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Promesse: (Paradiso)
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E-book286 pagine4 ore

Promesse: (Paradiso)

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Info su questo ebook

All’interno di un percorso narrativo che si chiude, dopo il purgatorio di Passaggio Speranza e l’infermo di Immargana, William Ellis e Julia Russell approdano in paradiso, nel Giardino dell’Eden. Qui William ritroverà Johna, la moglie avuta in vita, riscoprendo il suo amore per lei. I testacoda temporali e la commistione di esperienze del protagonista condurranno William a doversi confrontare con le massime divinità che il genere umano intenda e, quando la sua fine sembra più che segnata, un personaggio per nulla marginale scaverà talmente a fondo nelle viscere dei protagonisti da imporre dubbi persino nelle figure celesti, lasciando un’inguaribile crepa nelle coscienze di ognuno: divinità comprese. William comprenderà a quel punto che il suo viaggio nei regni dei morti non è per nulla prossimo alla sua conclusione: è soltanto all’inizio.
LinguaItaliano
Data di uscita18 lug 2018
ISBN9788893691598
Promesse: (Paradiso)

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    Anteprima del libro

    Promesse - Ivano Vezzulli

    MicrosoftInternetExplorer4

    Prefazione

    Tre scritti completamente differenti tra loro, per evidenziare come l’essere umano, possa immaginare il Giardino dell’Eden. La mia teoria è che la morte non sia altro che il continuo della vita, quindi non aspettatevi grandi cambiamenti: si lavorerà, si amerà e perché no, ci si incazzerà. La differenza sarà una sola, basilare: al timone di comando non ci sarà un umano, ma un dio. Pertanto non crediate di farla franca per ogni sciocchezza che commetterete, pur piccola che sia: dovrete, dovremo pagare. Non in denaro; credo che quel dio non abbia bisogno di consigli, per sapere che la moneta sia stata uno dei più grossi errori dell’umanità, e neanche in preghiere; a quel dio poco importerà delle nostre suppliche.

    Le punizioni divine ci toglieranno qualcosa d’impareggiabile, la nostra linfa vitale; l’anima. Quanto pensate di poter resistere, senza offendere, imprecare, desiderare un’altra donna, un altro uomo... oppure di usare anche la minima forma di violenza, puramente verbale. Il percorso della morte sarà ben più difficile e intricato di quanto possiamo dedurre, e ognuno di noi sceglierà di percorrerlo come vorrà, Dio non interverrà se sbaglieremo, ci lascerà sbagliare come ha sempre fatto. Abbiamo avuto l’intera vita per intendere cosa è giusto e cosa è sbagliato, non avremo un’intera morte, no!

    L’eternità è un bene troppo grande su cui spargere il nostro fango, e il nostro buon Padre ne avrà piene le scatole dei nostri pentimenti... È vero che se Dio non perdonasse mai avrebbe un paradiso vuoto, tuttavia qualcuno di voi si sentirebbe di insegnarli cosa è buono, e cosa è cattivo? Paradiso, Inferno, Purgatorio, chissà quanti altri mondi il nostro buon Padre avrà concepito per ospitarci nell’eternità; detto questo, avrà sicuramente trovato anche il modo di toglierci di mezzo per sempre.

    A seconda delle nostre negligenze.

    Introduzione

    Dopo una lunga serie di vicissitudini legate alla sua morte, e al raggiungimento dell’Aldilà[1], William Ellis, pianista, nel Deserto dei Dannati[2] (Inferno), scopre finalmente la verità su chi fosse nella precedente vita. Aiutato da un dannato, tale Henning Ek, riporta alla luce fatti decisamente sconvolgenti. Infatti, il nostro protagonista, altri non era che Wallis-Limi-Le, un abitante di Sodoma, la città insieme a Gomorra, spazzate via dal giudizio divino.

    Altri personaggi non marginali, come Helena, un’eterna dannata, e Lucas, il suo compagno, gli saranno da stimolo per ritrovare il suo passato, anche coadiuvato dalla sua attuale compagna per la morte, nativa del seicento; la bellissima Julia Russell. Convinto d’amarla profondamente, William instaura un rapporto basato sulla schiettezza e sulla sincerità, questo alla ragazza pare non bastargli, e lei lo abbandona lasciandolo solo nell’Oltretomba di Fortiluce, il diavolo.

