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Grazia e destino
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E-book524 pagine7 ore

Grazia e destino

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Info su questo ebook

TUTTE LE MAGIE POSSONO ESSERE USATE PER COSE GRANDI E COSE TERRIBILI

Trinity Marrow ha perso la battaglia e il suo amato Difensore. E adesso, anche se al suo fianco si sono schierati sia i Guardiani che i demoni, potrebbe perdere la guerra contro il Messaggero. Riportare Lucifero sulla Terra per combattere contro quell’entità malvagia è probabilmente una pessima idea, ma non ci sono alternative… e l’ultimo Angelo Caduto rimasto è anche l’unico che con il suo immenso potere potrebbe forse ribaltare un risultato che appare ormai scontato. Così, mentre Trin e Zayne forgiano un nuovo e ancor più pericoloso legame, Lucifero scatena l’inferno sulla terra e all’orizzonte si profila minacciosa l’apocalisse. Il mondo è sull’orlo del baratro, la fine è vicina, e ormai rimane una sola certezza: che le forze del Bene vincano o perdano, nulla sarà mai più lo stesso.

Passione, tradimento, inganni mortali… la trilogia The Harbinger si conclude con un romanzo animato da personaggi indimenticabili e colpi di scena imprevedibili, con un finale agrodolce che rimarrà nel cuore dei lettori.

Questo ebook contiene un estratto di Sangue e cenere, il nuovo attesissimo titolo della serie Blood and Ash.
LinguaItaliano
Data di uscita18 nov 2021
ISBN9788830533073
Grazia e destino
Autore

Jennifer L. Armentrout

Autrice al vertice delle classifiche del New York Times e di USA Today, oltre a scrivere romance si è cimentata con successo nei generi Young e New Adult, fantascienza e fantasy. Attualmente vive a Martinsburg, West Virginia. Con HarperCollins ha pubblicato le serie Covenant, Titan, Dark Elements, The Harbinger, Blood and Ash e Flesh and Fire.

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    Anteprima del libro

    Grazia e destino - Jennifer L. Armentrout

    1

    Zayne era a neanche due metri da me e una brezza incredibilmente fresca per il mese di luglio gli sollevava le punte dei capelli biondi dalle spalle nude.

    O almeno era quello che credevo di vedere.

    Stavo diventando cieca a poco a poco. Il mio campo visivo era già fortemente limitato, privo di visione periferica. Alla fine si sarebbe ridotto soltanto a un puntino. Per complicare le cose, mi si erano formate delle cataratte in entrambi gli occhi e quindi mi ritrovavo con una visione centrale ulteriormente offuscata e una sensibilità alla luce ancora maggiore. Avevo la malattia genetica nota come retinite pigmentosa e neanche il sangue angelico che mi scorreva nelle vene poteva impedire che degenerasse. Le luci intense di ogni genere mi rendevano difficile vedere le cose, ma quelle fioche non erano affatto meglio: tutto diventava buio e difficile da distinguere.

    Quindi, considerando che c’erano solo i lampioni del Rock Creek Park a illuminare il sentiero dietro di me, era possibilissimo che quello che mi sembrava di vedere non fosse reale. E poi appena pochi giorni prima avevo subito un trauma inenarrabile, un massacro di proporzioni epiche a opera di quello psicopatico dell’Arcangelo Gabriel, anche noto come il Messaggero dei Monologhi Infiniti, e Dio solo sapeva cosa poteva aver combinato ai miei occhi.

    O al mio cervello.

    Zayne poteva essere un’allucinazione creata dal lutto o da un danno cerebrale. Entrambe le cose in realtà ­avrebbero avuto più senso, perché il fatto che fosse lì davanti a me… Zayne era… oddio, era morto, il suo corpo ormai doveva essersi trasformato in polvere, come succedeva a tutti i Guardiani quando morivano. Il legame che ci aveva uniti e che l’aveva reso il mio Difensore era in grado di dare forza e velocità a entrambi, ma ci si era rivoltato contro nel momento in cui avevo davvero ammesso di essere innamorata di lui. ­Zayne si era indebolito fisicamente e Gabriel se n’era approfittato. Avevo sentito le ultime parole di Zayne. È tutto a posto. L’avevo visto esalare l’ultimo respiro. Avevo sentito la cordicella che ci legava in quanto Difensore e Autentica strapparsi dentro di me.

    Era morto.

    L’avevo visto morire.

    Eppure era proprio lì, davanti a me, e io sentivo un profumo di neve appena caduta e di menta… di menta fredda. Era più forte di prima, come se l’aria estiva fosse imbevuta d’inverno.

    Per via di quel profumo, per un attimo mi chiesi se fosse uno spirito, se fosse passato oltre dopo la morte. Quando le anime passate nell’aldilà tornavano a dare un’occhiata ai loro cari, spesso questi ultimi percepivano un odore che ricordava loro quelle persone. Acqua di colonia. Dentifricio. Sigari. Un falò. Poteva trattarsi di qualsiasi cosa, perché il paradiso… aveva un profumo specifico; odorava di ciò che desideravi di più, e io volevo riavere Zayne vivo più di qualsiasi altra cosa.

    In quel momento sentivo il profumo del paradiso.

    Ma persino con la mia vista così scarsa, capivo che Zayne non era uno spirito. Che era in carne e ossa… anche se scintillava. La sua pelle aveva un alone luminoso che prima non c’era.

    Fui travolta dalle vertigini mentre fissavo i suoi occhi, che non erano più azzurro pallido. Adesso erano di una tonalità intensa e brillante, mi ricordavano i brevi istanti del crepuscolo in cui il cielo diventa di un colore zaffiro acceso. I Guardiani non avevano gli occhi così e non scintillavano come il vecchio pupazzo a forma di lucciola che Jada aveva trovato in soffitta quand’eravamo piccole.

