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2050 Quel che resta di noi
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E-book295 pagine4 ore

2050 Quel che resta di noi

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Info su questo ebook

Fantascienza - romanzo (224 pagine) - Come sarà il futuro tra trent'anni? E tra tremila? Undici racconti che tentano il difficile ma gratificante compito di rispondere alla domanda: “cosa resterà di noi?”

Per il grande pubblico gli scrittori di fantascienza devono essere indovini: e qualcuno anche li deride, se non ci azzeccano. Ma il loro lavoro non è improvvisarsi futurologi, piuttosto quello di proiettare paure, emozioni, speranze e tensioni, del presente nel futuro.
Come sarà la Terra domani, se non riusciremo a contrastare i cambiamenti climatici? E cosa succederà quando i nostri computer saranno più intelligenti di noi? Come interagiremo con creature di metallo e plastica?
Come, poi, ci vedranno un giorno i “postumani”, per i quali il nostro futuro sarà solo la voce di un’enciclopedia?
E la base del nuovo lavoro del Collettivo Italiano di Fantascienza è proprio un’enciclopedia, o meglio, un suo frammento. I racconti alla quale si ispirano sono incentrati nel momento di svolta che i nostri successori individueranno come l’anno fatale: il 2050.

Lorenzo Davia (Trieste, 1981) è ingegnere, giramondo e topo di biblioteca. Suoi racconti sono apparsi in varie antologie. Ascensione negata è arrivato secondo classificato alla prima edizione del Premio Urania Shorts, mentre Umuntu Umuntu Ngabantu è arrivato terzo al concorso letterario di racconti di Fantascienza LGBTQI del 2017. Il racconto Az-Zinds è arrivato finalista la Premio Italia 2020. Ha vinto il Premio Viviani 2019 con Il tempo che occorre a una lacrima per scendere. Ha creato con Alessandro Forlani il progetto di scrittura condivisa Crypt Marauder Chronicles per il quale è uscita l'antologia Thanatolia (Watson), finalista al Premio Vegetti 2020. Ha scritto le storie della Fata Mysella pubblicate in New Camelot e Le avventure della fata Mysella (Delos Digital). Assieme al Collettivo Italiano di Fantascienza ha pubblicato l'antologia Atterraggio in Italia, Delos Digital. Il suo romanzo Capitalpunk è arrivato finalista al Premio Urania e al Premio Vegetti ed è stato pubblicato da Kipple.
Damiano Lotto (classe 1978), laureato in Lettere e dottorato in Archeologia, ha lavorato sia nell’ambito dei GIS applicati agli scavi archeologici che nel campo delle app e della didattica museale. Attualmente lavora in Posta. Ha pubblicato per Maremmi Editore nel 2009 Tomotomopoppin, qualche libro online (La strana compagna di classe, Il giusto ordine delle cose), alcuni racconti sulle antologie di Paolo Secondini. Nel 2017 è stato finalista al premio Urania; nel 2018 è arrivato quarto al premio Plesio per racconti fantasy ed è stato pubblicato nell’antologia corrispondente Di sognanti e di altri eroi.
LinguaItaliano
Data di uscita22 giu 2021
ISBN9788825416725
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    Anteprima del libro

    2050 Quel che resta di noi - Damiano Lotto

    Introduzione

    di Damiano Lotto e Lorenzo Davia

    Come sarà il futuro tra trent'anni? E tra tremila?

    Per il grande pubblico gli scrittori di fantascienza devono essere indovini: immaginano come sarà il mondo del futuro, o come non sarà, fra un’apocalisse e l’altra. E qualcuno anche li deride, se non ci azzeccano!

    Ricordiamo sempre una recensione di Blade Runner dove l’autore lamentava il fatto che non si fossero previsti gli smartphone: possibile che usino ancora le cabine del telefono quando ci sono macchine volanti e replicanti?

    Ma il lavoro degli scrittori di fantascienza non è improvvisarsi futurologi, quanto quello di proiettare paure, emozioni, speranze e tensioni del presente nel futuro. Come sarà la Terra domani, se non riusciremo a contrastare i cambiamenti climatici? E cosa succederà quando i nostri computer saranno intelligenti quanto noi, se non di più? Come interagiremo con creature di metallo e plastica?

