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Essere Dio: Coaching per fare anima
Essere Dio: Coaching per fare anima
Essere Dio: Coaching per fare anima
E-book480 pagine6 ore

Essere Dio: Coaching per fare anima

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Info su questo ebook

Esiste un modo per fare della propria vita un’opera d’arte, degna di esser vissuta?

La risposta è sì! Il modo esiste ed è, tutto sommato, semplice. È qualcosa che conosciamo da sempre, ma nel tentativo di raggiungere risultati lo abbiamo associato al “fare di più”.

Questo libro propone una prospettiva diversa: e se quel “fare di più” avesse a che vedere con l’Anima? Se anziché “fare risultato” dovessimo “fare Anima”? Se quello di cui abbiamo necessità fosse passare dall'“io voglio” all'“io sono”?

È piuttosto diffusa la consapevolezza, più o meno precocemente guadagnata, che non è sufficiente volere qualcosa... Tra queste pagine si scopre che è necessario divenire l’identità di ciò che desideriamo.

L’esempio ce lo offre l’autore stesso: a Walter non piace scrivere, anzi, Walter odia scrivere! Per lui è noioso e faticoso; tuttavia per amore, per uno scopo più grande, ci dimostra che possiamo essere anche ciò che caratterialmente non ci piace, quando abbiamo un buon motivo: se decidiamo di diventare quella nuova identità – all'inizio scomoda... sfidante – assaporiamo come la vita prende significato e scopriamo di essere sempre più naturalmente noi stessi.

Quando osiamo andare oltre chi abbiamo creduto di essere, quando scegliamo di andare al di là dei limiti del nostro carattere 'appreso', modellato negli anni... Stiamo cominciando a orientarci diversamente: attratti dai nostri sogni irrinunciabili, ci lasciamo guidare dai nostri valori più alti.

La vita è un’incredibile opportunità per celebrare la sacralità dell’esistenza creando Bellezza nel Fare Anima.
In questo libro imparerai:
  • I “fondamentali” del sistema vita
  • Cosa significa Fare Anima
  • Cos’è e come funziona il cambiamento
  • Cos’è e come funziona la motivazione
  • Cos’è e come funziona l’intento
  • Cos’è l’Immagine del sé
  • Cos’è l’immaginazione
  • Differenza tra Bisogno, Volere (io voglio) Desiderio
  • Come filosofia, fisica, psicologia e spiritualità lavorano assieme per il nostro essere divini
  • Come “aprire” un paradigma carenziale
  • Come andare oltre l’illusione della separazione coscienza – mondo, spirito – materia, Dio – essere umano
  • Come rispondere a “certe strane domande”: chi sono io? , da dove vengo?, perché sono qua?
  • Come riscrivere il nostro “Libro della Vita” e creare il proprio Destino
  • Come dare Scopo e Significato alle nostre azioni
  • Come sviluppare l’arte di sognare e dell’intento
  • Come sviluppare abitudini funzionali
  • Come creare coerenza mente – cuore
  • Come lavorare col modello IO SONO
  • E molto altro….
Immagina la Bellezza di poter incarnare il divino che è in te!

Questo libro è un invito – fatto di pagine da leggere e pagine da sperimentare (è infatti ricco di esercizi) – accompagna, supporta e sfida a dare il via a un cambiamento, al processo di creazione dell’immagine più alta di sé, così che ciascuno trovi come dare scopo alle proprie scelte, per “far batter le mani e far cantare l'anima”.
LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2020
ISBN9791220202268
Essere Dio: Coaching per fare anima

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    Anteprima del libro

    Essere Dio - Walter Alamanni

    Walter Alamanni

    ESSERE DIO

    Coaching per fare anima

    UUID: 3f11c29f-c69d-4f17-957a-cb1e1733f8bf

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice

    RINGRAZIAMENTI
    PREFAZIONE
    PREFAZIONE
    INTRODUZIONE

    Struttura del libro

    LE PICCOLE FOGLIE DELLA PIANTA DEL TÈ NELLA VALLE DEL FARE ANIMA

    I miei fondamentali

    UN UNICO GRANDE ORGANISMO

    La vita è un’unità Sacra ed orgastica e non è risolvibile in un paradigma biologico o psicologico

    Esercizio 1: La Sacra orgasticità nel quotidiano

    La questione del paradigma

    Esercizio 2: Ricapitolazione

    LA SEPARAZIONE È ILLUSIONE

    Le due facce della stessa Realtà

    Coscienza consapevolezza e materia

    La zuppa quantistica

    Una coscienza Olografica

    Tonal e nagual

    Esercizio 3: Lo spazio vuoto tra le foglie

    Le tre menti

    Certe strane domande

    Chi sono io? Da dove vengo? Perché sono qua? Dove sto andando?

