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Cambia vita cambiando convinzioni: Spezza le catene del condizionamento!
Cambia vita cambiando convinzioni: Spezza le catene del condizionamento!
Cambia vita cambiando convinzioni: Spezza le catene del condizionamento!
E-book385 pagine4 ore

Cambia vita cambiando convinzioni: Spezza le catene del condizionamento!

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Info su questo ebook

Nessuno si vede come realmente è.
Crediamo di conoscerci, ma non è così.
Siamo cresciuti con moltissime convinzioni limitanti che deformano la visione che abbiamo di noi stessi e del mondo. Viviamo il presente e il futuro calpestando le stesse orme del passato.
Introdurre qualsiasi cambiamento nella nostra vita è impossibile se non cambiamo prima le nostre convinzioni. Perché le convinzioni sono alla base della nostra percezione della realtà. Non c’è un solo gesto o una sola parola che non si fondi su ciò che crediamo di essere.
Questo libro ci accompagna a riconoscere e cambiare le convinzioni limitanti su noi stessi e sulla vita, ma più di ogni altra cosa ci permette di riappropriarci della nostra vera identità, che giace addormentata insieme al nostro potere.
LinguaItaliano
Data di uscita3 apr 2017
ISBN9788827227725
Cambia vita cambiando convinzioni: Spezza le catene del condizionamento!
Autore

Gabriella D'Albertas

È una professionista dello sviluppo personale. Counsellor con approccio ipnotico costruttivista e Life Coach, è autrice di libri sulla crescita interiore. Ha fondato il Coaching Integrale®, un metodo specifico per liberare le proprie risorse e potenzialità attraverso la trasformazione delle convinzioni limitanti consce e inconsce, la disattivazione degli auto-sabotaggi, il superamento dei conflitti e l’integrazione delle zone d’ombra. Laureata in Lettere con indirizzo semiologico, ha un passato professionale come giornalista, direttore marketing e comunicazione. È autrice, insieme a Giuseppe Vercelli, di "Il potere nascosto dell’ombra" e "Di che archetipo sei?" (Edizioni Mediterranee).

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    Cambia vita cambiando convinzioni - Gabriella D'Albertas

    Capitolo 1

    La prigione del condizionamento

    Scegliamo e modifichiamo la realtà che vediamo in modo che si adegui alle nostre convinzioni sul mondo in cui viviamo.

    GREGORY BATESON

    Forse crediamo di essere liberi, liberi di essere noi stessi, ma così non è. Siamo prigionieri di pesanti condizionamenti che ci impediscono di essere ciò che siamo e di far fiorire la nostra unicità.

    Da quando veniamo al mondo iniziamo ad assorbire tutta una serie di convinzioni che non ci appartengono e che condizionano la percezione di noi stessi e della vita. Una volta raggiunta l’età adulta ragioniamo e agiamo guidati da pensieri che crediamo nostri, ma che perlopiù non lo sono.

    Molte delle convinzioni che abbiamo sono figlie della cultura a cui apparteniamo, dell’epoca storica o della religione di riferimento, altre si formano in seno alla famiglia, portandoci ad assorbire il pensiero dei nostri genitori ed educatori già nei primissimi anni di vita. Quando arriviamo all’età scolare ci ritroviamo con un pesante carico di convinzioni che non ci appartiene. Crediamo di avere il nostro pensiero sul mondo e che questo pensiero sia oggettivo: non ci rendiamo conto che non è né nostro, né oggettivo.

    Lo stesso processo di acquisizione di informazioni su noi stessi è arbitrario. Ci facciamo un’idea di come siamo sulla base delle opinioni e delle convinzioni altrui. Fin dai primi anni di vita ci viene detto quali sono le nostre qualità e quali i nostri difetti, vengono incoraggiati alcuni comportamenti considerati adeguati e inibiti altri giudicati impropri, ci viene insegnato come dobbiamo e non dobbiamo essere per poterci sentire degni.