    Come ha scritto Samuel Delany in Starboard Wine,

    La fantascienza non riguarda il futuro. La fantascienza dialoga con il presente. Noi scrittori di fantascienza spesso diciamo che la fantascienza prepara le persone a pensare al vero futuro, ma questo perché si riferisce al presente in un modo particolare; e questa relazione non è né di predizione né di profezia. È di creatività dialogica, contestativa, agonistica. Nella fantascienza il futuro è solo una convenzione che consente allo scrittore di fantascienza di indulgere in una significativa distorsione del presente e instaurare un dialogo ricco e complesso con il lettore qui e ora. Il futuro è la convenzione più comune usata dalla fantascienza per raggiungere questo obiettivo.

    Quando la fantascienza ci proietta nel futuro, porta sempre qualcosa di noi e del nostro presente.

    Portando avanti questi ragionamenti il nostro gruppo, il Collettivo Italiano Fantascienza (CIF), ha concepito l’idea di un’Enciclopedia.

    Come! Un’enciclopedia? Il termine richiama qualcosa di studiato, catalogato, lemmizzato… qualcosa che se non è passato lo sarà tra poco. Tanto è vero che al giorno d’oggi il termine è anche un po' fuori moda. Troppi fatti, invenzioni, personaggi, in un mondo che sembra sulla punta delle dita, in continuo vorticoso mutamento.

    Il CIF ha deciso quindi di dedicarsi alla fantascienza del passato, oppure di abbandonare la letteratura e dedicarsi all’accademia? No, certo che no. Lo spirito della fantascienza deriva da temi del presente? Bene, ma dobbiamo leggerli per forza dal NOSTRO punto di vista?

    In realtà quello di enciclopedia è un concetto fortemente legato a quello di un nuovo futuro, che porterà con sé innovazioni tecnologiche e sociali per le quali sarà necessario sviluppare un nuovo vocabolario.

    Il punto di vista da cui viene scritta un’enciclopedia è significativo quanto il suo contenuto. L'Encyclopédie di Diderot e D'Alembert è stata il manifesto dell’Illuminismo, La Grande Enciclopedia Sovietica venne usata durante lo stalinismo come arma politica per far sparire i politici decaduti dalla memoria collettiva rimuovendone le voci, e infine la Wikipedia collaborativa è un segno dei nostri tempi per il modo partecipativo con il quale viene scritta e aggiornata.

    Passando dalla storia alla fantascienza, l’Enciclopedia Galattica nella Fondazione di Asimov, la Guida Galattica per Autostoppisti nei romanzi di Adams, il Dizionario di Muad’dib in Dune di Herbert sono testi che, nei relativi universi narrativi, sono stati scritti in contesti molto diversi e con finalità altrettanto disparate.

    Anche nella peggiore visione apocalittica, rimane sempre una vaga speranza: raccontiamo di un futuro perso e distrutto, ma nel quale comunque si muovono Esseri Umani.

    E se invece questi cambiamenti climatici che gli scienziati sostengono proprio nel 2050 raggiungeremo il punto di non ritorno, la fine, facessero sul serio il proprio lavoro, e non ci fosse più un genere umano rimasto a riflettere sugli errori e le speranze del passato? Di tutto quello che è stato l’uomo, rimarrebbe qualcosa?

    L’Enciclopedia a cui si ispirano i nostri racconti viene da un lontano futuro, e individua un anno, il 2050, come svolta collettiva e individuale. Nasce per mettere nero su bianco quel che resterà di noi, quando tutto sarà cambiato.

    Forse qualcuno, in un lontano futuro, raccoglierà i dati sparsi e le evidenze sibilline, come fanno adesso i nostri archeologi con civiltà scomparse e quasi mute, e li metterà insieme, magari anche sbagliando, col rischio di sbagliare, ma la volontà di capire.

    Riflettendo su questa idea abbiamo quindi prodotto un riassunto, o meglio, uno spaccato, di quella che potrebbe essere un’enciclopedia del futuro, presa a pezzi da notizie del passato (passato per chi l’ha compilata), documenti d’epoca o anche lemmi re interpretati da chiunque, là fuori, tra tanti anni vorrà prendere in carico questo compito.

    Per questo all’inizio di ogni racconto, cari lettori, troverete un lemma: sono solo frammenti dell’enciclopedia del futuro, chissà, forse l’enciclopedia stessa è stata persa! Sommersa come la Terra dal brutale avvento dell’anno 2050.

