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Sposa d'inverno (eLit): eLit
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E-book280 pagine5 ore

Sposa d'inverno (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Inghilterra,1458/1461 - Lady Lily Gray non ricorda nulla di ciò che è accaduto nella sua vita prima di quel terribile incidente di carrozza che l'ha privata di memoria. Fatto sta che durante il viaggio che la porta verso il suo promesso sposo accadono eventi che sconvolgono come l'incontro con Lord Tristan Ainsworth che afferma di essere stato il suo innamorato e di avere avuto una figlia da lei. Un pazzo, pensa Lily, tanto folle da arrivare a rapirla sperando di riuscire a farle ricordare l'amore che li ha uniti. Una forza sconosciuta l'attira verso quell'uomo, tuttavia non sa se Tristan sarò in grado di aiutarla ad affrontare i terrori senza nome che l'hanno derubata dei ricordi. Il suo passato, infatti, sembra essere chiuso dietro una porta impenetrabile, ma Tristan è sicuro di possederne la chiave...
LinguaItaliano
Data di uscita28 set 2017
ISBN9788858976012
Sposa d'inverno (eLit): eLit
Autore

Catherine Archer

Innamorata dei romanzi storici dall'età di dodici anni, è una grande appassionata di storia, in particolare del Medioevo. Abita con il marito e i tre figli ad Alberta, in Canada.

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    Anteprima del libro

    Sposa d'inverno (eLit) - Catherine Archer

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Winter’s Bride

    Harlequin Historical

    © 1999 Catherine J. Archibald

    Traduzione di Pier Paolo Rinaldi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2002 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-601-2

    Prologo

    Inghilterra, 1458

    Benedict spronò il suo stallone ad andare più veloce, anche se in quella tempesta di neve poteva essere davvero pericoloso. Doveva raggiungere suo fratello e la sua amante prima che fosse troppo tardi.

    Non poteva permettere che Tristan si legasse a quella donna, la cui famiglia apparteneva alla fazione fedele alla casata di Lancaster. Poteva anche aver convinto Tristan d’essere il padre del bambino che aspettava, ma Benedict era scettico. Conosceva la reputazione dei suoi genitori, e sapeva che quella gente era capace di mentire per ottenere ciò che voleva. Come certamente stava accadendo in quel caso, visto che la ragazza era la loro unica figlia.

    Benedict aveva instillato nei suoi familiari un concetto più alto della morale, e per questo motivo Tristan aveva fiducia nella ragazza. Ma lui non era così ingenuo. Aveva dovuto badare a sé e ai suoi tre fratelli, quando i loro genitori erano morti, e avrebbe continuato a farlo nonostante la resistenza di Tristan.

    Spronò di nuovo il suo stallone, preoccupato. La sua fretta non nasceva solo dal desiderio di salvare suo fratello da un matrimonio sconsiderato. Qualche ora prima aveva visto la carrozza dei Gray giungere a un crocicchio proprio nel momento in cui lui arrivava dalla direzione opposta. Il cocchiere non aveva badato a lui, un cavaliere solitario su una strada buia. Stavano cercando una carrozza.

    Anche se le condizioni di quella notte non consigliavano la fretta, Benedict era riuscito a spingere il suo cavallo al galoppo, distanziando chiunque altro ci fosse all’inseguimento dei due amanti. Ma anche quella pericolosa velocità non gli garantiva di giungere in tempo. Doveva arrivare da suo fratello e ripartire prima dell’arrivo della famiglia della ragazza. Non voleva che quella pazzia costasse a Tristan la vita.

    In quell’istante fu distratto dai suoi pensieri dalla vista di una forma scura sulla strada, a una certa distanza davanti a lui. Gli mancò il fiato, quando si accorse che era una carrozza rovesciata.

    Cercò di tranquillizzarsi, mentre si avvicinava, dicendosi che poteva trattarsi di chiunque. Lo stemma degli Ainsworth sul fianco della carrozza confermò la più terribile delle sue paure. Apparteneva alla sua famiglia. Accanto a essa, immobile, giaceva il cocchiere.