    Impariamo così a conoscerci attraverso gli occhi degli altri, credendo che le loro opinioni siano oggettive: In questo sei bravo e in quest’altro no, Non sei portato per quel tipo di studi, Potresti avere buoni risultati, ma non sai essere costante, Sei incapace, Sei distratto ecc.

    Messaggi di questo tipo ne abbiamo ricevuti tutti, e i nostri educatori, a loro volta, hanno ricevuto i loro. Generazioni e generazioni di limiti e catene vengono trasferiti con naturalezza e in totale buona fede.

    A forza di sentirci dire che cosa siamo e che cosa non siamo, finiamo col crederlo. I giudizi altrui diventano prima di quanto pensiamo i nostri giudizi, i limiti che gli altri hanno visto in noi diventano i nostri limiti. Sei pigro, Sei distratto, Non sai fare niente diventano in men che non si dica Sono pigro, Sono distratto, Non so fare niente: voci ormai interiorizzate che ci fanno sentire profondamente inadeguati.

    Gran parte di ciò che crediamo di noi stessi è quindi frutto della percezione altrui, ma i limiti che altri hanno visto in noi spesso sono i loro stessi limiti, così come i limiti che noi vediamo negli altri sono spesso i nostri.

    Per chiarire questo concetto, vi racconto una storia tratta dalla mia esperienza personale.

    Quando nostro figlio aveva cinque anni lo affidammo a una maestra di sci per fargli prendere confidenza con questo sport. Dopo tre giorni la maestra venne da me e da suo padre con la seguente sentenza: Questo sport non è adatto a vostro figlio, lasciate stare, fategli fare qualcos’altro. Vedendo il bambino costantemente in lacrime mentre cercava faticosamente di scendere dalle piste, avevamo quasi creduto a questo responso ma, prima di rinunciare del tutto, chiedemmo a un altro maestro di prenderlo per una lezione di prova e vedere se le cose stessero veramente come ci era stato descritto. Il nuovo maestro, non solo non confermò quanto detto dalla prima insegnante, ma disse che il bambino non aveva alcuna difficoltà in questo sport. Decidemmo allora di affidarlo a lui nei due giorni successivi, e ricordo ancora il nostro stupore e la nostra gioia quando il terzo giorno vedemmo nostro figlio scendere da una pista di media difficoltà con discreta disinvoltura, tutto allegro e orgoglioso di sé. È dunque ovvio che i limiti che la prima maestra aveva visto nel bambino erano solo ed esclusivamente limiti nella sua capacità di insegnare e nient’altro.

    Allo stesso modo, molti dei limiti che i nostri educatori hanno visto in noi altro non erano che le loro convinzioni riguardo alle nostre capacità.

    Le convinzioni limitanti ci trattengono dall’esprimere il nostro potenziale e, soprattutto, ci impediscono di conoscerci: per questo è importante smascherarle e trasformarle. Dietro a quello che sappiamo di noi esiste un mondo inesplorato pieno di ricchezze insospettate.

    LA PRIGIONE DELLA PERCEZIONE

    Che cosa sono esattamente le convinzioni? Sono idee sul mondo, su noi stessi e, in generale, su ogni aspetto della vita, che si sono ‘depositate’ in noi, condizionando il nostro pensiero e i nostri comportamenti.

    Le convinzioni possono essere consce o inconsce: in alcuni casi cioè siamo consapevoli di ciò che crediamo, mentre in altri non lo siamo affatto. Ogni convinzione crea una sorta di lente con cui guardiamo la realtà, soggettivandola.

    Quando una convinzione entra a far parte del nostro sistema di pensiero non siamo più liberi, proprio perché, per sua natura, distorce la realtà, valorizzando l’informazione di cui è portatrice e mettendo in ombra tutto il resto. Se crediamo di vedere le cose come sono siamo in errore: non abbiamo la possibilità di essere neutrali proprio perché il nostro tessuto di convinzioni ci mostra una realtà parziale e soggettiva.

