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Poesie di strada Vol.2
Poesie di strada Vol.2
Poesie di strada Vol.2
E-book292 pagine1 ora

Poesie di strada Vol.2

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Info su questo ebook

Poesie di passaggio sulle gambe robuste di trecento poeti selezionati, versi che illuminano come lampioni e neon i panorami urbani o tralucono, simili alle stelle delle notti prive di luna sopra le campagne silenziose, fra un abbaiar di cani e l’altro. Poesie che sono cotte dal sole delle nostre coste, o che attraversano i mari e i fiumi per entrare nelle nostre stanze, poesie che si chinano furtive sotto le saracinesche dei negozi; poesie dai jeans odorosi di salsedine; poesie della nostalgia, umide di nebbia e fontanili; poesie in giubbotto sulla moto, o poesie sedute accanto a te, lettore, sul bus, o al finestrino dell’auto di fianco, prima del verde implacabile. 
Poesie che guasconamente attraversano le piazze dei mille borghi d’Italia, dalle quali ci sono giunte insieme con una petizione di umanità e forza.
LinguaItaliano
Data di uscita2 nov 2020
ISBN9791220215336
Poesie di strada Vol.2

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    Anteprima del libro

    Poesie di strada Vol.2 - Aa. Vv.

    AA.VV.

    Poesie di strada Vol.2

    A cura di Furio Detti

    Poesie di strada Vol.2

    AA.VV.

    © Idrovolante Edizioni

    All rights reserved

    Director: Roberto Alfatti Appetiti

    Editor-in-chief: Daniele Dell’Orco

    1A edizione – ottobre 2020

    www.idrovolanteedizioni.it

    idrovolante.edizioni@gmail.com

    prefazione

    di Furio Detti

    «… sono come un gatto bruciato vivo,

    pestato dal copertone di un autotreno,

    impiccato da ragazzi a un fico,

    ma ancora almeno con sei

    delle sue sette vite,

    come un serpe ridotto a poltiglia di sangue

    un’anguilla mezza mangiata

    le guance cave sotto gli occhi abbattuti,

    i capelli orrendamente diradati sul cranio

    le braccia dimagrite come quelle di un bambino

    un gatto che non crepa…» (cit.)

    Più di settecento componimenti, più di trecento poeti selezionati, un’antologia dedicata alle Poesie di Strada; la prima che ho avuto la gioia, l’onore di curare per Idrovolante Edizioni.

    È sempre un mestiere duro dover dire di sì o di no a un poeta, anche a quelli che non sono ancora cresciuti tanto da superare un concorso, ma che hanno in sé - sempre o quasi - un moto, una pulsione onesta, di carne, di sangue e di pensiero, che li conduca un po’ spaesati, vulnerabili e soli lungo le strade di città immaginarie, o reali.

    È quindi con il più profondo rispetto e umanissima riconoscenza che mi assumo ogni responsabilità per questa selezione e per ogni mancanza di essa. Perché come nelle strade intricate e nei percorsi immaginari e immaginifici su cui piove la poesia, con variabili da meteorologia, nel metropolitano o nel periferico di campagne trasformate, è facile perdere e perdersi.

    Oltretutto è necessario confrontarsi con le facciate monumentali della grande letteratura scolastica di cui tutti, bene o male, siamo imbevuti. Il lettore colto coglierà centinaia di sopravvivenze dei grandi Poeti della tradizione nazionale e internazionale in questi versi. Si aggiunga che nell’urbanistica incoerente della nostra esperienza umana - perché è di questo che parla la Poesia - siamo costretti a misurarci con deviazioni, ostacoli, recinti e clausure, ma anche improvvise spalancate vastità, che sorprendono l’anima e la mente. Ecco che mi piace pensare a questi nostri poeti come dei passeggeri, diurni, notturni, o che amino vagabondare nel cono d’ombra di un giorno che sorge o che muore sopra i tetti, i parcheggi e le case. Godendo dell’ambiguità delle ombre come dello spendore del cielo.

    Non manca la natura, come in una vera città, intrusiva, maltrattata, delusa, o onorata e coltivata come in un parterre di città d’arte.

    Così come non manca la luce solitaria e gialla dell’appartamento che ci capita di scorgere e distinguere nello sciame di luci artificiali dei nostri abitati. È in quella stanza che si lotta, si ama, si fa l’amore, si piange e si ride. È in quella stanza piccola e illuminata, come un segnale spia, che siamo stati tutti prima o poi. Questa isola di intimità urbana che diventa montagna solitaria o giardino d’estate, diventa marina estiva o chilometro d’autostrada mareggiato di nebbia, con gli stop degli autotreni dritti in faccia, o ancora discarica e sparpagliato.

