Lo specchio tra i mondi
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Accanto a questi personaggi, e alla struttura evanescente e onirica in cui si muovono, prende vita tutto un caleidoscopio di situazioni e immagini, di figure forse solo sognate, donne adorate e invisibili, mostri delle profondità, comandanti superstiziosi, funzionari ambigui, organi di controllo invadenti quanto maldestri, mondi paralleli e oscuri, confraternite che emergono da un remoto passato o dai regni sotterranei di un pianeta lontano.
L’autore, già studioso di filosofia ed esoterismo, racconta di una ricerca che si spinge verso il più ambizioso di tutti i passaggi, quello alla ricerca della Vita, alla ricerca dell’Amata.
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Anteprima del libro
Lo specchio tra i mondi - Ottavio Plini
SImbolI & MItI
OTTAVIO PLINI
LO SPECCHIO
TRA I MONDI
Edizioni Aurora Boreale
Titolo: Lo specchio tra i mondi
Autore: Ottavio Plini
Collana: Simboli & Miti
Con prefazione di Nicola Bizzi
ISBN versione e-book: 979-12-80130-25-9
In copertina:
Vaclav K. Killer: Pillars of Hercules, 2020
Edizioni Aurora Boreale
© 2022 Edizioni Aurora Boreale
Via del Fiordaliso 14 - 59100 Prato - Italia
edizioniauroraboreale@gmail.com
www.auroraboreale-edizioni.com
CAPITOLO I - LA VIA DI ANDERVEGHE
Tra le infinite sfumature di colori della tavolozza, un giorno l’osservatore si soffermò sul rosa, e pensò che quella vibrazione gli parlasse di qualcosa di bello.
Ma prima di spiegare tutto ciò, non si potrà non accennare all’entusiastica idea del mio veramente adorato amico Wilhelm Anderveghe: di origine tedesca, come si può intuire, ma non aveva un’aria molto crucca, così si era affermata la consuetudine di chiamarlo Guilem, un po’ come Guillam la spia di Le Carré, che ha una bizzarra e sinistra assonanza con Guillaume. Bene, in fondo Anderveghe era anche un po’ una spia, agente segreto, a modo suo s’intende. In tutto era a modo suo
: con la sua figura solenne sembrava avesse così poco da condividere con il resto della folla umana, eppure non smetteva di pensarci.
Meditava sulle sue, sulle nostre sorti, piombava a volte per lungo tempo nei suoi studi, a svolgere valutazioni, elaborare strategie… Anche, col tempo, evolvendo nella possibilità di entrare in contatto con particolari forme di energia, così si raccontava.
Egli ora è morto, nella sapienza, nel giusto, immagine vivente dello splendore della Ragione umana. La figlia, ancora giovane, anima meravigliosa, lo ha pianto amara (la moglie di lui e madre di lei, per cui sembra che lui avesse perso la testa anni prima in Toscana, era scomparsa ormai da tempo). E a molti si è spezzato il cuore, come doveva essere successo a lui tantissimo tempo prima, quando qualcosa lo aveva sprofondato nelle sue disperate ricerche.
Ma da non molto tempo sembrava aver ritrovato un entusiasmo travolgente, quando era uscito da uno di quei periodi di chiusura in cui si cullava assorto ogni tanto, soprattutto da quando era rimasto vedovo, ed organizzò una festa sontuosa nella sua tenuta campagnola.
E prego il lettore di perdonare una certa mia tendenza all’enfasi, di cui mi accorgo rileggendo: ma non era, e ancor meno lo sarebbe stato in seguito, del tutto sconosciuto il legame speciale tra me e Guilem.
Per riprendere il filo del discorso, c’era, in quel tempo, qualcosa di terribile nell’aria, e Anderveghe radunò noi gentiluomini per discuterne.
Attraverso la sua dimora quel giorno circolavano anche figure più dubbie, come Margherita, che aveva appena tradotto in Tedesco un saggio sui Samurai, e tutti si chiedevano a chi interessasse e che diavolo ci facesse lì. A quanto sapevo, Margherita era una studiosa colta, ma mi aspettavo un contributo più considerevole da parte sua.
Forse siamo in cerca dei Ronin, i Samurai senza padrone, che vagano finché non ne trovano uno, e si uniscono alla sua causa, che ne pensi Dario della mia intuizione?
ironizzava il mio amico Gellato.
