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Dōjō e Reigi
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E-book193 pagine2 ore

Dōjō e Reigi

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Info su questo ebook

Ecco un prezioso manuale sul dōjō, sull’etichetta e il cerimoniale dedicato nello specifico ai praticanti di Aikidō e in generale ai praticanti delle discipline marziali tradizionali giapponesi.
Gli argomenti in “Dōjō e Reigi” trattano, nella prima parte, del significato e la sacralità del luogo di pratica nonché dei possibili allestimenti e logistica di un dōjō tradizionale e, nella seconda parte, dell’etichetta e del cerimoniale, nonché una generica lista di regole, da applicare dove si praticano le discipline marziali tradizionali.
Completa l’opera un glossario generale che tratta della nomenclatura tecnica e comprende una parte dedicata alle norme generali per la lettura delle parole giapponesi.
Il libro, nonostante abbia affrontato anche argomenti inediti, non pretende di essere una esposizione esaustiva delle tematiche trattate ma, vuole essere un valido supporto didattico per praticanti ed istruttori, nonché uno spunto per eventuali approfondimenti. 
 
LinguaItaliano
Data di uscita23 apr 2021
ISBN9788831381734
Dōjō e Reigi

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    Anteprima del libro

    Dōjō e Reigi - Riccardo Canavacci

    Note

    Grafica di copertina

    Grafica di copertina:

    Chiara Mazzone Colonna

    Nata a Napoli nel 1985, dopo il diploma di Liceo Artistico ha conseguito la laurea in Arti Visive all'accademia di belle arti. Nel 2012 si diploma in Digital Coloring presso la Scuola Italiana di Comix e da allora, al lavoro di pittrice, si aggiunge quello di illustratrice e colorista. Collabora a diversi progetti in Europa, USA e Canada.

    Email: chiaramazzonecolonna@mail.com

    Introduzione

    Circa cinque anni fa, decisi di mettere ordine tra i vari appunti raccolti in anni di pratica in Italia, all’estero ed in Giappone, di Aikidō, Kendō e Iai-battōdō nonché di studio della lingua, della storia e della cultura giapponese, con la quale sento un legame indissolubile per le esperienze ivi vissute e per l’affascinante, raffinato e peculiare senso estetico del criptico popolo del Sol Levante.

    Scopo originario di questo lavoro di raccolta non era certo quello di pubblicare un libro, ma molto più semplicemente la compilazione di un manuale, ad uso personale, che potesse servire da base e supporto didattico per le lezioni di teoria dei corsi di Aikidō e Iai-battōdō, con argomenti che spaziassero dalla logistica del Dōjō alla storia del Giappone e dei samurai, alla mitologia fino alla cosmogonia e le radici storiche dell’Aikidō.

    Ricordo quando ad un seminario di Aikidō a Kranjska Gora, in Slovenia, parlai con il Maestro Paolo Corallini del lavoro che stavo facendo e lui trovò la mia idea interessante, tanto da suggerirmi di pubblicarlo. Da quel momento, ho tentato di rendere fruibile e comprensibile, anche ad un pubblico che non fossi io, la massa di appunti, note disordinate e nozioni apprese nel mio percorso multidisciplinare nel mondo del Budō; in origine il lavoro di raccolta comprendeva anche altre parti che, su consiglio di un’amica scrittrice che si è occupata dell’editing di questo libro, sono state destinate a successive pubblicazioni che faranno da sequel a questo primo volumetto, per rendere il contenuto più snello e di facile consultazione.

    Gli argomenti in Dōjō e Reigi trattano appunto nella prima parte del significato e la sacralità del luogo di pratica nonché dei possibili allestimenti e logistica di un Dōjō tradizionale, e nella seconda parte, dell’etichetta e cerimoniale, nonché una generica lista di regole, da applicare dove si praticano le discipline marziali tradizionali. Completa l’opera un glossario generale che tratta della nomenclatura tecnica e comprende una parte dedicata alle norme generali per la lettura delle parole giapponesi.

    Il libro, nonostante vi abbia affrontato anche argomenti inediti o talvolta ignorati persino dagli insegnanti, non pretende di essere una esposizione esaustiva delle tematiche trattate, ma vuole essere un valido supporto didattico per praticanti ed istruttori, nonché uno spunto per eventuali approfondimenti dei vari argomenti.

    Un ringraziamento speciale al Maestro Paolo Corallini per i suoi insegnamenti, il suo sostegno e supporto per la pubblicazione del mio libro.