    Benedict tirò le redini così forte che il cavallo si fermò e s’impennò. Balzò a terra ed esaminò il corpo del poveretto, ma non vi trovò tracce di vita. Non aveva tempo per compiangerlo, e così aprì lo sportello. Un suono colpì la sua attenzione. Un pianto debole e acuto. Il pianto di un neonato.

    Scuro in volto, Benedict scrutò all’interno della carrozza. Il velluto rosso della sua imbottitura era bianco di neve e Benedict notò che il finestrino era rotto. Il suo sguardo impaurito si fissò su suo fratello. Tristan era accasciato, immobile, contro la fiancata opposta. Anche privo di sensi teneva abbracciata una giovane donna, vestita d’un leggero abito bianco. Non c’era altro suono se non quello del pianto del bambino.

    Lo sguardo di Benedict tornò su suo fratello e il cuore gli balzò in petto quando notò il rosso vivo che macchiava la neve. Erano scuriti anche la giacca grigia di Tristan e l’abito della ragazza, che lo copriva in parte. Entrambi erano immobili.

    Benedict balzò nella carrozza.

    Guardò la donna, mentre prendeva il polso di Tristan. Le sue labbra si strinsero, mentre studiava il volto pallido, prima nascosto dalle pieghe del vestito. Non vi era traccia di colore. Era bianco come la neve.

    Si concentrò su suo fratello e chiuse gli occhi, sollevato, quando sentì il lieve battito del suo cuore. Un sollievo solo momentaneo. Un polso così debole gli diceva che, se c’era la vita, questa era appesa a un filo.

    In un istante si chinò e spostò le gonne della ragazza finché non scoprì la forma del bambino che piangeva. Era piccolo, aveva un colorito bluastro ed era freddo al tocco. Non avrebbe passato la notte, se non lo avesse condotto lontano da quella tempesta di neve. Anche se non era di suo fratello, non poteva abbandonarlo lì, nella speranza che l’altra carrozza arrivasse in tempo. Lo prese fra le braccia e cercò il polso della madre. Non vi sentì pulsare la vita, e questo non lo sorprese.

    Le fece in fretta il segno della croce sulla fronte. Non aveva voluto che ingannasse Tristan, ma certo non le aveva neppure augurato una fine del genere. Lo intristiva l’idea che una donna tanto giovane e bella fosse andata incontro a una morte così tragica. Ma non c’era il tempo di piangere la fine di chi non aveva neppure conosciuto, doveva agire in fretta oppure avrebbe perso suo fratello.

    Pochi momenti dopo era già ripartito con Tristan privo di sensi sdraiato sul cavallo davanti a lui e il bambino piangente fra le braccia. Si guardò un’ultima volta alle spalle, verso la povera creatura che era morta quella notte, poi lanciò il cavallo al galoppo.

    Provava pena per lei e per la famiglia che avrebbe pianto la sua scomparsa, ma doveva pensare a coloro che erano sopravvissuti. Doveva tenerli in vita.

    1

    Inghilterra, 1461

    Lady Lillian Gray guardò con poco interesse la sala della locanda in cui si trovava. Stava aspettando il capo della sua scorta, sparito al di là di una soglia. Il basso soffitto era rivestito da pannelli di legno scuro, e alle sue spalle una scala saliva verso il buio corridoio del piano superiore. Nel focolare al capo opposto della stanza ardeva un fuoco, e diversi uomini occupavano i tavoli del locale. Ognuno di loro sembrava badare esclusivamente al contenuto del proprio boccale.

    Il senso di perdita e di sconforto, la spiacevole sensazione che Lily provava dal giorno in cui si era svegliata dopo un incidente, tre anni prima, sembrava cancellare ogni altra cosa. Quel terribile sinistro aveva distrutto ogni suo ricordo della vita precedente.

    «Milady?» fece Sir Seymour alle sue spalle, facendola sussultare.

    Lily si voltò e fissò il capo della sua scorta, il cui volto era una maschera di freddo rispetto. L’uomo si comportava in quel modo dal momento in cui lui e il resto degli uomini del suo futuro marito erano venuti a prenderla, quel mattino. Erano rispettosi, certo, ma non sembravano felici d’incontrare la promessa sposa del loro padrone.