    E di certo i Guardiani non avevano delle ali come quelle che spuntavano dalle ampie spalle di Zayne. Le loro ali mi facevano pensare al cuoio liscio… ma le sue no, erano piumate: bianche e folte, con venature dorate che rilucevano del fuoco del paradiso, della grazia.

    A parte Dio, in questo mondo e nell’aldilà c’erano soltanto due cose dotate della grazia onnipotente. Una delle due ero io.

    Ma Zayne non era un Autentico come me e non era neanche come i pochi umani che avevano un angelo appollaiato su qualche ramo del loro albero genealogico e per questo possedevano una grazia diluita che permetteva loro di vedere i fantasmi e gli spiriti o di manifestare altri poteri psichici. Per tutta la vita mi avevano ripetuto che ero l’unica Autentica, la figlia di prima generazione di un angelo e un’umana, ma non era propriamente vero. C’era stato anche Sulien, il figlio di Gabriel, ma Zayne l’aveva ucciso, quindi immaginavo di essere di nuovo unica e inimitabile. Ma tutto questo era irrilevante, perché Zayne in vita era stato un Guardiano.

    Le uniche altre creature con quel genere di grazia e di ali erano gli angeli, ma Zayne non era neanche quello.

    Però adesso aveva ali decisamente angeliche – ali piumate che rilucevano di grazia.

    «Trin…» disse lui, e io inspirai bruscamente. Oddio, era la sua voce, e io tremai tutta. Avrei rinunciato praticamente a qualsiasi cosa per sentire di nuovo la sua voce, ed ecco che era successo.

    Feci un passo tremante verso di lui.

    «Io… ti percepisco» disse con una voce piena di confusione, fissandomi.

    Intendeva il legame da Difensore? Cercai il formicolio familiare, una traccia di emozioni non mie. Non trovai niente. Nessuna cordicella. Nessun legame.

    Non era più il mio Difensore.

    «Trinity» ripeté piano, e fu allora che lo sentii. Il tono della sua voce aveva qualcosa di strano. Non era solo confusione. «Questo nome… significa qualcosa.»

    Il mio cuore saltò un battito. «Perché è il mio nome.»

    Zayne piegò la testa nell’ombra, ma io continuavo a sentire il suo sguardo. Che… non si ricordasse di me? Fui travolta dalla preoccupazione. Non avevo idea di come fosse tornato indietro o del perché somigliasse a un angelo, ma, se qualcosa gli aveva fatto perdere la memoria, l’avrei aiutato. Avremmo trovato una soluzione insieme. Tutto quello che importava era che fosse vivo. Feci un altro passo, sollevando il braccio…

    Un attimo prima era a un metro di distanza e un attimo dopo era proprio davanti a me, con quelle ali incredibili che oscuravano il mondo alle sue spalle. Zayne si era spostato più in fretta di qualsiasi Guardiano… persino più in fretta di me.

    Trasalii per la sorpresa, ritraendo la testa di scatto. In qualche angolo remoto della mente, avevo la certezza che Zayne non si sarebbe mai mosso in quel modo, dato che sapeva che con la mia vista era difficilissimo rilevare i movimenti veloci. Ma chiaramente aveva qualche problema di memoria e…

    Zayne mi afferrò la mano e chinò rapido il mento, inspirando a fondo. Ebbe un tremito e sollevò la testa. Sgranai gli occhi. Adesso che era così vicino, riuscivo a distinguere i tratti familiari del suo viso, ma li vedevo… più nitidi, e neanche quello aveva senso. Le sue ali bloccavano il bagliore della luna e la luce dei lampioni vicini non era abbastanza forte da permettermi di vederlo così bene. I suoi lineamenti erano troppo nitidi, e c’era… quel luccichio sotto…

    «Pensi di potermi battere, piccola nephilim?» chiese lui.

    Un attimo. Cosa?

    Lo fissai, con tutti i sensi in allerta massima.

    «Piccola…»

    La pelle e i muscoli in via di guarigione protestarono con forza quando Zayne mi tirò a sé. Il suo braccio d’acciaio mi bloccò all’altezza della vita. La stretta era troppo forte, ma il contatto tra il suo corpo e il mio fu comunque uno shock, mi sparpagliò i pensieri e mise a tacere i campanelli d’allarme che avevano preso a suonare a tutto spiano. Zayne chinò di nuovo la testa e tutto il mio corpo si tese, aspettandolo. Stavano succedendo un sacco di cose strane, ma lui era sul punto di baciarmi e io non avrei mai rinunciato…

    Mi affondò il viso tra i capelli, inspirando di nuovo a fondo. «Il tuo profumo… mi è familiare. Mi chiama. Perché?»

    «Be’, perché mi conosci?» suggerii.

    «Forse» mormorò lui; per un attimo mi tenne stretta e basta, e io cominciai a pensare che fosse un buon segno. «Ma tu… riconosco la grazia. È potente. Come quella di un Arcangelo» disse, sputando fuori l’ultima parola come se si trattasse di una qualche malattia incurabile.

    Ma che diavolo?

    Girai la testa, incapace di spostare le braccia che lui mi teneva bloccate lungo i fianchi. «Zayne, sono io» dissi, cercando di trovare un senso a quello che stava succedendo. «Trinity.»

    Lui si fece assolutamente immobile. «C’è qualcosa di importante… il tuo nome, il tuo profumo» si interruppe, allentando la presa con un altro tremito. «Percepisco troppe cose. Tutta l’avidità e l’ingordigia, l’odio e il disprezzo. Sono dentro di me, mi riempiono.»