    Esercizio 4: Cerimonia, Albero fiorito

    LO SPIRITO CERCA IL RISVEGLIO DELLA COSCIENZA ATTRAVERSO IL CAMBIAMENTO

    Il Torrente della Vita scorre incessantemente dentro e fuori ogni forma di questo pianeta

    Esercizio 5: Meditazione sul Torrente della Vita che scorre in te

    La quercità è già contenuta nella ghianda

    Il cambiamento è lo stato naturale delle cose e veicolo per l’evoluzione

    Immuni al cambiamento

    Cambiamento disperato e cambiamento ispirato

    CONDANNATI A ESSERE LIBERI FATO, DESTINO E LIBERO ARBITRIO

    Io sono

    Intenzione e Motivazione

    Valori e Credenze

    Esercizio 7: Riconosci le credenze limitanti

    Esercizio 8: Passa da una credenza limitante a una credenza potenziante

    Bisogni, Volere, Desideri

    Esercizio 9: Bisogni, Volere, Desideri

    Tu poi scegliere, sempre!

    L’incommensurabile indescrivibile Forza dell’Intento

    Creare il proprio destino all’interno del Torrente della Vita

    Esercizio 10: Il tuo scopo più grande

    DIVENTARE CHI SIAMO DESTINATI A DIVENTARE IL VIAGGIO EROICO DEL FARE ANIMA

    Il viaggio eroico verso la Realtà dell’essere è un processo archetipico

    Il viaggio dell’Eroe

    Il mondo ordinario

    Esercizio 11: Come lo spirito ha bussato alla porta della tua vita

    Esercizio 12: Come resisti alla chiamata?

    Il Viaggio

    Verso la Versione migliore di Sé

    Esercizio 13: Integrare l’ombra

    Il ritorno a casa

    Esercizio 14 Nuove Abilità, Doni e Risorse

    I cinque movimenti del libro della vita

    Primo movimento: CANCELLARE LA STORIA PERSONALE

    Strumenti

    Secondo movimento: ACCETTARE LA MORTE COME ALLEATA E CONSIGLIERA

    Strumenti

    Terzo movimento: FERMARE IL MONDO

    Strumenti

    Quarto movimento: CONTROLLARE IL SOGNO

    Strumenti

    Quinto movimento: ASSUMERE AUTORITÀ

    Strumenti

    SOGNO E REALTÀ

    Non è importante quanta strada fino ad oggi hai fatto

    Il miglior modo di prevedere il futuro è prima sognarlo e poi costruirlo

    Esercizio 15: Un sogno per domani

    Sognare e immaginare

    Un folle visionario

    DAI DESIDERI DELL’ANIMA ALLA MANIFESTAZIONE DELLA REALTÀ DELL’ESSERE

    Ci estendiamo verso il futuro

    Riscrivere il Libro della Vita

    Essere Dio

    Modello GROW e 5D sovrapposti

    Passo 1 Desiderio

    Desiderio, fantasia e immaginazione

    Stare sul bordo

    Un giro di giostra omaggio

    Vocazione e Attrazione

    Esercizio 16: Verifica scopo e significato del desiderio e portalo in un’affermazione di potere

    Passo 2 Determinazione

    Determinazione, obiettivo, direzione

    Esercizio 17: Obiettivo SMARTEE

    Attenzione e Focus

    Immaginazione attiva

    Esercizio 18: Immagina il tuo obiettivo. Oltre la soglia

    Passo 3 Discernimento

    L’attuale immagine del Sé

    Esercizio 19: L’attuale Immagine di te stesso

    Una cosa sola

    Imparare a dire no

    Esercizio 20: La sola e unica cosa

    Perché dovrei farlo?

    Un nuovo archetipo in soccorso

    Una nuova Immagine di te stesso nella Versione migliore di Sé

    Esercizio 21: La nuova Immagine di te nella Versione migliore di te

    Passo 4 Dedizione

    Just do it

    Dedizione totale. Cura delle piccole azioni per grandi risultati

    Inizia dalla fine

    Esercizio 22: Inizia dalla fine

    Passo 5 Devozione

    Coerenza mente cuore

    Abitudini funzionali alla vita

    Esercizio 23: Creare abitudini funzionali

    Fare Anima

    Gratitudine

    Esercizio 24: 10 motivi al giorno per dire grazie

    Servizio

    Esercizio 25: Servizio

    EPILOGO L’ARTE DI SERVIRE IL PROPRIO DESTINO UN MODO DI ESSERE E DI AGIRE

    Vivere nell’eccellenza

    Perdono. Il passaggio da aver ragione a scegliere la felicità

    Esercizio 26: Meditazione sul Perdono

    Il potere della preghiera

    Effetto Moby Dick

    L’eterno viaggio verso il divenire sacri umani

    Note DTMMS

    APPENDICE
    BIBLIOGRAFIA

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    BOOKNESS

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    www.walteralamanni.it

    Walter Alamanni

    ESSERE DIO

    Coaching per fare anima

    ESSERE DIO

    Coaching per fare anima

    Copyright © 2020 Walter Alamanni

    Tutti i diritti riservati.

