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Ancora il mondo cambierà
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Ancora il mondo cambierà
E-book378 pagine7 ore

Ancora il mondo cambierà

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Fantascienza - racconti (316 pagine) - Dopo il successo di “Assalto al sole” è il momento di fare un altro passo in avanti per il movimento solarpunk in Italia. In questa antologia vengono affrontati sette temi cardine per il nostro futuro, da sette dei migliori autori italiani della fantascienza.


L’antologia Assalto al sole, diversi libri tradotti da Future Fiction e altri editori, il commando Jugendstil, il vivacissimo blog Solarpunk Italia, la collana Atlantis: nell’ultimo anno le iniziative nel mondo del movimento solarpunk sono cresciute e si sono rafforzate. Per giocare davvero un ruolo ne saranno necessarie molte altre e dovranno trovare risonanza ancora maggiore, e non hanno molto tempo, perché le lancette dell’orologio del cambiamento climatico continuano a girare. Ma per fare davvero qualcosa è necessario prima saper immaginare cosa va fatto, avere la visione del futuro che si vuole realizzare, e questo è da sempre il ruolo della fantascienza.

Ed è anche l’obiettivo che si sono posti gli autori dei sette racconti scelti per questo libro, affrontando ognuno un diverso aspetto del più grande puzzle che l’umanità è chiamata a risolvere.


Franco Ricciardiello, nato a Vercelli nel 1961, scrive e pubblica fantascienza dal 1981. Ha pubblicato due romanzi su UraniaAi margini del caos, vincitore del premio Urania nel 1998 uscito anche in Francia da Flammarion, e Radio aliena Hasselblad, nel 2002. Suoi racconti sono stati inclusi nelle antologie bestseller Millelire di Stampa Alternativa. Negli anni ottanta ha collaborato e diretto la fanzine The Dark Side. Più recentemente ha scritto anche gialli, vincendo nel 2002 il premio di narrativa poliziesca Orme Gialle e nel 2005 il premio Gran Giallo Città di Cattolica. Nel 2007 col romanzo Autunno Antimonio ha vinto il premio Delitto d'Autore.

LinguaItaliano
Data di uscita22 feb 2022
ISBN9788825419146
Ancora il mondo cambierà

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    Anteprima del libro

    Ancora il mondo cambierà - Franco Ricciardiello

    Introduzione

    Franco Ricciardiello

    A un anno di distanza da Assalto al sole – la prima antologia solarpunk di autori italiani, pubblicato dalla casa editrice Delos Digital nel settembre 2020, predecessore diretto di questa raccolta, è forse il momento di considerare lo stato dell’arte, cioè la diffusione della nuova fiction utopica nel nostro paese.

    Un recente intervento durante il festival del libro fantastico Stranimondi, il 12 settembre 2021 a Milano, ha fatto il punto sulla fantascienza sostenibile, portando a uno stesso tavolo i principali attori di quella che si può a buon diritto definire rete italiana solarpunk:

    il Commando Jugendstil, nella persona di Laura Zanetti Domingues e Guglielmo Miccolupi, che agisce tra Londra e Milano: la prima esperienza che in Italia si sia definita solarpunk, sbilanciata verso l’azione ma presente anche in campo letterario; le pagine social riportano nella descrizione Manifesti Energetici Solari: Arte per l’Energia, Energia per l’Arte. Costruiamo una nuova immagine della città attraverso le energie rinnovabili;

    la casa editrice romana Future Fiction nella persona di Francesco Verso, che dietro lo slogan raccontiamo le storie di domani ha tradotto per il pubblico italiano testi provenienti da tutto il mondo, ma soprattutto da paesi non anglofoni, a dimostrazione che il solarpunk è presente nella scrittura di autrici e autori di tutte le tradizioni culturali: solo per ricordare le ultime antologie di Future Fiction, Turchia, Africa, Cina; la casa editrice ha pure una collana etichettata solarpunk, che oltre al romanzo in due volumi di Francesco Verso, I camminatori, presenta due collezioni di racconti tradotti, i cui sottotitoli sono Come ho imparato ad amare il futuro e Dalla disperazione alla strategia;

    il sito Solarpunk Italia fondato nel gennaio 2021 come punto di riferimento per gli appassionati italiani, archivio di interventi tradotti dall’estero, di informazioni, di elaborazione sull’estetica e la fiction solarpunk;

    infine la collana Atlantis di Delos Digital, inaugurata a marzo 2021 per ospitare letteratura solarpunk inedita di autrici e autori italiani, e anche con l’inconfessata ambizione di costruire nel nostro paese una poetica e un’estetica della nuova utopia.