    Il 2050, intendiamoci, è solo un numero, una data che si prevede sarà fondamentale, ma di sicuro non ci sarà uno squillare di trombe di angeli nel primo gennaio duemilacinquanta, che daranno avvio alla distruzione. Si tratta soltanto di una specie di fermacarte che tiene aperto il sostanzioso libro della decadenza dell’umanità sotto il peso delle sue stesse scelte. Oppure, se preferite, non va inteso letteralmente come una data fissa su un calendario, o un punto su una retta, perché sappiamo che i calendari cambiano e il nostro futuro non è tanto una retta fissa quanto una foresta di diramazioni. Il 2050 lo intendiamo piuttosto come un tag che diamo a un orizzonte futuro del quale sentiamo avvicinarsi le minacce e le promesse, una singolarità oltre la quale le cose non saranno più le stesse.

    I lemmi che introducono ognuno dei racconti dell’antologia sono tratti da questa enciclopedia, e ogni storia racconta una porzione microscopica di eventi e di persone che hanno messo piede per qualche minuto sul palco del teatrino chiamato storia dell’uomo.

    Una frazione così piccola della storia offrirà soltanto dei lampi del futuro: sta al lettore ricostruire la storia nella sua interezza e comprenderne il finale. L’umanità è stata sconfitta, come le premesse suggeriscono?

    Come per _Atterraggio in Italia", questa antologia è il frutto della metodologia collaborativa del CIF. Deciso il tema e studiate le varie implicazioni, ci siamo divisi i compiti. Per mantenere un focus di un qualche tipo abbiamo scelto una data simbolo, come detto sopra. Ma questa non è stata nemmeno troppo vincolante. Ogni membro è stato libero di portare il proprio contributo come meglio preferisce, con il tono che gli è più congeniale e con gli strumenti narrativi propri.

    Ci siamo confrontati costantemente durante la stesura dei racconti, non solo per quanto riguarda la struttura del libro, ma anche per il processo di composizione dei testi, ovvero quel processo di rigirare le frasi di cui parlava Philiph Roth nel suo Lo scrittore fantasma. Questi momenti comunitari, nei quali si commentano i racconti di tutti, sempre nel massimo rispetto dell’idea e dello stile di ognuno, sono il nocciolo fondamentale del sistema di scrittura del CIF: un’esperienza dove non si fa a gara a chi è più bravo, ma dove ognuno contribuisce a migliorare il lavoro dell’altro.

    Nelle reciproche riletture sono emersi temi comuni, linee narrative che scorrevano in parallelo o argomenti che si intersecavano, in un gioco di rimandi che finisce non in una visione concordata ma in una sintesi dialettica.

    Il Minotauro

    di Lorenzo Davia

    Lemma 42.3: Minotauro

    Classificazione: Minaccia di tipo memetico

    Descrizione: Minotauro è il nome in codice di un’isola posta alle coordinate (censurato). L’isola, approssimativamente circolare, ha un diametro di circa due chilometri e un’altezza media sul livello del mare di 30 metri. Sull’isola sono presenti laboratori di ricerca della (censurato), abitazioni per il personale, un mini generatore atomico e una centrale a pannelli solari. È sconsigliato a qualsiasi senziente (livello toposofico inferiore all’1) di interagire con le infrastrutture informatiche dell’isola causa contaminazione memetica da parte del Programma Minotauro.

    Contenimento: l’isola possiede sistemi difensivi autoriparanti della prima metà del 21° secolo, con upgrade effettuati all’inizio del 22° da (censurato). L’esistenza del Minotauro è stata rimossa da tutte le mappe elettroniche, olografiche e virtuali presenti nella Rete. Boe di segnalazione sono state poste a 3 km di distanza dal Minotauro; tali boe emettono segnali radio analogici e digitali che sconsigliano ai natanti di avvicinarsi, dando avviso che la popolazione aviaria del Minotauro è stata colpita da un’epidemia di H7N2 con rischio di spillover umano.

    Appendice: relazione del gruppo di mercenari (censurato) mandato a controllare l’isola in data xx/xx/20xx.

    Fanny scivolò giù dal letto, si infilò pantaloni e canottiera. Afferrò gli anfibi tattici e socchiuse la porta della cabina. Un filo di luce mise in risalto i vestiti sparsi ovunque e la sagoma che respirava piano nella cuccetta.

    Aprì un po’ di più la porta e subito le arrivarono i rumori ritmici dei ventilatori, quelli meccanici della sala motori, il calpestio del personale nei corridoi.

    – Mi abbandoni così, senza neanche salutare?

    Fanny non si voltò.

    – Iniziamo ad affezionarci? Dobbiamo riunirci con gli altri in mensa tra dieci minuti. Non vorrai mica che ci vedano arrivare assieme?