    Tutti noi abbiamo un sistema di convinzioni che regola la nostra vita e viviamo secondo questo sistema. Non esiste un pensiero, una parola o un’azione che possa prescindere da questo tessuto interiore di credenze che esprimiamo in ogni nostra manifestazione.

    Il problema è che non scegliamo consapevolmente le convinzioni secondo cui vivere, poiché la maggior parte di queste sono inconsce e derivano dall’educazione ricevuta, quindi da credenze dei nostri genitori (ed educatori in generale) che, a loro volta, le hanno apprese dai loro predecessori. In altre parole, la maggior parte delle credenze che abbiamo e secondo cui viviamo non sono neppure nostre.

    Per quanto riguarda le convinzioni che invece ci appartengono in senso stretto, la situazione non è migliore: molte di esse risalgono, infatti, a interpretazioni che abbiamo dato nell’infanzia a eventi della vita, con la relativa mancanza di maturità e di prospettiva tipica dei bambini. Così le nostre convinzioni passate diventano la realtà del nostro presente; ciò che abbiamo creduto a tre o a quattro anni, ora, dalle pieghe del nostro inconscio, continua ad agire a nostra insaputa, indebolendoci e impedendoci di esprimere le nostre potenzialità e di comprendere chi siamo veramente. Ma vediamo un esempio.

    Michele è un uomo di quasi cinquant’anni con una percezione di sé fortemente alterata. Si sente vulnerabile e fisicamente inferiore agli altri. La sua storia personale svela il perché. Da piccolo Michele era più esile e piccino dei suoi coetanei, e i suoi compagni lo prendevano in giro per questo. Alle medie era poi cresciuto moltissimo, ma quella iniziale percezione di sé era rimasta invariata negli anni. Il senso di inferiorità fisica aveva continuato ad accompagnarlo, nonostante una statura di quasi un metro e ottantacinque e una buona prestanza fisica.

    Non importa quanti anni passino, né importa se oggettivamente ciò che crediamo sia vero o no, l’imprinting iniziale resta tale tutta la vita, a meno che ci si lavori per superarlo. Michele ha dovuto arrivare a cinquant’anni per liberarsi di questa sgradevole e ingiusta percezione di sé. Alcune persone non ci arrivano mai.

    Anche se ora siamo adulti, ci stupiremmo nel constatare quante credenze infantili sono ancora attive dentro di noi e condizionano il nostro modo di vivere attuale.

    A volte le convinzioni che formiamo in età precoce vengono poi rimosse e dimenticate dalla mente conscia, ma non dalla mente inconscia nella quale sono depositate: le convinzioni limitanti inconsce sono alla base della maggior parte delle nostre sensazioni di inadeguatezza e di disagio.

    Noi dunque non scegliamo consciamente in cosa credere, non decidiamo quale sistema di convinzioni adottare: ce lo ritroviamo e poi agiamo di conseguenza. Solo quando diventiamo consapevoli di questa realtà possiamo iniziare a cambiarla.

    LA TIRANNIA DELL’INCONSCIO

    Abbiamo credenze su tutto: su noi stessi, sugli altri, sulla vita, sui soldi, sul lavoro, sulle relazioni, sugli uomini, sulle donne, sul sesso, sul matrimonio, sui figli, sulla politica, su ciò che è bene e ciò che è male, su quello che è giusto e quello che è sbagliato ecc. Ogni nostro pensiero, ogni nostra parola, ogni nostro gesto, parte dalla nostra griglia di convinzioni, per lo più inconscia. Il fatto che crediamo qualcosa non significa che questo sia necessariamente vero, ma se lo crediamo diventerà comunque vero per noi.