    «Sì?» gli rispose, trattenendo un sospiro.

    Il cavaliere le fece un inchino. «Il locandiere mi ha assicurato che avrete le sue stanze migliori, proprio come Lord Maxim ha ordinato. Non ci sarà bisogno che vi presentiate nella sala comune per la cena. Ho chiesto che il cibo vi sia portato in camera, proprio come il mio signore ha ordinato.»

    Lily annuì. «Grazie.» Non le importava di cenare da sola, perché si sarebbe sentita sola anche in loro compagnia. Eppure le dispiacque che quell’uomo non le avesse chiesto che cosa preferisse. Sembrava che nessuno chiedesse mai il suo parere. Certo non lo facevano i suoi genitori, sempre decisi a fare ciò che era meglio per lei.

    Sir Seymour le fece un altro inchino e si voltò. «Portate dentro i bagagli di milady» ordinò a uno degli uomini rimasti in attesa.

    L’uomo, anche lui uno sconosciuto, si affrettò a uscire.

    Maxim aveva insistito perché solo ai suoi uomini fosse dato l’incarico di scortarla al suo castello di Treanly.

    Treanly... Quel nome le era ancora estraneo, anche se sapeva che sarebbe diventata la sua nuova casa. Il matrimonio con Maxim sarebbe stato celebrato al suo arrivo.

    Fissò la schiena di Sir Seymour. Ah, se solo avesse saputo qualcosa di più del luogo dove era diretta, su ciò che l’attendeva! Ma il cavaliere non sembrava una buona fonte d’informazioni. Manteneva sempre quella sua maschera di deferenza e certo non avrebbe raccontato nulla sul conto del suo signore, cui si riferiva sempre con il massimo della formalità. Ma non aveva importanza, si affrettò ad aggiungere Lily.

    Cosa poteva importare quando, a volte, anche i suoi genitori le parevano degli estranei? L’amore profondo che aveva provato per loro doveva essere stato cancellato dalla sua mente, anche se le loro cure premurose l’avevano lasciata con un debito di riconoscenza che non sarebbe mai riuscita a estinguere.

    Non poteva negare di sentirsi un po’ sollevata dal fatto di lasciare Lakeland Park. Lo sforzo di ricordare un passato che le sfuggiva e l’evidente dolore dei suoi genitori per una sua mancanza d’affetto nei loro confronti si erano fatti, giorno dopo giorno, sempre più tormentosi.

    Ma in quel momento Lily non voleva pensarci. Preferiva guardare avanti, concentrarsi sulla nuova vita che stava per cominciare. Anche se non riusciva a scacciare l’onnipresente apatia che la pervadeva, una piccola parte di lei sperava d’essere accettata dalla gente di suo marito e che il suo nuovo signore la prendesse a benvolere.

    Il matrimonio con Maxim era stato combinato da suo padre dopo solo un incontro. Per quanto non lo conoscesse per niente, Lily aveva acconsentito senza esitare. Suo padre era impaziente di vederla sposata e lei sapeva che, anche se non era più capace d’amarlo, almeno gli doveva obbedienza. Temeva di non essere stata, in passato, una figlia devota. A volte provava un senso di ribellione nei suoi confronti, anche quando sapeva che suo padre stava prendendo la decisione giusta per lei.

    Se Maxim era sembrato distante, durante il loro primo e unico incontro, questo era certo dovuto alla sua età matura e al peso del governo delle sue terre. A quarant’anni, era di vent’anni maggiore di lei, e di certo Lily non avrebbe potuto aspettarsi da parte sua giovanili dichiarazioni d’amore o manifestazioni d’affetto. Tuttavia aveva letto nei suoi occhi una sorta di violento desiderio, quando Maxim pensava che lei non lo vedesse. Un desiderio che, anche se la metteva un po’ a disagio, le faceva capire che lei non gli era indifferente. E non le aveva forse mandato come dono di nozze la giumenta castana che montava nel suo viaggio verso Treanly?