    Di quest’ultima iniziativa è curatore il sottoscritto, e la presente antologia è una raccolta dei primi sette racconti usciti in formato eBook tra marzo e settembre 2021.

    * * *

    Il panel di Stranimondi citato più sopra aveva come sottotitolo "Iniziative editoriali e attivismo ecologico per un nuovo modo di immaginare il futuro. Una call-to-action": una chiamata alle armi dunque, per chi si sente sia venuto il momento di andare oltre il catastrofismo del nuovo distopico che sta fagocitando la science fiction, con il rischio che rappresenti l’unico immaginario del futuro prossimo.

    Questa antologia raccoglie i primi autori che hanno risposto con un proprio racconto alla call-to-action letteraria. Sotto nomi già apparsi nelle collane Delos Digital, e anche in altre iniziative editoriali, quasi tutti legati alla science fiction perché è naturale che le prime elaborazioni solapunk nascano tra chi è abituato a riflettere sul futuro.

    Ogni letteratura nazionale possiede una sotterranea corrente utopica che forse non ha mai davvero anticipato il futuro, ma indubbiamente ha seminato nel pensiero le radici di un avvenire migliore. Atlantis è un progetto organico che cerca anche lettori estranei al classico pubblico di fantascienza; presenta storie di anticipazione, redenzione, riscatto, sostenibilità, senso del meraviglioso, solidarietà, arte, tecnologia, scienza, energia, democrazia, utopia anche ambigua…

    Gli autori e le autrici raccontano il futuro con sguardo nuovamente ottimista.

    Non importa quanto questo nostro mondo vi sembra brutto, il futuro è ancora peggiore ci dicono le distopie, giustificando implicitamente lo stato di cose presente. La narrazione distopica non ha la forza per reagire allo shock dell’apocalisse climatico-sociale, si è avvitata nel conservatorismo e in un estinzionismo di tendenza che non ha più l’ambizione di anticipare il futuro. Questo respinge i lettori interessati alla speculazione, al progresso etico, morale e sociale.

    Atlantis viene dall’Atlantide, la prima utopia della civiltà umana: il continente sommerso, una terra ricca che ospitava edifici imponenti e bellissimi, generava beni e prodotti in abbondanza per sostentare la numerosa popolazione, retta da governi sobri e virtuosi. Atlantide, duemila anni prima dell’isola di Roger Bacon, uno specchio rivolto al passato per mostrarci la direzione del futuro.

    Per fornire una panoramica il più possibile articolata di storia futura, nella tradizione di molte opere della migliore fantascienza, ho compilato programmaticamente una rosa di temi/argomenti come suggerimento per la trama, o che possono servire come ambientazione. Ciascuno dei racconti contenuti in questa raccolta, così come quelli che appariranno in futuro, parte da uno di questi temi. Qualche parola in dettaglio, quindi, sui singoli testi, compreso il breve commento che ho scritto per la pubblicazione di ciascuno di essi.

    Cinque stagioni su Eureka di Davide Del Popolo Riolo, scrittore premio Urania 2019 con il romanzo Il pugno dell’uomo, ha come tema Politica, rappresentanza, democrazia partecipativa.

    Su altri mondi, tra stelle lontane, l’umanità potrà considerarsi guarita dall’ingiustizia e dalla sopraffazione che hanno caratterizzato tutta la sua storia sulla Terra? Oppure come ogni volta non imparerà nulla dal passato? La città-stato di Nea Atena è una colonia che le Nove Potenze Spaziali hanno fondato sul pianeta Eureka, impegnandosi formalmente a non danneggiarne l’ecologia, a rispettarla, tutelarla e proteggerla in ogni modo; a questo scopo è nata l’APC, Amministrazione Planetaria Centrale. Ma è già accaduto nel passato che un potere non sottoposto a controllo si senta svincolato da qualsiasi regola etica, morale o democratica: e l’utopia di Nea Atena si trasforma in un incubo totalitario che non tollera opposizione. Cosa può fare un cittadino quando si sente libero, come il giovane Erno, che in famiglia si è nutrito del dolce latte della democrazia? Non c’è da stupirsi se sarà la galera, invece della scuola, il luogo in cui imparerà il valore della solidarietà, della resistenza nonviolenta e dell’azione collettiva.