    Sentiti ringraziamenti al Maestro Ethan Weisgard, per aver condiviso con me le sue profonde conoscenze del Reigi e del cerimoniale, specialmente per quanto riguarda le forme in uso all’Ibaraki Shibu Dōjō di Iwama.

    Ancora vorrei ringraziare Cristina Di Giorgi, giornalista, scrittrice e compagna di pratica di Iai-battodō, Carlo Caprino e mia moglie Laura per il prezioso lavoro di editing e correzione e Chiara Mazzone Colonna, abile aikidōka e amica, che si è occupata della grafica di copertina.

    A tutti quanti gli amici praticanti e allievi va la mia riconoscenza per il loro sostegno ed i loro consigli.

    Nota: per la lettura corretta dei termini giapponesi si consiglia di consultare il paragrafo Norme generali per la lettura delle parole giapponesi in romaji con il sistema Hepburn a pag.131

    In Aiki

    Riccardo Canavacci

    Presentazione

    È con vero piacere che appresi, alcuni anni orsono, dal mio allievo Riccardo della sua intenzione di scrivere un Manuale sul concetto di Dōjō, su tutti gli aspetti ad esso connessi e sulle regole di etichetta (Reigi) e di comportamento necessarie tra i praticanti, tra praticanti e insegnanti nei loro vari gradi di importanza, nel Dōjō e fuori.

    Purtroppo, al giorno d’oggi, è consuetudine che non si abbia idea della differenza, ad esempio, tra palestra e Dōjō.

    Ne consegue che tutte le azioni che in una palestra sarebbero quasi normali, al di là dei limiti imposti dall’educazione, nel Dōjō sono inaccettabili e assolutamente non consone alla sacralità che regna nel Dōjō che per sua natura è un luogo sacro.

    È necessario approfondire la cultura giapponese, la complessità di questo meraviglioso popolo e le sue regole che a noi occidentali possono sembrare superflue o esagerate, ma che invece sono imprescindibili per percorrere il cammino iniziatico delle arti marziali tradizionali.

    In questo pregevole lavoro Riccardo ha saputo analizzare e condensare concetti importantissimi e dare una visione chiara delle regole di comportamento che un praticante deve rispettare se vorrà un giorno, forse, aprire ulteriori porte, su altri piani, verso la conoscenza, al di là delle semplici tecniche visibili.

    Paolo Corallini

    Aikikai 7° Dan Shihan

    Parte prima - Il Dōjō

    Capitolo 1

    Il Dōjō: definizione, struttura ed orientamento

    La parola " Dōjō " 道場 , letteralmente vuol dire luogo della via o luogo in cui si cerca la via, quindi non solo un ambiente dedicato all’allenamento ma uno spazio considerato sacro (in senso più spirituale che religioso), uno spazio dedicato alla pratica di una disciplina marziale, in cui i praticanti della stessa si allenano per migliorare la tecnica e, attraverso tale allenamento, sondano i recessi del loro Io e annullano il loro vero nemico, l'ego. Il Dōjō, quindi, è il luogo in cui spirito, tecnica e corpo diventano una cosa sola, concetto che in giapponese è reso dall’espressione " shingitai-no-ichi " ( 心技体の一

    ).

    In Occidente spesso ci si adatta ad allenarsi in strutture non appositamente costruite per essere un Dōjō, tuttavia l’etichetta richiede - anzi, impone - che qualunque ambiente utilizzato per la pratica di una disciplina marziale sia rispettato esattamente come se fosse un luogo di pratica e studio tradizionale.

    Esistono diversi tipi di Dōjō, con caratteristiche determinate dalla disciplina che si pratica. Un Dōjō dedicato al Judō, all’Aikidō o al Jūjutsu, per esempio, per eseguire delle ukemi (impropriamente chiamate cadute) sarà munito di un tatami, che invece non ci sarà in un Dōjō in cui si praticano esclusivamente discipline con le armi come il Kyūdō (la Via del tiro con l’arco), il Kendō (scherma giapponese / Via della spada), il Kenjutsu (arte della spada), Naginatadō / jutsu (la Via del naginata o arte del naginata o alabarda), lo Iaidō (la via dell’estrazione della spada), il Battōdō/Jutsu (estrazione e taglio con la spada), lo Yari (lancia) e così via.

    In alcune discipline il Dōjō è considerato un semplice luogo di pratica, in altre un tempio, un’area sacra a volte dedicata o protetta da divinità chiamate " Kami".

