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La neve sui campi di lavanda
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E-book277 pagine3 ore

La neve sui campi di lavanda

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Info su questo ebook

Parigi, febbraio 1905.

La vita monotona di Annette, donna semplice e di modeste origini,

caratterizzata da un quotidiano andare e venire dalla butte Montmartre

al mercato delle Halles per vendere la sua mercanzia, viene interrotta

da un evento inaspettato che la porterà ad incontrare Julien, artista

bohemien che da anni trascorre le sue giornate riportando nelle sue tele

qualche scorcio del quartiere dove lei vive.

Insieme i due dovranno intraprendere un viaggio in Provenza al fine di

ricucire un legame spezzato molti anni prima e che ora Julien vuole

rinsaldare prima che sia troppo tardi.

Riuscirà la caparbietà di Annette a vincere e a riportare la serenità

nel cuore di questo artista, facendo rinascere in lui il desiderio di

riprendere la sua opera da dove era stata interrotta?
LinguaItaliano
Data di uscita4 feb 2021
ISBN9791220319515
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    Anteprima del libro

    La neve sui campi di lavanda - Maela Maruzzo

    Dufy

    I

    Parigi 21 febbraio 1905

    L'inverno ormai era iniziato da più di un mese. Il vento del nord soffiava gelido e impetuoso. Fuori cominciavano a scendere i primi fiocchi di neve.

    La visione della prima neve che incominciava a imbiancare le strade e gli alberi, interrompeva ogni anno, sebbene per poco, il procedere lento e monotono delle giornate di Madame Annette Barbier, dal giorno in cui il suo amato marito Germain, ancora giovane, era salito in cielo a causa di un male incurabile che lo aveva colpito a soli quarant'anni, lasciando la povera donna da sola.

    Così, ogni mattina, quando lei si svegliava di buon'ora, aveva inizio il consueto rituale di azioni quotidiane che avevano caratterizzato gli ultimi dieci anni della sua vita di vedova: scendendo lentamente dal letto, per non svegliare il suo caro gatto Milou, con una lampada in mano, Annette si dirigeva verso la sua piccola stufa e metteva a scaldare una tazza con un po' di latte in cui intingeva qualche pezzo di pane raffermo, avanzato la sera precedente.

    Quelle erano le prime semplici azioni mattutine con le quali avevano inizio le sue giornate sempre uguali, semplici, prive di eventi straordinari che potessero sconvolgere la quotidianità della donna. Ma la semplicità dei giorni rifletteva anche quella di Annette.

    Di certo, il suo aspetto fisico non aveva nulla che potesse richiamare una qualche idea di femminilità sensuale e attraente. La sua corporatura tutt'altro che esile, il suo viso rugoso, paffuto, le sue labbra secche e sottili, non lasciavano spazio nemmeno a qualche ultimo tratto di femminilità sciupata dagli anni. Annette non era mai stata bella, nemmeno da bambina.

    Nessun sguardo maschile si era mai soffermato su di lei, attratto da qualcosa che potesse suscitare ardore e desiderio. Solo un uomo, Germain, era riuscito a guardarla con occhi diversi, a vedere in lei quella sensibilità, quella dolcezza nascosta che solo un animo sensibile come il suo, poteva cogliere.

    Lui era entrato nella sua vita quando Annette aveva venticinque anni, quando ormai lei aveva perso ogni illusione di incontrare qualcuno che potesse provare un sentimento d'amore nei suoi confronti.

    L'incontro con Germain fu un evento inaspettato che portò un'aria nuova alla sua vita di giovane donna: giorni felici, dopo anni impregnati di tristezza, in cui affetto, amore, tenerezza erano solo lontani ricordi di quand'era bambina.

    Dopo la perdita di Germain, l'unica compagnia della povera donna fu il suo amato gatto Milou, unico fedele compagno al quale lei aveva riservato un posto d'onore in quella casa. La bestiola era per lei una creatura meritevole di ogni rispetto e considerazione poiché era l'unico essere vivente con il quale poteva liberamente lamentarsi dei suoi acciacchi.

