Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il Commissario Richard. Non avrete la sua testa
Il Commissario Richard. Non avrete la sua testa
Il Commissario Richard. Non avrete la sua testa
E-book226 pagine2 ore

Il Commissario Richard. Non avrete la sua testa

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Per Andrea Camilleri, suo estimatore, Ezio D’Errico è un artista “dotato di una genialità rinascimentale”. E certamente unico, più volte imitato, è il suo indimenticabile commissario Richard, che con De Vincenzi è tra i personaggi più originali della storia del giallo italiano (e anche dei “mitici” gialli Mondadori). Disincantato, concreto, solo in apparenza distaccato, il “simenoniano” Richard indaga in una Parigi e in una provincia francese non di rado inospitali, popolate di figure ambigue e spiazzanti, spesso ai margini della società, individui rifiutati, disadattati, solitari. Non avrete la sua testa, romanzo di D’Errico inedito in volume, prende le mosse dal ritrovamento di un cadavere al Museo delle cere Grevin di Parigi. L’uomo, un facoltoso banchiere, è stato pugnalato al cuore dopo una macabra messinscena. Il suo corpo giace riverso nella tinozza occupata dalla statua di Marat, famoso personaggio della Rivoluzione Francese. L’uomo è stato truccato e vestito per confondersi con le statue esposte nel museo. Fin dal principio i sospetti cadono sul sedicente meccanico Tavernier, un pregiudicato presente quella notte al Museo. Ma Richard non è convinto: anche dopo il processo, che condanna a morte l’uomo senza attenuanti, il commissario si batte per consentire la revisione del processo. Qualcosa non torna in questo omicidio troppo perfetto. Perché la vittima si trovava al museo quella notte? Quale legame aveva il banchiere con il presunto assassino? Isadora Rouard, ballerina classica amica dell’ucciso, conosce qualche retroscena nascosto della vita del banchiere?. Richard intraprende una personale lotta contro la pena di morte, nel tentativo, forse vano, di salvare un innocente dalla ghigliottina. Con un'introduzione di Loris Rambelli.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2018
ISBN9788893041409
Il Commissario Richard. Non avrete la sua testa

Leggi altro di Ezio D'errico

Correlato a Il Commissario Richard. Non avrete la sua testa

Titoli di questa serie (100)

Visualizza altri

Ebook correlati

Classici per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Il Commissario Richard. Non avrete la sua testa

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il Commissario Richard. Non avrete la sua testa - Ezio D'Errico

    2018

    Il cerchio si chiude

    di Loris Rambelli

    In una lettera a Mondadori, datata Torino 15 settembre [1941], Ezio D’Errico comunicava di avere spedito, il giorno stesso, un nuovo romanzo, Non avrete la sua testa, con il quale intendeva dare inizio alla produzione poliziesca per l’anno 1942. Erano ancora in cantiere, destinati alla collana «I Libri Gialli», La casa inabitabile, che uscirà nell’ottobre 1941, L’ospite inatteso e La rotativa insanguinata, che usciranno, ma nella collana «I Romanzi della Palma», nel 1942 (l’ultimo col titolo La Tipografia dei Due Orsi). In una lettera a D’Errico (che intanto si era trasferito a Roma), datata 27 luglio 1943, l’editore gli chiedeva di cambiare il titolo Non avrete la sua testa «con un altro assolutamente pacifico e anodino» (gli editori, in tempi in cui la censura si faceva puntigliosa nel proibire qualsiasi allusione, persino nei titoli dei libri, alla violenza e al delitto, esercitavano una sorta di autocensura preventiva). D’Errico propose Il museo delle statue di cera, ma il romanzo non fu pubblicato neppure nei «Romanzi della Palma», a causa delle vicende legate alla fine disastrosa della guerra¹. Vide invece la luce, «per cortese concessione della Casa Editrice Mondadori», a puntate, sul periodico romano, diretto da D’Errico, «Giallo. Settimanale di letteratura gialla», dal numero 3 del 21 giugno, al numero 12 del 30 agosto 1946. Le puntate erano dieci, come dieci dovevano essere i capitoli nella stesura spedita a Mondadori, secondo un'articolazione ormai consolidata (Parte prima e Parte seconda di cinque capitoli ciascuna) ma, a differenza degli altri romanzi della serie, i blocchi narrativi non sono contraddistinti da titoli propri. Finora, fino alla presente edizione digitale nei «Fogli Volanti», il testo non è mai stato raccolto in volume.