    Quest’ultimo, fratello di Dio e compagno di Tullia, un’etrusca, sarà il personaggio chiave che farà sorgere in William, immensi dubbi nel prosieguo della morte. Un ottimo musicista e un uomo discretamente solerte, oppure un amante delle gozzoviglie, e un adoratore delle orge amorose? Ellis è a un bivio, la moglie acquisita in vita Johna Palais, che lungamente ha tradito e altrettanto amato, non gli concede tregua ricomparendogli di sovente nei meandri del subconscio, e il buon William, inizierà a vacillare, temendo di provare ancora dei sentimenti per quella donna.

    In pieno subbuglio psichico, il nostro protagonista, raggiunge Passaggio Speranza (Purgatorio) atteso da Julia dopo un lungo distacco. Lei da qualche secolo, ha in gestione la Locanda del Mirtillo, un caseggiato in riva al mare che in origine rappresentava un luogo di spensieratezza e svago, mentre da alcuni mesi è adibito a ospitare le vittime provenienti dalla terra dei vivi, dovute alla terza guerra mondiale.

    È il 23 Dicembre 2352 quando, sopraggiungendo nel cuore della notte, il personaggio principale trova Julia addormentata in un divanetto, e colto dalla passione avvicina le labbra per baciarla. Purtroppo le sue pupille lo tradiscono ancora una volta, sbiadendo l’immagine della Russell e configurandogli quella di Johna. Spaventato e scosso come non mai, richiude gli occhi, e quando li riapre, si ritrova abbracciato a Julia.

    William però ha inteso benissimo che il suo viaggio nei regni dei morti non è nemmeno lontano dalla sua conclusione: è soltanto all’inizio.

    Il libro è scritto tenendo presente le influenze dialettiche e di costume che William ha assorbito vivendo e incontrando personaggi di epoche differenti.

    Due fratelli

    ...e già, c’era d’immaginarselo, un interminabile visita parenti, schierati in parata con i loro vestiti lindi e smacchiati per l’occasione. Non riesco neanche a contarli da quanti sono, e ne riconosco visivamente all’incirca la metà: per i restanti, buio pesto. Stranamente, nessuno avanza un passo verso me e Julia, sembrano in attesa di un segnale. Zaccaria che posso definire il mio tutor dal trapasso, può tornarmi più che utile.

    «Profeta li hai immobilizzati, oppure sono in procinto di saltarci addosso?»

    Diciamo che non la prende benissimo.

    «William: mostra un pochino di rispetto! Non siamo nella pista di un locale da ballo, a eseguire moine e danze esagitate, qui siamo a Promesse, il paradiso dei terrestri, nessuno prevaricherà mai la vostra riservatezza. Qualche mesetto all’inferno ti ha arrugginito nei modi e nella cortesia?»

    Julia ne è convintissima.

    «Altroché se l’hanno arrugginito. Non che prima fosse un esempio da seguire, ma almeno accennava lampi di buonsenso. Da quando è tornato dal Deserto dei Dannati, in quella capoccia ha fulmini e saette che gli ottenebrano la cervice. Le buone maniere per lui, sono rimaste riposte in un cassetto.»

    No, non stanno esagerando; quell’esperienza mi ha segnato lo spirito indelebilmente, e nonostante ogni giorno faccia di tutto per levarmelo dalla testa, quel salasso che ho vissuto, ricompare preciso e puntuale come la cambiale in scadenza. Nemmeno l’arrivo tanto agognato nel Giardino dell’Eden ha sciolto quest’incombenza; tuttavia, devo fare buon viso a cattivo gioco.

    «Julia... amore, tu hai un’educazione viscerale, i tuoi natali del milleseicento, hanno contribuito a questo. Zaccaria ha un periodo storico da invidiare, il IV secolo a.c. culla delle civiltà; io sono nato nel ventesimo secolo, anfiteatro della tecnologia e delle guerre. Il mio anno di nascita, il millenovecentosessantatre, è ricordato come l’anno più freddo che annoveri quel periodo... come potete pretendere che abbia lo charme necessario per un evento del genere?»

    Il profeta non l’ha bevuta.

    «A chi credi di propinare questa storiella? Sei morto da trecentoquindici anni, stimolo più che sufficiente per imparare a comportarsi. Onora la tua morte e quelli che sono qui per te, becero di un pianista.»