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta

    senza il preventivo assenso dell’Autore.

    Immagini sono copyright: © 2020 Deer Tribe

    Metis Medicine Society – Tutti i diritti -Vietata la riproduzione

    Prima edizione settembre 2020

    Revisione | Daniela De Luca

    Prefazione | Massimiliano Zisa & Naide Bruno

    Questa capacità rende l’uomo simile a Dio:

    quella di inventare cose che non esistevano

    prima, e dare loro significato.

    M. Malvaldi

    Tu sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare.[…]

    Quello è il pianoforte su cui suona Dio.

    A. Baricco

    Dedicato a tutti coloro che credono

    che Fare Anima sia il fare necessario.

    RINGRAZIAMENTI

    Desidero ringraziare alcune persone senza le quali probabilmente questo libro non sarebbe stato scritto, alcuni sono stati formalmente miei maestri, altri lo sono stati senza sapere di esserlo. Mi ritengo fortunato per aver avuto l’opportunità di essere stato accompagnato e guidato da persone davvero straordinarie, verso le quali nutro profonda stima e gratitudine.

    Grazie al mio primo grande maestro, il dott. J. Pierrakos, per aver svegliato la mia coscienza alla vita.

    Grazie a M. Minor, N. Bruno, D. SeaDancer Battung, J. Koole, H. SwiftDear Regan e a tutte le guide e i guerrieri della Dolce Medicina della Danza del Sole, grazie per tutta la conoscenza generosamente condivisa e per l’amorevole spietatezza che mi ha permesso di incamminarmi verso la manifestazione della mia Sacra Umanità.

    Grazie a Daniela De Luca per la competenza, la pazienza, la dedizione e i suggerimenti nel leggere, rileggere, correggere e poi leggere ancora le bozze di questo libro. Senza il suo prezioso lavoro questo libro non sarebbe stato possibile.

    Grazie a Fabio, fratello di anima, per il supporto, l’incoraggiamento e i preziosi consigli durante la realizzazione del libro.

    Grazie a Erica, per avermi costantemente riflesso nel vivere quotidiano come Fare Anima.

    Grazie a Vasco, mio padre, e a Olga, mia madre, per l’esempio ricevuto di come vivere al servizio nell’amore. Soprattutto grazie per l’opportunità che mi hanno dato di distinguere, nella luce e nell’ombra, cosa è mio da cosa non lo è, imparando così il rispetto per le mie e le altrui scelte di vita.

    Infine grazie a tutti gli esseri umani che quotidianamente incontro, professionalmente e non, per l’opportunità di prendere coscienza che non c’è separazione, che tutto è uno nella Valle del fare anima.

    PREFAZIONE

    di Massimiliano Zisa

    Ho incontrato per la prima volta Walter nel 2005 ad uno dei seminari sulle possibilità d’intervento nella psicoterapia breve che avevo organizzato con Bill O’Hanlon.

    All’inizio Walter non era che un nome, uno dei tanti partecipanti incuriositi o speranzosi di trovare qualche nuova informazione, e come tale l’ho osservato cimentarsi negli esercizi che il seminario proponeva. Non scambiammo che poche frasi, tutte centrate sull’argomento del seminario; eppure quel Walter mi colpì, molto, in positivo.

    Era silenzioso, ricettivo, mosso da un’autentica voglia di apprendere e migliorarsi, aperto e senza pregiudizi, aspetti che – vi assicuro – nel mio campo è raro trovare. Ma la storia non era finita qua.

    O meglio sarebbe stata finita là, se, dopo oltre 8 anni, Walter non avesse suonato il campanello del mio studio, presentandosi a me con la richiesta di avere supervisione per dei casi che seguiva.

    Un guaritore, un coach e counselor professionista, un cultore di discipline olistiche che chiedeva supporto per non commettere errori con i suoi clienti.

    Dovete immaginare il mio stupore, poiché ogni giorno lotto con i miei colleghi che, invece, evitano in ogni modo di ricorrere alla supervisione, per eccesso di sicurezza o di inopportuno orgoglio o per supponenza. Walter mi chiese se mi ricordassi di lui, la domanda era del tutto inutile perché lo riconobbi subito, era lo stesso uomo, ma ancora più accogliente e più disposto ad apprendere di colui che avevo incontrato anni prima.

    Così cominciò il nostro rapporto di collaborazione, che mi ha condotto ad avere l’onore ed il piacere di scrivere queste righe per presentarvi Walter, l’uomo, l’amico, il guaritore.

    In questo libro troverete lui, gli anni passati a cercare di ampliare i significati troppo stringenti della cultura eccessivamente specializzante di ogni disciplina.