    Leggiamo in una recensione su Fantascienzaoggi:

    Quando parliamo di Solarpunk si fa sempre molto fatica a delineare bene i concetti che lo caratterizzano. Io stesso molte volte sono portato a considerare parte del genere tutte quelle storie green o positive a prescindere. Ma cosa è positivo in assoluto? Ecco perché è necessario mostrare un contesto, una società distopica o dittatoriale persino, in cui i protagonisti si muovono verso il tentativo di cambiare in meglio le cose. In quella visione che comprende appunto non solo il solar ma anche e soprattutto il punk, la protesta. In questo senso Cinque stagioni su Eureka è un vero e proprio esempio di questo genere, perché in poche pagine riesce a farci partecipi di quanto sia importante agire concretamente in prima persona per ottenere un qualche cambiamento.

    L’infinita leggerezza dei quanti di Stefano Carducci e Alessandro Fambrini ha invece come tema Distribuzione delle risorse, energia a buon mercato, civiltà post-industriale.

    Alzi la mano chi pensa che il nostro sia il migliore dei mondi possibili. Di certo non lo pensa Joseph Lovato, costretto dalla paranoica Giunta militare al governo a diventare soggetto di un esperimento dall’esito incerto: per provare l’utilità pratica delle ipotesi sulle particelle elementari, verrà trasferito istantaneamente come un oggetto quantistico tra due punti distanti. Qualcosa non funziona secondo le previsioni, Lovato si ritrova in una realtà parallela, agli antipodi rispetto al presente distopico da cui proviene. La società cui appartengono Mary, Peter e gli altri scienziati che entrano in contatto con lui, è una specie di anarchia democratica, decentrata in America settentrionale, decisamente orientata alla scienza, con un impatto antropico sostenibile per l’ambiente. Nella migliore tradizione della fantascienza sociologica, Carducci e Fambrini raccontano una società utopica che ha vinto contro il nemico peggiore: la natura umana. Tuttavia, l’utopia è circondata avversari agguerriti che preparano un’invasione, e Lovato sarà chiamato a contribuire, con la sua preparazione scientifica, a debellare la minaccia.

    Ha scritto Caterina Franciosi in Il salotto letterario:

    Gli autori suggeriscono un ripensamento della società alla luce di grandi catastrofi ambientali avvenute nel passato (nel nostro caso, il disastro nucleare di Chernobyl del 1986) e lo utilizzano come sfondo per dar vita a un racconto futuristico ricco di interessanti dettagli tecnico-scientifici, intriganti segreti e rivelazioni nonché personaggi memorabili.

    Memorie di una ragazza interrotta di Romina Braggion affronta l’argomento Questioni di genere, morale, cambiamenti di mentalità e di linguaggio: è una storia maledettamente radicale per la sensibilità odierna; ma è evidente che, nel mondo futuro che racconta, l’epoca estremista sarebbe quella in cui viviamo adesso.

    In un futuro piuttosto remoto, la giovane Ada è una sophista, una studentessa che vive in una comune di sole donne sulle montagne intorno al Lago Maggiore, con un impatto sostenibile sul territorio. Come le altre compagne, le giornate di Ada sono scandite da studio, lavoro e socialità, ma questa non è un’organizzazione di tipo monastico. I rapporti interpersonali sono regolati da relazioni totalmente aliene, con ruoli sessuali come matrici e nutrici: questo in virtù di una mutazione iperosmica in seguito alla quale gli umani maschi si sono estinti secoli prima. E allora il travaglio interiore di Ada, che la conduce alla soglia della maturità, affonda le radici in una vicenda molto più prossima al nostro tempo: la fuga di due donne, Elisa e sua madre, attraverso un mondo lacerato da una vera e propria guerra totale tra i generi. Il futuro della civiltà è affidato alle due, alla loro eredità morale e al Libro delle Femmine che ne sarà il risultato e che dopo secoli rischia di fossilizzarsi in un dogma inattaccabile.