    Lui ha messo a nudo le mie egoistiche debolezze, non sono mai stato un amante dei cerimoniali, anche se stavolta dovrei essere in fibrillazione: mi trovo nel più bramato degli oltretomba, ho i miei nonni, i miei genitori, gli amici di sempre, i miei figli qui per me... eppure non godo dell’estasi. Un senso di malessere non passeggero mi si è nidificato nelle viscere, e non accenna a placarsi. Come dicevo? Ah, sì... fare buon viso a cattivo gioco.

    «Dai profeta falli avvicinare tutti insieme, sarà grande baldoria.»

    Baldoria... nel prosieguo non ho contato i giorni di ospitate a questo e quello, che abbiamo dovuto compiere con Julia; matematicamente dal 25 dicembre 2352 al 9 marzo 2353: un’infinità! Certo, alcuni incontri tipo con mio padre, mia madre, i miei figli, hanno fatto oltremodo piacere e sono serviti da apripista per altri che proprio piacere non mi hanno fatto. Le curiosità di alcuni individui per approfondire le loro nozioni sulla mia permanenza all’inferno, erano talmente evidenti da lasciarmi perplesso. Di ben altro umore era la mia compagna; lei in vita neanche ventenne, è stata defraudata dell’avvenire insieme a chi le ha dato la luce in una notte infame, al culmine d’inaudite sevizie e soprusi. Lei ha ancorato nel fondo del suo cuore, i suoi sentimenti per un amore verso i suoi cari, che non ha mai potuto esprimere o condividere. Lei ha un sacrosanto diritto di recuperare il tempo perduto. Io di quel tempo francamente non so cosa farmene, e come appena detto, proseguo col massimo impegno nei riti che ci vedono a pranzo da questo, e a cena da quell’altra. O almeno fino a oggi, 8 marzo 2353: oggi vorrei scomparire. Un’interminabile discussione tra le nostre famiglie è di scena dalle nove del mattino. Il motivo? Dimenticandosi dei diretti interessati, stanno pianificando il nostro prossimo insediamento a Promesse. Mia madre, la signora Perry Harper, come suo costume, elargisce direttive non proprio sobrie.

    «Non abbiamo leggi scritte che certificano che il coniuge debba necessariamente insediarsi nel paese nativo della sposa. Quindi non dica eresie signora Martha, la sua amata Scozia è ben donde, di essere l’equivalente della nostra impareggiabile America.»

    Martha è la mamma di Julia, una donna semplice con un passato nefasto. Spirò tra le braccia della figlia tra incessanti stupri e agonie, nessun tono deciso o impositorio, può scalfirle la corazza.

    «Nel quindicesimo secolo le regole erano queste. Lei signora ha goduto di suo figlio per la vita intera: io nella morte, voglio godermi la mia.»

    Il mio non è un intervento pacato.

    «Basta! State stravolgendo le nostre volontà collocando a vostro piacimento le nostre anime come fossero delle statuette ornamentali. Non siamo sopramobili da esporre nelle vetrinette. Abbiamo il per sempre davanti a ognuno di noi, perciò la decisione di dove continueremo questo percorso post-vita, spetta a me e Julia. Questo è quanto.»

    Mio padre Robert, è sempre stato un tipo molto tenebroso e taciturno, per questo quando apre bocca, sono dolori.

    «Se mi è permesso, siete ridicoli. Indipendentemente dai trascorsi, nessuno a parte Dio e la sua stirpe può elevarsi a sentenza. William e Julia, hanno sia il diritto, sia il dovere, di scegliersi il proprio futuro. E se non siete degli stupidi come credo, converrete con me che queste scemenze dovremmo lasciarle a chi ancora non apprezza il significato della serietà nella morte: cioè ai vivi. America, Europa, Asia, sono paritarie e uguali, ci sono prati e case di legno a decoro del paesaggio, non ricevono nulla di futile, nulla di moderno. Signora Russell e signor Ellis, da parte mia avrete pieno appoggio qualunque sia la vostra scelta per la destinazione che più vi aggrada.»

    Arthur il padre di Julia, sorridendo, stringe la mano in manifestazione di assenso a Robert. Martha e Perry, confabulano tra di loro, io chiudo la questione.

    «È quasi mezzogiorno, ci rivedremo domani alla stessa ora, ogni cosa sarà chiarita.»