    Mentre ogni genere di disciplina continua a chiudersi al confronto e alla compartecipazione di idee e scoperte, nel diffuso eccesso di iper-specializzazione che la cultura sembra pretendere, Walter ha preferito iniziare con le proprie riflessioni, sperando di cogliere e promuovere quelle personali di ogni lettore, guidandoci con delicatezza, con spunti e suggerimenti che sono offerti e sussurrati – appunto – perché non siano dogmatici o direttivi; ci ritroviamo man mano persuasi che il viaggio della ricerca in ognuno di noi continui e possa condurci verso un nuovo modo di vedere, percepire ed interpretare il mondo.

    Molti sono gli spunti e i suggerimenti. È un libro che fa pensare, completo, pur nella sua breve trattazione, sul cammino verso la maturità, vale a dire verso un benessere psicoaffettivo e valoriale, diffuso e continuo, che di per sé è il viaggio verso la felicità.

    Traccia delle linee maestre, che costantemente richiamano il soggetto all’esplorazione dell’interiorità, alla riflessione, alla ricerca di ciò che conta per il proprio benessere, senza dimenticare che la ricerca della felicità è costantemente il riflesso della vita relazionale e dell’intersoggettività.

    Invita a provare qualche semplice esercizio che ci aiuti ad uscire per un attimo dagli schemi, senza mai dare ricette o rigidi copioni attuativi, né nulla di simile a quei protocolli di intervento che ormai vengono venduti come unico modo di poter stare meglio.

    Il libro è permeato da un’idea guida, che avvolge il lettore sia razionalmente sia emotivamente. Qualcuno potrebbe anche desistere dalla lettura: non tutti possono accogliere una visione che anziché trincerarsi in un’unica e dogmatica teoria del tutto, si approccia ad una prospettiva chiaramente olistica e multidisciplinare, non tutti i lettori probabilmente accetteranno l’invito ad espandere sé stessi e le conoscenze sul proprio mondo interiore.

    Ci è proposto un viaggio che richiede impegno e costanza, per superare difficoltà, ostacoli, contraddizioni, che provengono da sé e dall’ambiente.

    Occorre tracciare il percorso ogni giorno, attraverso la realizzazione dell’ideale di sé, nelle circostanze e nelle situazioni in cui la vita colloca ciascuno e ci offre l’opportunità di modificarci e, accrescendo la nostra visione, migliorarci.

    È un libro che esorta il lettore ad andare oltre, a rimanere incuriosito dalle citazioni, dai richiami ad altri autori, che suggerisce esercizi e piccoli allenamenti a nuove interpretazioni.

    È un’opportunità travestita da libro, che ci offre la possibilità di aprirci al cambiamento senza violentare ciò che crediamo essere stati, senza imperanti rinunce e obblighi forzosi a rinnegare la nostra personalità, quanto piuttosto a meglio scoprirla e a rivalutarla, esaltandone gli aspetti più sani e arricchenti.

    È un cammino di qualità, possibilità e sviluppo di capacità che il lettore può trovare, come risposta agli interrogativi della vita; questo libro è lui, Walter, il suo impegno, l’adesione ai valori nel modo di viverli con profondo senso di libertà.

    Sono orgoglioso che Walter mi abbia concesso l’onore di scrivere questa prefazione, per la stima e l’amicizia che in questi anni di collaborazione abbiamo sviluppato e che ha portato entrambi a una nuova e più ricca dimensione umana e professionale.

    Sono certo che il percorso che si aprirà oltre queste pagine iniziali vi permetterà di lasciare una prima impronta lungo il sentiero che conduce al vostro personale viaggio dell’eroe.

    Per cui vi auguro solo: buon viaggio…

    Massimiliano Zisa

    Psicologo, Psicoterapeuta

    Specialista in Ipnosi eriksoniana

    PREFAZIONE

    di Naide Bruno

    Conosco Walter Alamanni da oltre 20 anni, prima come studente e successivamente come collega – con cui condivido il mantello d’insegnante – all’interno della Sweet Medicine Sundance Path (DTMMS). La sua mente acuta e il suo cuore aperto mi hanno dato molto in questi anni, ed il cammino con lui continua ad essere un viaggio gratificante.

    In questo momento sono onorata ed emozionata di condividere le mie riflessioni sul suo libro.

    Come studioso del comportamento umano e dedicato ricercatore spirituale sul nostro comune sentiero, Walter ci fornisce una guida perspicace e provocatoria riguardo la crescita spirituale. Grazie ai molti anni di esperienza come insegnante che ha prodotto un notevole impatto di efficacia sugli studenti, l’autore è stato in grado di applicare gli insegnamenti della Sweet Medicine Sundance Path al vivere quotidiano.