    Le convinzioni si comportano come potenti magneti e attirano esperienze che confermano i contenuti di cui sono portatrici: le convinzioni limitanti attraggono esperienze indesiderabili, precludendoci la possibilità di liberare il nostro potenziale. Se in un dato campo della nostra esistenza stiamo vivendo esperienze negative è bene che ci chiediamo che tipo di pensieri stiamo formulando a proposito di quel campo specifico e che tipo di magnete siamo. Possiamo modificare le esperienze sgradevoli modificando le nostre credenze profonde.

    I presupposti, gli assunti che abbiamo accettato come veri, hanno formato le nostre convinzioni e l’insieme delle convinzioni ha formato la lente attraverso cui osserviamo il mondo. Quello che crediamo è quello che attiriamo ed è quello che sperimentiamo. Per questo è tanto importante eseguire un check up accurato delle nostre convinzioni, e cambiare al più presto quelle che ci limitano.

    Se crediamo di non avere più le convinzioni che avevamo da bambini siamo in errore, poiché la maggior parte di esse è ancora presente, anche se oggi sappiamo perfettamente che le cose stanno diversamente da come credevamo allora. Tuttavia, se è vero che siamo stati condizionati fin da quando eravamo in fasce, è anche vero che, come hanno dimostrato le neuroscienze, abbiamo il potere di ‘ricondizionarci’. E possiamo farlo questa volta in modo consapevole e costruttivo.

    L’inconscio è una specie di magazzino, una volta che le informazioni vengono depositate rimangono lì finché non le andiamo a rimuovere. Proprio come faremmo per una vecchia cantina disordinata, dobbiamo tirarci su le maniche e con pazienza guardare che cosa c’è e se ci serve ancora. Tenere chiusa la porta di quella cantina, senza esaminarne il contenuto, non ci aiuta a crescere, e prima o poi quella cantina ci darà comunque dei problemi, magari lasciando fuoriuscire il cattivo odore della muffa dovuta alla mancanza di manutenzione.

    Le convinzioni depositate nel nostro inconscio continuano ad agire anche se non ne siamo consapevoli, sempre e in ogni istante. In questo senso l’inconscio è tiranno, come ci mostra la storia di Maria.

    Maria è una giovane donna, attiva e dinamica, ha un ottimo lavoro, due figli e una casa che gestisce senza difficoltà. Tuttavia il rapporto con la suocera le crea problemi. La suocera entra ed esce dalla casa di Maria a suo piacimento, cosa che causa a Maria non poco disagio. Ciò che appare strano è che una donna tanto decisa e assertiva come lei non sia capace di delimitare i suoi spazi, arginando le incursioni della suocera. Maria dice che deve portarle rispetto, che la suocera è anziana, ma per quanto si giustifichi, quel comportamento sembra stridere con la sua personalità. Scavando nel passato, Maria parla di una madre molto dura, un ‘generale in gonnella’che le imponeva le sue idee, senza darle diritto di replica, una madre alla quale, suo malgrado, aveva sempre dovuto obbedire. Per questo appena compiuti diciotto anni Maria aveva lasciato la casa materna per non fare più ritorno.

    Purtroppo non è sufficiente allontanarsi dalle situazioni per risolverle. La fuga dalla casa materna ha impedito a Maria di trovare una forma di comunicazione adulta con la madre, comunicazione che non ha mai imparato. Dinanzi alla suocera, Maria si sente esattamente come quella ragazzina intrappolata nella casa materna, che non ha diritto di replica. Non importa quanta strada abbia fatto nella vita, perché per quell’aspetto lei non è cresciuta affatto. E si ritrova le stesse difficoltà di un tempo.

    Tutti noi, proprio come Maria, tendiamo ad allontanarci dalle situazioni che ci fanno soffrire, spesso senza risolverle, ma prima o poi dobbiamo entrare in quella cantina e con pazienza guardare che cosa contiene, eliminando una volta per tutte ciò che ci ostacola. Per quanto sia un’attività non sempre gradevole, perché si tratta di andare a scavare in un passato che spesso vorremmo avere già dimenticato, è quanto di più utile possiamo fare per noi stessi e per la nostra felicità.