    È inconcepibile come nonostante trapassati da centinaia d’anni, l’essere umano continui a rincorrere le proprie esigenze. Che differenza volete che faccia da morti risiedere in uno stato, piuttosto che in un altro? Fa differenza eccome, specie per la mia dolce metà.

    «Stavolta non ti lascerò alcun potere decisionale come hai fatto con quel tuo stramaledetto inferno. La scelta dovrà essere unanime.»

    No mia cara, farò di più.

    «Mi sembra più corretto che sia tu a identificare la nostra nuova permanenza. Abbiamo gli stessi gusti, ed io mi fido ciecamente di te.»

    Lei è come una gatta in cerca di coccole.

    «Davvero faresti questo per me?»

    Io quella gatta la accarezzo.

    «Tu lo hai già fatto per me tesoro, più di una volta.»

    La notte fu insonne sotto ogni punto di vista, tanto è vero che alle sei del mattino dovevo ancora chiudere occhio. A sole già alto, in pieno coma, sono ribaltato sottosopra unitamente al materasso.

    «Evviva, evviva... svegliati, pelandrone.»

    Emergo dalle coperte come il periscopio di un sommergibile, Julia sta zampettando allegramente sopra il letto in piena euforia; uno spesso volume aperto all’incirca nel mezzo, rimbalza scopertinando a ogni balzello della ragazza.

    «William ho trovato la nostra nuova meta. Ne sarai entusiasta anche tu.»

    È gioiosa, mentre mi rialzo, cerco di assecondarla.

    «Dai spara, non tenermi sulle spine.»

    Lei è in brodo di giuggiole.

    «Spero tanto che ti piaccia...»

    Julia in posizione prona dispiega il librone, poi abbrancandomi, puntella con il dito indice della mano destra, una macchietta nel mezzo della pagina.

    «Niente fasulli ghirigori, nessunissimo thriller appassionante. E questo non è nemmeno un romanzo, è l’atlante completo di Promesse, e quello che ti sto rimarcando è Madeira. Fa parte di un arcipelago d’isole di origine vulcanica situate nell’Oceano Atlantico.»

    La stoppo ancora assonnato.

    «E dove si troverebbe così cotanta roba?»

    Lei è impacciata, non a disagio, diffidente, sta sulle sue.

    «A un migliaio di chilometri dalla costa africana. Come ti stavo dicendo ci sono due isole maggiori e tre minori; la più grande, con i suoi millequattrocentottantadue km quadrati e quasi mezzo milione di anime, è appunto Madeira; l’altra è Porto Santo.»

    Primo dubbio.

    «Non è molto vasta, e come ben sai negli Oltretomba non c’è permesso sovraffollare le collettività. Sei certa che troveremo la sistemazione per noi?»

    «Ho già inviato la Ventoposta per assicurarmi di trovare la residenza adatta alle nostre esigenze, comprensiva di pianoforte.»

    Secondo dubbio.

    «Siamo distaccati dalla terraferma, non avremo un granché per affaccendarci o da visitare: noia dietro l’angolo?»

    Lei sbuffando dalle narici, modello toro infuriato...

    «Tu ne avresti a noia anche della galassia più sconfinata. Inoltre, dalle informazioni che ho in mio possesso, il contratto di locazione data la perdurante richiesta, ha la durata massima di tre anni.»

    Oltre mille giorni in quell’alveare foderato d’innocuità... potrei tentare il suicidio, servisse a qualcosa.

    «Russell mi hai convinto, vada per Maderra.»

    Julia inforca un tono greve e infastidito.

    «Madeira, William, Madeira! Rivesti; tra poco avremo un bel daffare.»

    Il suo è l’esplicito riferimento al parentado, che puntualissimo al mezzodì, ingombra il salottino. La donzella seicentesca con innata diplomazia, si divincola tra divieti e ostilità.

    «È vero signora Perry, lei e Robert avrete un tragitto ben più impervio da compiere in Arianave, ma detto questo, non sarà lo spostamento maggiore a mettervi in svantaggio con i miei genitori: anch’io e William, subiremo lo stesso trattamento quando dovremo giungere da voi negli States. Direi che siamo entrambi alla pari.»

    Mia madre mastica amaro.

    «Ellis... è davvero quello che vuoi?»