Fortunatamente, Margherita sembrava distratta da un regista, a una prima occhiata suo spasimante, che intendeva girare con lei un documentario sugli strani funghi che crescevano intorno alla tenuta magica di Anderveghe, e di cui quest’ultimo credo non si fosse mai occupato.
Prima di accedere alla riunione feci subito presente a me stesso quanto mi considerassi tra gli sconfitti in questa vita, da questa vita, e se ero sopravvissuto tanto a lungo nonostante più di un acciacco sarebbe stato per portare testimonianza della mia fragilità e sconfitta, così come di tutte le fragilità nel mondo. Era in fondo, avevo sempre pensato, un delicato piacere ammettere la propria sconfitta in questa vita, deporre le armi, lasciarsi andare; dunque, non avevo granché di che lamentarmi, ma indulgevo in quel decadente atteggiamento rilassato. Avevo trovato gioia in questo pensiero di mettermi dalla parte della fragilità, e lo dissi.
Feci anche presente che non ha senso un discorso, su cui molti si accalorano, del tipo: lasciare il mondo un posto migliore rispetto a come lo abbiamo trovato.
Il fatto è che, spiegavo, l’Uomo stesso, quando cade imprigionato in questa natura materiale, la migliora avvolgendola di un senso. Ed è quando sacralizza la Natura (le tante degenerazioni neo-pagane, ma anche l’accettazione cristiana delle crudeltà della Natura come Voluntas Dei) che nell’Uomo sorge il Male.
CAPITOLO II - RIUNIONE
Sono spiacente, ma per volere di Anderveghe nessun partecipante sarebbe autorizzato a divulgare in qualsiasi forma i contenuti discussi nel corso della riunione.
Se il lettore vi presterà un momento attenzione, ciò rende il presente capitolo incommensurabile, poiché nella riunione avremmo potuto trattare della natura dell’Infinito o dello Zero, e io avrei potuto diffondermi in proposito, all’interno di questo capitolo per l’appunto, per nulla o fino all’Infinito; ciò che rende questo capitolo tendente a Infinito. Infatti, possono esistere tanti Infiniti, e la loro natura non è data da una loro estensione infinita, ma dalla densità (da densità maggiori o minori abbiamo infiniti maggiori o minori). Se avessimo trattato esaustivamente dell’Infinito, e io avessi potuto riferirne nel presente capitolo, questo capitolo avrebbe teso verso un Infinito a scarsa densità?
CAPITOLO III - UN EPISODIO INCRESCIOSO
La mattina dopo, svegliatomi di buon ora, leggevo un articolo dedicato a me, secondo cui una costante delle opere dello scrittore Dario Mastrotrenta, tra le più fantasiose e contorte del panorama contemporaneo (evidenziai quel passaggio), era che da un momento all’altro sembrasse realizzarsi il sogno d’amore, mentre poi la storia virava bruscamente, e il protagonista, già segnato nell’anima dall’intrusione di magiche forze nella sfera del tangibile, si perdesse in un labirinto di oscuri poteri alieni e metafisici.
Davvero c’era scritto così, o ero ancora in uno stato di dormiveglia?
Comunque, pensavo di dover evitare che quella divenisse maniera, e questa volta le misteriose entità erano forse già in mezzo a noi, poteri occulti che si riunivano in stanze poco illuminate e decretavano le sorti del protagonista e di tutti gli altri personaggi. E non ci sarebbe stato di che divertirsi, magari il protagonista sarebbe finito alla mercé di un depravato ragazzino biondo dell’Est-Europa che lo avrebbe seviziato tutto il giorno mentre la sorella lo avrebbe costretto a pulire casa durante la notte…
Lo scrittore, che credevo di essere io, si stava riaddormentando, e prese a sognare.
L’ambiente dove si riuniscono gli esponenti dei poteri occulti è scuro ma sontuoso, i partecipanti parlano a turno, come ad una conferenza, lo scrittore si sta annoiando, e lo dice alla sua bionda guida.
Lei fa allora sparire quella grande aula segreta, e al suo posto compare un bellissimo giardino dove soffia un vento di paradiso mentre si approssima il crepuscolo.