    – Ci pagano per fare i mercenari, non interessa a nessuno con chi facciamo sesso.

    – A dopo.

    Controllò che nessuno del gruppo fosse nel corridoio, si infilò le scarpe e andò nella sua cabina a prepararsi.

    Nella mensa della nave i suoi colleghi mercenari stavano in disparte, isolati dal resto dell’equipaggio. E chi avrebbe voluto mescolarsi con quella gentaglia?

    Vassoio standard con caffè, frittata, biscotti. Si unì agli altri musi lunghi.

    – Signore e signori, buongiorno – disse senza allegria. – Pronti per la gita?

    – Sei arrivata per ultima – le rispose Eshe.

    – Ultima? E il Maggiore?

    La gigantesca etiope ridacchiò.

    – Se ne è già andato. Toccherà a te fare la babysitter alla civile. – La donna si guardò attorno – Siete tutti d’accordo, vero?

    Ricevette per risposta grugniti di assenso. Fanny sbuffò: scortare i civili era sempre una noia.

    – Non preoccuparti, Eshe – disse Mag sputacchiando cibo – se troviamo altri civili te li assegniamo.

    – Tu sei qua per la cioccolata, vero?

    – Cosa?

    – L’uccello non ce l’hai, quindi non fai orologi a cucù di sicuro. Per esclusione fai cioccolata, non c’è altro che viene dalla Svizzera.

    Mag mostrò il medio all’etiope e scoppiò a ridere.

    – Morirete tutti.

    Sul tavolo scese il silenzio. Gli occhi dei mercenari si posarono su Pieter. Fanny sentì l’odore di alcol provenire dal vecchio mercenario.

    – Non riesco a capire come faccia sempre a trovare gli alcolici ovunque vada – commentò Cothy. La gallese si guardò attorno e aggiunse: – C’è della birra a bordo?

    Tutti la ignorarono.

    – Dice sempre così – commentò Seyni. Il nigeriano strizzò l’occhio al vecchio. – È una specie di portafortuna.

    Cothy fece spallucce: – Ucciderei per avere della birra. Dite che ne troveremo sull’isola?

    Seyni finì il suo caffè e si rivolse a Ekuwa: – Hai finito? Dobbiamo controllare l’attrezzatura prima di partire.

    La ragazza, il medico della squadra, fece spallucce.

    – Stavo giusto aspettando che tu finissi di mangiare.

    Si alzarono per andarsene.

    – Io devo tirare un bello stronzo prima di partire – si congedò Eshe.

    Mag, Cothy e Pieter si allontanarono poco dopo senza salutare.

    Fanny li osservò mentre se ne andavano. Mag la svizzera piccola e magra appassionata di armi. Cothy la gallese fuori di testa. Eshe l’etiope così grossa e muscolosa da doversi chinare nei corridoi della nave. Seyni il nigeriano appassionato di elettronica e gadget. Ekuwa la ghanese riparaossa e Pieter il veterano di mille battaglie.

    Poteva fare affidamento su ciascuno di loro per qualsiasi cosa le servisse, fosse chiudere una ferita, riparare un’arma o far saltare in aria un edificio.

    – Tra colleghi non si dovrebbe scopare.

    Fanny si voltò di scatto verso l’unica persona rimasta, che non aveva parlato per tutto il tempo.

    – A chi ti riferisci, Emilio?

    Il cecchino di origini argentine sorrise, scostò la sedia e la lasciò sola.

    * * *

    – Mi fate veramente schifo. Dovreste essere dei soldati, e guardatevi. Eshe e Fanny, voi siete arrivate in ritardo. Vi siete fermate a pomiciare? Pieter, quante volte ti ho detto di adeguare il tuo abbigliamento tattico a quello del resto della squadra?

    Il maggiore Nathan si passò una mano tra il ciuffo di capelli bianchi su una testa altrimenti mora.

    – Abbiamo vinto questo importante contratto, non possiamo fare la figura dei dilettanti davanti a Corporate. Guardatevi!

    Fanny seguì il suo sguardo. Indossavano le uniformi standard, armature flessibili, caschetti integrati. Impugnavano i fucili d’assalto Q14.

    Tutti uguali tranne Pieter: lui portava un collage di divise di vari paesi ed equipaggiamento di varie armate. Una vita al soldo degli eserciti di tutte le nazioni e di tutte le compagnie commerciali.

    – Capo – azzardò Cothy – non gliene frega a nessuno dei nostri Clienti come vestiamo. A loro basta che non ammazziamo le persone sbagliate.

