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Figure retoriche
Di Mario Canton
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Le figure retoriche sono artifici, nel discorso e nella scrittura, utilizzate per creare un particolare effetto. Rappresentano, soprattutto nel linguaggio poetico, una deviazione, uno scarto rispetto al linguaggio comune. Questo libro vorrebbe essere un repertorio accurato, sebbene non eccessivamente complesso, delle figure retoriche nella lingua italiana per far comprendere la funzione delle rispettive formule e mettere il Lettore nelle condizioni di osservare chiaramente la loro struttura. Il libro tenta di organizzare la materia esponendola in modo schematico, volutamente piano e accessibile, anche nella scelta degli esempi (tutti tratti da classici italiani, greci, latini e talvolta in lingue straniere). L'esposizione delle regole viene mantenuta altrettanto semplice, senza renderla eccessivamente meccanica o troppo complessa.
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Anteprima del libro
Figure retoriche - Mario Canton
Figure retoriche
e affini
della lingua italiana
Figure retoriche
e affini
della lingua italiana
Un repertorio
di Mario Canton
1ª Edizione digitale 2020
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PROPRIETÀ INTELLETTUALE LETTERARIA RISERVATA
© Copyright 2020 by Mario Canton
1ª edizione digitale • 2020
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© COPYRIGHT 2020 BY MARIO CANTON
E-book, logo e cover
ideati e realizzati da:
Mario Canton
Via Milani, 25
35028 Piove di Sacco (Padova) – Italia
e-mail: mario.canton@tiscali.it
mario.canton@mariocanton.com
Ottobre 2020
✵
DATI SULL'EDIZIONE DIGITALE
Digital version data
Versione dei contenuti
Contents version
1.0
Formato
Format
ePub 2.1
Codifica
Encoding
UTF-8
Numero ISBN
ISBN number
979-12-20211-59-8
Gestione dei diritti digitali
Digital Rights Management
DRM Free (Watermark)
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Indice
Prefazione
Ringraziamenti
Introduzione (con cenni storici e alle classificazioni)
La figura retorica
Ruolo delle figure nel linguaggio
Cenni storici
Grecia antica
Roma antica
Medioevo
L'800 e sino ad oggi
Le componenti della retorica
Classificazioni
Classificazione tradizionale
I procedimenti della retorica classica
Classificazioni moderne
La classificazione di Bonsiepe
La classificazione del Gruppo μ
Figure retoriche (in elenco alfabetico)
Elenco alfabetico
Abusio
Accumulazione
Adìnato o Adynaton
Aequivocatio o Equivoco
Afèresi
Aforisma
Allegoria
Allitterazione
Allusione
Amplificazione
Anacenosi
Anacoluto
Anadiplosi
Anafora
Anagramma
Analogia
Anapodoton
Anastrofe
Anfibolia o Anfibologia
Annominazione
Antanaclasi
Anteposizione
Anticlimax o Bathos
Antifrasi
Antimerìa
Antimetabole
Antiptosi
Antistechon
Antitesi
Antonomasia
Apocope
Aporia
Aposiopesi
Apostrofe
Arcaismo
Asindeto
Assonanza
Asterismos
Attenuazione
Auxesi
Brachilogia
Bisticcio
Calembour
Catacrèsi
Chiasmo
Cleuasmo
Circonlocuzione
Climax
Commoràtio
Comparazione
Concatenàtio o Concatenazione
Congerie
Consonanza
Correzione
Crasi o Sinizesi
Definizione
Diàcope
Diàfora
Dialefe
Disfemismo
Dittologia
Domanda e risposta o dialogo con sé stessi
Duplicazione
Ellissi
Enàllage
Endìadi o Endiade
Ènfasi
Enjambement
Entimene o Enthymene
Enumerazione
Epanadiplosi
Epanalessi
Epanastrofe
Epànodo
Epanortosi
Epèntesi
Epifonema
Epifora
Epifrasi
Epigramma
Epistrofe
Epitesi-Paragoge
Epiteto
Epiteto trasferito
Epizeusi
Erotema
Esclamazione
Eufemismo
Figura etimologica
Figure retoriche
Figure retoriche (tabella)
Fonosimbolismo
Geminatio
Gioco di parole o Pun
Gradazione