Nel giardino lo scrittore incontra una ragazza che ha conosciuto anni prima in università (o almeno così credeva di ricordare), gli sfugge il nome, allora lei glielo ricorda, con una semplice iniziale, la V: lo scrittore pare soddisfatto così. Ha splendenti capelli rossi e occhi castani, un viso un po’ lentigginoso, una figura un po’ eterea, che allo scrittore piaceva oltremodo. Ma, dopo essersi frequentati per un breve periodo, lui e V dovevano via via aver perso i contatti; perché diamine avevano perso i contatti? Sì, V era fantastica…
Lo scrittore e V giocano un po’ in quel giardino, poi, mentre si fa sempre più buio, fanno per smettere. Lo scrittore le si avvicina, tentenna, poi prova a chiederle perché si siano allontanati, senza aver certamente litigato, e se non possano riavvicinarsi: lei risponde, sempre gentilmente, ma con una convinzione tale che persuade anche lo scrittore, che sono troppo diversi, sì troppo diversi... Poi non la si vede più.
Dopo che lei se ne è andata viene raggiunto da Gustav Mahler, tutto contento, che cordialmente si complimenta per i suoi scritti (ma lo scrittore non aveva infatti pubblicato un saggio su di lui? O fantasticava di averlo fatto?), e tira fuori tutto un discorso in cui asserisce di comprendere la passione spirituale che si prova mentre si scrive: non c’è nulla di più appassionante dell’estasi creativa, creare un mondo, ispirati da forze superiori, e vederlo crescere tra le proprie mani; Gustav lo sa bene, ovviamente.
Lo invita a scendere un po’ rispetto al giardino, fino alla riva di un lago, dove attacca il terzo e poi il quarto movimento della Terza Sinfonia del grande compositore.
Non si sa per quanto la musica vada avanti, anche perché ad un certo punto non si vede più niente, tutto si sta assorbendo in quella musica.
Certo, Dario ne è sempre più convinto, che fortuna esser diventato scrittore! Ma deve dedicarvisi con devozione sacerdotale, sacrificarvisi, ministro della liturgia delle parole, si sentiva pronto…
Ahi, questo slancio di estasi spirituale viene interrotto dall’irruzione di un seccatore: anche Nietzsche vuol dire la sua (o forse è stato richiamato dalla musica, in cui viene cantato un pezzo dal suo Zarathustra), e anche lui racconta la sua esperienza. Per alcuni anni fu malato fino a impazzire, ma non poteva fare a meno di scrivere, scrivere ancora.
Tutti assicurano a Nietzsche che la faccenda è magnifica, sì magnifica, mentre l’eterea bionda guida viene a cercare lo scrittore infuriata: è tardi, lei è stanca, bisogna rientrare a casa! Di corsa!
Dario non può che darle ragione, scusandosi, così tornano al castello di prima, dove l’aula per la riunione dei poteri occulti si è trasformata nell’Assemblea rivoluzionaria presieduta da Robespierre – già malaticcio, fatica ormai a controllare la situazione, a controllare i suoi, a controllare i più sanguinari, gli stessi che lo faranno cadere… povero Maximilien, si deve anche a lui se gli alti ideali della Rivoluzione non finirono sopraffatti dai nemici esterni e interni. Ma è comunque più divertente, pensa lo scrittore, sfuggendo alle grinfie della sua pallida guida, andare a esplorare il cortile.
È notte fonda, non è rimasto più nulla con cui trastullarsi, quando ecco riapparire V: splendente misteriosa fanciulla che ha deciso crudelmente di velargli la propria identità, e allontanarsi da lui… Ma erano troppo diversi, effettivamente.
O no, lei ora gli spiega di essersi sbagliata, e che sono più simili di quanto pensasse, lo ha capito dai suoi libri, i suoi libri che le sono parsi un inno a lei – un inno a V?? Ma lo scrittore annuisce, naturale che lo fossero, lo sono sempre stati, e lui si era sempre ispirato a lei… Ed ella continua, stupenda e leggiadra, senza farlo finire: si è resa conto del talento di lui, e dell’adorazione che lei avrebbe fin da subito potuto provare per lui… La notte sublime trascorre in compagnia di V, il confine tra l’Io e il non-Io si dissolve nella straripante estasi delle forme indistinte, nell’eterno aldilà delle cose, mentre si sollevano verso una stella lontana nello spazio profondo.
Risvegliatomi dalle mie fantasticherie, vedo che si è fatto
tardi, non ho quasi lavorato, e ho un appuntamento per cena. Indosso un maglione, una giacca e una cravatta, senza prestarvi molta attenzione, tentando di scacciare il malumore: l’avventura con V mi aveva divertito, altroché se mi aveva divertito…
Ed uscii dimenticando la medicina. Era successo altre volte, non morirò per questo.
Avevo un appuntamento con