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L'oro di Napoli
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E-book51 pagine35 minuti

L'oro di Napoli

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Fantascienza - racconto lungo (32 pagine) - Risorgimento alternativo: i cugini Vittorio Emanuele II e Francesco II delle Due Sicilie anziché rimanere nemici decidono di unire le forze contro gli Austriaci.

Cosa sarebbe successo se l’assedio di Vittorio Emanuele a Gaeta fosse stato tolto e il Savoia fosse arrivato a un accordo con Francesco II re delle Due Sicilie? L’Oro di Napoli di Donato Altomare accarezza la più suggestiva delle ipotesi ucroniche sull’Italia: una possibile alleanza tra le due potenze militari più forti all’epoca nella penisola, in chiave antiaustriaca. Con un ruolo insospettato per Maria Sofia di Wittelsbach, sorella di Elisabetta di Baviera, sì, proprio la famosissima Sissi. Un avvincente percorso diplomatico e militare nel culmine di quel decisivo anno 1860 che, grazie a un esito del tutto diverso per quel cruciale Oro di Napoli, sarà chiave di una risoluzione del tutto diversa di quel Risorgimento che tutti – o quasi – conosciamo o dovremmo conoscere bene.
Uno scenario inedito che Donato Altomare trasforma in un racconto avvincente, che ci porta a scoprire una protagonista scintillante: la giovane regina di Napoli Maria Sofia di Baviera, che saprà incitare il suo esercito verso un esito sorprendente. Un’unità d’Italia come non si era mai vista, descritta a colori vivi.

Donato Altomare (Molfetta, 1951), ingegnere civile, esercita la libera professione. Il suo esordio letterario è stato nel 1980 con il racconto Cigno X1, Concorso Editrice Nord, Milano. Tra le varie pubblicazioni da ricordare: Cuore di ghiaccio, La Vallisa, Bari 1989; Dolcissima Roberta, Edirespa, Molfetta 1990; La risata di Dio, Solfanelli, Chieti 1993; L’Albero delle conchiglie, Milella, Bari 1994, ristampato da Tabula Fati, Chieti, 2008; Mater Maxima, Mondadori, Milano, 2001; Prodigia, Tabula Fati, Chieti, 2002; Uno spettro, probabilmente, Mondo Ignoto, Roma, 2004; Il fuoco e il silenzio, Perseo Libri, Bologna 2004; E la padella disse…, Delos Books, Milano 2005; Surgeforas, Tabula Fati Chieti, 2006; Vladimir Mei, libero agente, Edizioni Della Vigna, Milano, 2008; Il dono di Svet, Mondadori, Milano 2008; Sinfonia per l’Imperatore, Elara, Bologna 2010.
Ha pubblicato oltre duecento storie, ma anche saggi e poesie. Ha scritto numerosi atti unici per teatro comico andati in scena. Ha collaborato con emittenti radiofoniche e televisive. Numersosi i premi vinti tra i quali: Space Opera Club, Torino 1986; Premio Italia, Courmayeur 1991; Fanum Fortune, Fano 1994; Città di Bitritto, Bari 1994; Premio Italia, San Marino 1995; Premio Urania, Milano 2000; Le ali della fantasia, Ortona 2006.
LinguaItaliano
Data di uscita17 nov 2020
ISBN9788825413700
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    L'oro di Napoli - Donato Altomare

    9788825411768

    Prologo

    Dopo un tentativo infruttuoso di alleanza tra Vittorio Emanuele II e Ferdinando II di Borbone nel giugno del 1858, il Re delle Due Sicilie muore lasciando il regno al figlio Francesco II, che appena ventitreenne si trova a fronteggiare una situazione difficile. Sposa la bellissima diciottenne Maria Sofia di Wittelsbach, nipote del Re di Baviera Massimiliano II e sorella della leggendaria Sissi. Francesco II ha un esercito formidabile, potenziato dal padre, ma privo di buoni comandanti, molti dei quali lo tradiscono o fuggono all’avanzata di Garibaldi. Cavour non ama per nulla Garibaldi e non è d’accordo sulla sua spedizione, ma si convince pensando che, se avesse avuto successo, tutto il vantaggio sarebbe andato al Piemonte, in caso contrario l’avrebbero disconosciuto. Quando Garibaldi sta per raggiungere Napoli, il ministro Liborio Romano persuade il suo Re Francesco II ad abbandonare la città, tra l’altro molto ben protetta da migliaia di soldati, per rifugiarsi con sua moglie nella fortezza di Gaeta, dove il sovrano inizia, con un pugno di fedelissimi, l’estrema difesa del suo regno. Durante l’assedio, Garibaldi accompagna Vittorio Emanuele II nella capitale per mettere le mani sull’oro dei Borboni, custodito nel Banco Nazionale delle Due Sicilie. L’oro finisce così nelle casse asfittiche del Regno di Sardegna, salvandolo dalla bancarotta.

    Febbraio 1860

    Le sale della Reggia erano fredde. Splendide, ma fredde.

    Carlo Filangieri era a disagio. L’ambiente non avrebbe facilitato il suo compito.

    – Sua Maestà l’attende.

    Filangieri sobbalzò, tant’era concentrato nei suoi pensieri. Inspirò, si diede contegno, petto in fuori, testa alta, sguardo fermo, e seguì il servitore. Attraversarono altre stanze, una più bella dell’altra. Infine una porta si

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