    CARCERIERI INCONSAPEVOLI DEL NOSTRO PROSSIMO

    In un noto esperimento, il ricercatore americano Robert Rosenthal sottopose un gruppo di bambini a un test di intelligenza, poi da quel gruppo ne estrasse a sorte alcuni e informò gli insegnanti che si trattava di bambini molto intelligenti, con un Q.I. superiore alla media, cosa non vera in quanto i bambini erano stati selezionati appunto in modo del tutto casuale. Alla fine dell’anno scolastico, ciò che emerse è che i bambini, sottoposti nuovamente al test, avevano davvero aumentato la loro intelligenza, cosa che invece non si era verificata con gli altri bambini, non presentati all’insegnante come ‘superiori’.

    Le nostre convinzioni influenzano in modo sensibile anche gli altri, che ne siamo consapevoli o meno. Le convinzioni potenzianti aiutano gli altri a dare il meglio, mentre quelle depotenzianti non fanno che creare ancora più limiti. Quanto crediamo su una persona, anche se non le comunichiamo nulla di quello che pensiamo, ha comunque effetto su quella persona. Sempre.

    Non viviamo isolati, ma inseriti in un contesto familiare, sociale e culturale che ci influenza, così come noi, a nostra volta, influenziamo il contesto. In alcuni casi riusciamo a influenzarlo fortemente (pensiamo agli opinion-leader o, in generale, alle persone che fanno tendenza), in altri lo influenziamo in modo meno massiccio, ma comunque sempre significativo.

    Senza andare lontano pensiamo all’immenso potere che abbiamo sui nostri figli: le nostre idee, le nostre opinioni, li influenzano prima ancora che raggiungano l’età del discernimento. Come abbiamo visto, moltissime convinzioni si depositano nell’inconscio nei primi anni di vita e certamente in quegli anni non si ha la possibilità né di comprenderle, né tantomeno di metterle in discussione.

    Ogni convinzione che acquisiamo ci fa perdere neutralità e crea un automatismo di comportamento, portandoci via una porzione di libertà. È anche vero che non è possibile vivere senza convinzioni, ma il nostro compito è quello di scegliere consapevolmente credenze sane che ci aiutino a esprimere il nostro potenziale.

    Ma torniamo al condizionamento che, ignari, operiamo sugli altri. Anche in questo caso vi racconto un’esperienza personale.

    Quando mio figlio scelse di frequentare il liceo classico guardai con sospetto questa scelta, perché all’epoca non mi pareva avesse molta voglia di studiare. Alla prima insufficienza, comparsa dopo molti altri bei voti, la mia convinzione che si trattasse di una scuola troppo impegnativa venne fuori in tutta la sua prepotenza, causandomi non poca preoccupazione. Mi resi poi conto che avevo in mano uno strumento potentissimo che non avevo ancora utilizzato: lavorare sulle mie convinzioni. Decisi così di sostituire l’idea che quel liceo fosse troppo duro per lui con la convinzione che fosse invece alla sua portata. I risultati non tardarono a manifestarsi. Mio figlio, che comunque aveva già un andamento discreto, iniziò a studiare più volentieri e a prendere voti ancora più alti. Tutto questo avvenne senza che io gli parlassi mai delle mie preoccupazioni.

    Da questa esperienza ho imparato che bisogna avere convinzioni potenzianti anche sulle persone che ci circondano, soprattutto quando queste ci stanno a cuore. Esiste una comunicazione non verbale che ha effetto sugli altri. Se credo che una persona non ce la faccia a raggiungere un obiettivo, certamente non la aiuterò. E tra l’altro le convinzioni sono spesso proiezioni. Nella fattispecie, siccome io alla sua età avevo faticato molto a scuola, ho dato per scontato che questo dovesse capitare anche lui.