    Quello… non prometteva affatto bene.

    «Ma tu hai un profumo fantastico. Inebriante. Mi è familiare» ripeté. Spostò la testa e io mi sentii le sue labbra sul mento.

    Mi lasciai sfuggire un gemito, con i sensi sopraffatti da quell’esplosione di sensazioni contrastanti. Al mio corpo andava benissimo che lui fosse così vicino, ma il mio cervello e il mio cuore non erano d’accordo. «Lasciami andare e cerchiamo di capire cosa succede.»

    Zayne non mi lasciò andare.

    Scoppiò a ridere.

    E quella risata… non era affatto come il suono che adoravo e che mi mancava. Mi fece venire i brividi, e non nel senso positivo. Era una risata gelida, persino crudele, eppure non c’era proprio niente di crudele in lui. «Mettimi giù, Zayne.»

    «Piantala di chiamarmi così.»

    Il mio cuore tremò. «È il tuo nome.»

    «Non ho un nome.»

    «Sì che ce l’hai. È Zayne…»

    «E ti metterò giù quando mi andrà» mi interruppe. «E pensa un po’, piccola nephilim, non mi va.»

    Okay. Lo amavo con tutta me stessa e più di ogni altra cosa. Però ero anche superpreoccupata per il suo stato mentale attuale. Volevo aiutarlo, e l’avrei fatto, ma lui cominciava davvero a darmi sui nervi.

    «Smettila di chiamarmi piccola nephilim» ordinai.

    «È quello che sei.»

    «Sono un’Autentica, ma non è neanche così che mi chiamo. Il mio nome è Trinity o Trin.» Mi divincolai, cercando di liberarmi. Un profondo ringhio animale gli salì dalla gola. «Lasciami andare, o giuro su Dio…»

    «Dio? Giuri su Dio?» Rise di nuovo. «Dio ci ha abbandonati tutti.»

    Fui travolta dallo shock. Un mix sconvolgente di sollievo, confusione, irritazione e qualcosa di molto più forte e devastante. Per la prima volta da quando avevo incontrato Zayne, provai paura tra le sue braccia.

    Il mio corpo si fece di ghiaccio e il mio sistema d’allarme personale reagì alla scarica di paura. Dentro di me, nel profondo, la grazia si accese.

    Zayne sibilò… fece davvero un sibilo, come un gatto selvatico infuriato. Era diventato un gatto selvatico infuriato ed enorme nell’istante in cui la grazia aveva cominciato a pulsare dentro di me. Era veramente stranissimo.

    L’istinto prese il sopravvento. Mi girai, ignorando le fitte a tutte le ossa e i muscoli in via di guarigione, e gli tirai una ginocchiata nelle parti basse. O almeno ci provai.

    Zayne previde la mossa. Il mio ginocchio lo colpì alla coscia. Mi sentii travolgere da un’ondata di rabbia e panico in rapida crescita mentre la grazia mi premeva dentro, ordinandomi di lasciarla uscire; ma io la ricacciai indietro. Zayne era confuso, era appena tornato dal regno dei morti, con le ali da angelo, e io non volevo fargli troppo male. La grazia non l’avrebbe solo ferito: l’avrebbe ucciso.

    Riuscii a liberare un braccio e gli tirai un pugno sulla mascella, tanto forte da sentire una scarica di dolore alle nocche, e lui sorrise. Sorrise, come se non l’avessi appena colpito, e la curva delle sue labbra era tutta sbagliata. Era gelida e inumana.

    «Ahi» mormorò. «Dovrai fare di meglio.»

    Sferrai un altro colpo con il palmo, centrandolo sotto il mento. Zayne gemette per il dolore e mi spinse… no, mi scaraventò da una parte. Atterrai un metro abbondante più in là, lanciando un grido acuto. Ero ancora in preda allo shock, che attutì la nuova ondata di dolore. Lo guardai e capii.

    Era Zayne, ma allo stesso tempo non lo era.

    Non mi avrebbe mai lanciata come un frisbee. Neanche se me lo fossi meritato, e sapevo essere decisamente fastidiosa, ma Zayne non l’avrebbe mai fatto. Avrei potuto tirargli un calcio dritto in faccia e lui non avrebbe mai alzato un dito contro di me.

    Cercando di scacciare il dolore e la confusione, mi tirai su in ginocchio…

    Scorsi una chiazza di ali e pelle dorata, troppo veloce perché riuscissi a seguirla, ed ecco che mi aveva afferrata per il colletto della t-shirt. Mi sollevò, tenendomi a penzolare a un metro da terra.

    Porca merda.

    Le sue ali si alzarono e si dispiegarono. Erano enormi e bellissime. E anche davvero spaventose, in quel momento. Zayne mi teneva su come se fossi una bimba che faceva i capricci! Una bimba piccola, per giunta.

    E quello mi fece incazzare sul serio.

    Tirai un calcio e lo colpii allo stomaco. La presa sulla maglietta si allentò e all’improvviso mi ritrovai a mezz’aria.

    Atterrai sulla pancia, sbattendo di nuovo violentemente sul terreno. Il dolore alle costole mi tolse il fiato. Okay. Era così che ci si sentiva a essere lanciati come un frisbee, in realtà. Ora conoscevo la differenza. Buono a sapersi. Con un gemito mi girai e cercai di rialzarmi. Non ebbi molto successo. Zayne mi fu subito addosso, con il viso che incombeva sul mio. Gli occhi azzurro intenso erano schegge di ghiaccio. Il suo sguardo mi gelò il corpo e l’anima.

