico selvaggio del deserto...

    «Bastardi!»

    L'uomo basso e mingherlino, in piedi al centro della stanza, annuì. «Sì, mio signore.»

    «Bastardi velenosi e bugiardi!»

    «Senza ombra di dubbio.»

    Nick alzò la testa, irritato. «Chiamarmi selvaggio del deserto, come se fossi un animale. È questo che credono che sia? Un animale vizioso e ignorante?»

    «No, signore. Non credo proprio.»

    «Nessuno può chiamarmi così impunemente.»

    Ma qualcuno l'aveva fatto. Una volta. Una donna, o più esattamente una ragazzina. Il ricordo venne in superficie, ondeggiando come un miraggio sulla sabbia bruciante.

    Nient'altro che un selvaggio, aveva detto.

    L'immagine svanì e lui aggrottò la fronte. «L'hanno scattata durante l'Idal Baranda, la festa nazionale del Quidar!» Si staccò dalla pesante scrivania di faggio e si volse verso l'immensa vetrata che si affacciava sullo spettacolo mozzafiato di Manhattan. «Ecco perché indossavo il mantello.»

    Abdul chinò la testa in segno di assenso.

    «E la tenda... Maledetti loro! Apparteneva alla ditta di catering.»

    «Lo so, mio signore.»

    Nick ritornò alla scrivania e puntò il dito sul giornale incriminato. «Guarda!»

    Abdul si tirò sulle punte e sbirciò la foto.

    «Hanno tagliato l'oceano in modo che la tenda sembri essere stata montata in mezzo al deserto!» Si passò le dita tra i capelli corvini. «La signorina si era ferita al piede. Ecco perché la tenevo in braccio.»

    «Signore, non è necessario che mi spieghi...»

    «La stavo portando dentro la tenda. Non fuori. Potrei denunciarli...» Nick inspirò profondamente. «Non permetterò che questa faccenda mi sconvolga.»

    «Mi fa piacere, mio signore.»

    «Non ne vale la pena.» Diede uno strattone al giornale con aria disgustata. «Giusto, Abdul?»

    «Giustissimo, mio signore.»

    «Se la gente legge questa spazzatura, che faccia pure.»

    Abdul annuì.

    «Dopotutto, che importa se mi definiscono selvaggio ignorante?» Un sorriso gelido gli tra sformò il volto marcato in una maschera. «Che abbia tanto di laurea in legge e sia un esperto in alta finanza non conta.»

    «Mio signore, sire...»

    «Non conta che rappresenti un popolo antico e ricco di tradizioni...»

    «Eccellenza, la prego. Si sta di nuovo arrabbiando. E, come ha appena detto, non ne vale la pena.»

    «Lo stupido che ha scritto l'articolo dovrebbe essere squartato vivo.»

    Abdul annuì con vigore. «Sì, mio signore.»

    «Anzi, spogliato, ricoperto di miele e inchiodato sotto il sole del deserto ad attirare le formiche rosse.»

    Il segretario s'inchinò, indietreggiando verso la porta. «Darò subito ordine.»

    «Abdul.»

    «Mio signore?»

    «Non farai proprio niente.»

    «Niente? Ma, eccellenza...»

    «Fidati.» Lo sceicco abbozzò un amaro sorriso. «La mia parte di sangue americano dice che i miei compatrioti inorridirebbero al solo sentirne parlare.»

    «In tal caso, chiederò una smentita.»

    «Neanche per idea. Attirerebbe ancora di più l'attenzione su di me e sul Quidar.»

    «Come lei comanda, Lord Rashid.»

    «Telefona al fioraio, invece, e fa' mandare sei dozzine di rose rosse alla signorina Burgess.»

    «Sì, sire.»

    «Voglio che siano recapitate immediatamente insieme a un biglietto di scuse da parte mia.»

    «Oh, sono sicuro che la signorina sarà molto, molto seccata per quella fotografia» commentò Abdul a bassa voce. Così bassa che Nick lo fissò incuriosito. Il segretario arrossì e si affrettò ad aggiungere: «È stata una vera sfortuna che vi abbiano colti in quell'atteggiamento, mio signore. Sono felice che la prenda con tanta calma».

    «Sono calmo, vero? Calmissimo. Ho contato due volte sino a dieci. Una in quidarano e un'al tra in inglese. Calmissimo» mormorò, prendendo il giornale e sbattendolo contro la parete. «Bugiardi imbroglioni! Maledetti bastardi! Cosa mi piacerebbe fargli, se ce l'avessi tra le mani!»

    «Eccellenza, è stata tutta colpa mia.» La voce del segretario fu un mero bisbiglio.

    «Hai preso tu quella foto, Abdul?»

    «Certamente no...»

    «L'hai venduta tu a questa rivista scandalistica? Hai scritto tu quest'articolo infamante, in cui vengo descritto come un risuscitato Rodolfo Valentino?»

    Abdul soffocò una risata nervosa. «No, mio signore.» Si lasciò cadere sulle ginocchia, il capo chino, le mani imploranti. «Comunque, è colpa mia ugualmente. Avrei dovuto evitare che vedeste il giornale.»

    «Alzati!» Il tono era aspro. Secco.

    «Lord Rashid, ho sbagliato.»

    Nick si chinò a tirare su il segretario, con un sospiro pesante. «Hai fatto la cosa giusta. Era necessario che lo vedessi prima del ricevimento di questa sera. Qualcuno potrebbe parlarne solo per osservare la mia reazione.»

    «Nessuno oserebbe tanto, mio signore.»

    «Credimi, Abdul. Qualcuno lo farà.» Un sorriso gli ammorbidì la linea dura della bocca. «La mia dolcissima sorellina, per esempio. Sappiamo bene come adori scherzare.»