Hysteron-Proteron
Inclusione
Interrogazione (retorica)
Inversione
Ipallage
Iperbato
Ipèrbole
Ipotassi
Ipotiposi
Ironia o Sarcasmo
Isocolo o Isocolon
Lipogramma
Litote
Metafora
Metagrafo
Metalessi o Metalepsi
Metalogismi
Metaplasma
Metaplasmi
Metasememi
Metatassi
Metatesi
Metonimia
Omeoteleuto o Omotelèuto
Onomatopèa
Ossimoro
Palindromo
Paradiastole
Paradosso
Paragone
Paragramma
Paralessi, paralissi, paralipsi
Parallelismo o parisosi
Paratassi
Parechesi
Parentesi
Parodia (retorica)
Parola-macedonia
Paronomàsia o Paranomàsia
Perifrasi
Personificazione
Pleonasmo
Ploce
Polittoto o Polìptoto
Polisindeto
Praecisio
Preterizione
Prolessi
Proparalepsi
Prosopopea (personificazione)
Pròstesi
Ratiocinatio
Rebus
Repetitio o Ripetizione
Reticenza
Rima
Sarcasmo
Schesis onomaton
Sentenza
Sermocinatio
Silenzio
Sillessi o syllepsis
Similitudine
Simploche
Sinalefe o synaloepha
Sinchisi
Sincope
Sineddoche
Sinèresi
Sinestesia
Sospensione
Tautologia o pleonasmo
Tmesi
Tropo (retorica)
Zeugma
Personaggi storici citati
Bibliografia
Altre opere dell'autore
Prefazione
Le figure retoriche – come noto – sono artifici, nel discorso e nella scrittura, utilizzate per creare un particolare effetto. Rappresentano, soprattutto nel linguaggio poetico «una deviazione, uno scarto rispetto al linguaggio comune» (Quintiliano, I secolo d.C.).
Questo libro vorrebbe essere un repertorio accurato, sebbene non eccessivamente complesso, delle figure retoriche nella lingua italiana per far comprendere la funzione delle rispettive formule e mettere il Lettore nelle condizioni di osservare chiaramente la loro struttura.
Il libro tenta di organizzare la materia esponendola in modo schematico, volutamente piano e accessibile, anche nella scelta degli esempi (tutti tratti da classici italiani, greci, latini e talvolta in lingue straniere). L'esposizione delle regole viene mantenuta altrettanto semplice, senza renderla eccessivamente meccanica o troppo complessa.
Buona lettura.
M.C.
Ringraziamenti
Sono estremamente grato ai tanti mentori e docenti che mi hanno insegnato per decenni. Sono i giganti sulle cui spalle ora io mi trovo – come diceva Bernardo di Chartrers – «per poter vedere meglio e più lontano».
Uno speciale ringraziamento a chi ci incoraggia con la propria vita e il proprio comportamento quotidiano per rendere il mondo un po' più razionale e definitivamente migliore.
Per quelli che fossero stati introdotti alle figure retoriche per la prima volta attraverso questo libro, la speranza è che queste righe possano essere di ispirazione per approfondire lo studio e la comprensione della nostra amata lingua.
Uno speciale ringraziamento alla mia editor, la scrittrice Silvia Bagni. Potete trovare i suoi romanzi qui < https://amzn.to/34YXL6r >.
Questo libro è dedicato
alla memoria
dei miei insegnanti di lingue,
e del mio amato figlio Tom.
Introduzione
Cenni storici e classificazioni
Lo scopo di questo libro è quello fornire una guida rapida alle principali figure retoriche che si incontrano nella letteratura italiana (sia essa prosa o poesia), corredandole di opportuni esempi che ne esemplificano le caratteristiche principali.
Tuttavia occorre premettere alcune considerazioni di base sulla retorica in generale, per poter inquadrare l’ambito d’uso e l’origine delle figure stesse.
La figura retorica
Una figura retorica è una deviazione dall'uso ordinario delle parole per aumentarne l'efficacia. In sostanza, è un linguaggio figurativo che può consistere di una singola parola o frase. Può essere una similitudine, una metafora o una personificazione per trasmettere un significato diverso da quello letterale.