    L'incontro con quella piccola creatura pelosa, avvenuto dieci anni prima, le aveva certamente portato un po' di conforto nel cuore, costretta a vivere in quella casa sola, senza mai la visita di nessuno che potesse in qualche modo o con qualche parola, distogliere la sua mente dai ricordi di una vita più felice, trascorsa con l'amato marito.

    Una mattina, andando a prendere nel cortile dietro casa, il suo carretto con il quale sarebbe scesa dalla butte per dirigersi dall'altra parte della città, per vendere qualche ortaggio prove - niente dal suo orticello, sentendo uno strano gemito provenire da un folto cespuglio in fondo all'orto e avvicinandosi per capire di cosa si trattasse, Annette vide, quasi nascosta dai ramoscelli dell'arbusto, una piccola massa di pelo rosso, che si muoveva, emettendo piccoli gemiti.

    Quella minuscola creatura, indifesa e sola come lei, che reclamava aiuto, risvegliò nella donna lo spirito materno che non aveva mai potuto riversare verso dei figlioli suoi, non avendo ricevuto la grazia divina di diventare madre.

    Dal giorno del loro incontro, Milou, entrando nella sua casa, ma anche nel suo cuore, divenne l'unica compagnia di Annette. Di giorno, mentre lei usciva per andare verso la città, la bestiola se ne stava placidamente sdraiata sulla poltrona della sua padrona, dormendo beatamente in attesa del suo ritorno.

    La sera, quando lei si sedeva, dopo cena, sulla grande poltrona rossa che Germain le aveva regalato per il suo trentottesimo compleanno, il micio si metteva sdraiato sul tappeto, vicino al camino, tutto appallottolato, tanto da sembrare un'enorme massa di pelo rosso che la guardava con aria beata, finché lei, presa dal sonno, lasciava cadere sulle proprie gambe il lavoro a maglia, unico suo passatempo. Raddrizzandosi immediatamente sulle zampe, andava a leccarle le mani, in modo da risvegliarla dolcemente e da indurla ad andare a coricarsi a letto.

    Non appena lei si infilava sotto le lenzuola, il gatto si metteva al suo fianco, all'altezza delle gambe, in modo da poterle tra - smettere il suo calore, alleviando i suoi reumatismi.

    II

    Quella mattina di febbraio, Annette si alzò come al solito, fa - cendo attenzione a non disturbare Milou che ancora sonnecchiava sul suo letto. Appena guardò fuori dalla finestra, sebbene la luce fioca dell'alba non permettesse ancora di vedere in modo nitido, la visione di qualche sottile fiocco di neve che scendeva sui cespugli del suo orto, risvegliarono in lei un ricordo nitido, chiaro e doloroso che riemergeva all'improvviso, sempre uguale, ogni anno, al comparire della prima neve.

    Era la Vigilia di Natale dell'anno 1855, Annette aveva compiuto da poco cinque anni. A quel tempo abitava in un piccolo villaggio di montagna. La sua casa, come tutte le altre del paese, era fatta di legno, per niente grande, con poche stanze: una cucina con un grande camino ed una camera dove si trovava il suo lettino accanto a quello del padre.

    La madre era morta poco dopo la sua nascita, a causa di una grave infezione, lasciando il povero marito solo e con la loro unica figliola da crescere.

    Il padre di Annette era falegname, costruiva tavoli, sedie, letti e credenze per tutti gli abitanti del villaggio. Da tutti era conosciuto e stimato per lo zelo, l'impegno e la passione che metteva nel suo lavoro. Ma la gente del villaggio nutriva per quell'uomo una grande considerazione, anche per via della forza d'animo che costui aveva dimostrato, sin dal momento in cui aveva dovuto prendersi cura di Annette, ancora in fasce. Non era stata una cosa semplice occuparsi della piccola, chiuso nel suo dolore per la perdita della giovane moglie, ma l'amore per quella creatura indifesa e bisognosa di affetto, aveva dato al povero uomo la forza necessaria per poter essere un buon padre. Annette divenne l'unica ragione della sua vita. La piccola, crebbe così circondata dall'affetto del padre, verso il quale ella aveva un grande attaccamento.

