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I colori del volo
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I colori del volo
E-book118 pagine1 ora

I colori del volo

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Info su questo ebook

Quattro storie del vivere e morire quotidiani
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2022
ISBN9791220385114
I colori del volo

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    Anteprima del libro

    I colori del volo - Augusto Galli

    VERDE

    Undici anni, ricevetti un libro, piansi dalla rabbia. Avevo strombazzato agli amici l’arrivo sicuro della pistola di plastica che schizza acqua. E loro erano rimasti male: a lui suo padre compra tutto quello che chiede..

    Adesso cosa racconto, che l’acqua viene sparata da un libro? La geografia per ragazzi, una beffa fin dal titolo.

    Me lo sono ricordato mentre lucidavo gli occhi in libreria, pregustando di poter liberamente acquistare volumi dalle costole invitanti: Lorca, Prévert, Eluard.

    Mio padre era fatto così, prendere o lasciare. Gentile, non alzava mai la voce tranne per commentare le partite di calcio. Ma imprevedibile. Una volta (mia madre lo raccontava quando avevamo ospiti) s’era presentato a casa con una capra. Al guinzaglio. Un particolare aveva caricato l’episodio di un alone leggendario: la bestia era trascinata dalla cintura dei pantaloni di papà.

    Qualcuno, o qualche sua lettura, l’aveva folgorato circa le straordinarie qualità del latte di capra: cosa di meglio per i suoi quattro ragazzi?

    - E questa di dove arriva?

    - Me l’hanno prestata.

    - Enzo, ti prego.

    - Davvero, il pastore ha detto che posso tenerla fino al suo prossimo passaggio da queste parti.

    Come spiegò, con tutti i particolari, alla periferia della città accampava circa ogni sei mesi un gregge che usufruiva di spazi pubblici su cui crescevano erbacce di ogni genere.

    - Ma ti rendi conto, Eliana, il comune riceve una rasatura gratuita di quei campi incolti, il pastore pranzo e cena per gli animali: semplice e geniale.

    Mio padre riusciva ad entusiasmarsi per simili cose. Lo affascinava il baratto in tutte le sue manifestazioni. Aveva scambiato un soprabito della mamma con un aspirapolvere successivamente risultato rubato.

    Ogni proprietà è furto, aveva sorvolato a conclusione della vicenda, quando la denuncia per ricettazione era stata archiviata grazie alle conoscenze di suo cognato.

    La capra fu alloggiata in giardino, da cui presto scomparve ogni traccia di verde compresi begonie e gerani che mamma aveva fatto crescere sino a trasformarli in colorati laghetti vegetali.

    Quanto al latte non se ne cavò una goccia: un vicino perspicace spiegò a mio padre che in realtà si trattava di un capro.

    Vuol dire, esclamò allegramente, che al ritorno del pastore lo scambierò con due pecore.

    A questo punto la mamma interrompeva il racconto, per cui non era possibile sapere se questa fantastica opportunità avesse avuto un seguito.

    Sulla pistola ad acqua, tuttavia, si era impegnato. O almeno così mi sembrava, avendo detto: Sto per farti un regalo che ti piacerà moltissimo. Da collegare al fatto che una settimana prima, giunti davanti alla vetrina dove l’oggetto delle meraviglie era esposto, avevo sospirato con aria sognante: Quanto mi piacerebbe averla.. .

    Invece, il libro di geografia. La materia che ho sempre bistrattato. Avevo scandalizzato una professoressa sostenendo con convinzione che il Mar Nero si trova in Africa dove tutti, appunto, sono neri.

    Proprio vero che le colpe dei nonni ricadono sui nipoti: per il compleanno di mia figlia, dieci anni, le ho regalato un dizionario. Mi ha guardato perplessa. Poi ha ringraziato con la compostezza di un’estranea.

    Qualche volta mi chiedo se non lo sia veramente. Almeno per me. Trascorre ore intere a ridacchiare con sua madre, un occhio alla televisione l’altro al settimanale di pettegolezzi. Parlano una lingua che mi è sconosciuta, se mi avvicino troppo cessano bruscamente e mi fissano con aria interrogativa.

    La domenica escono insieme per andare in chiesa. Vestite quasi fossero attese ad un ricevimento di gala. Da un anno a questa parte discorrono con grande disinvoltura di cosmetici e profumi, qualche volta mia figlia pigola giudizi che la mamma accoglie con attenzione.

    Avrei voluto un maschio, o anche un maschio. In proposito mia moglie è stata categorica: Dal secondo in avanti te li fai da solo.

    Naturalmente sono stato contentissimo della bimba: mi sarebbe piaciuto chiamarla Carla, come una mia prozia che viveva in campagna e preparava marmellate strepitose.

    Di comune accordo, così almeno sostiene la mia dolce metà, abbiamo deciso per Allegra.

    - E’ quando fosse triste? , avevo obiettato debolmente.

    - Perché dovrebbe?, ha tutto: una casa, due genitori meravigliosi, la salute.