A grandi linee si suddividono in tre categorie.
1. Tropi (piegamento/diversione di parola-significato; sostituzione della parola «figurata» con la parola «letterale» in base ad alcune relazioni tra i concetti)
2. Schemi (disposizione delle parole, dlle frasi, della struttura delle frasi)
3. Figure di pensiero (Figure di stanza) - Queste espressioni sono difficili da illustrare, fuori contesto, in quanto non dipendono da una particolare forma linguistica. Sono più simili a «pose» o «gesti» – da cui anche il nome di «figure di posizione» – che aiutano a «drammatizzare» l'emozione o il processo di pensiero dell'oratore/scrittore.
La figura retorica (spesso anche semplicemente figura; in greco σχῆμα, schêma; in latino figura, da fingo), in retorica, è, fin dalle sue forme classiche, qualsiasi artificio nel discorso volto a creare un particolare effetto.
Si parla di artificio in quanto la figura rappresenta, soprattutto nel linguaggio poetico, una «deviazione», uno «scarto» rispetto al linguaggio comune: così le intende il maestro di retorica romano Marco Fabio Quintiliano (I secolo d.C.).
Autori come il saggista francese Gérard Genette (in Figure, 1969) hanno evidenziato il paradosso che implica questa definizione, in quanto anche il linguaggio comune è intriso di deviazioni e scarti, con ampio uso delle figure.
Dal canto suo, il saggista bulgaro Cvetan Todorov (in Ducrot-Todorov, Dizionario enciclopedico delle scienze del linguaggio, 1972) ha sottolineato come non ogni figura rappresenti una deviazione dal linguaggio comune (non sono tali, ad esempio, l'asindeto e il polisindeto).
Nel complesso, a dispetto del chiaro senso dello scarto che le figure portano con sé, non è facile individuare la norma espressiva rispetto a cui la deviazione verrebbe esercitata.
Fu comunque Gorgia da Lentini (V secolo a.C.) il primo ad individuare il ricorrere di espedienti formali nella cura della prosa ricercata, come l'isocolo, l'omoteleuto, l'antitesi.
Cicerone (I secolo a.C.) parlò delle figure come di lumina ('luci'), flores ('fiori') e colores ('colori'), per il potere di illuminare il discorso e di attribuirgli varietà e vivacità.
Ruolo delle figure nel linguaggio
Sempre in Figure I, del 1969, Genette definisce la figura come «distanza tra segno e senso, come spazio interno del linguaggio».
Esiste cioè, nel contesto della intrinseca ambiguità del linguaggio, esaltata nella produzione letteraria, un potenziale valore connotativo delle parole.
Nelle parole di Angelo Marchese, la figura sarebbe allora «un processo di connotazione». Ad esempio, il segno vela «si rivolge letteralmente a se stesso» con funzione puramente denotativa. Ma la consapevolezza del rapporto tra vela e nave nella realtà produce la possibilità di percorrere lo «spazio interno» di cui parla Genette: in questo caso, vela è connotata da un rapporto di «parte di un tutto» con il segno nave, di modo che sia possibile retoricamente istituire un rapporto di «parte per il tutto» (sineddoche).
«La retorica è un codice istituzionale della letteratura che ha il compito non solo di inventariare le figure ma di attribuire loro uno specifico valore di connotazione.» (Angelo Marchese)
«Ogni volta che lo scrittore usa una figura riconosciuta dal codice, chiama il suo linguaggio non solo a «esprimere il suo pensiero», ma anche a notificare una qualità epica, lirica, didattica, oratoria ecc., a designare se stesso come linguaggio letterario e a significare la letteratura.» (Gérard Genette)
Cenni storici
Nell'antichità la retorica era l'arte dell'argomentare, del dire persuasivo ed efficace, ovvero l'arte di parlar bene. L'acquisizione e l'uso delle tecniche retoriche aveva essenzialmente finalità pratiche di persuasione, intesa come approvazione della tesi dell'oratore da parte di uno specifico uditorio, agendo a livello emotivo e conoscitivo.