    Ha scritto Debora Donadel su FantascienzaOggi:

    Romina Braggion è un’autrice tosta, conosce le dinamiche di uno storytelling che non fa prigionieri e difende le sue idee con tenacia non comune. In questo racconto ho trovato, infatti, tutta la sua caparbietà unita a un’abilità non comune nella costruzione di uno scenario descritto in modo molto evocativo. […] A questo punto mi ri-sorge il dubbio che il solarpunk di alcunə sia una terribile distopia, se non l’apocalisse, per altrə…

    Fenice citoplasmatica di Irene Drago sceglie come tema Genetica, medicina, terapia nel futuro prossimo.

    Se vi immaginate il futuro come una civiltà uniforme – la distopia di un soffocante controllo totale, oppure l’utopia sostenibile in cui non esistono più conflitti – siete lontani dalla verità. C’è la revolución verde, certamente, con le intuizioni floreali della bioarchitettura, ma c’è anche l’incidente alla centrale nucleare di Bushehr sul Golfo Persico, e le mutazioni genetiche che ha provocato sulle creature viventi. Andrea ha studiato e collaborato con le migliori menti della biotecnologia, cervelli da premio Nobel, e adesso ha accettato un lavoro in una divisione all’avanguardia della ricerca medica a Teheran, nella Seconda Repubblica Islamica. Ma tutte le sue conoscenze e relazioni, e tutti i mezzi dell’ingegneria genetica avanzata sembrano impotenti contro il cancro che sta per mangiare viva sua figlia. Qual è la soluzione, quale la via della speranza? Chi lo aiuterà? L’australiano Jack King, che lavora nella zona radioattiva di Bushehr? I risultati sull’embriogenesi raggiunti da Rosselli alla Kromanthea, l’azienda biogenetica chiusa trent’anni fa? La sua ex insegnante Ricci, che si dice lavori sull’Alzheimer e il Parkinson, e sulle cui ricerche l’amico Ivano, il genio della neurologia, sopravvissuto a un coma, si è lasciato scappare: Tu non hai idea di…?

    Scrive Silvia Treves in una recensione di Fenice citoplasmatica su Solarpunk Italia:

    Gli elementi vengono sparsi qua e là, non descritti ma mostrati, perché il protagonista e gli altri personaggi già li conoscono e non hanno necessità di ripeterseli. La reticenza è una forma narrativa elegante, che dà grandi soddisfazioni, un patto sottinteso fra chi scrive e chi legge, chiamato a partecipare attivamente alla storia.

    Il tema futuribile di Margine di incertezza di Silvia Treves è Lavoro, civiltà post-industriale, migrazioni, space economy.

    Perché il Ministero spedisce sull’isola artificiale di Fortunata, agro-cooperativa libertaria e aspirante micronazione nata nel periodo più buio dell’emergenza climatica, un inviato speciale come il T-consulente Ignas, dotato di poteri extrasensoriali? Perché l’isola ha chiesto di non invadere il suo spazio aereo, e cosa sta succedendo nelle dinamiche tra i suoi abitanti originari, i consorti, e gli ultimi arrivati, i cugini, dirottati qui dalle basi lunari di Pandia e dalla Fascia degli asteroidi dove avevano scelto di emigrare? Dichiarati in esubero dalle compagnie private che sfruttano i satelliti, per rappresaglia contro le onerose direttive eso-ambientali approvate dalla Nuova Sostenibilità Responsabile che governa la civiltà umana, i cugini male si adattano a questa sistemazione di ripiego che delude le loro aspettative. Chiamato a comporre una trattativa di lavoro, Ignas si trova invischiato in un pre-conflitto civile che si fa improvvisamente pericoloso quando scopre che la sua antagonista diretta ha a sua volta poteri mentali fuori dall’ordinario. Per sistemare la questione e neutralizzare il pericolo sociale, Ignas dovrà ricostruire la dinamica di un incidente mortale avvenuto sulla Luna, e trovarsi faccia a faccia con gli ottimati che ancora detengono un potere quasi incontrastabile grazie all’entità della loro ricchezza.

