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Barbiana
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E-book237 pagine3 ore

Barbiana

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"Barbiana – un percorso tra comico, introspezione e rinascita" di Paolo Fabiani è un romanzo psicologico e di formazione. È un’attenta descrizione della vita e delle sue problematicità. La storia narra le vicende di un pittore disadattato, soprannominato Barbiana, che vive in un paese di campagna. La trama si sviluppa in una serie di fatti – in parte comici, in parte tragici e a volte ridicoli – che conducono il Protagonista a una sempre maggiore consapevolezza di sé stesso. Pagina dopo pagina, alternando in maniera divertente ed ironica analisi intimistiche a molti accadimenti assurdi, si sviluppano temi quali la solitudine, la depressione, la difficoltà di integrarsi e adeguarsi a una società sempre più alienante e distante dalle esigenze dei singoli. Nel libro si elabora e completa una vera e propria psicologia del profondo per immagini, arrivando così a un finale che fa veramente pensare.
LinguaItaliano
Data di uscita29 ott 2020
ISBN9791220300209
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    Anteprima del libro

    Barbiana - Paolo Fabiani

    Fabiani

    Capitolo primo

    Le novantacinque tesi di Barbiana

    La normalità è un’unità di misura,

    ma nessuno è un’unità di misura.

    Raccontare una solitudine vissuta ai margini, ma non oltre il limite che la società stabilisce per la follia conclamata; descrivere l’esclusione di chi non è deriso, diseredato, derelitto, distrutto, ma semplicemente distaccato, dissociato, deluso e depresso; narrare il disagio di qualcuno che, rifiutandola, rispecchi la nevrosi dei nostri tempi significa – in fin dei conti – delineare la vita di tutti e di ognuno .

    Basta poco infatti per rompere il cerchio delle relazioni sociali, non importa essere un barbone o un pazzo furioso. No! Per prendere congedo dagli altri, dall’umano consorzio, dal mondo, basta veramente poco. È sufficiente alzarsi una mattina e dire: Io da oggi non voglio più avere a che fare con nessuno. Da quel momento tutte le volte che incontrerai gli altri ti scontrerai, ogni relazione interpersonale che sarai costretto a intrattenere diverrà la tua camicia di forza; ogni dovere pubblico da assolvere ti avvolgerà quasi fosse una stanza con le mura imbottite e la porta chiusa da fuori. La vicenda raccontata in questo libro quindi è quella di uno che ha detto basta, la storia di uno di noi.

    ***

    Nella sala d’attesa dell’ambulatorio psichiatrico di un piccolo paese di campagna Barbiana, un uomo di circa quarant’anni, stava riposando appoggiato allo schienale della sedia nel mentre attendeva il suo turno per la visita di controllo periodica. Accanto a lui Gasolina, un altro paziente, per ingannare il tempo stava invece leggendo il giornale.

    Gasolina – «I politici cambiano così spesso opinione sulla stessa vicenda che, se lo facessi io col mio psichiatra, mi aumenterebbe di sicuro le dosi della terapia.»

    Barbiana – «Se i politici non facessero spettacolo e si mettessero invece a fare politica seriamente, dimmi tu chi li voterebbe?!?»

    In quel momento si aprì la porta dell’ambulatorio ed uscì lo psichiatra.

    Dottor Pasticca – «Signor Barbiana, venga! Tocca a lei».

    Appena entrati nello studio il dottore subito incalzò il convenuto.

    Dottor Pasticca – «Ho visto che stava parlando con Gasolina, siete amici?»

    Barbiana – «Non direi, l’ho conosciuto qui tempo fa.»

    Dottor Pasticca – «Lo sa, suo fratello è un politico influente del nostro territorio … Un grande personaggio, un uomo che si è fatto tutto da solo!»

    Barbiana – «In che senso: un uomo di successo, oppure uno che non è mai stato con una donna e si è dovuto arrangiare da solo?»

    Dottor Pasticca – «Barbiana lei ha voglia di scherzare … è un buon segno; ma, mi dica, come si sente?

    Barbiana – «Come se stessi scendendo da un grattacielo passando per la grondaia.»