    L’esplorazione di Walter nel potenziale di chi possiamo essere come Sacri Umani ci dà un quadro pieno di speranza su chi siamo veramente. Inoltre, il suo libro ci sfida a non essere compiacenti o ad accontentarci di ciò che pensiamo di essere, e osa suggerire che possiamo essere all’altezza della nostra naturale e innata divinità. Ci ricorda che siamo esseri spirituali, connessi con tutti i Bambini di Nonna Terra e divini per diritto di nascita.

    Questo libro offre strumenti semplici e profondi, comprovati nell’efficacia, con lo scopo di ricordarci che la separazione è un’illusione. I metodi sono applicabili da chiunque, dagli apprendisti di questo sentiero a tutti coloro che desiderino portare guarigione, bellezza e potere nella propria vita.

    Sono stata toccata dalla capacità di Walter di unire principi spirituali e psicologici col fine, fondamentale per tutti noi, soprattutto in questi tempi difficili, di vivere come individui liberi e autonomi.

    Il testo, ricordandoci che siamo dotati di libero arbitrio, non lascia scampo e ci mette di fronte alla scelta di assumerci la piena responsabilità dei nostri pensieri e azioni, fuori da ogni pretestuosità.

    Ho avuto il privilegio di condividere e testimoniare la crescita spirituale di Walter per oltre 20 anni e sono sempre stata toccata dalla sua costante ricerca di verità e libertà, nonché dalla sua impeccabile guida verso gli altri.

    Il motivo per cui il suo impatto è così profondo è dovuto alla sua abilità di unire testa e cuore.

    Incoraggio ogni persona che cerca guarigione e bellezza nella propria vita a lasciarsi toccare profondamente da queste pagine.

    Walk in Beauty,

    Naide Bruno DC ND

    Chiropractor and Naturopath in Private Practice for 40 Years

    Sweet Medicine Sundance Teacher and Leader

    Senior Teacher and Trainer within the Healing Paradigm

    of the Sweet Medicine Sundance Path

    INTRODUZIONE

    Calcolare quanti semi ci sono in una mela è relativamente semplice.

    Ma chi può calcolare quante mele ci sono in un seme?

    W. Dyer

    Molti anni fa ho avuto la fortuna di partecipare a un workshop tenuto da Bill O’Hanlon, terapeuta americano allievo di uno dei padri della moderna ipnosi, Milton H. Erickson. Tra le molte esperienze alle quali fece riferimento, Bill raccontò una storia sul suo maestro, al quale una volta fu chiesto di recarsi a casa di un’anziana donna, giudicata fortemente depressa. Egli accettò e quando effettivamente incontrò la donna, quello che trovò fu una persona assai cupa, che viveva in una casa buia e poco curata, nella quale si notavano un sacco di immagini e rappresentazioni di santi e divinità cattoliche sparse per le stanze. La donna dichiarò di stare molto male, a causa della depressione: molti medici l’avevano visitata e tutti erano concordi riguardo la sua malattia; la sua vita era ormai priva senso, non aveva più alcun interesse a uscire e infatti non lasciava mai la sua abitazione. Erickson si trattenne poco con la donna, il tempo sufficiente per notare un angolo della casa con un tavolo completamente carico di vasi di violette africane colorate. Si salutarono e, mentre si congedava dalla donna, Erickson le disse: Quello che capisco è che lei si sente molto depressa; quello che vedo è che lei è molto religiosa, capisco anche che però non è una buona cattolica. Ovviamente la sua interlocutrice rimase sorpresa. Erikson continuò: Se lo fosse, tutte le domeniche e le feste comandate andrebbe per le chiese della sua città ad offrire violette africane ai fedeli.

    Tornando a noi, Bill concluse la storia raccontando che M. Erickson conservava nel suo studio le copie dei giornali locali della città in cui aveva vissuto l’anziana: vi si leggevano appassionati articoli in commemorazione della morte della Gentile Signora delle Violette che aveva portato gioia ai fedeli donando loro i suoi fiori colorati (O’Hanlon, workshop, 2005).

    Questa storia mi colpì molto, come del resto accade per numerosi altri casi di Erickson; mi colpì soprattutto l’approccio utilizzato: senza indagare circa le cause del malessere della donna, rinunciando ai perché, egli scelse di porre l’attenzione sulle risorse: la realtà diventa una possibilità. Se in una situazione come quella appena descritta, tutto ciò che riusciamo a vedere è soltanto una persona depressa, otterremo che appunto la persona sarà depressa: lo sguardo dell’altro – l’occhio del terapeuta, nello specifico – autorizza e rafforza, con la costruzione di significato che ne deriva, l’identificazione tra la donna e la depressione; se invece abbiamo l’abilità di vedere un’anziana cattolica con il dono di coltivare belle violette, e quindi siamo capaci di vedere anche una donna che forse non ha ancora trovato il modo di donare questo suo talento alla vita (e probabilmente proprio per questo ella percepisce la propria vita come priva di scopo), allora scegliamo di vedere una… cattiva cattolica con un bel talento.