    «Zayne, ti prego…»

    Mi afferrò il mento, premendo le dita contro la pelle. «Smettila di chiamarmi così.»

    «È il tuo nome…»

    «No.»

    «Allora come dovrei chiamarti?» gridai. «Stronzo?»

    Fece un mezzo sorriso. «Puoi chiamarmi morte. Come ti sembra?»

    Fui travolta da un’altra scarica di paura, ma non lo diedi a vedere. «Come mi sembra? Mi sembra proprio stupido.»

    Il ghigno gli si congelò.

    Sferrai un pugno.

    Zayne mi afferrò il polso di scatto, senza neanche distogliere gli occhi dai miei… senza lasciarmi andare il mento. «Tutto questo mi sembra familiare.»

    «Il fatto che io sottolinei che quello che hai detto suona stupido? Bene, perché…»

    «No.» Strinse gli occhi. «Questo. Combattere.»

    «Perché ci siamo allenati insieme! Abbiamo combattuto l’uno contro l’altra» gli dissi in un fiume di parole, cercando di controllare la paura e la rabbia. «Ma non per farci del male. Mai per farci del male.»

    «Mai per farci del male» ripeté lui lentamente, come se non riuscisse a capire il senso di quelle parole messe insieme. Girò la testa, chiudendo gli occhi. «Non è…» Le sue dita premettero più forte, finché non fui sicura che la mascella mi si sarebbe frantumata. «Tu mi conosci. Sei importante.»

    Inghiottii la paura. «Perché… ci conosciamo, sì. Stiamo insieme. Non faresti mai una cosa del genere. Non mi faresti mai del male.»

    «No?» Sembrava ancora più confuso. «E perché? Sei una nephilim. Possiedi la grazia di un Arcangelo.»

    «Non ha importanza. Non mi faresti del male perché mi ami» sussurrai, con la voce che mi si spezzava. Gli occhi mi si riempirono di lacrime. «Ecco perché.»

    «Amarti?» Fece uno scatto come se si fosse bruciato e mi lasciò andare il mento. «Io ti amo?»

    «Sì. Sì! Ci amiamo, Zayne, e qualunque cosa ti sia successa, possiamo rimediare. Possiamo trovare una soluzione insieme e…»

    «Insieme?» La sua mano mi si strinse attorno alla gola, con una presa a un passo dall’essere letale. «Non c’è nessun insieme. Nessuno Zayne» sputò fuori. «Io sono Caduto

    Non ci fu tempo perché quelle parole mi ferissero, o perché riuscissi ad afferrarne il significato. La sua mano mi strinse più forte, finché non riuscii a inspirare soltanto una minuscola quantità d’aria. Non sapevo proprio se mi avrebbe strangolata. Se era così, era tornato in vita solo per uccidermi? Sembrava quasi appropriato, in modo ironico. Se l’avesse fatto, ovviamente mi sarei ritrovata supermorta e superincazzata, ma anche con il cuore spezzato. Perché una volta che Zayne fosse tornato in sé, qualunque fosse la situazione in cui si trovava, la consapevolezza di ciò che aveva fatto l’avrebbe ucciso di nuovo.

    Non mi meritavo una cosa del genere.

    E neanche lui.

    Allora feci una cosa difficile da spiegare. Le mie mani si sollevarono senza che ne fossi cosciente. Gli posai le dita tremanti sulla guancia e gli premetti il palmo contro il petto. Pelle contro pelle.

    Zayne batté le palpebre, allentando la presa e facendo uno scatto all’indietro. Per un attimo i suoi occhi accesi furono annebbiati dalla confusione e io mi girai di lato, inspirando ossigeno meraviglioso. Non sapevo cosa l’avesse spinto a lasciarmi andare, cosa gli avesse impedito di stringere appena un po’ di più. In quel momento non mi importava affatto, ero troppo felice di poter respirare di nuovo.

    La sua mano mi si serrò sulla spalla e io mi irrigidii, ma Zayne non fece altro che girarmi sulla schiena. Fu un gesto quasi tenero.

    «Cosa…» Scosse di nuovo la testa, facendo dondolare le ciocche bionde. «Perché non mi attacchi? Perché mi tocchi? Sento il potere che scorre in te. Potresti combattere. Non vinceresti, ma sarebbe meglio che restare ferma lì.»

    Meglio che non cercare neanche di ucciderlo, volevo dire, ma persino io mi rendevo conto che non aveva senso esplicitarlo. Cercare di ragionare con lui era inutile. Se anche avessi gridato ai quattro venti che lo amavo, non avrebbe fatto nessuna differenza. Dovevo andarmene da lì, rifugiarmi in un posto sicuro per capire che diavolo stesse succedendo. Stavo per fare una cosa orribile, ma non avevo altra scelta.

    Allungai la mano verso la coscia e sfoderai il pugnale in ferro che era rimasto nascosto sotto la maglietta.

    «Perché non combatti contro di me?» domandò. «Sei il nemico. Dovresti affrontarmi.»

    Non riuscivo neanche a metabolizzare il fatto che mi definisse il nemico. «Non combatterò contro di te perché ti amo, stupido idiota.» Strinsi il manico del pugnale mentre il suo viso assumeva la tipica espressione di quando facevo qualcosa che lui non riusciva a capire, cosa che succedeva spesso. Mi spezzò il cuore.

    «Mi dispiace» sussurrai.

    Zayne piegò di nuovo la testa di lato. «Ti dispiace per…»

    Arretrai sull’erba e sulla terra, tracciando un ampio arco con il braccio. La lama affilata lo centrò sotto il mento. Fu un colpo rapido e superficiale, quel tanto che bastava per stordirlo.