    Il primo racconto giallo di Ezio D’Errico (ma giallo lo diciamo noi oggi, e meglio ancora potremmo dire noir) uscì sul «Popolo di Roma», l’8 aprile 1933, con il titolo L’affare del baraccone. Era la storia di un delitto impossibile, un mistero senza soluzione. O meglio, il lettore intuisce una soluzione che però non viene portata a galla da nessun investigatore. Ebbene l’idea centrale di quel breve racconto viene ripresa e rielaborata in una più ampia orchestrazione nel romanzo Non avrete la sua testa. In entrambi i casi, il mistero ruota intorno a un uomo accusato di assassinio perché appare l’unico che possa averlo commesso, ma questi, per sua discolpa, insiste nel raccontare una storia inverosimile di statue di cera che lo guardano, si muovono, gli parlano. L’arma del delitto è, in entrambi i casi, un pugnale: nel racconto è infilato nella giarrettiera di una donna di malaffare; nel romanzo è conficcato nel petto di Marat seduto nella tinozza, così come si mostra nella scultura di cera al Museo Grevin di Parigi. Anche il racconto è ambientato in una sorta di piccolo museo delle cere ambulante, allestito all'interno di un carrozzone portato in giro nelle fiere.

    La differenza fondamentale è che nel romanzo c’è il commissario Richard in una delle sue inchieste più intricate e tormentose. Come nel romanzo di Simenon La tête d’un homme (edizione originale 1931, prima traduzione italiana, La testa di un uomo, Mondadori, «I Gialli Economici», 1933), è in gioco la vita dell'acccusato, di cui il commissario cerca di dimostrare l'innocenza, ma su cui i giudici in tribunale si sono espressi emettendo un verdetto di colpevolezza. I supplementi di inchiesta di Richard, in gara col tempo, sono resi drammatici dall’incombere dell’esecuzione capitale (la pena di morte, come si ricorderà, è stata in vigore in Francia fino al 1982). Le pagine in cui si descrive il calvario del condannato, che a poco a poco deve accogliere l’idea di finire sotto la ghigliottina, sono di particolare intensità: si consideri che D’Errico, come ebbe a dichiarare più volte, era contrario alla pena di morte, non tanto per la sua scarsa incidenza come deterrente del crimine, e neppure per l’eventualità dell’errore giudiziario, quanto perché «la vita umana è cosa troppo misteriosa (anche per chi non ha convinzioni religiose) per permettere a chicchessia di sopprimerla»².

    Per il resto ritroviamo il Richard di sempre. «Quante cose» scriveva Anna Marisa Recupito «sa vedere il vecchio poliziotto nell’alone di una lampada»³. Sulla scrivania del suo ufficio al quai des Orfèvres, fra le quattro pareti ricoperte da una carta da parati di finto damasco, c’è una lampada col paralume verde, davanti alla quale sfilano tanti personaggi, ma l’osservazione della Recupito trova l’esempio più calzante proprio nel romanzo Non avrete la sua testa: «Poi il commissario si era sprofondato in quella tal poltrona, vicino al letto di Isadora Rouard... In certi momenti sembra che il vecchio Richard dorma. Forse la colpa di quella sua inerzia è dovuta alla stanchezza, forse alla luce azzurra di una veilleuse accesa sul tavolino basso. Una luce piccola, ma vivida che spande attorno una specie di aureola fosforescente, una luce che non si può fissare a lungo senza restarne come ipnotizzati... ma il commissario è rimasto a fissare quel punto luminoso come godendo di immergersi in una specie di nirvana... [Milton] non può supporre che il vecchio Richard proprio in quell’alone azzurro stia ricomponendo a modo suo tutto il dramma del Museo Grevin⁴».

    NON AVRETE LA SUA TESTA

    I

    Parafrasando un celebre motto, si potrebbe dire che ogni turista ha la Parigi che si merita.

    Lo studioso di anticaglie cercherà prima le tracce del periodo Merovingio e di quello Carolingio, poi si interesserà delle invasioni Normanne, e finalmente abborderà la storia incominciando da Carlo il Calvo per finire all'ultimo Presidente della IIIa Repubblica; l'artista, dividerà la sua ammirazione fra i Corot del Louvre e la sconosciuta natura morta di Cézanne scovata presso qualche rivendugliolo della rive gauche e finalmente il piccolo borghese, sia esso proveniente da una cittadina del Galles, o da un paesetto del Baltico, da un villaggio della Murcia o da un centro rurale delle Puglie, si affretterà a visitare soprattutto tre cose: la torre Eiffel, il Moulin Rouge e il Museo Grevin.

    Dichiariamo subito che tutte le nostre simpatie sono per questo viaggiatore.