    In ogni caso si tratta di un luogo nel quale ci si deve relazionare con l’ambiente stesso secondo un rigido cerimoniale chiamato " Reishiki", codificato in un certo numero di regole studiate per mantenere l’ambiente sicuro durante la pratica, favorire la concentrazione, ispirare un senso di raccoglimento e profondo rispetto per il luogo, i praticanti e più in generale per tutto ciò che ci circonda. Infine, per far sì che vi si tenga una condotta consona alla profonda ricerca spirituale che vi si conduce.

    Un Dōjō generalmente è diviso in aree specifiche. Ovvero un ingresso chiamato " genkan" e l’ambiente principale in cui si pratica, suddiviso a sua volta in alcune aree tra le quali le più importanti sono il Kamiza o Sh ōmen/Jōza, Shimoza, Jōseki, Shimoseki, Shihandai. Ci possono essere infine altre stanze o ambienti adibiti a spogliatoio, lavabo o ripostiglio per armi ed attrezzi. Nelle pagine che seguono, illustreremo nel dettaglio le caratteristiche di ognuno degli elementi poc'anzi elencati.

    1.2 Genkan

    Alcuni Dōjō sono provvisti di un genkan, che in Giappone è una piccola area o atrio di accesso (ad abitazioni, uffici e luoghi pubblici) la cui funzione è di offrire agli ospiti uno spazio per togliere le scarpe prima di accedere nell'ambiente vero e proprio.

    Il pavimento è ribassato rispetto alle altre stanze dell'edificio e le calzature di solito vengono lasciate a terra rivolte verso l’ingresso principale: usanza questa legata alla necessità di averle pronte in situazioni di emergenza che richiedono immediata evacuazione. Non dobbiamo dimenticare che il Sol Levante è un Paese ad alto rischio sismico, senza contare poi che fino ai primi del Novecento la maggior parte delle costruzioni era completamente in legno (fatto questo che le rendeva abbastanza frequentemente preda di incendi).

    Alcuni genkan sono anche dotati di un getabako, (da geta i sandali tradizionali e hako scatola o cassa) ovvero una rastrelliera o scaffale - di solito in legno o bambù - in cui vengono riposte le calzature invece di disporle sul pavimento.

    1.3 Tatami

    Il tatami è la tradizionale pavimentazione giapponese composta da pannelli rettangolari fatti di paglia di riso.

    In Giappone non è insolito trovare case tradizionali costruite completamente in legno, con pavimentazione di tale materiale o tatami in paglia di riso. Anche nelle case moderne comunque c'è spesso un ambiente in cui è presente un tokonoma (tipica nicchia delle stanze tradizionali giapponesi) con il pavimento in tatami.

    Nei Dōjō tradizionali, come quello di Iwama, è ancora possibile praticare su tatami fatti di paglia di riso, che nei moderni Dōjō sono stati per lo più sostituiti da materassini in materiali plastici anallergici ed ignifughi.

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    1.4 Orientamento, struttura ed allestimenti del Dōjō

    L’area di pratica o ambiente principale di un Dōjō giapponese in genere è di forma rettangolare o quadrata ed è suddivisa in spazi rigorosamente predefiniti e orientati simbolicamente in modo da integrare armoniosamente terra, uomo e universo; la disposizione tradizionalmente segue i punti cardinali.

    La parete frontale superiore, Shōmen 正面 /Jōza 上座 o Kamiza 神座, è rivolta a Nord o in alternativa ad Est: è il luogo dove risiedono gli dèi, ovvero dove si concentrano ed interagiscono le forze del fuoco Ka 火 e dell’acqua Mi 水, elementi che nella continua ricerca di uno stato di equilibrio energetico generano il tutto, ed all’apice di questo stato di continuo mutamento e trasformazione, acqua e fuoco si uniscono e diventano Kami, il divino.

    È importante sottolineare inoltre che tutta la parete a Nord viene considerata Kamiza o Shōmen, quindi il saluto al Kamiza entrando in un Dōjō, se si vuole seguire diligentemente la rigida etichetta del Budō Via marziale, andrebbe fatto orientandosi su linee ortogonali alla parete e non diagonalmente nella direzione dello shinden o dell’altare.

    Da questa considerazione è facile comprendere che essendo l’intera parete considerata sacra, deve essere tenuta assolutamente libera da ogni tipo di oggetto (tipo

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