    Zayne barcollò all’indietro, con lo splendido viso contorto dalla furia. Si afferrò la gola, lanciando un ruggito che mi fece rabbrividire fin nell’anima. Balzai in piedi, senza esitare. Partii a razzo, come se avessi avuto il diavolo in persona alle calcagna.

    Corsi all’impazzata, attraversando il traffico alla cieca e quasi asfaltando chissà quante persone mentre le mie scarpe da ginnastica martellavano il suolo. Non ho idea di come riuscii a non farmi spiaccicare da una macchina. Ogni cellula del mio corpo mi faceva male, ma non rallentai. Non sapevo neanche dove stavo andando…

    Seguimi.

    Barcollai nel sentire quella voce, palesemente non mia, echeggiare attorno a me. Rallentai, con il fiatone. Le luci gialle e violente dei lampioni gettavano ombre minacciose lungo i marciapiedi. Volti e corpi non erano altro che sagome informi e offuscate, i clacson risuonavano dalla strada e la gente gridava.

    Seguimi, Autentica.

    O stavo impazzendo, e secondo il mio parere modesto e imparziale sarebbe stato assolutamente comprensibile a quel punto, oppure sentivo davvero una voce nella mente.

    Ma sentire le voci non voleva comunque dire che stavo diventando matta?

    Seguimi, figlia di Mikhael. È la tua unica speranza di salvare colui che è Caduto per te.

    All’improvviso visualizzai l’immagine di una stella che precipitava sulla terra. Zayne. Quello che una volta era Zayne.

    Caduto.

    Aveva detto di essere Caduto.

    Sapevo cosa significava, ma non poteva essere così.

    Seguimi.

    Quella voce… sembrava trasudare potere. Non riuscivo a immaginarla. Deglutii a secco, guardandomi intorno freneticamente, ma senza vedere nulla. Zayne era tornato dai morti – era tornato diverso, in un modo molto in stile Pet Sematary, e con le ali, ma era tornato. Era lui, ed era vivo, perciò quella che sentivo nella mente poteva benissimo essere una voce reale.

    Qualsiasi cosa era possibile, a quel punto.

    Ma se la voce era reale, come diavolo dovevo fare a seguire qualcosa che non vedevo?

    Appena ebbi quel pensiero, sentii: Fidati della tua grazia. Sa dove andare. Hai percorso già metà della strada.

    Fidarmi della mia grazia? Quasi scoppiai a ridere, ma non avevo abbastanza fiato. Ero già a metà strada? Non avevo fatto altro che correre…

    Correre alla cieca.

    Avevo corso senza nessun pensiero cosciente. Proprio come quando avevo toccato Zayne. In entrambi i casi, l’istinto aveva preso il controllo, e l’istinto e la grazia erano una cosa sola.

    Ero disposta a provare qualsiasi cosa potesse aiutarmi a capire cos’era successo a Zayne.

    Aumentai il passo, rimettendomi a correre, e andai sempre dritta, finché a un certo punto girai a sinistra. Non c’era nessun motivo. Girai e continuai a correre. Poi voltai a destra. Cominciò a scendere una pioggia costante. Non avevo idea di dove stessi andando. Con il cuore che mi rimbombava, attraversai un angolo affollato. Non avevo più sentito la voce e, proprio quando cominciavo a temere di essermela immaginata, vidi… la chiesa dall’altro lato della strada farsi sempre più nitida. Era in pietra, con tanti campanili e torrette, e sembrava uscita direttamente dal Medioevo. Ogni parte di me sapeva che era lì che ero stata guidata. Come o perché, non ne avevo idea.

    Mi parve di riconoscere la chiesa mentre salivo sugli ampi gradini, passando tra due lampioni accesi. San Patrizio o qualcosa del genere? I raggi lunari si riflettevano sulla croce sopra il portone, che per un attimo sembrò brillare di luce del paradiso.

    Mi infilai sotto l’arco d’ingresso e presi fiato. La pioggia mi scendeva lungo il volto e i vestiti. Avevo del sangue raggrumato sotto la bocca. Era mio? Di Zayne? Non ne ero sicura. Avevo il terribile sospetto di essermi rotta una costola che era appena guarita, ma non sentivo dolore. Forse provavo così tante cose insieme che non c’era spazio perché il mio corpo mi implorasse di concedergli una pausa.

    «O la va o la spacca» borbottai, avvicinandomi alla porta, e poi mi bloccai.

    Mi si rizzarono i peli in tutto il corpo e il senso di disagio aumentò al punto da rendermi difficile deglutire. Non avendo idea di cosa aspettarmi, aprii il pesante portone ed entrai in quell’edificio costruito almeno due secoli prima. Una scarica immediata di elettricità mi danzò sulla pelle, come per avvertirmi che… ero in un posto dove non dovevo stare.

    Già per la figlia di un angelo normale era una cosa proibitissima, per quella di un Arcangelo poi… anche se in sostanza ero stata creata per combattere per tutte le forze celesti. Non c’era da stupirsi che ogni mio istinto mi intimasse di girare i tacchi e andarmene.

    Ma io non lo feci.

    I muscoli mi si contrassero quando una porticina alla mia destra si aprì con un cigolio. Ne uscì un giovane prete con una tonaca bianca bordata di rosso.

    Mi indicò con la testa. «Di qua, prego.»

    A quanto pareva, ero attesa e non sapevo se essere grata o terrorizzata, ma mi incamminai. In silenzio, seguii il prete lungo un corridoio stretto. Mentre procedevamo, lui si fermava ogni paio di metri per accendere le candele. Se non l’avesse fatto, probabilmente mi sarei schiantata contro un muro.