    In queste strade, fuori dai palazzi e delle case che amiamo immaginare dentro queste pagine, con il canto meccanico e sonoro dei chiavistelli, si aprono finalmente i portoni, e dalle scale, dai vani, dagli androni, i nostri poeti escono coraggiosamente da soli come un gatto del Colosseo (per citare un Maestro a me caro e immortale il quale ha sempre fatto capolino da dietro il mio monitor del PC e che apre questa mia prefazione) e esulano fino ai deserti dell’Iraq o alla terra nera e silenziosa degli eccidi e delle stragi di guerra.

    Poi l’erotismo ritorna con immagini vivide, cartelloni o prospettive rubate e seducenti, il panorama cambia, repentino e non c’è offesa.

    Non c’è offesa nella piccola Babele delle ispirazioni e delle metafore, delle vicende, dei simboli che ci fanno da segnaletica, semaforo o segnaletica, ogni poesia attende il suo lettore come un’auto in un mite parcheggio. Come una persona che si addormenti sopra un tram, come il nostro piccolo destino che diviene qualcosa di più grande, per aggregazione. Ancora incontriamo dei solitari, bukowskiani, dei futuristi postmoderni, o dei romantici nostalgici di luoghi che furono e non sono più. Ma non voglio qui esagerare con le etichette. Spero di essere riuscito invece a ascoltare, e non è affatto facile, il primo vibrare dell’onda poetica, il segnale radio emergente dal rumore di fondo, senza farmi guidare troppo da categorie letterarie.

    Non perché esse non siano importanti, tutt’altro: lo sono; ma perché ho cercato di privilegiare la ricezione più che la catalogazione.

    Lasciamo che sia il lettore a dare un senso a queste prospettive e un volto, personale, ai nostri ispirati autori: così ho dismesso, almeno di primo acchito, la veste del critico letterario e ho vestito i panni dell’osservatore, mi sono fatto antenna, parabola appesa ciondoloni a un balcone sconosciuto, o se vogliamo fotografo di strada, mestiere che è tornato proprio utile alla scrivania di curatore. Ho cercato di raccogliere e accogliere, e se una scelta è stata inevitabile alla fine, essa è avvenuta, mi auguro, nello spirito di conservare una polifonia e una polisemia anche disomogenea e sia pur disorganica - me ne assumo anche qui la piena responsabilità - poiché poliforme era, mi pare, la consegna e forse jazzistico il risultato.

    Ci terrei per onestà a invitare tutti i poeti a riscoprire la metrica, alcuni ne hanno dato significativa prova di vitalità, oltre alla freschezza dell’ispirazione e delle immagini. Come si vedrà comunque domina il verso libero, con poca sorpresa, e personalmente un po’ di rammarico (mi sia concesso). Tuttavia, privilegiando la chiarezza del moto poetico iniziale, non posso che dirmi modestamente soddisfatto del drappello di poeti di strada qui raccolti. Con la speranza che l’avventura prosegua e continui, come vive e si espande un tessuto viario, una rete di vene percorse dagli uomini.

    Proprio così, ecco, proprio come inizia e prosegue il viaggio di Odisseo, cantato da un altro Immortale a me caro:

    «And then went down to the ship,

    Set keel to breakers, forth on the godly sea, and...»

    ...perché la strada poi, e questo è il bello, abbandona le metropoli, attraversa i deserti, scavalca le montagne, si stiracchia sopra fiumi e voragini, serpeggia fra i canyon e si fa sentiero, pista, sterro, Via della Seta, rotta sul Mare Oceano o landa desolata e porta con se le voci, le vite, il corpo e il nostro spirito in luoghi che neanche sappiamo esistere.

    L’imprevisto glorioso della nostra limitata mortalità. Questo vorrei che rimanesse, e piano sbiadisse...

    come un lampione intermittente, all’alba, lungo strada.

    P.S. - Ringraziamenti

    A Daniele Dell’Orco di Idrovolante Edizioni per la fiducia accordatami e la pazienza elargita. Al mio Jormungandr, ai miei gatti, piccoli déi di gioia, fra cui Seska, in prima fila. Agli autori, a chi ha partecipato, ai grandi Poeti che respirano con noi e soprattutto ai lettori che sentono le Muse. Grazie dal profondo del cuore.

    inariditi

    di Sharon Gafforelli

    Le regole del quotidiano

    riversano ogni energia vitale

    in malsani automatismi,

    e inariditi quali siamo,

    cediamo alla menzogna

    della libertà di scelta.

    Troppo a lungo abbiamo concesso

    all’inerzia

    di trascinarci sino al domani;

    questo vortice convulso, robotico,

    ci ammansisce

    e nella corsa sfrenata del tempo

    reprime la riunione con l’Arte.

    Il senso profondo delle cose

    sfugge alla nostra coscienza,

    e gli appigli d’una disattesa speranza

    si dissolvono nelle prepotenti fattezze

    d’un sistema consolidato, oppressore,

    reo d’aver derubato

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