    Il babbo era per lei, non solo fonte di carezze, di teneri baci di cui non era mai sazia, ma era anche il suo maestro di vita. Da lui aveva imparato tante cose sul bosco e sugli alberi.

    Quando lui la portava con sé per tagliare qualche tronco, lei lo seguiva allegramente e lo ascoltava con ammirazione quando lui le insegnava a riconoscere un abete da un pino o un passero da un pettirosso.

    La sera, poi, quando lui, seduto davanti al camino, tenendola in braccio, le raccontava le storie del bosco, popolate da gnomi e folletti, lei lo guardava estasiata, mentre ascoltava le sue dolci parole, fino al momento in cui, presa dal sonno e addormentatasi, lui la metteva nel suo lettino, rimboccandole le coperte e aggiungendo un tenero bacio sulla sua fronte.

    Nonostante Annette non avesse avuto la fortuna di ricevere l'affetto materno era cresciuta serena, grazie alle mille cure e premure del padre, coltivando giorno dopo giorno, un'indole tranquilla, sensibile e buona.

    Suo padre le aveva insegnato ad apprezzare tutto ciò che madre natura offriva davanti ai suoi occhi. Per lei, il bosco che circondava la casa, era come un regno incantato, con mille segreti da scoprire.

    Annette sapeva guardare con entusiasmo tutto ciò che incontrava durante le sue passeggiate tra abeti e faggi, estasiandosi di fronte alle macchie colorate delle foglie autunnali, cadute a terra, dai colori forti, intensi e caldi.

    Spesso si divertiva a gettarsi addosso le foglie cadute, come se il contatto con esse servisse a farle penetrare nell'animo l'essenza magica del loro colore.

    Anche i rumori del bosco erano per lei fonte di emozioni. Quando suo padre era impegnato a tagliare i rami, lei si sdraiava sull'erba, sotto qualche grande pino secolare e con gli occhi ri - volti al cielo, si lasciava avvolgere dal suono incessante dei grilli e del ruscello che scorreva lì vicino, o dal dolce cinguettio dei passeri che volavano di ramo in ramo.

    Tutto ciò era per lei una dolce melodia, musica che attraverso le orecchie entrava nell'anima, trasmettendole una meravigliosa sensazione di estasi, facendola sentire in profonda armonia con tutto ciò che la circondava.

    Ogni cambio di stagione costituiva un evento importante, degno di considerazione.

    Annette era molto attenta a tutte le trasformazioni che avvenivano intorno, di colori e di suoni.

    L'arrivo della prima neve trasformava il bosco in un altro mondo magico, impregnato di colore bianco, candido: sembrava un regno incantato, avvolto in un profondo silenzio.

    Ad Annette piaceva molto guardare fuori dalla finestra, quando nevicava. L'incessante cadere dei fiocchi che dolcemente si andavano a posare sul terreno e sui rami degli alberi, producevano in lei una sorta di ammirazione e nello stesso tempo di trepidazione immensa. Quest'ultima sensazione era anche legata all'idea dell'avvicinarsi del Natale, momento tanto atteso dalla piccola, per via di un evento singolare che ogni anno avveniva in quel giorno.

    Ogni anno suo padre, la Vigilia di Natale, nel pomeriggio usciva, lasciandola da sola in casa, per andare nel bosco alla ricerca di un bel ceppo che poi sarebbe stato sistemato al centro della tavola. Lui le aveva insegnato che il ceppo serviva di buon augurio e che la sera della vigilia si dovevano esprimere dei desideri, poi, se qualche fata del bosco passando di lì avesse sentito, qualche desiderio avrebbe potuto essere esaudito.

    Ogni anno Annette attendeva la Vigilia di Natale con grande agitazione. Suo padre rimaneva fuori per qualche ora, mentre lei, nel silenzio della casa, interrotto di tanto in tanto dallo scoppiettio del fuoco nel camino, se ne stava seduta su una sedia, vicino alla finestra, attendendo di vederlo sbucare all'improvviso con in mano il tanto atteso ceppo.