La retorica era inizialmente connessa con l’oratoria e si esercitava, non a caso, in tre ambiti principali:
accusa o difesa di un imputato in un processo (in ambito giudiziario),
per persuadere un'assemblea a deliberare in un modo piuttosto che in un altro (in ambito politico-amministrativo),
nei discorsi di natura celebrativa per convincere un uditorio che un personaggio era degno di lode o di riprovazione (in ambito dimostrativo).
La retorica è la disciplina che, trascurando le verità dogmatiche o le certezze scientifiche, si rivolge alla morale, al diritto, alla letteratura e a tutte le scienze umane per reperire argomenti probabili e verosimili, utili a catturare il consenso del pubblico che ascolta o legge.
Grecia antica
I poemi omerici conferiscono rilevanza alle assemblee dell’esercito e del popolo e ai consigli dei capi: in entrambi i casi la deliberazione è l’esito di un dibattito, dove prevale chi è più abile nell’eloquenza fiorita e serrata.
Il giudizio comparativo fra l’arte oratoria di Menelao e di Odisseo nel III libro dell’Iliade mostra una precisa consapevolezza, quindi, della diversa efficacia che appartiene a differenti stili oratori, mentre nell’episodio di Fenice del IX libro dell’Iliade le parole di Omero sembrano già indicare una vicinanza della retorica alla poesia perché l’oratore racconta μũθοι [mythoi], cioè creazioni fantastiche e non puramente razionali come i λόγοι [lògoi].
E che la parola fosse importante nel mondo greco lo dimostra anche il fatto che agli inizi del V secolo il poeta Pindaro (n. Cinocefale, 518 a.C. circa; † Argo, 438 a.C.) fosse in polemica contro l’ideale dell’uomo oratore: ammirava Aiace che non sapeva parlare ma era un valoroso.
In ogni caso, una lunga tradizione fa risalire la nascita della retorica a Siracusa nei primi decenni del V secolo a.C.
La retorica nasce come riflessione sul linguaggio giuridico: dopo la caduta del tiranno di Siracusa Trasibulo (465 a.C.), la rivendicazione di proprietà usurpate provocò una serie di processi nei quali si dimostrò l’utilità di tecniche efficaci di argomentazione e persuasione.
Sembra infatti che i tiranni Gelone e Gerone (suo successore) avessero proceduto ripetute espropriazioni di terreni da distribuire ai propri mercenari.
Nel 467 a.C., dopo che le insurrezioni popolari abbatterono la tirannide, si aprì una serie di processi per la restituzione dei terreni confiscati. I dibattiti pubblici necessitavano dunque dei metodi e delle tecniche migliori per convalidare accuse e difese.
In questo contesto il primo a dare lezioni di eloquenza pare fu il filosofo Empedocle di Agrigento (n. Agrigento, 495 a.C.; † Etna, 430 a.C.), subito imitato dai suoi allievi siracusani Corace (V sec. a.C.) e Tisia (n. Siracusa, 480 a.C.), i primi a scrivere manuali di retorica (il primo fu scritto da Corace attorno al 460 a.C.) e a chiedere un compenso per i propri insegnamenti.
Ad Atene Gorgia e i sofisti (sec. v a.C.) cominciarono a fissare i criteri della retorica che, nella società dell’età di Pericle, divenne strumento necessario per il successo nell’eloquenza politica e giudiziaria. Nell’Encomio di Elena, Gorgia sottolinea i poteri emotivi e passionali del discorso, facendo del bel parlare un ideale di cultura; la retorica non è un insieme di concetti razionalmente esposti, ma la capacità di persuadere con ritmi e cadenze; ogni discorso deve essere «conveniente», cioè deve piegarsi alle esigenze che l’oratore si propone.
Per Corace e Tisia, il fondamento della retorica consisteva nel fatto che «il verosimile (τά είκότα [ta eikòta]) è da stimarsi molto più del vero». La loro retorica era quindi di tipo probativo, di ricerca delle πίστεις [pìsteis], cioè le «prove», come sarà poi teorizzato anche da Aristotele; pertanto essa assumeva l’aspetto tecnico di una ars con precetti impostati scientificamente.
Con Isocrate, allievo di Gorgia, si distinguono
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