    Maxim aveva chiesto che, per sposarsi, lei lo raggiungesse nel suo castello, così lui avrebbe evitato di lasciare le proprie terre incustodite, dando un’ulteriore prova del suo forte carattere. I suoi genitori avevano acconsentito, anche se non avrebbero potuto accompagnarla: sua madre si era ammalata qualche settimana prima e non poteva arrischiarsi a mettersi in viaggio d’inverno.

    «Lady Lillian» le si rivolse di nuovo Sir Seymour, riscuotendola dai suoi pensieri. Si voltò e vide che aveva la sua borsa. Il cavaliere fissava con disdegno gli uomini che si erano raccolti nella taverna. «Se siete pronta a salire...» chiese, impaziente d’allontanarla da loro. «Mi occuperò io della vostra sicurezza.»

    Lily annuì, ansiosa di mostrarsi docile.

    «Sono pronta.»

    Senza aggiungere altro, Sir Seymour si voltò verso le scale e le fece segno di precederlo.

    Per vedere meglio dove stava andando, Lily si scoprì il capo e il cappuccio foderato di pelliccia le ricadde sulle spalle. La lanterna illuminava i primi gradini, ma il resto della scala era al buio.

    Proprio quando era sul punto di salire udì il pesante rumore di passi di qualcuno che scendeva. La scala era troppo stretta per due persone, così Lily fece un passo indietro e sollevò gli occhi... e s’impietrì, quando incontrò lo sguardo di un uomo. Un uomo avvolto dal buio, ma che sembrava irradiare un’emozione talmente forte da catturarla. Un’emozione in qualche modo diretta a lei.

    Gli occhi dell’uomo si strinsero, mentre lui continuava a scendere verso la luce, e la sua espressione si fece tanto intensa da scatenarle un brivido lungo la schiena. Avrebbe voluto distogliere lo sguardo, ma si accorse di non esserne capace. Non poteva negare che il gentiluomo fosse bello, con quegli occhi azzurri e quei capelli così scuri, ma certo non era la sua bellezza a tenerla incatenata.

    E quando lo vide più chiaramente ebbe l’istantanea e sconvolgente impressione di riconoscerlo. Fu come una impetuosa folata di vento, una raffica che parve penetrare la sua carne fino ad arrivare nel profondo del suo cuore, al nocciolo della sua esistenza, al luogo segreto che non era più riuscita a raggiungere dal giorno dell’incidente.

    Poi, altrettanto in fretta, quella sensazione svanì. Non ci fu più nulla, e Lily si sentì di nuovo stordita, inerte.

    Disorientata, barcollò e si portò una mano alla fronte.

    Tristan Ainsworth fissò sbalordito la donna davanti a lui sulle scale. La luce non era forte, ma avrebbe riconosciuto dovunque quegli occhi grigi, quei capelli neri che scendevano a incorniciarle il volto. Lineamenti cari e amati, dolci e aristocratici al tempo stesso. Quella pelle così candida e morbida al tocco lo fece tremare dal desiderio di tendere la mano e di accarezzarla. La sua figura, nascosta dal ricco mantello, gli era ugualmente ben nota. Era alta e snella, aveva vita e fianchi stretti, i seni alti e perfettamente formati con piccole punte color di fragola.

    Dal primo momento in cui l’aveva vista, a Tristan era sembrato che il Signore l’avesse creata apposta per i suoi occhi e il suo cuore.

    La donna ai piedi della scala era la sua Lily.

    Ma Lily era morta. Chiuse gli occhi e fece un profondo respiro, dicendosi che quella era solo una visione, un altro spettro che sarebbe svanito proprio come i precedenti. Non aveva forse visto Lily in innumerevoli posti, per innumerevoli volte, per poi scoprire che era solo un’illusione?

    Sapendo per certo che si trattava soltanto di un miraggio, riaprì gli occhi aspettandosi di non vederla più.

    Ma Lily era lì.

    Eppure non si permetteva ancora di crederlo. Poi la vide barcollare e afferrarsi al corrimano.

    Buon Dio, non poteva sbagliarsi. Nessun fantasma era mai svenuto.

    Lily.

    Un’ondata di desiderio e rimpianto si abbatté su di lui e crebbe, quasi si trovasse sotto un’immensa cascata. Un’ondata che lo impietrì.