    Avere uno scopo, avere il potere di immaginare un fine elevato in ciò che facciamo, crea la differenza in ciò che viviamo. Il potere dello scopo è suggestivo piuttosto che esplicativo, perché la finalità di uno scopo è quella di spingere ognuno a prender piena coscienza del fatto che sempre e comunque si è artefici di sé stessi. In virtù dello scopo che ciascuno dà alla propria vita prima, alle priorità e alle azioni che sceglierà poi, saranno definiti i mastro-tessitori, sia del tessuto interiore del carattere, sia di quello esteriore delle circostanze. A seconda di quale tela della vita ciascuno avrà intessuto, il prodotto finale potrà essere dolore oppure felicità.

    Ovviamente la differenza tra questi due modi di pensare e di agire produrrà due punti di vista assai distanti tra loro, così lontani da creare due differenti realtà.

    A seconda di quale sarà il nostro paradigma di riferimento, l’approccio varierà completamente, in quanto la nostra attenzione sarà catturata da aspetti diversi della persona o della circostanza con la quale stiamo interagendo. In base a questa prospettiva naturalmente prenderemo per così dire strade differenti e la realtà, generata dall’interazione, ne sarà conseguentemente influenzata.

    Albert Einstein diceva che la teoria decide quello che possiamo osservare e si può aggiungere che l’uomo lo sa da sempre: dalle antiche tecniche di meditazione per cui si afferma che l’osservatore è più reale dell’osservato, alla moderna fisica dei quanti che evidenzia come la nostra percezione crea la realtà, troviamo confermata questa tesi anche passando per i sofisti (con Protagora) e per la filosofia orientale (col taoismo), così come viene espressa nel concetto di vacuità del buddismo, fino al contemporaneo costruttivismo.

    Riferendo tutto ciò a quanto accade in una relazione intersoggettiva e in particolare a ciò che avviene in una relazione d’aiuto, la capacità di individuare qual è il modello percettivo della persona o del paziente/cliente è fondamentale per comprendere il suo mondo interiore per poi allinearsi ad esso, prima di scegliere una determinata prospettiva/risposta; inoltre, sia in veste di professionisti sia in qualità di esseri umani, probabilmente ci interessa ancor di più comprendere quanto il nostro modello percettivo influenzi di fatto la realtà che possiamo percepire nell’altro e dell’altro, oppure la complessità di una determinata situazione. È utile sottolineare che in effetti possiamo percepire solamente ciò che si colloca all’interno dei nostri paradigmi e delle nostre credenze. Quello che non rientra in tale perimetro, di fatto per noi non è accessibile, non esiste. In altre parole avere consapevolezza della nostra personale teoria interiore, ossia essere consapevoli del paradigma che opera in noi – essere consci di come assembliamo la realtà, direbbero gli sciamani – ci dà la visione del confine percettivo nel quale siamo rinchiusi e questa presa di coscienza paradossalmente ci rende liberi… di cercare anche al di fuori di tale confine, per dirla con le parole di Buddha: La nostra vita è il prodotto dei nostri pensieri. Come un uomo pensa nel suo cuore, così egli è.

    Alla fine ogni essere umano è il prodotto dell’assemblaggio che egli fa della realtà e la propria crescita avviene per precetto e non per artificio. Con questo intendo dire che ciò che si definisce un carattere raffinato o evoluto non è il risultato dell’azione cieca della fortuna, né tantomeno del caso, bensì è il prodotto di una scelta e di un lavoro intenzionale da parte di ciascuno. L’uomo è il creatore del suo carattere, modella gli strumenti con cui costruisce gioia e bellezza nello stesso modo in cui può scegliere di costruire strumenti di dolore e ignoranza.

    Queste sono le considerazioni che adesso, dopo molti anni di studi, di terapia e soprattutto di cammino spirituale, sono in grado di fare. Tutto però è iniziato tanto tempo fa, quando ero un ragazzino di appena tredici anni e andavo nella biblioteca comunale della mia città a prendere in prestito testi come Psicopatologia della Vita Quotidiana e Totem e Tabù di Freud… Trascorrevo interi pomeriggi a leggermi quei libri. Il ricordo di quei giorni mi riporta al grande piacere di tuffarmi in quelle letture e, per contro, mi ripropone i giudizi negativi dei miei insegnanti, manifestati anche nelle parole scritte sui libretti scolastici. Per loro ero un ragazzo dotato di intelligenza mediocre, al quale quindi consigliavano, in un senso non certo qualificante, una scuola superiore professionale. Ricordo bene quanto i miei genitori si fossero dispiaciuti per questo, e tuttavia come questa interpretazione depotenziante proposta da una fonte autorevole avesse fatto sì che loro stessi mi vedessero come studente mediocre da iscrivere a una scuola professionale; infine io stesso trovai dei buoni motivi per convincermi che mi interessava davvero fare quel tipo di percorso scolastico. Eppure, accanto alla rievocazione di questa concatenazione di suggestioni, è fortemente vivida nei miei ricordi l’emozione del tredicenne di allora che aveva in mano quei testi di psicoanalisi, da un lato la concentrazione e la passione nel leggere Freud e dall’altro invece la scarsa attrazione per certe materie scolastiche.