    La sua fede ingenua, lungamente maturata su una vecchissima guida ereditata dai nonni che a Parigi fecero il viaggio di nozze, o da uno zio celibe che ci fu al tempo della grande Esposizione che lo rende meritevole di essere catalogato fra i viaggiatori classici, fra quelli cioè che acquistando la veneranda guida Joanne, si indugiano a osservare i foglietti bianchi inclusi dopo la prefazione. Foglietti che portano in testa una dicitura fatta apposta per inorgoglirli. Ai nostri collaboratori volontari: questi foglietti sono destinati a ricevere le osservazioni o le correzioni che ognuno può raccogliere visitando la città. Con preghiera di indirizzarli al signor Joanne (presso la libreria Hachette boulevard Saint Germain 79, Parigi) che li riceverà con riconoscenza. Ringraziamenti anticipati.

    Beninteso il nostro piccolo turista si guarderà bene dallo scrivere alcunché su quei foglietti, che pur essendo forniti di un margine bucherellato, non verranno né strappati dalla guida né spediti al cortesissimo Signor Joanne, e tuttavia quell'invito a collaborare, costituirà la prima inconfessata soddisfazione dello straniero, cui un biglietto circolare concede sette giorni per visitare Parigi.

    Bisogna aver conosciuto qualcuno di questi turisti per amarli come meritano.

    Essi si possono dividere grosso modo in tre grandi categorie: gli sposi in viaggio nuziale, il pensionato cinquantenne, e l'adolescente che fa il suo primo viaggio premio all'estero.

    Per gli sposi, Parigi resterà un memorabile ricordo di strade tumultuose, di atroci dolori alle piante dei piedi, di interminabili gallerie zeppe di quadri affumicati, il tutto condito dalla prima scenata di gelosia della sposina, per colpa di una donnetta dipinta che ha sorriso allo sposo a un tavolo di birreria.

    Per il pensionato cinquantenne, Parigi diventa la somma di tutte le nostalgie, di tutti i desideri lungamente covati, di tutti i romanzi letti, con la delusione di essere arrivato troppo tardi.

    Ciò non gli impedirà di pensare, che se il biglietto circolare gli avesse consentito ventiquattro ore di più, forse anche lui avrebbe incontrato la dama sconosciuta nell'ultimo fiacre ancora reperibile in place Pigalle... forse anche lui avrebbe potuto gettare al cocchiere se non una borsa piena di Luigi d'oro (che oggi si sono fatti rari) almeno un biglietto da cinquecento franchi, gridandogli: - Presto, alla torre di Nesle (col dubbio atroce che questa torre fatale, sacra alle orgie di Giovanna di Navarra, sia stata abolita dai nuovi piani regolatori).

    E finalmente per l'adolescente in viaggio premio, Parigi sarà la Ville Lumière, non perché la sua illuminazione abbia qualche cosa di diverso da quella di Berlino, di Roma o di Madrid, ma perché la luce egli l'avrà nel cuore, nei suoi diciotto anni, e per tutta la vita un riflesso di questa luce gli resterà nell'anima, talché, quando avrà i capelli grigi e sarà diventato capo-divisione all'ufficio del Catasto, sarà ancora lui che difenderà davanti alla moglie dubbiosa l'aspirazione del figlio giovanetto.

    - Papà... se prendo la licenza liceale senza esami, è vero che mi mandi per sette giorni a Parigi?

    - Ma sì figlio... cercherò di mandarti.

    - Tu ci sei stato, è vero?

    - Come no... avevo presso a poco la tua età... eh... Il Moulin Rouge, la torre Eiffel, il Museo Grevin...

    La madre sospira, e dopo che il figlio coi libri sotto il braccio è uscito, mormora: - Tu credi proprio necessario...

    - Ma sì che lo credo necessario, intanto povero ragazzo se lo merita... e poi sette giorni a Parigi ci vogliono. Vedrà un po' di mondo... la vita non la si impara sui libri.

    Di fronte a citazioni di questo genere, la buona donna non sa che cosa ribattere e si limita a sospirare. La preoccupa soprattutto il Moulin Rouge. Una volta ha visto un'illustrazione che a occhio e croce poteva sembrare un mazzo di fiori, ma a un più attento esame, le corolle si rivelavano mutandine di pizzo, e i pistilli gambe inguainate in calze di seta nera.

    La brava signora non immagina che il Moulin Rouge è diventato un modesto cinematografo, e non pensa che le gambe esistono un po' dappertutto, visto che il buon Dio le ha fatte, e che macchine perfezionatissime seguitano a tessere calze di seta (magari minerale) per renderle più attraenti.

    In una magnifica mattinata di settembre, una piccola folla stazionava davanti al numero dieci del boulevard Montmartre, dove una scritta in verità non molto vistosa, segna l'ingresso del Museo Grevin (l'uscita è nell'adiacente passaggio Jeuffroy).

    Fra quelli che attendevano la loro ingenua eleganza due sposini di provincia, lui in giacca nera e pantaloni a righe (ore undici del mattino), lei in un abito di seta grigia, arricchito da guarnizioni ricamate in bianco. Vicino allo sposo un signore grassottello, sbarbato, con favoriti grigi e catena d'oro bene in vista sul panciotto. Non poteva essere che un notaio, come non se ne vedono più che in qualche sperduto dipartimento della Francia settentrionale nei vaudeville di Labiche.