    Come attraverso una nebbia vide l’uomo alle spalle di Lily avanzare e prenderla per un braccio. Un uomo che parve non accorgersi della sua reazione, troppo preoccupato per la signora.

    E fu proprio la presenza di quell’uomo a farlo tornare alla realtà. Tristan non poteva negare il suo interesse per qualsiasi uomo si trovasse con Lily.

    La sua Lily. No, s’affrettò ad aggiungere. Se era viva e non l’aveva contattato in tutti quegli anni, non era più la sua Lily.

    Il suo sguardo angosciato tornò a posarsi su quel bel volto. La vide tornare a squadrarlo un’altra volta con un’espressione stranamente tormentata negli occhi. Ma non c’era nessun segno che l’avesse riconosciuto davvero, e questo non aveva senso. Doveva conoscerlo bene, ormai, più di ogni altra persona sulla terra.

    O almeno così aveva pensato a quel tempo. Ma forse si era solo illuso, forse Lily si era soltanto divertita con lui e con i suoi sentimenti, proprio come Benedict aveva detto sin dall’inizio.

    Tristan si affrettò a guardare la sua scorta, un uomo che, a giudicare dai suoi modi e dai suoi abiti, doveva essere un cavaliere.

    Il tono riverente con cui le chiese: «Milady, non vi sentite bene?» gli fece capire che l’uomo non si considerava un suo pari.

    «Io...» la sentì rispondere in un sospiro. «No, per un momento mi sono sentita mancare.»

    L’uomo aggrottò la fronte. «È stata una dura giornata e di questo vi chiedo perdono. Ho insistito affinché si procedesse in fretta perché il mio signore non vede l’ora che arriviate. Forse sono stato troppo zelante. Il mio padrone non sarà contento se vi ammalate, perché questo rallenterà il viaggio.»

    La vide scostarsi una ciocca di capelli dalla fronte pallida. Anche dal punto in cui si trovava, Tristan poté vederla tremare.

    «Non preoccupatevi per me» la sentì dire. «Sono sicura che starò bene. Come avete detto, oggi abbiamo viaggiato molto. Per domattina mi sarò ripresa.»

    A quelle parole Tristan aggrottò la fronte. Era evidente che Lily era di costituzione delicata, persino più delicata di quando l’aveva conosciuta, perché a quel tempo aveva posseduto uno spirito vitale che la faceva sembrare più forte di quanto non fosse. In quel momento, invece, gli appariva più fragile di una colomba.

    «Il vostro signor marito ne sarà felice» continuò l’uomo, cominciando a tirarla su per le scale, e superando Tristan, cui riservò solo un breve sguardo di sprezzo.

    E Tristan s’irrigidì di nuovo, sentendo il sangue delle sue vene farsi di ghiaccio. Non solo Lily aveva dimenticato lui e il loro amore, ma si era sposata. Aveva sposato un altro.

    Ma come aveva potuto dimenticarlo, e dimenticare tutto ciò che avevano vissuto insieme, come se non avesse alcuna importanza? Come poteva avere scordato il frutto del loro amore, la loro piccola Sabina?

    Quel pensiero lo riempì di rabbia, di una rabbia furiosa come le tempeste che d’inverno flagellavano le coste di Brackenmoore, la tenuta della sua famiglia. Non poteva sopportarlo, era troppo.

    Non l’avrebbe tollerato.

    Quella notte Lily si svegliò di scatto, rendendosi improvvisamente conto di non riuscire a respirare. C’era qualcosa che le premeva sul viso. Una mano.

    Fece per scostarsi, ma non ci riuscì. Il suo corpo era bloccato da un grosso peso. Era come se qualcuno si fosse steso su di lei per immobilizzarla.

    Cercò freneticamente di pensare a qualcosa e la sua mente, ancora confusa dal sonno, cercò di capire che cosa stesse succedendo. Provò a guardare. La stanza non era del tutto al buio come quando si era ritirata per la notte perché qualcuno, di certo il suo assalitore, sembrava aver aperto la finestra, permettendo al chiarore della luna di entrare. Per un istante si disse che l’uomo doveva essere entrato in quel modo, poi scorse il viso del suo aggressore.