    Ma facciamo un altro esempio. Se credo che mio figlio sia un irresponsabile, o che sia impreparato alla vita, incentiverò senza volerlo comportamenti immaturi da parte sua, perché le nostre convinzioni influenzano i nostri comportamenti. Se giudicherò mio figlio immaturo tenderò a trattarlo da ragazzino, mentre se, al contrario, mi convincerò che sia già sufficientemente responsabile per prendersi cura di sé, riuscirò a trattarlo in modo più adulto e, così facendo, lo aiuterò anche a diventarlo.

    È fondamentale quindi diventare consapevoli delle convinzioni che abbiamo sui nostri cari. Influenziamo gli altri non solo quando sono bambini ma anche da adulti. Influenziamo costantemente il nostro partner, i nostri fratelli e sorelle, i nostri amici, così come loro influenzano noi. Possiamo influenzarli in modo positivo o negativo, a seconda del contenuto della nostra convinzione. E ciò che li influenza in modo più determinante non è quello che diciamo loro, ma ciò che crediamo realmente.

    Potrò dire al mio partner che riuscirà a realizzare quel suo sogno, ma se non lo crederò veramente il messaggio che passerà al suo inconscio, nonostante le mie parole positive, sarà che non ci riuscirà affatto. Molte volte diciamo delle cose ma ne pensiamo altre, credendo che il pensiero, dal momento che non si vede e non si sente, non sia importante. Il pensiero non solo è importante ma ha il potere di influenzare in modo tangibile gli eventi. Per questo dobbiamo crearci un tessuto interiore di convinzioni sano.

    Come faccio a sapere che cosa credo veramente riguardo a qualcun altro? Osservo le mie emozioni. Se, ad esempio, il mio partner mi dice che sta per realizzare un determinato progetto e io mi preoccupo è perché ci sono in me delle convinzioni limitanti, come: In questo momento di crisi è difficile che qualcosa abbia successo, Non basteranno i soldi, Non è abbastanza abile per portare avanti una cosa del genere ecc. Allora, anche se gli dirò che avrà sicuramente successo, il messaggio che passerà a livello inconscio non sarà quello verbale, indipendentemente da quanto cercherò di essere convincente.

    Esiste una comunicazione inconscia costante. Ed è quella più potente. Solo quando ce ne renderemo conto, potremo correggerla cambiando le nostre convinzioni profonde.

    Non siamo spettatori del mondo circostante, la scienza ha dimostrato che siamo sempre e comunque creatori. Non è possibile osservare un fenomeno senza influenzarlo, ci insegna la fisica quantistica. Creiamo costantemente la realtà in cui viviamo, perché non è separata da noi: la separazione non è altro che un’illusione ottica della coscienza, ci mette in guardia Albert Einstein. Creiamo e ricreiamo in ogni istante. Per questo motivo abbiamo una grandissima responsabilità. Siamo abituati a credere che il nostro pensiero e le nostre convinzioni influiscano solo a livello locale, che possano al massimo influenzare le persone vicine, ma non è così: in ogni istante influenziamo il mondo intero, contribuiamo a creare armonia o disarmonia, a seconda dei nostri pensieri e delle nostre convinzioni.

    Se c’è una guerra dall’altra parte del mondo, potremmo non esserne così estranei come pensiamo. I nostri conflitti interiori, magari anche vissuti nell’intimo di noi stessi, influenzano il mondo ‘esterno’, e questo proprio perché non esiste un ‘interno’ e un ‘esterno’, o meglio, esiste solo nella nostra percezione. La meccanica quantistica, attraverso gli esperimenti di non-località, ha dimostrato che gli eventi che accadono in un punto qualsiasi dello spazio influenzano istantaneamente altri eventi che avvengono a distanza. In questa visione i nostri pensieri sono in ogni istante dappertutto, non sono soggetti alle leggi dello spazio e del tempo. Il conflitto che si svolge dall’altra parte del mondo contiene anche l’energia del mio conflitto interiore. Per questo abbiamo una grandissima responsabilità, che non possiamo più ignorare.