    Il notaio spiegava allo sposo con un garbo non disgiunto da una certa autorevolezza, che il museo si apre solo nel pomeriggio, alle diciassette, e chiude immancabilmente alle ventitré, mentre invece la domenica c'è una spiegazione anche dalle undici alle tredici.

    Lo sposo, visibilmente compiaciuto della amabilità del notaio, assentiva sorridendo, mentre la sposina stretta al suo braccio, sporgeva il capo sia per ascoltare quel che il vecchio signore diceva, sia per marcare la sua indifferenza nei riguardi di un sottufficiale coloniale, che spostandosi con mosse strategiche in mezzo alla piccola folla aveva trovato modo di mettersi al suo fianco. Il militare, per nulla scoraggiato dall'attitudine riservata della sposina, si arricciava i baffi, e ogni tanto tossicchiava discretamente, sporgendo il petto bene attillato in una giubba fuori ordinanza, sulla quale scintillava la medaille militaire⁵.

    Il notaio continuava: - ho detto spiegazioni perché è errato dire spettacoli... Molti usano impropriamente questa locuzione, che in verità si addice solo ai teatri. Al Museo Grevin si può entrare a qualunque ora e godere dei gruppi esposti, sia con l'ausilio del catalogo, sia valendosi delle proprie cognizioni, ma ogni ora c'è un incaricato che raggruppa i visitatori e fa la spiegazione.

    - Siete stato altre volte a visitare il Museo? - chiese lo sposo.

    - Ogni anno, signore... ogni anno, venendo a Parigi per i miei affari, non posso sottrarmi a questa piccola gioia.

    - È molto interessante, è vero? - modulò la sposina stringendosi ancora di più allo sposo per evitare ogni contatto con il sottufficiale che, senza dubbio a causa degli ondeggiamenti della folla, le sfiorava il braccio.

    - Interessantissimo! - confermò il notaio - e quanti ricordi, quante emozioni esso suscita! Fa rivivere pagine indimenticabili della storia di Francia... drammi terribili, momenti eroici e sublimi, alternando la bellezza all'orrore. Vedrete signora che anche per voi questa visita sarà indimenticabile.

    Lo sfogo lirico dell'ottimo notaio fu interrotto dalla voce nasale di un americano che estraendo l'orologio constatò: - Le undici e cinque minuti... questa essere assolutamente emprecisione non tollerabile in Onite State...

    Molti controllarono il loro orologio e dettero ragione all'americano che fulminava con occhi crucciati l'ingresso del museo.

    Un nuovo spostamento tattico del sottufficiale coloniale costrinse la sposina in grigio a retrocedere di qualche centimetro, e per giustificare questa mossa la brava signora chiese al notaio: - perché questo museo si chiama Grevin?

    - Perché suo ideatore fu l'illustre Grevin, un caricaturista del Monde Amusant ora scomparso... Naturalmente il Grevin, che è morto da qualche anno, seppe a suo tempo circondarsi di specialisti eminenti... scultori, pittori, e soprattutto plasmatori di cera... Alcuni sistemi di coloritura sono di sua invenzione, e così pure l'arredamento del Giardino d'Inverno e della Sala degli Specchi.

    In quel momento l'ingresso del museo si spalancò e la piccola folla con un ah! di soddisfazione si precipitò dentro, tendendo i biglietti all'inserviente. Nel pigia pigia si udirono molti pardon pardon, dovuti a qualche inevitabile gomitata, ma l'ansia di vedere rendeva tutti concilianti, e i maldestri erano rapidamente perdonati con un sorriso, il che non avvenne per il sottufficiale, che ebbe un bel dire pardon, ma si buscò lo stesso un'occhiata della sposina, mentre il marito mormorava bonariamente - uno alla volta, perbacco... C'è posto per tutti! Superato l'atrio, i visitatori si trovavano in una sala sovraccarica di specchi, piante artificiali, di lampadari, di statuette di faune e di ninfe, qualche cosa di mezzo fra la serra e il baraccone delle meraviglie. Un'orgia di cattivo gusto rinforzata da centinaia di lampadine multicolori, un bazar incrostato di stucchi e di dorature, che lasciò il pubblico ammirato e stupefatto.

    Ma ecco avanzare un tipo in redingote nera, una specie di Signor Augusto, come si chiama in gergo da circo equestre colui che interroga il pagliaccio destinato a sgranare le battute umoristiche.

    Il notaio toccò il gomito dello sposo mormorandogli all'orecchio: - Il signor Balinverne... attento che incomincia

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1