    Un bel dì vedremo di Andrea Franco ci racconta Il futuro dell’arte, in particolare della musica lirica.

    Tra le manifestazioni artistiche, la musica è fra quelle che più immediatamente caratterizzano un’epoca. Il Novecento, con la novità dell’audioregistrazione, ha reso possibile riprodurre e ascoltare tutta la grande musica del passato, e prodotto di conseguenza una quantità di appassionati fruitori di musica d’arte – non ultima la lirica. L’Italia, culla dell’Opera per quasi tre secoli, anche nel futuro prossimo tramanda la tradizione dei grandi interpreti nelle loro esibizioni dal vivo in teatro, con la non trascurabile particolarità che davvero è possibile apprezzare voci come quella del soprano Rosina Storchio (1872-1945), lì sul palco del Teatro dell’Opera di Roma o del San Carlo di Napoli. Non è un trucco di magia, né resurrezione, ma tecnologia cybo, ultima frontiera della bioingegneria: clonazione più cibernetica, ed ecco una nuova versione dell’umanità – una razza diversa, invece, per chi ritiene ad esempio che le cyborg attitudes non siano espressione artistica, bensì frutto di un applicativo software. La legislazione deve naturalmente prendere atto dell’esistenza dei cybo; ma secondo quale principio? Come esseri autonomi, dotati di raziocinio e creatività, oppure con tutta la diffidenza di una società conservatrice che sente minacciata la concezione tradizionale dell’essere umano? Il risultato finale sarà influenzato dal braccio di ferro tra un direttore d’orchestra come il Maestro Clemens Zimmermann, pervicacemente ostile alla novità, e il lungimirante Paolo Mastrilli, ministro della Ci’Cultura, che si sente direttamente coinvolto nel problema etico dei cybo.

    Infine, il settimo titolo presente in questa antologia è Il futuro non venne mai, autore il sottoscritto; anche questo racconto ha come tema Le arti nel futuro prossimo.

    È l’Interludio, un periodo interstiziale tra il mondo di oggi, l’Antropocene, e il mondo della sostenibilità, lo Chthulucene. La città di Purpura Marina affida a Simon Drago il compito di scolpire in un scogliera sul mare il volto della fondatrice della democrazia integrale, Amala Singh; ma l’artista viene contestato dagli chthulupunk, attivisti ecologisti radicali che non vogliono la roccia deturpata da un mastodontico bassorilievo. Drago ha due figli: Santiago, che sta facendo uno stage di formazione sulla colonia lunare, e Miriam, artista multimediale le cui canzoni infiammano i giovani di un’Africa ancora sottomessa da dittature corrotte e dal soffocante moralismo della chiesa pentecostale. Di Miriam è perdutamente innamorato il piccolo Enkel, figlio di amici. L’equilibrio tra i personaggi viene sconvolto dall’arrivo di Lauriana Montiel, ex star del retrorealismo, un’arte che trasforma vecchi film in bianco e nero del XIX secolo in opere in 3D, con i protagonisti sostituiti da attori in carne e ossa. La bella Lauriana diventa la personificazione dell’ideale femminile per Enkel e un incubo per Miriam, che intuisce qualche trascorso nel passato del padre e dell’attrice. La soleggiata, verde Purpura Marina si trasforma inevitabilmente nella scenografia di un dramma.

    * * *

    Per chi avesse interesse a approfondire l’argomento solarpunk, è disponibile una grande quantità di materiale critico e informativo sul sito Solarpunk Italia, gestito da una redazione che comprende, oltre al sottoscritto, Giulia Abbate, Romina Braggion e Silvia Treves, e che ha come collaboratori Marco Melis, Riccardo Muzi e Antonio Ippolito.

    Buona lettura.

    Franco Ricciardiello

    Le monde a changé, il doit changer encore.

    Il mondo è cambiato, deve cambiare ancora

    Maximilien de Robespierre, da Sui rapporti tra idee religiose e morali con i principi repubblicani, rapporto del Comitato di Salute pubblica del 18 floreale anno II

    Cinque stagioni su Eureka

    Davide Del Popolo Riolo

    1

    La pioggia cadeva da giorni, insistente e pesante, scivolando giù da un cielo color piombo. Infradiciava le pianure e i campi di un fango rossastro e pesante. E tambureggiava rumorosa e insistente in città, riempiendo le strade asfaltate di rivoli sporchi.