    Da quando ho cominciato a dare attenzione a questi ricordi, ho anche iniziato a chiedermi che cosa avesse dentro quel ragazzino, che cosa gli stesse accadendo per leggersi Freud a soli tredici anni invece di studiare i manuali delle scuole medie, di leggere un libro adatto alla sua età o un fumetto, oppure piuttosto andare a giocare con i suoi amici. Mi sono addirittura chiesto come a tredici anni fosse venuto a conoscenza di Freud.

    La prima risposta, dettata dai vari percorsi terapeutici intrapresi e dai molti successivi studi di psicologia, è stata che quel ragazzino aveva avuto un’infanzia assai difficile e che allora cercava di curare sé stesso. Ho accettato per molto tempo la spiegazione di esser stato un ragazzo con un’infanzia difficile: questo spiegava la mia storia e confermava la validità di certe teorie, ovvero il paradigma temporale di causa-effetto, per cui il passato condiziona il presente e getta le basi per il futuro. Da questo punto di vista, cioè assumendo il paradigma psicodinamico di causa-effetto, la conseguenza era che continuavo a vedere ogni evento presente come esito condizionato dalla mia mitologia passata, ero irrimediabilmente condannato a essere il prodotto del mio passato, una vittima.

    Per fortuna – o per vocazione – pur riconoscendo il valore di certi paradigmi psicodinamici, una parte di me non ha mai accettato la catena familiare come unica spiegazione giustificazione. Una parte di me, potrei dire quella più profonda e sensibile, ha sempre creduto, o forse è più esatto dire immaginato, che come esseri umani siamo molto più di un prodotto causa-effetto. Così ho continuato a chiedermi che cosa avesse e vivesse dentro di sé quel ragazzino, per interessarsi a quella tipologia di conoscenza, pur accettando di esser considerato strano, mediocre, acconsentendo anche a fare studi a cui non era interessato.

    Ho impiegato davvero molto tempo per rendermi conto che finché continuavo a cercare un senso all’interno di un sistema di riferimento e di credenze conosciuto, finché continuavo a scavare nel passato, la risposta era sempre la stessa: Stai cercando di curare la tua infanzia. A un certo punto però, spontaneamente mi sono fatto una serie di domande molto semplici: ma davvero la mia infanzia è stata malata? Oppure mi sono convinto di ciò, ho assunto questa definizione a forza di fare terapia e indottrinamento? In altre parole, potrebbe mai essere che la mia vita sia stata determinata non tanto dall’infanzia quanto piuttosto dai modi, dai paradigmi che avevo appreso per immaginarla, ricordarla e conoscerla? Mi sono chiesto allora se quella che era stata considerata una disfunzione, fosse arrivata dai traumi infantili oppure dalla modalità traumatica che avevo acquisito attraverso le terapie e lo studio. Se fosse stato così, sarebbe stato come dire che in qualche modo ero stato ingannato.

    Da quel momento in poi, ho cominciato a cercare fuori dal paradigma condiviso e il cambiamento di prospettiva mi ha portato a un punto di osservazione interessante. Se la mia infanzia non è stata malata e se quelle letture non sono state il sintomo di un disagio, che cos’è accaduto davvero? La riflessione è emersa con semplicità: se invece che per Freud la passione di quel ragazzino fosse stata per il calcio, tanto da indurlo a trascurare la scuola per allenarsi, qualcuno avrebbe detto comunque che il ragazzo stava attraversando un’infanzia difficile? Non credo, anzi se fosse stato calcisticamente dotato, si sarebbe detto che il ragazzino studiava poco ma aveva talento. Perché allora non potremmo dire la stessa cosa di qualcuno che legge Freud a tredici anni? E se quel ragazzo, al pari dell’altro bravo a giocare a calcio, avesse portato in sé una vocazione? Di fatto il mondo che avevo attorno non poteva altro che vedere quel sintomo come una disfunzione e non come una vocazione.

    Sintomo nella sua accezione etimologica significa indizio (Zanichelli, 2000), cioè indicazione di qualcosa; solo il suo utilizzo all’interno di un certo paradigma lo associa alla disfunzione. In questi termini allora possiamo dire che quel ragazzino presentava l’indizio di un naturale talento per le cosiddette scienze umane.