    A sorvegliare l’ingresso della navata principale c’era una statua di san Brandano il Navigatore. In una mano aveva una barca, nell’altra un bastone. Di fronte a lui c’era santa Brigida, con una mano sul cuore.

    Ebbi l’inquietante sensazione che le statue mi osservassero mentre il prete mi guidava verso la zona dell’altare. I miei passi si fecero incerti quando gli occhi cominciarono a ricostruire ciò che avevo davanti.

    C’erano quattro angeli di pietra inginocchiati a terra, con le ali ripiegate all’indietro. Tenevano in mano dei catini di quella che immaginai fosse acqua santa, visto che dubitavo che fossero lì per raccogliere la pioggia o altro.

    Il prete si spostò da una parte e mi fece cenno di proseguire. Avanzai con il cuore in gola. Proprio davanti a me, sopra l’altare maggiore, era appesa una croce di quattro metri con sopra sia Gesù crocifisso, sia Gesù risorto.

    Una brezza gelida mi colpì; quando espirai, il fiato si condensò in nuvolette. Era… strano. Così come l’intenso profumo di sandalo portato dall’aria fredda. Mi girai e vidi che il prete non c’era più. Era scomparso.

    Fantastico.

    Non volevo essere blasfema, ma quello non era un posto dove restavo volentieri da sola. Feci per superare gli angeli di pietra…

    Ma loro, all’unisono, sollevarono la testa china e tesero i catini verso l’esterno.

    Oh mio Dio, ecco pronta una bella secchiata di incubi. Con lo stomaco che mi sprofondava, cercai di resistere all’istinto di correre via lungo il corridoio mentre le pietre stridevano l’una contro l’altra. Uno degli angeli spostò lentamente il braccio dal catino e indicò un punto a destra dell’altare. Scossa dai brividi, mi girai lentamente.

    Mi sfuggì un gemito.

    Davanti all’altare c’era una figura con addosso una sorta di tunica bianca e dei pantaloni che di certo non si potevano comprare su Amazon. Il suo contorno sembrò brillare mentre lui prendeva forma corporea. Dalle punte dei riccioli biondi, quasi bianchi, fino ai piedi scalzi, era la cosa più bella che avessi mai visto.

    Aprii la bocca per parlare, ma poi lui dispiegò le ali, che misuravano almeno due metri e mezzo per parte. Erano così bianche e luminose che scintillavano alla luce fioca. Si muovevano senza fare alcun rumore, ma la loro potenza faceva vibrare l’aria e mi sparava indietro i capelli anche se eravamo a un paio di metri di distanza. Strinsi gli occhi e mi protesi in avanti. Cosa c’era sulle punte delle ali? Qualcosa…

    Oddio.

    C’erano degli occhi. Centinaia di occhi!

    Mi si accapponò la pelle; riportai lo sguardo sul suo viso, ma dovetti distoglierlo subito. Era una sofferenza: la purezza del suo splendore mi penetrava sotto la pelle, accendendo un riflettore su qualsiasi pensiero cupo avessi mai avuto.

    Sapevo cos’era… che tipo di angelo era.

    Un Trono.

    Guardarli significava mettere a nudo tutti i propri segreti ed essere giudicati per ciascuno di essi. E lui in quel momento mi stava giudicando. Ogni dettaglio del suo atteggiamento, dal modo in cui piegava la testa da un lato a quello in cui i suoi occhi azzurro acceso mi penetravano attraverso la pelle e la carne, mi diceva che lui vedeva tutto.

    E non ne era contento.

    C’era la morte nei suoi occhi di cristallo. Non nel senso di passare alla prossima fase della vita o trovarsi davanti alle porte del paradiso, ma il vuoto immenso della morte definitiva… la morte dell’anima.

    Inspirai a fondo e feci per parlare.

    L’angelo aprì la bocca.

    Uno squillo assordante fece tremare le vetrate colorate e le panche, raggiungendo un’ottava che nessun umano poteva produrre o tollerare. Mi piegai in due, tappandomi le orecchie. Era come se mille trombe squillassero insieme, facendomi tremare anche le ossa. Il suono riecheggiò intorno all’altare, rimbalzandomi sul cranio, finché non fui certa che la mia testa sarebbe esplosa. Qualcosa di caldo e bagnato mi colò dalle orecchie, lungo le mani.

    Quando credetti di non farcela più, il suono cessò.

    Tremando tutta, abbassai le mani insanguinate e sollevai la testa. L’angelo mi guardava senza alcuna traccia di pietà mentre le sue ali continuavano a muoversi senza rumore.

    «È stato proprio speciale» gracchiai.

    Lui non disse nulla e il silenzio si fece intollerabile.

    «Mi hai convocata qui» dissi, preparandomi a un altro grido ultraterreno. Non ce ne fu nessuno. Né tantomeno una risposta. «Hai detto che era l’unico modo per aiutare Zayne.»

    Ancora niente.

    Allora persi il controllo. Tutto il dolore, la paura, il lutto e anche la gioia di rivedere Zayne mi travolsero. «Hai parlato nella mia mente, vero? Mi hai detto di venire da te.»

    Silenzio.

    «Non mi senti? Il tuo stesso grido ti ha perforato i timpani? Oppure lo trovi divertente? È così? Il fatto che Gabriel stia cercando di mettere fine a questo mondo e al paradiso non ti divertiva abbastanza? Maledetto!» gridai, fino a farmi bruciare la gola. «Va bene. Vuoi restartene lì a fissarmi? Posso farlo anch’io. Ancora meglio, posso uscire e cominciare a dire a tutti quelli che incontro che gli angeli esistono. Posso dimostrarlo. Mi basta sfoderare la grazia. Poi posso presentarli a qualche demone e quando avrò finito…»

    «Non sarà necessario.» Parlò con una voce profondamente musicale e infinitamente gentile, ma senza traccia di umanità.