    Quando poi, lo vedeva arrivare da lontano, si precipitava alla porta correndo con trepidazione per vedere quello che lui aveva con sé.

    La visione di quel pezzo di tronco metteva in moto la fantasia della piccola che già pensava quale desiderio avrebbe espresso.

    In realtà, lei sapeva bene cosa desiderava, quello che ogni anno si aspettava di trovare sotto il camino, come sempre, la mattina di Natale: un paio di zoccoletti nuovi, fatti dal babbo.

    Il bravo falegname, infatti, procedeva ad intagliare il legno la sera della vigilia, mentre la piccola era a letto, lavorando tutta la notte per riuscire a terminare quel lavoro fatto con tanto amore. Sapeva bene che per Annette, avere ogni anno un paio di zoccoletti nuovi, fatti con buon legno di rovere, significava ricevere un dono speciale: si trattava di qualcosa fatto con le mani del babbo, qualcosa che lui aveva creato esclusivamente per lei e che avrebbe indossato per tutto l'anno, qualcosa da cui non si sarebbe mai separata.

    Anche per il falegname la creazione di quegli zoccoletti costituiva un evento speciale al quale non avrebbe mai rinunciato.

    Era certamente bello, emozionante vedere la gioia, l'entusiasmo della figliola la mattina del Natale, quando lei si precipitava giù dal letto per andare a vedere in cucina quello che si aspettava di trovare vicino al camino.

    Sebbene ogni anno il regalo fosse sempre lo stesso, Annette ogni volta provava una gioia immensa nel vedere quei due zoccoletti, appesi ad un chiodo con un nastro rosso che li rendeva ancora più affascinanti. Lei, li staccava dal chiodo e li accarezzava per sentire, con il palmo delle sue manine, una piacevole sensazione dovuta alla levigatezza del legno lavorato con cura. Suo padre, lì vicino, la guardava con grande commozione, in attesa che lei gli si gettasse addosso per abbracciarlo e riempirlo di baci carichi di grande riconoscenza.

    Anche se con il passare del tempo gli zoccoli che lui le regalava diventavano piccoli per i suoi piedini che crescevano, Annette li conservava tutti dentro l'armadio, disposti in fila uno accanto all'altro, in ordine crescente.

    Sebbene non potessero essere più utilizzati, ogni tanto li guardava e ogni paio di essi riportava alla mente della piccola il ri - cordo di ogni Natale trascorso con il padre.

    Quell'anno avrebbe ricevuto il quinto paio.

    Il falegname era partito nel primo pomeriggio, nonostante continuasse a nevicare dalla sera precedente. Annette, come sempre, prima che lui uscisse per andare nel bosco, lo aveva baciato, guardandolo con i suoi due occhioni luccicanti dalla gioia. Fuori, la neve con il suo manto candido aveva ricoperto ogni cosa. Non era facile muoversi, ogni passo lasciava una traccia profonda sul terreno. Ma il padre di Annette, procedendo con passo lento, aveva un solo pensiero: trovare un bel ceppo da portare a casa.

    Non fu difficile trovare quello che cercava e dopo neanche mezz'ora stava già prendendo la strada del ritorno quando, sentendo all'improvviso un grande boato dietro di sé, si voltò e vide che un'immensa nuvola bianca gli stava venendo incontro, come se si trattasse di un'onda gigantesca: una valanga.

    Il pover'uomo comprendendo quello che stava accadendo, provò correre, ma le sue gambe non riuscirono a fare che qualche metro sprofondando nella neve.

    La potenza e la velocità di quella massa bianca che si era staccata dalla montagna e stava precipitando a valle, lo raggiunse in un attimo, travolgendolo e sommergendolo.

    Annette, davanti alla finestra aspettò. Quel giorno l'attesa le sembrò più lunga delle altre volte, ma aspettò fino al tramonto.