    Sussultò e la testa prese a girarle, quando capì che si trattava dell’uomo che aveva incontrato sulle scale, l’uomo che aveva scatenato in lei quella insolita reazione. Le era sembrato stranamente familiare, ma non riusciva a capire il perché. Non lo riconobbe neppure in quel momento né capì il perché fosse entrato nella sua stanza.

    Scosse il capo, cercando di liberarsi. Voleva chiedere a quel pazzo il motivo per cui la stava trattando in quel modo, ma riuscì solo a far sì che quella sua presa si stringesse ancora di più. E senza pensarci, schiuse le labbra e lo morse.

    «Sangue di Giuda!» lo sentì esclamare.

    L’uomo sollevò la mano per un istante.

    «Chi siete?» riuscì a chiedergli.

    Ma lo sconosciuto non le rispose. Si limitò a ficcarle in bocca un pezzo di stoffa, che fissò con una seconda benda.

    La paura sembrava averle moltiplicato le forze e Lily prese ad agitarsi sotto quel peso, ma le coperte limitavano i suoi movimenti. Si rese conto che era sciocco spendere energie in quella posizione senza speranza e s’immobilizzò. Frustrata e confusa, lo guardò negli occhi. Quegli occhi stranamente irresistibili, così vicini ai suoi, sembravano prendersi gioco dei suoi vani sforzi.

    La rabbia fece sì che prendesse a dibattersi di nuovo. Quegli sforzi raddoppiarono quando si vergognò d’essere stata tanto sciocca da averlo trovato attraente, quando si rese conto di non essere stata capace di scordare quel loro incontro casuale sulle scale. Prima di addormentarsi aveva a lungo ripensato a quella strana e inspiegabile impressione d’averlo riconosciuto.

    Ma non doveva pensarci, si disse Lily, doveva concentrarsi per cercare di capire ciò che quell’uomo voleva da lei.

    Come se quel pensiero avesse avuto il potere di farlo agire, l’uomo prese ad avvolgerla ancora più strettamente nelle coperte. Inorridita, Lily riprese a lottare.

    Ma fu inutile. La forza superiore dello sconosciuto e il fatto che lei fosse già coperta le impedirono di liberare anche una sola mano prima di venire immobilizzata completamente.

    E poi non ci fu più il tempo di pensare, quando l’uomo la sollevò e se la issò sulle spalle.

    Disperata, prese ad agitarsi in quel bozzolo di coperte, ma riuscì solo a piombare a terra con un tonfo. Strinse i denti quando il dolore al fianco, quello più acuto, le disse che n’era valsa la pena, Qualcuno avrebbe potuto sentire il rumore.

    Ma l’unica risposta fu l’imprecazione soffocata del suo assalitore. «Non rifarlo, sempre che tu non voglia che qualcuno si faccia del male» le sussurrò. «Non mi lascerò fermare» aggiunse, prima di raccoglierla e gettarsela in spalla un’altra volta.

    Parole che non scacciarono le paure di Lily, che non servirono a rassicurarla. Quel pazzo faceva sul serio. Lei non aveva familiarità con gli uomini di suo marito, ma questo non voleva dire che potesse mettere in pericolo le loro vite per salvare la propria. Per qualche inspiegabile ragione, quell’uomo intendeva correre qualsiasi rischio pur di riuscire a rapirla.

    Forse sarebbe stato meglio lasciare che quel mascalzone la portasse fuori della locanda dove ci sarebbe potuta essere qualche possibilità di fuga.Con quel pensiero in mente, Lily smise di lottare. L’uomo prese a scendere le scale della locanda. E dal fagotto che aveva in spalla non venne alcun suono.

    Tristan non si concesse nessuna incertezza o pietà mentre attraversava la locanda buia.

    La sala comune era vuota, a parte due uomini che russavano rumorosamente sulla panca vicino al fuoco. Un sonno certo reso più profondo da qualche boccale di troppo.

    Non era neppure disposto a rischiare molto. Nonostante il freddo avvertimento che aveva sibilato

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