    Era così in contrasto con se stessa che trasalii. «Sei qui per lui, quello che è morto per proteggerti.»

    Trasalii di nuovo. «Sì. Ma è vivo.»

    «Lo so.»

    «C’è qualcosa che non va in lui.»

    «Ovviamente.»

    Un tremito mi travolse tutta. «Cosa gli è successo? Come ha fatto a tornare sulla terra?»

    Il Trono piegò la testa da un lato. «Venire in tuo soccorso è stato un atto di altruismo e di sacrificio. L’ha fatto mosso dall’amore più puro. È stato riportato alla sua Antica Gloria.»

    «Antica Gloria?» Non sapevo proprio di cosa stesse parlando.

    Il Trono annuì. «Ma lui ha scelto te. Ha scelto di Cadere.»

    2

    Quando cominciai ad afferrare ciò che stava dicendo il Trono, mi sembrò che la chiesa si mettesse a vorticare. Non aveva senso, ma sapevo cosa intendeva l’angelo dicendo che Zayne era Caduto. Sapevo cosa intendeva Zayne quando mi aveva detto la stessa cosa.

    Quello che non capivo era come fosse possibile.

    Dovetti fare diversi respiri profondi per calmarmi prima di riuscire a parlare di nuovo. «Zayne era un Guardiano ed era il mio Difensore. Come ha fatto a Cadere se non è mai stato un angelo?»

    Le ali del Trono si sollevarono e si riabbassarono. «Cosa credi che fossero i Guardiani prima di essere rinchiusi nella pietra? Pensavi che il Creatore li avesse plasmati perché si annoiava?»

    Mi accigliai. Sì, era esattamente quello che pensavo.

    «No. Dio non si stava semplicemente annoiando. Quelli che chiamate Guardiani una volta erano i protettori degli uomini, dei grandi protettori, ma poi hanno fallito. Hanno ceduto al richiamo del peccato e dei vizi. Sono Caduti.»

    «Non capisco. Mi hanno detto…»

    «Che i Guardiani hanno cancellato gli Angeli Caduti dalla faccia della terra?» Fece un sorrisino debole. «Hanno riscritto la loro storia. Come dar loro torto? Volevano nascondere la vergogna.» Scese dall’altare, facendomi irrigidire. «Hanno seppellito le loro azioni così in profondità che tantissime generazioni sono nate e salite in paradiso senza mai conoscere il loro vero passato. Ad alcuni di coloro che erano Caduti, gli Arcangeli e gli Alfa strapparono le ali e la grazia. Altri scapparono all’inferno. Ma quelli che non erano fuggiti e avevano ammesso i loro peccati ricevettero la loro punizione. Furono tumulati nella pietra.»

    «Vivi?» sussurrai.

    «Diventarono un monito del fatto che il male è ovunque e nessuno vi è immune, neanche gli angeli di Dio.»

    «Diventarono i primi gargoyle di pietra.» Inspirai rapidamente, orripilata dall’idea che qualcuno fosse stato imprigionato così. «Quanto tempo fa?»

    «Secoli» rispose il Trono, alzando le spalle.

    Rimasi a bocca aperta. Intrappolati nella pietra per secoli? Come avevano fatto a uscirne sani di mente?

    «Ma con l’aumento della popolazione demoniaca, Dio intervenne e gli Alfa offrirono una scelta ad alcuni dei tumulati: essere liberati per combattere i demoni e proteggere gli uomini, oppure rimanere bloccati nella pietra.»

    Non mi pareva né una grande scelta, né una grande libertà, ma cosa ne sapevo io?

    «Coloro che accettarono la proposta divennero i primi Guardiani; la loro forma di pietra sarebbe servita da monito e quella umana avrebbe permesso loro di mescolarsi agli umani. Non riottennero la grazia, perciò non c’era rischio che si ribellassero; così poterono creare una progenie che avrebbe continuato a proteggere l’umanità e a eseguire la volontà di Dio» spiegò il Trono. «Ecco chi sono davvero i Guardiani.»

    All’improvviso mi tornò in mente quello che mi aveva detto il Principe degli Inferi il giorno in cui eravamo andati dalla congrega a riprendere il suo famiglio, Bambi. Per fortuna i Guardiani hanno sterminato gli Angeli Caduti secoli fa, eh? Poi Roth aveva ridacchiato come se avesse saputo qualcosa di cui io non ero a conoscenza. Roth lo sapeva! Ecco perché faceva sempre commenti sarcastici sui Guardiani.

    «Un attimo. E quelli che non accettarono la proposta? O a cui non è fu offerta una scelta?» chiesi. «A loro cosa successe?»

    «Conosci già la risposta.»

    Inspirai bruscamente. La conoscevo, solo che speravo che non fosse vera. «Sono ancora tumulati.»

    «Esatto.»

    Oddio.

    Il Trono mi osservava. «E poi, quando un Guardiano muore, va incontro al giudizio. O viene condotto alla pace eterna, o gli viene restituita la Gloria. Per rinascere com’era un tempo.»

    Scoprire le origini dei Guardiani era sconvolgente e io avevo un sacco di domande. Tipo, come diavolo avevano fatto i demoni a tenerlo segreto? Se Roth conosceva la verità, e ci avrei scommesso, allora dovevano conoscerla anche altri. Ma in quel momento contava solo Zayne. «Perciò quando dici che l’hanno riportato alla sua Antica Gloria, intendi che l’hanno trasformato in… un angelo?»