    – Che ammazziamo quelle giuste, vorrai dire – la corresse Eshe. – Nessuno si è mai lamentato per i miei danni collaterali.

    Il ponte di decollo della nave era occupato dal velivolo trasporto truppe, i cui motori emettevano un costante sibilo coperto dal rumore del vento e del mare. A parte loro non si vedevano altre persone.

    Una donna uscì dall’hangar. Era un’orientale in tuta da combattimento aderente e con i colori Corporate rossi e verdi. Era accompagnata da un attendente di bordo.

    Nathan si mise sull’attenti, Fanny e gli altri seguirono di malavoglia.

    – Vi presento la dottoressa Jinny Il-Sung, che ricopre un ruolo di rilievo presso il nostro Cliente – disse il Maggiore. – Ci accompagnerà nella missione. Dottoressa, non si lasci ingannare dal loro aspetto: sono i più grandi figli e figlie di puttana che i vostri soldi possano noleggiare.

    La donna li guardò, impassibile. Ha gli occhi di uno squalo, pensò Fanny. Questa si mangia a colazione le aziende concorrenti, e sputa gli ossetti dei loro CEO.

    – Per motivi di riservatezza vi prego di consegnare i vostri pad-phone, tablet e altra paccottiglia hardware al guardiamarina.

    L’uomo passò con una scatola di plastica e raccolse i dispositivi dei membri della squadra.

    – Maggiore Nathan, mi garantisce che nessuno di loro ha impianti cibernetici?

    – Sono tutti puri come mamma li ha cagati, signora.

    – Confermo – disse Cothy. – Io sono nata con le pistole in mano.

    Risero tutti, tranne la dottoressa e il Maggiore, che si schiarì la gola.

    – Saliamo a bordo: la dottoressa ci illustrerà il target durante il volo.

    Fanny seguì gli altri nella carlinga del velivolo e si allacciò le cinture del sedile.

    Erano tutti eccitati. Dopo due giorni passati a bordo ad allenarsi in palestra o giocare a freccette al crew bar, non vedevano l’ora di toccare il metallo delle armi e pestare il terreno con gli anfibi.

    Ci dobbiamo pur meritare la busta paga.

    La dottoressa salì a bordo per ultima, accompagnata dal Maggiore. Le si sedette di fronte. Fanny la osservò mentre si stringeva le cinghie. Senza esitazione: per essere una civile aveva una certa esperienza di accessori militari. La donna incrociò il suo sguardo, le fece un ghigno da squalo.

    – Corporate ci obbliga a fare numerosi training, compreso quello tattico militare.

    * * *

    – Sette giorni fa Corporate ha perso contatto con il Laboratorio CIF-2. Come da procedura questa squadra è stata incaricata di investigare sull’accaduto. CIF-2 è un centro di ricerca sulle nuove tecnologie, dove sviluppiamo progetti per conto dei nostri Clienti. Il target della missione è scoprire cosa è successo, ripristinare le comunicazioni, verificare la sicurezza delle ricerche, delle infrastrutture e del personale. In questo preciso ordine.

    La donna fece una pausa per permettere alla truppa di rendersi conto dell’ordine delle priorità. La vita dei lavoratori veniva per ultima.

    – Vostro dovere – riprese – è proteggere i segreti industriali di Corporate. Io partecipo per valutare la minaccia e salvaguardare gli interessi della società. Il laboratorio si trova su un’isola che è stata cancellata dalle mappe e dalle immagini satellitari. C’è un anello esterno difensivo gestito da un’IA militare, che però non ha contatti con l’interno dell’isola. Il sistema antiintrusione è ancora funzionante e ha un suo collegamento con Corporate, che purtroppo non possiamo utilizzare per spiare cosa succede nell’isola. L’installazione consiste di laboratori di ricerca, alloggi del personale e di un mini-impianto nucleare per la produzione di energia. È tutto.

    Nat annuì.

    – Semplice e chiaro, vero marmaglia? Allora, chi è arrivato per ultimo a colazione, oggi?

    Gli occhi di tutti puntarono Fanny.

    – Traditori – commentò l’interessata.

    Il Maggiore le sorrise.

    – Bene. Avrai il compito di scortare la dottoressa. Non mollarla mai nemmeno quando va a pisciare.

    – Ci aspettiamo qualche nemico da affrontare, Dottoressa? – chiese Cothy.