    Abdul annuì. «Però avrei potuto comprare tutte le copie e bruciarle...»

    Nick gli mise un braccio intorno alle spalle, accompagnandolo verso la porta. «Hai fatto la cosa giusta. E te ne sono grato.»

    «Davvero?»

    «Pensa ai titoli sui giornali di domani, se il mio sfogo avesse avuto un pubblico. Il selvaggio sceicco mostra il suo lato primitivo.»

    Il piccolo segretario sorrise. «In passato avreste potuto avere la loro testa!»

    «Sì, ma quei tempi sono finiti. Ora siamo nel ventunesimo secolo.»

    «Ha ancora quel potere, Lord Rashid.»

    «È un potere che non eserciterò mai, Abdul.»

    «Così sostiene, eccellenza.» Il segretario si fermò sulla soglia. «Ma suo padre le direbbe che il potere di risparmiare la vita a un uomo o togliergliela è il modo migliore per assicurarsi che chi ha a che fare con lei la rispetti e la onori.»

    Il pensiero dei numerosi, cosiddetti amici prostrati ai suoi piedi a chiedere misericordia gli strappò un sorrisetto divertito. «L'idea è senza dubbio invitante, tuttavia i tempi sono cambiati.»

    «Comunque, stasera ci saranno solo ospiti graditi, mio signore.»

    «Mmh, duecentocinquanta cari amici, giusto?» Il suo tono era chiaramente ironico.

    «Giusto, Lord Rashid. È tutto?»

    «Sì, Abdul. Grazie.»

    «Prego, sire.»

    Nick rimase a osservare il segretario che s'inchinava, indietreggiando. Avrebbe voluto dirgli di non farlo, ma sarebbe stato inutile.

    «È l'usanza» gli avrebbe risposto Abdul.

    E aveva ragione.

    Con un sospiro, andò a sedersi alla scrivania.

    Tutto era usanza. Era una questione di rispetto e di onore. Lo sapeva. Lo capiva. Anche se lo metteva a disagio.

    Quanto agli occidentali, alcuni lo comprendevano. Altri, la maggioranza, lo guardavano come un essere esotico. Una specie diversa. Una creatura primitiva che viveva nelle tende.

    Un selvaggio che faceva delle donne quello che voleva.

    Si alzò in piedi e andò alla finestra, la bocca stretta in una piega amara.

    Aveva indossato il costume tradizionale una mezza dozzina di volte nella sua vita e solo per far piacere a suo padre. Aveva dormito in una tenda qualche volta di più, ma soltanto perché amava il sospiro del vento e lo spettacolo delle stelle contro il velluto nero del cielo. Spettacolo che si poteva ammirare esclusivamente nell'immensità senza fine del deserto.

    Quanto alle donne... Non aveva mai preso una donna che non fosse consenziente. Non aveva mai forzato nessuna donna ad andare a letto con lui, né l'aveva rinchiusa in un harem.

    Be', doveva essere onesto. Che bisogno aveva di farle prigioniere? La verità era che le donne erano state sempre lì. Gli cadevano nel letto senza che lui facesse il minimo sforzo. Sin dai tempi dell'università, quando la sua vera identità non era ancora nota al cosiddetto mondo civilizzato.

    E anche prima.

    Il sorriso si accentuò.

    Il pensiero corse all'estate che aveva passato a Los Angeles con la madre. Era un'attrice. E come lei almeno la metà delle donne che vivevano a Beverly Hills. Compresa la brunetta favolosa della porta accanto, che l'aveva allontanato dalla piscina dei bambini e portato a fare cavalcate ben più selvagge di quelle che era solito fare sui purosangue arabi allevati dal padre.

    C'erano sempre state le donne.

    Il sorriso si spense.

    Ma la maggior parte era attirata dai vantaggi che implicava farsi vedere con lui e godere della luce dei riflettori che lo perseguitava. Altre invece s'illudevano che una notte di passione potesse significare una vita in comune. Altre ancora speravano d'intrufolarsi nel suo mondo privato per poter poi vendere la loro storia ai giornali scandalistici.

    Gli occhi d'argento si fecero di ghiaccio.

    Solo uno sciocco poteva restare coinvolto con donne del genere, e lui certo non...

    Il telefono irruppe nei suoi pensieri. «Pronto?»

    «Se vuoi essere qui in tempo per farti una doccia e indossare lo smoking, è meglio che ti dai una mossa, Mister Fascino» annunciò la voce allegra della sorellastra.

    Nick sorrise e si appoggiò al bordo della scrivania. «Sta' attenta a come ti rivolgi a me, ragazzina, altrimenti ordinerò di tagliarti la testa. Abdul sostiene che sia la giusta punizione per chi mi manca di rispetto.»

    «L'unica cosa che sarà tagliata questa sera sarà la mia torta. Non capita tutti i giorni di compiere venticinque anni.»

    «Dimentichi che è anche il mio compleanno.»

    «Lo so, lo so. Stesso padre e stesso giorno di nascita. Ma tu non sei eccitato quanto me.»

    «Perché ormai io ho oltrepassato la cima della collina. Ne ho trentaquattro, sai?»

    «Nick, a parte gli scherzi, sarai qui in tempo?»

    «Contaci.»

    «Ma non prima.» Dawn soffocò una risata. «Altrimenti pretenderai che mi cambi.»

    «Il che significa che ti sei messa qualcosa di troppo corto, troppo stretto, troppo scollato.»

    «Siamo nel ventunesimo secolo, sua somma bellezza.»

    «Non quando siamo in terra quidarana. E smettila di darmi quegli stupidi epiteti.»

    «A, questa non è terra quidarana, ma un attico sulla Fifth Avenue.»

    «Diventa suolo del Quidar nel momento stesso in cui io

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