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Psicologia e sport
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E-book102 pagine1 ora

Psicologia e sport

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Mens sana in corpore sano. Come illustra l’antico proverbio, l’incontro tra psiche e corpo può essere assai proficuo. Uno degli ambiti in cui tale incontro può avvenire è l’attività sportiva, soprattutto quando condotta senza trascurare gli aspetti psicologici.

Da questi presupposti, nonché dalle nostre esperienze pratiche, nasce questo piccolo libro, che non vuole proporsi né come un’introduzione alla “psicologia dello sport”, né tantomeno come un manuale della suddetta materia; ma piuttosto come un’occasione per trasmettere il nostro modo di intendere e di portare avanti il “fare sport”, consapevoli dell’importanza che esso può rivestire durante tutto il ciclo di vita di un individuo, assumendo significati diversi a seconda che protagonista ne sia un bambino, un adolescente, un adulto o un anziano.
LinguaItaliano
Data di uscita29 ott 2015
ISBN9788893213158
Psicologia e sport

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    Anteprima del libro

    Psicologia e sport - Chierichetti Chiara

    Zoia

    Premessa

    Basta ripensare al latino proverbio mens sana in corpore sano per rendersi immediatamente conto che, nonostante la psicologia si proponga quale scienza e conoscenza della mente mentre lo sport ha anzitutto una dimensione corporea, i due ambiti si intrecciano in ben più di un senso.

    La psicologia incontra il corpo tanto per ciò che riguarda la salute, come quando si interroga su concetti quali l’immagine corporea (ossia la rappresentazione mentale che ognuno ha del proprio corpo), quanto nella clinica. E qui ci pare sufficiente ricordare l’ampia problematica della malattie psicosomatiche, che dimostrano indubitabilmente quanto corpo e mente siano tutt’altro che entità separate.

    Nello sport, parimenti, il corpo incontra la mente. Il fatto stesso che si parli di educazione del corpo attraverso l’attività fisica, rende evidente come e quanto la dimensione mentale permei la pratica sportiva. Se si considerano poi la concentrazione necessaria per affrontare l’attività fisica, l’importanza della tenacia, del rispetto (degli altri –compagni e avversari- e delle regole di gioco) e di tanti ulteriori fattori che di corporeo, di per sé, hanno ben poco, qualificandosi assai più come qualità mentali, allora non restano dubbi sul fatto che psicologia e sport abbiano da darsi reciprocamente molto.

    Da questi presupposti, nonché dalle nostre esperienze pratiche, nascono le seguenti pagine, che non vogliono proporsi né come un’introduzione alla psicologia dello sport, né tantomeno come un manuale della suddetta materia; ma piuttosto come un’occasione per trasmettere il nostro modo di intendere e di portare avanti il fare sport, consapevoli dell’importanza che esso può rivestire durante tutto il ciclo di vita di un individuo, assumendo significati diversi a seconda che protagonista ne sia un bambino, un adolescente, un adulto o un anziano.

    Naturalmente non ci illudiamo che il nostro stile possa essere condiviso da tutti; più semplicemente, è il nostro e desideriamo proporlo. Non come momento ultimo e definitivo, ma al contrario come un primo traguardo, forse più un punto di sosta, delle nostre comuni riflessioni. Traguardo da mettere senz’altro in discussione nel tempo e alla luce delle nuove situazioni con cui verremo a confrontarci.

    Nel corso dei vari capitoli e paragrafi troveranno posto le nostre idee sul valore dello sport e su come esso vada a innestarsi nelle varie stagioni della vita, venendo a coinvolgere non solo chi lo pratica, ma anche chi all’atleta (modesto o campione che sia) sta vicino: genitori, allenatori ecc…

    Vogliamo precisare che la nostra esperienza sportiva si concentra in particolar modo nell’apprendimento del pattinaggio artistico a rotelle (Chierichetti) e nell’apprendimento e insegnamento delle arti marziali (Erre, Lualdi). Tuttavia crediamo che, se pur non tutte, molte (o comunque alcune) delle idee e delle riflessioni che proporremo siano esportabili anche in differenti ambiti sportivi.