    – Corporate ha numerosi concorrenti che non esiterebbero a usare la violenza per fermarci. Per non parlare di spionaggio interno. Ma potrebbe anche solo trattarsi di un bug del sistema di comunicazione.

    – Insomma – concluse Cothy – dovremo fare da babysitter a dei nerd?

    – Magari trovi il marito giusto per te – disse Eshe.

    – Ma fottiti, io sti guerrieri da tastiera me li mangio a colazione e li cago prima di pranzo.

    La squadra andò avanti a prendersi in giro, sotto lo sguardo di disappunto del Maggiore.

    Fanny colse l’occasione per fare due chiacchiere con la dottoressa.

    – Bella tuta. Molto fashion.

    Jinny alzò un sopracciglio.

    – Corporate tiene molto alla sicurezza dei suoi dirigenti. I meeting del management possono essere piuttosto violenti.

    Fanny non capì se fosse una battuta. Nel dubbio annuì.

    – Deve essere rilassante poter ammazzare direttamente le persone – disse Jinny.

    Fanny deglutì. Quei samurai aziendali erano senza cuore. Psicopatici. Non che i membri della sua squadra fossero stinchi di santo, ma almeno non si nascondevano dietro i bilanci aziendali.

    – Invece di accoltellarle alle spalle e rovinare loro la vita?

    La dottoressa non batté ciglio.

    – Lei ha molta esperienza? – le chiese.

    Fanny fece spallucce.

    – È da quando sono fuggita di casa a sedici anni che faccio questo lavoro.

    – Guadagna bene.

    Non era una domanda. Quella manager sapeva benissimo quanto costava un mercenario professionista. Probabilmente avevano dei listini prezzi e un account manager solo per quel genere di transazioni.

    – Quanto basta per vivere in questo mondo di merda.

    Il Maggiore prese la parola.

    – L’IA di difesa dell’isola ha contattato quella che pilota il nostro velivolo. I codici di riconoscimento sono stati accettati, quindi non ci abbatteranno e ci risparmieremo un tuffo in mare. Abbiamo ricevuto una rotta da seguire e un luogo per l’atterraggio. Attivate il vostro HUD e verifichiamo le comunicazioni. Emilio?

    – Online.

    – Ekuwa?

    – Pronta.

    – Seyni?

    – Pronta.

    – Eshe?

    – Pronta per ammazzare.

    – E per farti ammazzare, spero. Pieter?

    – Ancora vivo, per il momento.

    – Lo prendo come un sì. Cothy?

    – Ho bisogno di una birra.

    – Ok, le tue lamentele mi arrivano. Purtroppo. Mag?

    – Online.

    – Fanny?

    La mercenaria si calò le lenti davanti agli occhi, fece alcuni zoom di prova. Dagli auricolari le provenne il ronzio e il respiro dei suoi compagni.

    – Online.

    Tecnologia ridotta al minimo, tanto in un combattimento la prima cosa che veniva lanciata era una bomba elettromagnetica per friggere l’hardware nemico. Sempre meglio affidarsi ai cari vecchi muscoli e riflessi.

    – Dottoressa Il-Sung?

    – Online.

    La voce della dottoressa arrivò fredda come quella di un call center automatico.

    Atterrarono. Il portellone si abbassò, il Maggiore urlò un via e scesero.

    Il velivolo era atterrato su una piattaforma eretta su una scogliera a picco sul mare. Davanti a loro solo un alto muro di cemento armato, con torrette per i missili terra-aria e due mecha per il combattimento a terra.

    Si disposero a raggiera tra la piattaforma e il muro. Fanny e Jinny restarono nel velivolo.

    Il Maggiore fece loro un cenno, raggiunsero gli altri.

    La dottoressa avanzò tra i mercenari, raggiunse un altare di metallo, che si aprì per far uscire un monitor touch screen.

    I mecha immobili sembravano fissarli senza vederli.

    – Odio quei cosi – disse Fanny alla dottoressa. – Non sai mai cosa pensano. Ma non è che pensano, vero?

    Jinny fece spallucce.

    – Non mi sono mai occupata della divisione difesa della compagnia.

    I sensori le rilevarono l’impronta della mano e quella dell’iride. Ci fu conferma e un grande battente si aprì sul muro di cemento.

    – Cothy, Eshe – ordinò il Maggiore.

    Le due donne oltrepassarono il muro e sparirono nella struttura.

    – Via libera.

    Entrarono in una serie di grandi camere usate come magazzini per casse e barili di materiale. Un portone a saracinesca, aperto, permise loro di uscire.

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