    Quello che voglio non te lo posso dire... tanto lo sai, hai usato il cognome.

    «Sì, e ti prego di essere felice come lo siamo noi.»

    All’indomani il fruscio della Ventoposta strofina nelle mani di Julia, che è in fibrillazione.

    «Dio mio, speriamo che siano buone notizie.»

    In riferimento alla vostra istanza residenziale, abbiamo il piacere di comunicarvi che è stata accolta. Vi attendiamo il 31 marzo del corrente anno, presso il Municipio di Funchal, per espletare le procedure relative al vostro insediamento.

    In attesa di conoscervi.

    Francisco Liquoro

    Responsabile Comunale.

    Naturalmente la mia consorte scatenò un vero e proprio tourbillon di preparativi, bagagli e scalette, che dovevano essere eseguite alla lettera, e quattro giorni dopo, ci imbarcavamo presso il porto di Key West, sull’Arianave Aletha. Una traversata oceanica era il preludio per raggiungere Porto Moniz, a Madeira. Il pontile gremito all’eccesso, ricalcava alla perfezione le cartoline di distacco ben note negli addii: braccia alzate, sventolio di fazzoletti bianchi, lacrime, grida... insomma, quando finalmente ci rinchiudemmo nella nostra cabina, atterrai in branda letteralmente devastato.

    «Fiuuu, doppio fiuuu, e triplo fiuuu... mille volte meglio il Desert...»

    Julia incalzandomi esprime la sagoma teatrale di un omicida.

    «Stai all’erta Pastore, è un sentiero tetro e impervio, quello che hai deciso di intraprendere. Il mio avvertimento è di ricacciarti nelle vie respiratorie quello che stavi per blaterare. Abbiamo questa terapia di coppia forzata per quattordici giorni, non voglio udire alcun turpiloquio appena sfornato, fuoriuscire dalla tua laringe.»

    Rimango ammutolito mettendomi su un fianco. Pastore... è un titolo quasi nobiliare per gli adepti dell’Aldilà. Un discepolo di Dio con poteri sovraumani, al servizio del bene; malauguratamente nella precedente resurrezione, ero anche un incestuoso di Sodoma, un immondo amante senza alcuna dottrina. Riunendo questi elementi, sboccia William Ellis; pianista, vulnerabile alle belle donne, e sempiternamente alla ricerca dell’ignoto. Un bacato in pieno sviluppo.

    «Beh, che hai? Ti sei richiuso a riccio nelle tue arcaiche debolezze?»

    Stai schiacciando troppo l’acceleratore mia cara, ti freno subito.

    «No tesoro, stavo riflettendo. In pratica dal nostro arrivo a Promesse, abbiamo rivisto il nostro coinvolgimento delle vite passate, e al contrario mancano quelle delle morte avvenute. Dove sono James Martin e Lorel MacFarland? Tu sai qualcosa?»

    Julia evita il mio sguardo richiudendo le valigie, e ripiegando gli abiti nelle grucce. In contemporanea, improvvisa la mimica distaccata e menefreghista, che non le appartiene.

    «Mancano moltissimo anche a me. Lorel anche antecedentemente al mio trapasso come ben sai, è stata la mia famiglia, James lo è stata per te. Se non ci hanno raggiunto, avranno avuto i loro buoni motivi. D’altro canto negli Oltretomba, non possiamo pretendere alcunché da qualsiasi anima morta... mi pare.»

    Sì, sì, come no. Non è da te rimanere così indifferente quando c’è di mezzo Lorel. Stai tramando furtivamente, e credo di sapere cos’è.

    «Sarà... ammetterai che è anomalo. Come hai detto poc’anzi, abbiamo avuto un rapporto di fratellanza ineguagliabile con quella coppia, io un salutino lo avrei fatto. Beh, chi morirà vedrà. Buonanotte amore mio.»

    Lei è sconcertata dalla mia coatta conclusione, che tuttavia non fa tradire la sua integerrima postura.

    «Anche a te William.»