    Altre, certamente, no. Ad esempio, come chiariremo, secondo noi chi insegna non dovrebbe limitarsi alla parola, ossia a dare ordini, correggere errori, incitare, spiegare regole ed esercizi; dovrebbe invece fare con, fare assieme a tutti gli altri l’allenamento. Non ci sfugge che per alcuni sport ciò non è possibile o non sempre lo è. Ma questo non toglie valore all’idea di partenza, ossia che chi allena non ha da considerarsi fuori dal (o peggio, in virtù del suo ruolo, superiore al) gruppo che si allena: egli ne è parte integrante. Addirittura ne è una componente necessaria e costitutiva.

    Diversa la situazione se si pensa ad altri aspetti legati allo sport come, sempre per fare un esempio, il rispetto delle regole: condizione decisamente trasversale a tutte le discipline sportive.

    Per ciò che concerne l’esperienza in ambito psicologico dei due autori psicoterapeuti, Chierichetti e Lualdi, essa si fonda sulla conoscenza e sull’applicazione delle teorie e delle concezioni psicoanalitiche. Di sicuro, partendo da presupposti teorici altri rispetto alla psicoanalisi si potrà giungere all’individuazione e alla proposta di indicazioni e suggerimenti diversi da quelli che daremo noi. Anche in tal senso partiamo con la consapevolezza che i nostri punti di vista restano parziali e non potranno trovare unanime consenso. Tanto più che abbiamo affermato di volere noi stessi, con il tempo e le nuove esperienze, mettere in costante e costruttiva discussione le nostre idee!

    Per ciò che concerne i riferimenti più puntuali alle teorie psicoanalitiche, abbiamo preferito lasciarli da parte: ragion per cui il testo non sarà seguito da una bibliografia che si rivelerebbe inutilmente ampia e poco utile: non ha un grande senso suggerire la lettura delle teorie di Sigmund e di Anna Freud, di Margaret Mahler, di Erik Erikson, di Donald Winnicott e di tanti altri psicoanalisti classici e moderni, per il semplice fatto che essi quasi mai si occupano direttamente di sport e dunque resterebbe deluso che vi si accostasse per approfondire direttamente le tematiche presentate in questo nostro piccolo libro. Tuttavia ci è parso che, nella misura in cui anche lo sport implica lo stare in relazione, vi si possano applicare le conoscenze che la relazione ineriscono. E, tra questo genere di conoscenze, un posto preminente va riservato di sicuro alla psicoanalisi.

    In tal senso, anche la condivisione della personale e concreta esperienza del e nel rapporto terapeutico ci è stata di aiuto, consentendoci di individuare le modalità più adatte per gestire la relazione in ambito sportivo. E come la relazione terapeutica, pur fondandosi sempre sugli stessi principi, viene a cambiare in base alla persone con cui la si costruisce, così accade durante l’attività fisica: altro è avere a che fare con bambini, altro con adolescenti, adulti, anziani.

    Ecco come la competenza psicologica si è venuta intrecciando con quella più direttamente sportiva nel dare forma a queste pagine.

    Alcune brevi e ultime considerazioni riguardano la terminologia impiegata nelle pagine seguenti. Abbiamo deciso di utilizzare il termine allenatore per abbracciare con una sola parola l’insieme di titoli e qualifiche che generalmente possiede la persona che guida l’allenamento: sia esso un Maestro, un Istruttore, un Coach, un Mister, tutti li comprendiamo nel nome, forse non a caso più umile perché più indifferenziato, di allenatore.

    Parliamo inoltre di atleti con ciò intendendo nel loro complesso giocatori, allievi, ecc…

    Ci rendiamo conto di utilizzare, con ciò, termini esclusivamente maschili, ma questo non significa che pensiamo all’attività sportiva come a una faccenda solo maschile. Tutt’altro. Il

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