    Mia moglie è persona che, come si riconosce da sola, pensa ‘ positivo ’. Tanto da conoscere, ancor prima che nostra figlia nascesse, il suo futuro stato di salute.

    Credo sia stato l’essere accomunato a lei nell’aggettivo meraviglioso ad avermi convinto. Perciò è e rimane: Allegra.

    Abbiamo proceduto a tutti i controlli e gli esami che la moderna scienza medica ha escogitato per tranquillizzare le signore in gravidanza e disorientare i mariti. Così il ginecologo è diventato il nume tutelare che ha vegliato su di noi, incombendo con la sua presenza in ogni momento, anche il più intimo.

    Il ginecologo ha detto.., ecco la frase capace di bloccare all’istante qualsiasi mia velleità amatoria, facendomi ripiegare sulla lettura di un libro giallo.

    Quando abbiamo saputo che si trattava di una femmina mia moglie si è commossa, a me è rimasto un po’ di amaro in bocca.

    - Non sei contento?

    - Tantissimo.

    Mentivo.

    Sono cresciuto con tre fratelli: ce le davamo di santa ragione appena possibile, per allenarci a formare una squadra. In cui uno doveva necessariamente comandare, gli altri ubbidire. Il problema era che nessuno voleva far parte del trio perdente.

    Ma dividevamo tutto in parti uguali: le punizioni che la mamma studiava appositamente per noi, e i regali di papà.

    Il libro di geografia, ad esempio, venne smembrato in modo che ciascuno potesse prendere i fogli con le immagini preferite. Ricordo che la foto di una indiana piuttosto discinta scatenò una lite furibonda tra i due maggiori.

    Il carillon con la damina inseguita da un azzimato gentiluomo non fu possibile squartarlo: venne collocato sopra la cassettiera dove erano ammucchiate le nostre biancherie, considerata zona franca. Quello di noi che fosse uscito momentaneo vincitore da uno degli usuali corpo a corpo ne avrebbe caricato la molla.

    I due più giovani apprendevano dagli anziani tutto ciò che era necessario sapere circa le femmine, i modi per non farsi interrogare a scuola, i vestiti assolutamente da evitare. La mamma, dopo averci rincorsi per la dose giornaliera di manici di scopa sulla schiena, apparecchiava mastodontiche merende che avrebbero sfamato un esercito. Papà si compiaceva del nostro appetito, sostenendo che la masturbazione deve essere compensata da bilanciati apporti calorici. I due maggiori conoscevano l’argomento, noi piccoli aguzzavamo le orecchie.

    Sposandomi, credevo che avrei trasmesso questi riti ad uno o più figli maschi, dei quali mi figuravo sarei stato amico e complice.

    Con Allegra capii fin da subito che questo non sarebbe stato possibile. Quando finsi di fare la lotta con lei sul divano mi piantò i dentini taglienti sul dorso della mano, quindi, all’apparire della madre, scoppiò in pianto accusandomi di averla picchiata. Mia moglie non mi rivolse la parola per una settimana.

    Dopo, notai che non mi lasciava più solo con la bambina, adducendo scuse ridicole.

    Sono convinto che ragazzi e ragazze di dieci anni o giù di lì debbano avere un dizionario: scatena la loro fantasia, appagandone la naturale curiosità. Noi fratelli lo avevamo: era in dotazione alla nostra stanza, lo si consultava per il significato delle parole ‘sporche’ che raccoglievamo in giro come golosi frutti proibiti. Il più anziano dava puntuale lettura di quanto dichiarava quel pozzo di scienza. Così, di scoperta in scoperta, apprendevamo anche ortografia e sintassi della lingua, rimpolpando gli scarsi apprendimenti scolastici.

    Perché una femmina non dovrebbe fare altrettanto? Sono corso ai ripari acquistandole l’utile oggetto. Ho scoperto in seguito che il dizionario era finito a fare da basamento alla casa delle bambole. Per giunta coperto di carta velina rosa. Cosa che mia moglie ha trovato molto ‘carina‘.

    Mi sono sposato per ultimo, il che ha impedito ai miei genitori di conoscere la bambina. Ne sarebbero stati entusiasti dopo sette nipoti maschi.

    Nel corso dell’unica riunione annuale che raccoglie noi quattro fratelli e rispettive famiglie, zii e zie si contendono l’attenzione di Allegra che, consapevole, li manovra a suo piacimento. I cugini la ignorano avendo capito di non poterla menare.

    Li osservo stravaccati in terra che giocano con mostri di plastica e metallo: si spintonano e barano esattamente come facevamo noi in altri tempi.

    Mia figlia, invece, è la rappresentazione vivente del garbo e della compostezza: ben diritta contro lo schienale della sedia, le mani poggiate sulla tavola, attende l’assalto dei parenti con calma beatitudine. Scambia, ogni tanto, un fugace sguardo con la madre che, altrettanto rapidamente, annuisce.

    Può un padre odiare sua figlia?

    Non ci fu mai dato sapere quali reali sentimenti nutrisse nostro padre verso di noi.

    Era prodigo di sentenze e

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