    Dottor Pasticca – «Ma i grattacieli non hanno grondaie?»

    Barbiana – «Allora a cosa mi sto aggrappando?»

    Dottor Pasticca – Sta seguendo la terapia?»

    Barbiana – «Io sì … e lei?»

    Dottor Pasticca – «Barbiana, Barbiana … attento …»

    Barbiana – «Ho saputo che il fratello di Gasolina ha cambiato partito.»

    Dottor Pasticca – «Sì, dopo le recenti vicende giudiziarie è passato a un partito di centro.»

    Barbiana – «Adesso non litigherà più con nessuno, considerato quanto sarà diventato moderato. Se si modera anche nel bere diventerà un angelo. Sicuro!»

    Dottor Pasticca – «Diciamo che così si è rifatto una verginità politica.»

    Barbiana – «E il chirurgo con cosa lo ha ricucito, coi ferri da maglia?»

    Dottor Pasticca – «Lei dovrebbe fare cabaret, glielo ha mai detto nessuno?»

    Barbiana – «No, no ci sono troppe materie difficili da imparare … e poi … e poi io sono già dottore: sono medico … metafisico (come Van Helsing) e chirurgo … dell’anima. Sono pure specializzato in una branca della psichiatria, si chiama stupidiatria. Come lo psichiatra tortura e aggrava i folli, io curo gli stupidi! Terapia breve!!!» (Mima un cazzotto sulla testa).

    Dottor Pasticca – «Le sue battute sono simpatiche, ma le escono a denti stretti, guardiamo se le posso dare qualcosa per rilassarla un po’.»

    Barbiana – «No, no per favore dottore. Basta! Già sono diversi giorni che vado avanti a forza di antidolorifici. Lo sa cosa mi è successo l’altro giorno al bar?»

    Dottor Pasticca – «Sì, lo sanno tutti. Ha avuto un violento litigio con una persona un po’ permalosa!»

    Barbiana – «Me la sono fatta sotto dalla paura!»

    Dottor Pasticca – «Così lei ha avuto un attacco di panico?»

    Barbiana – «Più che panico lo definirei terrore. C’era Badile, 1.90 di altezza per 120 kg di muscoli, ex pugile, che mi voleva picchiare, avevo paura, sì!»

    Dottor Pasticca – «(scrivendo) Attacco di panico … Poi lei ha avuto una crisi provocata da convulsioni psicogene in stato di eccitamento psicomotorio seguita da fenomeni amnestici (perdita della memoria)?»

    Barbiana – «Mah, più che altro mi stava picchiando selvaggiamente. Io cercavo di difendermi. A un certo punto ho perso i sensi.»

    Dottor Pasticca – «Lo sa, nell’Ottocento questa l’avrebbero classificata come crisi isterica?»

    Barbiana – «Ma quale crisi isterica??? Mi stava picchiando un energumeno!!! Non ero io ad avere le convulsioni, era lui che mi stava riempiendo di botte!»

    Dottor Pasticca(scrivendo) – «Convulsioni psicogene in stato di eccitamento psicomotorio seguite da fenomeni amnestici …».

    Il risultato della visita fu che a Barbiana vennero aumentate le dosi di antidepressivi che, oltretutto – a causa di vicende giudiziarie che si chiariranno nel corso del racconto – doveva andare ad assumere obbligatoriamente al distretto sanitario e sotto il diretto controllo medico.

    Indispettito e rabbioso nei confronti del sistema che lo obbligava a curarsi quando lui non ne vedeva minimamente la necessità, il giorno dopo si recò di buon mattino davanti alla chiesa e, imitando il gesto di Martin Lutero, affisse un grande foglio sul portone in legno che dava sulla piazza centrale del paese. Su quel lenzuolo di carta egli aveva scritto le sue tesi di protesta, cioè alcuni aforismi che ben delineavano il suo pensiero e, non ultimo, il suo carattere. Se avesse avuto il computer o lo smartphone avrebbe sicuramente sfogato la sua rabbia in un post su internet ma, essendo povero in canna, fu costretto a ripiegare su un mezzo più tradizionale.