    Era la stagione delle piogge su Eureka.

    Fu in quel periodo che Erno sentì parlare per la prima volta dei figli della luce. Aveva soltanto dieci anni, a quel tempo.

    Lui, sua sorella Miri, mamma e papà erano seduti al tavolo da pranzo e mangiavano una minestra molto annacquata. Il piccolo appartamento si trovava all’interno di un vasto edificio grigio in sintocemento, appena completato. Le pareti odoravano di vernice e del mastice delle finestre ancora fresco. L’edificio faceva parte di un quartiere di nuova costruzione di Nea Atena, la città che stava sorgendo dal nulla ai piedi di montagne ricche di minerali. Nea Atena per ora era l’unica città del pianeta che gli umani chiamavano Eureka: questo aveva esclamato il comandante Theodorakis quando lo scoprì.

    Tutti smisero di mangiare per osservare papà, che aveva sbattuto rumorosamente le posate nel piatto. Lui fissava la finestra e, oltre, la pioggia che batteva la città. L’impianto di riscaldamento non era ancora pienamente funzionante e, nonostante i vestiti pesanti, si sentivano impregnati di umidità e cattivo umore.

    – Non è questo – iniziò, con un tono basso, quasi tra sé. Era un uomo che rifletteva molto, e spesso gli capitava di parlare con se stesso, per chiarirsi le idee. La sua fronte alta e spaziosa si aggrottò, mentre gli occhi chiari si velavano. – Non è questo che ci avevano promesso, quando ci hanno assicurato che emigrare su Eureka avrebbe cambiato il nostro futuro.

    Sua moglie gli sorrise con dolcezza. Sorrideva sempre con dolcezza, era il suo modo di affrontare gli sfoghi improvvisi di un marito altrimenti riflessivo e scrupoloso. Erno mise in bocca una cucchiaiata di minestra, che continuava a non piacergli, mentre Miri giocava con le posate.

    L’uomo riprese a guardare fuori dalla finestra, fissando con ostilità la pioggia che rigava il vetro della finestra.

    – È la stagione delle piogge, caro – disse infine la donna, con il tono ragionevole che adottava per calmare il marito. – Sapevamo che il clima sarebbe stato diverso da quello di casa, quando siamo partiti.

    – Non è la pioggia, Beth! – sbottò l’altro, scuotendo il capo. La sua voce era cupa ed Erno lo fissò, stupito. – Magari fosse solo la pioggia! È che Bjorn sta sbagliando tutto, sta ripetendo i vecchi errori, e creerà gli stessi problemi!

    Il ragazzo smise di mangiare per ascoltare con attenzione le parole del padre. Magari avrebbe imparato qualcosa: quando era papà a spiegare le cose lui le capiva.

    – Di che parli, caro? – Beth sorrideva imperturbabile, passando lo sguardo dal marito ai figli. – Non giocare con il sale, Miri, e tieni le mani al loro posto a tavola.

    Suo padre sospirò. Allontanò lo sguardo dalla finestra e li fissò. Congiunse la punta delle dita in una delle sue classiche pose da insegnante. Aveva dita lunghe e sottili, che lei paragonava sempre a quelle di un pianista.

    – Quando le Nove Potenze Spaziali aprirono Eureka alla colonizzazione, qualche anno dopo l’evento dei nani rossi, resero pubblica una solenne dichiarazione. Ne hai mai sentito parlare, Erno? – chiese, con il tono da interrogazione scolastica che ogni tanto prendeva anche in famiglia.

    Lui annuì, fiero, perché era una storia che aveva studiato. – La Dichiarazione di Luna City.

    – Bravo, proprio quella. – L’uomo lo guardò con una sorta di solennità. – Le Nove Potenze Spaziali si impegnarono formalmente a fare in modo che la colonizzazione umana su Eureka non danneggiasse l’ecologia locale, a rispettarla, tutelarla e proteggerla in ogni modo. E per assicurarsi che succedesse crearono l’Amministrazione Planetaria Centrale, l’APC, che doveva vigilare affinché i principi della Dichiarazione fossero rispettati.