    Quando vide che fuori ormai era buio, cominciò a chiedersi come mai il babbo non era ancora tornato. Che fare? Di certo non poteva uscire al buio e andare a cercare qualcuno. La sua casa, si trovava in fondo al paese, e poi lui le aveva insegnato che non doveva uscire per nulla al mondo, quando era buio.

    L'unica cosa che poteva fare era aspettare.

    Forse, il babbo era andato in paese e poi sarebbe tornato. Il fuoco ormai si stava spegnendo e cominciava ad avere freddo. Pensò che le conveniva andare a letto, sotto le coperte.

    Annette per la prima volta, cominciò ad avere paura. Ma suo padre le aveva insegnato che la paura era una brutta compagnia e bisognava cacciarla con altri pensieri.

    Sotto le coperte, cominciò allora a sognare il babbo che tor - nava con il ceppo, i suoi zoccoletti. Poi, presa dalla stanchezza, si addormentò a notte fonda.

    Quando si risvegliò, la mattina, fu un brutto risveglio.

    Corse giù all'improvviso dal letto, ricordando quello che era accaduto la sera precedente. Cominciò a gridare:

    Babbo, babbo, sei tornato?, senza ricevere alcuna risposta. Allora, si precipitò fuori dalla casa e cominciò a correre, con la sola vestaglietta da notte addosso, noncurante del freddo che c'era fuori.

    Corse fino alle case vicine, bussò alla prima porta che trovò, con tutta la forza che aveva addosso.

    Un uomo aprì e non servirono spiegazioni per comprendere quello che era successo. La moglie prese tra le braccia la povera bambina e lui uscì in fretta.

    Venne organizzata una squadra per cercare il falegname. Le ricerche durarono fino all'imbrunire, invano.

    L'uomo che aveva aperto la porta ad Annette, ritornò a casa a notte fonda e quando entrò, prese in braccio la bimba che lo guardò con i suoi occhioni gonfi dalle lacrime, versate per tutto il tempo in cui aveva aspettato che tornasse.

    La piccola intuì dallo sguardo serio dell'uomo quello che le stava per dire e scoppiò a piangere.

    L'indomani, arrivò una donna, sorella di suo padre, mai vista prima, per portarla con sé a Parigi.

    Da quel giorno, Annette non vide più la sua casa, il suo amato bosco, le sue montagne. Portò con sé qualche vestito e gli zoccoletti che aveva addosso, ormai consumati, da cui non si sa - rebbe mai separata. Con il cuore in gola per la perdita del caro padre, la piccola seguì la zia, senza mai proferire parola durante tutto il viaggio. Salì nel treno che la portava lontano, lasciandosi condurre passivamente da quella signora verso luoghi scono - sciuti. Appena il treno cominciò a muoversi, Annette, senza proferire alcuna parola, seduta accanto alla zia, gettò uno sguardo fuori dal finestrino e continuò a guardare verso le case del vil - laggio che si intravedevano lontano. Vide anche i suoi amati monti, tutto era bianco. Non distolse mai lo sguardo finché il villaggio e le montagne divennero sempre più piccoli, lontani, sfuggenti. Quando il treno passò sotto una galleria buia e non poté più vedere nulla di ciò che le era familiare, la piccola strinse forte con le sue manine il sacco dove aveva messo i suoi zoccoletti, lasciando cadere un'ultima lacrima sul suo viso piccino.

    III

    La zia lavorava come cameriera presso una famiglia benestante che abitava in un bellissimo palazzo nel cuore della capitale. La padrona di casa si era mostrata benevola nell'accogliere la piccola, ma raccomandò alla cameriera di provvedere affinché non arrecasse disturbo.

    Annette aiutava la zia a preparare le pietanze per i signori, imparando, ben presto, anche molte altre faccende domestiche.

    Le sue giornate trascorrevano sempre all'interno della casa, fatta eccezione per qualche rara volta in cui, non potendo la zia uscire per andare al mercato, Annette doveva sostituirla, potendo così scoprire quello che c'era fuori da quelle mura.

    Camminando per le strade e guardando tutta quella gente che passeggiava avanti e indietro e i mercanti che gridavano per attirare i clienti, Annette provava un senso di

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