    Involontariamente e paradossalmente, ciò rese l’operazione ancor più rivoluzionaria perché, in un mondo completamente digitalizzato, affiggere un foglio sul portone di una chiesa era e resta un vero gesto di protesta. Nel Post Scriptum faccio confluire in un’unica raccolta molte di queste novantacinque tesi, insieme ad altre citazioni di Barbiana. Non tutte però: ho eliminato le folli e le sconclusionate. Il passare di palo in frasca infatti è indice certo di una personalità instabile, instabile come la società che le si oppone, una società che non sa più distinguere tra il serio e il faceto o, peggio, che riduce il serio al faceto. Una società ridicola che precede quasi sicuramente un’epoca tragica.

    Capitolo secondo

    L’aquilone del cuore

    La solitudine è un’isola

    alla deriva nell’oceano dell’incomprensione.

    Barbiana la maggior parte dei suoi quarant’anni li aveva passati in solitudine; viveva in un piccolo appartamento ricevuto in eredità e aveva soltanto due veri amici: Don Saggina (il perché lo chiamassero tutti così diverrà chiaro più avanti), il parroco del paese di dieci anni più vecchio e Cipango, un ragazzo di dieci anni più giovane con lievi problemi di disabilità dovuti ad una malattia avuta in età infantile che lo aveva lasciato infantile anche in età adulta. Nonostante queste amicizie, il Nostro passava la maggior parte del tempo in solitudine studiando, dipingendo, scrivendo poesie oppure camminando per la campagna, cosa che a lui piaceva molto.

    Quando era intorno alla ventina aveva avuto anche una fidanzata, una bella ragazza del paese e di buona famiglia. I due, per un breve periodo, andarono a vivere insieme in una casa colonica fuori dal paese, proprietà di un’anziana parente di lei. La storia pare però che non ebbe un lieto fine: si separarono dopo che lei abortì. Dai probabili futuri suoceri Barbiana era mal visto, speravano che la loro amata figliola trovasse un partito migliore, un soggetto più integrato e, soprattutto, più ricco di portafoglio e di prospettive.

    A causa del fatto che si disinteressava dei beni materiali, degli aspetti economici del vivere sociale, veniva da tutti considerato – a torto – un buono e i buoni, prima o poi, annoiano. Non che fosse noioso, tutt’altro. Il problema lo potremmo riassumere nel fatto che la sua unicità, la sua singolarità era incomunicabile.

    Così, già dai primi anni dell’adolescenza, disattese ogni tentativo di spiegarsi. Era certo una strada obbligata, ma quel passo lo portò oltre, molto oltre, sul cammino della solitudine. Per chiacchierare, chiacchierava … ma non parlava agli altri e, spesso, neppure a sé stesso. Egli aveva messo in pratica il motto (da lui stesso ideato): nessuno desidera restare solo, ma tutti vorrebbero esser lasciati in pace. E certo tutti lo lasciavano in pace. Nessuno aveva interesse o vantaggio a farselo amico. L’anima di ognuno è come una casa: c’è chi la vuole in fila attaccata ad altre lungo una strada di città; chi preferisce vivere in un appartamento dentro un grande palazzo; chi desidera una villetta con giardino in periferia e chi brama costruirsi una casa nel bosco lontano da tutto e da tutti. Chi sceglie quest’ultima opzione – propriamente parlando – non ha la possibilità di un destino, ma soltanto una fine … una fine segnata fin dal principio.

    Capitolo terzo

    Il primo incidente

    Ogni errore ha una zona d’ombra,

    e lì si nasconde la parte di te che non vuoi vedere.

    Non era però sempre stato così. Si è già accennato alla sua fidanzatina quando era ventenne. Ebbe altre e abbastanza frequenti relazioni, dalla durata variabile, fin quando non arrivò alla trentina. Tanto era dominato dalle sue fantasie che l’adolescenza lo aveva accompagnato fino a quell’età. E sarebbe andato anche oltre se non gli fosse accaduta tutta una serie di tragici eventi che, giocoforza, lo spinsero a crescere e ad uscire da quel mondo di fantasie sul suo futuro, sulla sua arte poetica, sulla sua arte pittorica e sulle sue astruse teorie. Idee che lui, e soltanto lui nella sua intima fantasia, pensava potessero avere un qualche risvolto nella vita cosiddetta reale.