    Il ragazzo annuì di nuovo e sorrise. Lo sapevano tutti.

    Mamma intanto prese il tegame e si servì un altro po’ di minestra. Ascoltava con pazienza, ma il suo disinteresse era evidente.

    – Ne volete ancora? – Tutti fecero cenno di no. Si accorse che il marito la fissava e chiese, in tono paziente: – Ebbene, caro?

    Sul volto di lui si disegnò una smorfia di disgusto. Strinse le mani a pugno in modo così improvviso che Erno quasi si spaventò.

    – Succede che non è così! Succede che l’APC sta facendo proprio ciò doveva impedire! Nel disinteresse di tutti sta distruggendo l’ecologia di Eureka, estirpando la vegetazione autoctona per immettere flora e fauna terrestri nella biosfera, distruggendo le risorse naturali di questo pianeta! Ecco quello che sta succedendo! E bisogna impedirlo!

    La moglie sorbì rapida una cucchiaiata di minestra. – Non te la prendere così, caro, vedrai che tutto si risolverà.

    – Vorrei proprio sapere come! – La sua espressione era cupa, le rughe attorno agli occhi sempre più pronunciate mostravano la sua rabbia. Doveva essere proprio esasperato per reagire così, pensò Erno.

    – Saranno i figli della luce a risolvere i nostri problemi. – Con un gesto rapido delle dita sfiorò il braccio del figlio, che trasalì per la sorpresa e la fissò. – Loro sono la nostra speranza!

    L’uomo alzò gli occhi al cielo e sbuffò, esasperato. – Ancora questa storia? Speravo di non sentirne più parlare!

    La moglie intanto si ripuliva le labbra con il tovagliolo e sorrideva. – Tu puoi non crederci ma io so che è vero. – E guardò Erno, con un’espressione convinta e fiduciosa negli occhi scuri e luminosi.

    Lui ascoltava la discussione con aria perplessa. Era la prima volta che sentiva quel termine.

    – Papà che cosa sono i figli della luce? –

    Lo sforzo che fece suo padre per controllarsi fu palese. Si afferrò al bordo del tavolo con tanta forza che le nocche delle sue mani sbiancarono.

    – Una strana idea in cui crede tua madre. Non dare troppa importanza a questa cosa, non lo merita.

    Mamma gli sfiorò di nuovo il braccio con il suo tocco leggero e chiosò: – Sei ancora piccolo per queste cose, amore mio. Quando sarai più grande capirai.

    Papà sbuffò di nuovo ma riuscì a non replicare. Il pranzo continuò con argomenti più leggeri, il freddo e l’umidità di ogni stagione delle piogge, le scuole e gli amici di Erno e Miri.

    * * *

    Figli della luce. Quella strana espressione aveva lasciato un segno nella sua mente. Il giorno dopo, a scuola, andò a cercare Ellen durante una pausa delle lezioni. Era la sua migliore amica e ne sapeva sempre più di lui.

    – Ellen, devo farti una domanda – esordì, in piedi davanti al banco in cui lei stava consumando la sua merenda.

    Aveva appena aperto il contenitore in cui si trovava il cibo preconfezionato che mangiavano tutti, in quegli anni. Lei alzò lo sguardo e fissò su Erno gli occhi chiari come il ghiaccio, un po’ inquietanti in una bambina per il resto comune, con le gote paffute e rosee e i boccoli dorati che la facevano assomigliare a una bambola. Lui scosse il capo, si guardò attorno con aria sospettosa, come se stesse per fare qualcosa di proibito, poi sussurrò: – Hai mai sentito l’espressione figli della luce?

    Ellen continuò a fissarlo e fece una smorfia.

    – Te ne ha parlato tua madre? – chiese.

    Il ragazzino annuì, poi si corresse. – A dire il vero non è che me ne abbia parlato. Ha detto a papà che i figli della luce risolveranno i nostri problemi, e mi guardava mentre lo diceva. Papà però non sembrava per niente convinto.

    Lei affondò la forchetta nella poltiglia, ne tirò su un pezzetto e la annusò. Fece una smorfia.