    La MacFarland dal suo avvento in questo paradiso è divenuta un’Ombra; di soppiatto ho provato a scoprire quale funzione avesse quel ruolo, ma appena accennavo ad avere un certo interesse, ero quasi messo al ripudio. Deve essere veramente una carica di estrema importanza. Ho anche deviato la verità con Julia, che lei ha accettato di buon grado. Non tutti i cardini della mia ex vita si sono fatti vivi; manca Johna. La donna dei miei tre figli, la compagna per oltre cinquant’anni sulla Terra. Greta la nostra terzogenita, mi confidò che la mamma stava benone, che non dovevo preoccuparmi, e che per nessuna ragione ultraterrena avrebbe voluto incontrarmi: dente avvelenatissimo. La Terra... chissà in che condizioni si ritrova dopo quella guerra mondiale di tale portata. Mentre stavo fantasticando, mi assopii, senza prevedere che in quello stesso momento, qualcosa d’inimmaginabile stava per compiersi, e che Lorel MacFarland, ne fosse la testimone oculare.

    «Cosa? Gesù Santo non è concepibile; com’è possibile che non ci siamo accorti... stavamo dormendo?»

    Chi sta drasticamente esponendo la sua enfasi, è Andrea; il Custode delle Anime. È corrucciato al limite dell’indignazione, e sprona un ragazzo già intimorito, con una verve tutt’altro che benevola.

    «Portatemi un’Ombra, qui, adesso!»

    Poco dopo, il ragazzotto è di ritorno accompagnato da una donna dai lineamenti tenuamente soffici, e con i capelli rossicci.

    «Salute a voi Guardasigilli, mi chiamo Lorel, al vostro servizio. Avevate urgenza di me?»

    «Più che urgenza direi un’impellenza. Abbiamo qualcosa di straordinario cui fare fronte, e solo voi, potete ambire a portare a termine questa gravissima circostanza.»

    Non scomponendosi più di tanto, la figura femminile accompagna con la vista verso l’uscita il suo accompagnatore. Posteriormente, e imprevedibilmente, rivolge un’esclamazione da fumetti alla presenza maschile rimasta.

    «Ta-boom, cosa devo fare?»

    Andrea ha la frenesia appiccicata alla lingua.

    «Vai nel globo terrestre e tienimi in costante aggiornamento sugli spostamenti effettuati da nostro Padre.»

    Lei ha un sobbalzo; ridisegnandosi da un colpo di spugna al suo bon-ton. È spettrale, direttrice.

    «Dio è sul nostro pianeta d’origine? Come hai potuto non...»

    «Perché chi era con lui, ha azzerato la sua aura, e il nostro buon controllore di luminescenze, non poteva avvertire la sua dipartita.»

    Un secondo uomo compare inaspettato; è Simone detto Pietro. La sua cadenza è sommessa, e l’atteggiamento è quello della più mera preoccupazione. Lorel è incredula.

    «Un altro divino al seguito? E chi sarebbe di grazia?»

    Pietro stavolta trattiene a stento lo sdegno.

    «Suo fratello Fortiluce, il signore degli Inferi.»

    Il silenzio racchiude solitamente un momento topico, che può essere di pura gioia, oppure di apprensione. In questo caso è la conformazione del terrore a immobilizzare i suoni dei presenti. L’uomo raccoglie un minimo d’energia.

    «È dal gennaio del millenovecentoquarantasei, che Nostro Signore non avvicina il suo occhio scrutatore al nostro ex pianeta... mai lo aveva fatto in coabitazione del diavolo; è una tragedia, un’apocalisse. Lorel ti prego, non abbiamo più un minuto da perdere: trovali e ragguagliaci.»

    Senza dire nulla la donna librandosi sparisce all’orizzonte. I suoi pensieri sono abbondantemente negativi.

    «È come cercare un ago in un pagliaio... se non percepisco la loro linfa, non riuscirò a rilevarli. Possono trovarsi ovunque in quell’immondezzaio di pianeta. Comincerò a setacciare l’Europa, c’è almeno la probabilità che il Creatore voglia ispezionare i luoghi dove il deturpamento ha avuto inizio.»

    L’Ombra aveva avuto la giusta intuizione recandosi nel Vecchio Continente, e nello specifico a Roma in Italia, purtroppo per lei, in una rue di Parigi...

    «Corri, Amelie, corri!»

    Una ragazzina e sua madre Gisèle, stanno cercando di depistare due di brutti ceffi che le inseguono pistole in pugno. La loro è la corsa disperata di chi vuole vivere.

    «Dai, maman, accelera, siamo quasi a Les Catacombes[3], se riusciamo a

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