    Lui annuì.

    «Zayne aveva le ali, delle grosse ali morbide da angelo, e aveva la grazia. Un sacco. Non credevo che gli Angeli Caduti avessero le ali e la grazia.» Così mi avevano sempre ripetuto, e l’aveva detto persino Roth. Solo Lucifero aveva ancora le ali e la grazia, perché era stato cacciato prima che Dio si rendesse conto che sarebbe stato necessario togliergliele.

    «Non a tutti è concessa la redenzione. Solo coloro che ne sono davvero degni o che vengono considerati utili riottengono la grazia e le ali. Lui è stato scelto» ripeté il Trono. «È stato riportato alla sua Antica Gloria.»

    Aprii la bocca, ma non trovai le parole: stavo finalmente metabolizzando la verità. Zayne era diventato un angelo, un angelo vero e proprio, e poi era Caduto…

    Come aveva potuto farlo?

    Volevo tornare là fuori, trovarlo e tirargli uno schiaffone in faccia. Non perché non apprezzassi la cosa. Volevo riavere Zayne ed ero pronta ad andare dal Triste Mietitore per vedere cosa riuscivo a ottenere, ma lui era diventato un angelo del paradiso, cavoli. Spesso gli angeli erano praticamente inutili nel disegno generale, ma erano comunque angeli. Non avevo idea di come ci si sentisse ad avere sangue angelico al cento per cento, ma doveva essere fantastico. Doveva essere come… tornare a casa.

    Non l’avrei mai privato di una cosa del genere. Mi sentivo soffocare dall’emozione, gli occhi mi bruciavano. Distolsi lo sguardo, stringendo le labbra. Come potevano essermi rimaste delle lacrime dopo che avevo pianto così tanto? E lui come aveva potuto fare una cosa del genere? Rivederlo era stato un sogno che si avverava, ma a che prezzo? Zayne… era Caduto per me, eppure sembrava che non avesse idea di chi fossi.

    «Avresti ragione a piangere» disse piano l’angelo.

    Mi girai di scatto verso di lui. Nella voce e nel sorriso del Trono c’era una tristezza che mi sconvolse. Avevo sempre pensato che gli angeli fossero privi di emozioni, ma quelle che percepivo nelle sue parole erano reali.

    «Zayne aveva raggiunto un traguardo a cui pochissimi arrivano da soli» disse. «Se fossi stato in lui, sarei rimasto in paradiso. Avrei aiutato a garantire che il cielo non fosse più accessibile, bloccando le porte prima che potesse entrare anche una sola altra anima corrotta.»

    «Bloccando le porte?» Battei le palpebre per scacciare le lacrime.

    Il Trono annuì. «Molti di noi pensano che questo mondo» disse, allargando le braccia, «sia ormai una causa persa. Che non ci sia modo di fermare Gabriel e che il massimo che possiamo fare sia di impedire alla sua corruzione di raggiungerci.»

    Lo fissai esterrefatta. «Praticamente volete mettere il paradiso in quarantena perché non venga in contatto con la terra?»

    «Però sono qui» rispose lui, come se quello bastasse a compensare l’esistenza di angeli che in sostanza si lavavano le mani di Gabriel, un disastro che loro stessi avevano creato.

    L’unica cosa che poteva distrarmi dal fatto che gli angeli fossero davvero esasperanti fu ciò che disse subito dopo.

    «A Zayne sono state offerte diverse scelte. Poteva avere la pace eterna. Poteva rinascere e restare in paradiso a fare la guardia alle porte celesti. Poteva allenarsi con i nostri eserciti per la battaglia finale che avrà luogo a prescindere da cosa riuscirà a ottenere Gabriel. Poteva decidere di tornare sulla terra al momento giusto, quando ci sarebbe stato più bisogno di lui. E invece ha scelto di tornare da te, di combattere al tuo fianco ora e sempre, anche se l’abbiamo avvertito che se fosse tornato subito, sarebbe Caduto.» Fece una risatina rapida che suonò come il vento tra le montagne. «Anche se non avesse dichiarato ciò che voleva con tanto fervore o se non gli avessimo offerto queste scelte, sapevamo che avrebbe trovato un modo per tornare da te.»

    E non era quello che mi aveva promesso? Che avrebbe trovato il modo di tornare da me, a qualsiasi costo.

    «Così è Caduto, e gli Angeli Caduti, una volta che restano bloccati sulla terra, possono essere privati delle ali e della grazia» spiegò il Trono. «Nessun angelo in grado di farlo tenterebbe una cosa del genere di questi tempi.» Ci fu una pausa. «E poi speravamo che anche come Caduto rimanesse… utile alla nostra causa. Che restasse colui che era, nel suo cuore, e ci aiutasse a sconfiggere Gabriel. L’abbiamo avvertito che rischiava di bruciarsi al rientro.»

    «Cosa significa esattamente? Bruciarsi al rientro?»

    «Quando è Caduto, ha perso la sua Gloria ed è stato esposto al peggio dell’anima umana. Avarizia. Lussuria. Gola. Accidia. Superbia…»

    «Ira. Invidia. Ho capito» lo interruppi; e se non avessi affrontato Gabriel e mio padre non fosse stato l’Arcangelo Mikhael in persona, forse lo sguardo che mi lanciò il Trono mi avrebbe intimidita. «Ha detto che percepiva troppe cose. È stato come se… non so. Pareva che sentisse qualcosa di familiare in me, ma che

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