    Questi eventi tragici, prima che ve li racconti, non agirono soltanto immediatamente, come fossero un farmaco analgesico ma – molto più verosimilmente – dettero il via a una reazione a catena intima, a una piccola rivoluzione interna che progressivamente lo portò ad avere una qualche forma di evoluzione psicologica. Non nella direzione del meglio, purtroppo. Fu soltanto con gli anni che andò piano piano ad aprire gli occhi sulla mediocrità dell’esistenza. Ma quel che vide purtroppo non era né piacevole né reale o, almeno, non aveva niente di realistico né di realizzabile. Quindi ritornò ben presto nella sua dimensione, nella sua alienazione.

    Barbiana, tutto sommato, lo potremmo definire quasi buono … a volerlo proprio classificare era un’anima dispiaciuta che cercava consolazione senza mai riuscire a trovarne. Siamo tutti torte fatte con gli stessi pochi ingredienti: dall’una alle altre variano soltanto le dosi, le proporzioni e i tempi di cottura. E non è poco. Sono soltanto le brutte esperienze che, distendendo – quasi spalmando – le loro conseguenze sul lungo periodo, lentamente ci cesellano, ci modellano e, con la loro incessante azione, ci molano proprio come l’acqua corrente liscia le pietre di fiume.

    Fu intorno alla trentina o poco dopo – quando egli lavorava per una cooperativa che forniva manodopera per il servizio sociale del Comune – che accaddero due incidenti che lo portarono al licenziamento e per poco non lo fecero finire anche in carcere. In quello stesso periodo rinsaldò l’amicizia con Cipango, il collega con cui faceva coppia (quando ce n’era bisogno) per andare a prestare assistenza domiciliare alle persone anziane non più autosufficienti. Dobbiamo, a questo punto, aprire una piccola ma indispensabile parentesi per comprendere il proseguo del racconto. Il lavoro nella cooperativa Barbiana lo aveva ottenuto in quanto era iscritto nelle liste delle persone con problemi psico-comportamentali da inserire in ambito lavorativo. Non era considerato un soggetto pericoloso, infatti non aveva mai fatto del male a nessuno e non c’erano mai stati eventi che facessero supporre – anche soltanto per pura ipotesi – una sua pericolosità. Quindi, attraverso le strutture pubbliche preposte, fu inserito in un progetto lavorativo di assistenza agli anziani. In questo progetto era compresa anche una sua presa in carico da parte di una psicologa dell’azienda sanitaria da cui Barbiana doveva recarsi periodicamente per esser valutato e controllato. Fu preso in carico da una dottoressa molto esperta e, delle loro lunghe conversazioni, riporto soltanto un breve scambio di battute che precedettero e motivarono la cura ipnotica a cui Barbiana fu da lei sottoposto.

    Barbiana – «Se non avessi qualche stortura mentale probabilmente non sarei qui con lei. Soltanto da questo fatto sporadico di trovarmi qui e ora deduco che c’è qualcosa che non va, altrimenti non mi sarei mai accorto che c’è qualcosa che non andava in me, perché in me tutto va come deve andare. Non penso di esser folle ma, del resto, nessun folle pensa di esserlo ed anche per questo è difficile capire che effettivamente io non lo sia davvero. Capire la follia è facile, è la razionalità a essere sfuggente … o no? I pazzi sono facilmente riconoscibili, invece sono proprio i normali ad essere difficilmente identificabili! Comunque, che ci sia qualcosa che non va in me è piuttosto evidente: non ho ideologie da difendere, né superstizioni in cui credere, tanto meno voglia o tendenza a venerare gli innumerevoli idoli laici, quelli che tanto vanno di moda al giorno d’oggi, nell’odierno dì … come avrebbe detto il Poeta. Mi assento spesso dal contesto in cui mi trovo. Mi chiudo in me stesso e inizio a fantasticare, posso starci ore. Non è normale! Cambio prospettiva sulla realtà, ma al costo di pensare a un’altra realtà … che non c’è. È tutto così poco realistico da sembrarmi quasi necessario».