    INCATENATI A UN VECCHIO COPIONE

    Ognuno di noi è regista inconsapevole di un film che proietta incessantemente sullo schermo della propria mente. Ci siamo fatti un film su come siamo, su come sono gli altri, su com’è la vita, ci siamo cioè raccontati una storia alla quale poi abbiamo creduto.

    Ciò che penso e credo di me e del mondo diventa vero per me. Se crederò, ad esempio, di essere sgradevole mi comporterò con gli altri in questo modo e, alla fine, anche gli altri crederanno a questa mia realtà, non perché sia un fatto ineluttabile, ma perché avrò trasmesso all’esterno la mia visione interna. È come se porgessimo agli altri il tipo di occhiali con cui guardarci: se le lenti avranno il colore della svalutazione, gli altri ci svaluteranno.

    La domanda che dovremmo porci, dunque, è che tipo di lenti forniamo agli altri, e, prima ancora, con quali lenti guardiamo noi stessi. Come mi vedo, come mi percepisco, cosa credo di me? Il film che ci facciamo ‘dentro’ è anche quello che proiettiamo ‘fuori’: la vita che viviamo è un riflesso del nostro mondo interiore. Chiediamoci allora che tipo di film stiamo contemporaneamente girando e guardando.

    Ciò di cui non siamo consapevoli è che giriamo continuamente film nella nostra mente e che la realtà non ha nulla a che vedere con i nostri film. Quando dimentichiamo di assumerci la responsabilità della regia, la nostra mente inconscia si sostituisce a noi e proietta il film che conosce meglio, quello a cui è abituata. Se è abituata a vivere drammi, continuerà a creare interpretazioni di questo tipo, per questo è così importante toglierle la regia e affidarla alla nostra consapevolezza.

    Scegliendo intenzionalmente quello che vogliamo vivere, possiamo addestrare la nostra mente in quella direzione, finché avrà acquisito nuovi automatismi, cioè finché le diventerà naturale interpretare gli eventi in modo più costruttivo. Solo allora potremo abbassare la guardia.

    Non si tratta di ‘vedere tutto rosa’, ma di scegliere la chiave interpretativa, il nostro film. Quando la mente proietta un film che ci fa soffrire è nostro dovere cambiarlo. Siamo noi i registi, non la nostra mente. La mente va rieducata. Non è suo compito scegliere il film: è compito della nostra consapevolezza. E la consapevolezza va ben oltre la mente.

    Scegliere consapevolmente l’interpretazione della vita è un atto di potere, non un potere formale, ma un potere effettivo.

    Il film che ci facciamo diventa realtà. Non sono gli eventi esterni che hanno il potere di farci vivere bene, ma l’interpretazione che diamo di essi. La realtà è sempre neutra, né buona, né cattiva: l’interpretazione non è mai neutra. L’interpretazione è il più grande potere che abbiamo a disposizione. Sta a noi decidere di dare valore solo a ciò che ci potenzia, ignorando invece le interpretazioni che ci limitano.

    Se comprenderemo questa verità, allora davvero potremo ricreare la nostra vita in modo più costruttivo, senza più cercare di modificare gli eventi esterni bensì la nostra percezione interna.

    La nostra vita è un atto creativo continuo. Se non ci piace ciò che abbiamo creato, possiamo modificarlo. Come diceva C.G. Jung: Questa intera creazione è essenzialmente soggettiva, e il sogno è il teatro dove il sognatore è allo stesso tempo la scena, l’attore, il suggeritore, il direttore di scena, il manager, l’autore, il pubblico e il critico. Ed è ora di cambiare copione.

    Se è vero che viviamo intrappolati nel copione che inconsapevolmente ci siamo scritti, è anche vero che, una volta presa coscienza di questo, abbiamo il dovere e la responsabilità di cambiarlo.

    Come possiamo allora intervenire sul copione?

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