    – Mamma dice che va bene che dobbiamo mangiare questa porcheria sintetica fin quando l’agricoltura non sarà del tutto sviluppata, ma perché deve anche avere un aspetto e un odore così poco invitanti?

    – I figli della luce? – insistette, mentre la ragazzina metteva in bocca un po’ del cibo e lo masticava con lenta accuratezza.

    Lei annuì, al gusto di ciò che aveva in bocca o alla domanda di lui.

    – È una specie di leggenda che circola, sembra – cominciò a rispondere, parlando con la bocca piena. – Non si sa bene come sia sorta. Alcuni credono che i bambini nati durante la settimana più luminosa del primo anno dalla fondazione di Nea Atena siano speciali. Che siano destinati a fare grandi cose, che abbiano talenti rari, praticamente soprannaturali. Una specie di cosa religiosa, dice mamma.

    Lui rifletté per qualche istante poi si illuminò. – Io sono nato in quel periodo! – esclamò.

    Ellen annuì. – Lo so. Perché credi ne stiamo parlando, altrimenti? – Scosse il capo, e lui si vergognò di non aver capito subito.

    – E quindi mia mamma crede che io sia un bambino speciale?

    L’altra si strinse le spalle. – Non è quello che credono tutte le mamme? Anche la mia crede che io sia speciale.

    – Ma tu lo sei!– rispose lui, d’istinto. – Per me lo sei!

    Lei lo guardò e sorrise. Aveva dei denti piccoli e bianchissimi e una boccuccia rosea, anche quella da bambolina. – Sei molto dolce, Erno. Almeno in questo sei davvero speciale.

    Erno sorrise, felice. Diede un’occhiata all’orologio.

    – A forza di chiacchierare non ti ho lasciato finire la tua merenda, mi spiace.

    Lei scrollò il capo, indifferente. – Meglio così, non è che questa roba mi piaccia molto. Sarà anche dieteticamente bilanciata ma l’odore che ha mi toglie la fame. – Richiuse il contenitore e lo mise via, poi con le dita si diede una sistemata ai capelli e ai polsini della camicia.

    Erno se ne tornò al suo banco, perplesso. Credevano che lui fosse un bambino speciale, dunque? Che grazie a lui, e a quelli come lui, i problemi, ma i problemi di chi?, avrebbero trovato soluzione. Non sapeva che cosa pensare di questa responsabilità da cui si sentì di colpo gravato.

    Non ebbe però molto tempo per rifletterci, quel giorno. Quando tornò a casa trovò mamma seduta sul divano, e con lei due uomini in divisa che la guardavano con aria tesa.

    Si nascose in un angolo, intimidito dalla presenza di quegli sconosciuti, mentre l’ombrello colava acqua sul pavimento.

    Lei alzò lo sguardo. I suoi occhi erano pieni di lacrime, le labbra tremolavano per l’emozione. I capelli castani, di solito sempre ben pettinati, erano sconvolti. – Bimbo mio, fatti forza, è successa una cosa terribile.

    Tirò su con il naso e guardò gli uomini in divisa, come a chiedere il loro permesso. Quelli annuirono, con un movimento impercettibile del mento.

    – Questi signori sono venuti a dirci che il tuo papà è scomparso. Lo attendevano questa mattina al lavoro ma non è mai arrivato. Il suo watch-phone è stato trovato su un marciapiede a cento metri da qui, distrutto. È tutta la mattina che lo cercano ma non lo trovano. Vedrai però che andrà tutto bene, bambino mio.

    Scomparso? Che cosa voleva dire scomparso? Come poteva una persona scomparire in una città moderna come Nea Atena?

    Nella sua mente ripeté queste domande, incapace di accettare ciò che gli avevano detto. Si lasciò scivolare lungo il muro, lentamente, finché non fu seduto per terra. I pantaloni si bagnarono dell’acqua versata dall’ombrello ma non se ne accorse. Si sentiva vuoto e non trovava nemmeno la forza per piangere. Non può essere vero, pensava, scuotendo il capo. Non può essere vero. Fissò con ira improvvisa mamma e i due uomini, che stavano parlando tra loro, e si chiese come sarebbe stata la sua vita, di lì in poi. Confusamente percepiva di

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