    Dottoressa – «Vai in trance da solo, non è una cosa cattiva in sé, tutt’altro. Sai … quelli come te a volte possono trovar giovamento dall’ipnosi. L’alienazione è parte integrante (come dicono i burocrati tra i quali, appunto, si annoverano da sempre i medici della mente come me) della condizione umana. Ma non tutte le alienazioni hanno la stessa origine e conducono alle stesse conseguenze, altrimenti detto: non tutte producono gli stessi effetti che, comunque, in sé stessi, non sono ancora conseguenze. E già … non tutti gli effetti sono conseguenze …»

    Fu così che Barbiana entrò in cura ipnotica per alleviare i forti attacchi d’ansia di cui soffriva fin da piccolo. In parte funzionò. Anche questa soluzione però fu l’origine di un nuovo problema: come tutti coloro che lamentano le più svariate forme di disagio emotivo, pure Barbiana si interessò alla psicologia e all’ipnosi tanto che, effettivamente, riuscì a impararne le fondamentali tecniche. Ebbe la balzana e malaugurata idea di applicare questa sua nuova attività al lavoro per i servizi sociali. Entrava tutti i giorni dentro le case di malcapitati che vivevano da soli, portando loro medicinali, aiutandoli nelle faccende domestiche, coadiuvandoli a prepararsi da mangiare. Così, parlando con queste persone ansiose di intrattenersi con qualcuno che le stesse ad ascoltare – si informava sui loro malanni, i loro disagi e, improvvisandosi psicologo lui stesso, iniziò a ipnotizzare alcuni di questi sventurati. La cosa era facilitata dal fatto che essendo una delle poche persone che questi anziani avevano modo di incontrare nella loro giornata, essi lo ascoltassero con molta attenzione. Barbiana poi, come tutti gli psicotici del suo tipo, era un buon oratore e, quando non era particolarmente agitato, risultava anche convincente. Inoltre si trattava quasi sempre di persone deboli che prendevano molti medicinali, alcuni dei quali con effetti sedativi e, appunto, ipnotici. Si era persuaso così di esser diventato un grande ipnotizzatore, sebbene non sempre la realtà confermasse questa sua presuntuosa convinzione.

    Come già accennato all’inizio, una volta al bar si mise a litigare con Badile (un energumeno prepotente, un tipo rancoroso e dalle maniere spicce) su chi avesse vinto una partita a carte. Barbiana provò maldestramente a ipnotizzarlo facendo ricorso a discorsi paradossali, metaforici e cercando di confondere il suo interlocutore. Il risultato fu che Badile si sentì preso in giro e lo riempì di botte. Nonostante questo inconveniente, la fede nelle sue capacità di ipnotista non lo abbandonò mai. Ma fu anche ciò che gli procurò grossi guai, quasi che l’avvertimento karmico delle botte ricevute da Badile non fosse servite a niente.

    Andare in trance è come attraversare un bosco, c’è un prima e un dopo che non appartengono alla foresta, ma nel mezzo … nel mezzo c’è il bosco, ci sono le piante, gli animali, i suoni e gli odori della foresta. Nel bosco si respira, e respirando si sentono gli odori e – mentre si sentono gli odori e si ascoltano i suoni del vento che passa tra i rami – i pensieri iniziano a procedere da soli. Lì si è veramente liberi di pensare, di lasciarsi andare a sequenze di fantasie che ci giungono dal profondo e nel profondo della boscaglia ci fanno immergere e perdere. Puoi entrare nel bosco o restarne fuori, è una tua scelta, anche se a volte a te non sembra così – ma, se decidi di entrare, poi puoi muoverti soltanto tenendo conto degli alberi, delle frasche, dei pruni, dei cespugli e, quanto più la vegetazione si fa fitta, tanto meno i tuoi movimenti sono liberi, diventano obbligati, si rallentano e ti affaticano. Troppi punti di riferimento indistinti poi ti inducono a perdere l’orientamento. Devi muoverti con circospezione, devi affondare te stesso tra i rami, tra i pruni, tra i cespugli, immergerti nel folto della foresta, nel verde e nelle sue sfumature, nel

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