    Quando un gruppo vive all’interno di un paradigma, tutto quello che rientra nei suoi parametri è accettato come normalità, mentre tutto quello che è al di fuori spesso appare come sintomo, cioè indizio, non di un talento ma di un disagio. La diretta conseguenza di tutto ciò è che il soggetto sintomatico difficilmente riesce da solo, con le sue forze, a vivere le proprie inclinazioni come talento, più spesso, per il bisogno di appartenere ad un gruppo, tenderà ad adeguarsi, a conformarsi e ad adattarsi al paradigma proposto e condiviso.

    La mia storia personale, assieme al lavoro sul campo con un buon numero di persone, mi ha portato a osservare più attentamente, o forse è più corretto dire da una prospettiva diversa, quelli che comunemente vengono definiti sintomi di disagio. Lavorando sul momento presente e cambiando punto di osservazione, cerco di vedere se ciò che viene percepito come disagio porta con sé l’annunciazione, a volte il grido disperato, per il dolore di un talento non riconosciuto, per una possibilità, un potenziale non attualizzato.

    Il tratto caratteriale è visto da molte scuole come il nucleo del disagio, qualcosa quindi da trasformare affinché la persona diventi funzionale (Jhonson, 1986); probabilmente però possiamo fare molto anche senza occuparci del tratto caratteriale. Più che da cambiare, il carattere probabilmente è qualcosa da raffinare, affinché il gioiello, il diamante, contenuto al suo interno, la luce unica che ogni essere umano porta in sé, possa emergere, risplendere e autorealizzarsi.

    Originariamente il percorso proposto da questo libro voleva essere focalizzato sulla felicità; ero rimasto molto colpito dall’espressione felicità immotivata usata spesso nelle scuole degli sciamani delle Americhe, anche se per molti anni – devo dire la verità – non la comprendevo appieno, mi suonava un po’ freak, un po’ superficiale ed illusoria. Mi dicevo che sì, certo, erano belle parole, però in presenza di problemi, come si fa ad essere felici? Quindi se io, come ogni altro, sono felice oppure no, ci sarà un motivo.

    Seguendo un certo paradigma, una certa logica lineare, appunto secondo il modello causa-effetto, il mio ragionamento era perfetto; tuttavia era proprio quell’approccio che mi portava via dalla felicità.

    Scrivendo mi sono reso conto che il tema della felicità rimaneva sullo sfondo, quasi scompariva; ciò che invece stava emergendo era forse qualcosa di molto più ampio, era il fare anima (come dice J. Keats), declinato nello scopo mondano del significato che diamo al vivere, al modello di pensiero che utilizziamo per gestire la vita. Perché, se interiormente siamo portatori di un’immagine, di una chiamata, che è solo nostra e che – se ben vissuta – ci promette la felicità, diventa chiaro quanto sia illusoria l’idea di una felicità uguale per tutti, di un percorso di vita corretto e, di nuovo, uguale per tutti. Quel percorso che tacitamente, man mano che cresciamo, ci viene proposto come propedeutico alla felicità e alla realizzazione di sé nella vita: Sii un bravo studente, socievole e adattabile, sposati e riproduciti, poi Sii un lavoratore instancabile e devoto, sii un cittadino ligio alle regole e divertiti nei momenti appropriati… Insomma, sii normale nel senso in cui io, società, concepisco la normalità.

    Fin da bambino mi sono chiesto quale fosse la differenza tra quelle persone – purtroppo rare – che nonostante i problemi sono felici, e le altre – numerose purtroppo – con problemi e… basta. Ho cominciato a osservare che cosa le persone auto-realizzate fanno di diverso rispetto alle altre. Cosa fanno di diverso le persone di successo rispetto a quelle che si lamentano di non farcela. Cosa fanno di diverso le persone fisicamente ed emozionalmente in salute, dotate di un alto livello di energia e vitalità rispetto alle altre.

    Quello che ho notato in molti anni di lavoro è che le persone felici, auto-realizzate, energeticamente e fisicamente sane, nella loro eccellenza e nella varietà delle situazioni hanno sviluppato un approccio affine, individuabile, rispetto alle circostanze della vita, ovvero le loro scelte e le loro azioni presentano affinità rispetto al modo di fornire uno scopo e un significato alla vita, pensare al futuro, prendere decisioni. Quello che voglio dire è che ci sono attitudini, approcci e comportamenti che portano alla realizzazione, mentre altri comportamenti conducono verso la delusione. Occorre riconoscerli e poi decidere che possiamo scegliere come, quando e dove dirigere i nostri passi, così da diventare ciò che siamo destinati a diventare.

    Cercherò di dimostrare che autorealizzazione – intesa come fare anima – e felicità sono molto vicine, al punto tale da essere interdipendenti; ovvero credo che come adulti sia assai difficile esser felici senza aver sviluppato un modo di essere

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