Iniziazione alla gemmoterapia: L'uso terapeutico dei germogli vegetali
Di Tore Swenson
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Anteprima del libro
Iniziazione alla gemmoterapia - Tore Swenson
L’uomo e la malattia
Nato alla vita come essere perfetto, l’uomo è esposto agli attacchi esterni (fisici, chimici e batterici) e all’interno logorio. Quest’ultimo può, talora, presentarsi con l’identica fisionomia dell’aggressione esteriore e con manifestazioni più importanti. Ciò si verifica quando il normale equilibrio è rotto.
Si considera normale la condizione nella quale l’essere realizza se stesso e nello stesso tempo non è affatto turbato dalle influenze esteriori. Tale equilibrio è dinamico, biologicamente attivo e coordinato ai vari momenti dell’esistenza. Non è mai uguale a se stesso o meglio lo è relativamente e, soprattutto, rappresenta una caratteristica costante dell’individuo. Si attua attraverso un processo interno di assimilazione e di eliminazione biochimica e uno esterno, che è funzione delle continue trasformazioni dell’ambiente.
Quando tale equilibrio è turbato si ha la malattia, che si oppone appunto allo stato di salute. La malattia stessa è qualcosa di diverso da individuo a individuo, anche se fondamentalmente ha un comune denominatore originario, perché la maniera con la quale l’organismo si difende è la stessa per tutti, anche se elaborata in modo diverso. È appunto il riconoscimento dell’individualità biochimica e immunologica
che ha confermato il concetto dell’esistenza di malati in contrapposizione alla malattia.
Di fronte alla complessità dello stato di malato e alle diverse capacità di opporsi a esso, l’uomo ha ricercato nella natura stessa i mezzi per aiutare tale difesa.
È sorta così la medicina, prima espressione ragionata della lotta per l’esistenza. Era empirica, cioè fondamentalmente legata al ripetersi di situazioni analoghe. È divenuta scienza quando si è potuto comprendere il meccanismo di certi fenomeni, in seguito allo studio dell’anatomia e della fisiologia.
Ci sono voluti molti secoli prima che la medicina divenisse una scienza quasi esatta, ma una volta che essa ha raggiunto l’obiettivo propostosi di una perfetta conoscenza dei meccanismi fisiologici e delle trasformazioni patologiche, si è avuta la sensazione che avesse spersonalizzato l’uomo
. Sono così sorti movimenti di pensiero che si prefiggevano lo scopo di considerare l’uomo malato come un essere da studiare nelle sue componenti fisiche e psichiche e da inquadrare nell’ambiente. Da tali movimenti è scaturita una diversa, moderna e suggestiva immagine della medicina, che si chiama appunto Bioterapia.
Medici tradizionalisti e antitradizionalisti hanno in essa trovato la chiave adatta per aprire la porta della casa dell’essere
.
Frugando negli angoletti i medici bioterapici hanno riscontrato innumerevoli analogie tra la antiche conoscenze e le moderne scoperte, rese possibili dal meraviglioso progresso tecnologico.
Tenendo però l’occhio rivolto alla natura, essi vi hanno riscoperto innumerevoli energie vitali, indispensabili per l’uomo sano e utili per il malato. Tra esse una delle più importanti è appunto quella sprigionantesi dal mondo vegetale, al quale la terapia deve molto.
La medicina bioterapica non rifiuta il progresso tecnologico, ma vuole sfruttarlo a fini umani, integrandolo con la natura e nella natura. Essa ha così rivalorizzato l’uomo nel suo ambiente e nella sua dinamica progressione dalla nascita alla morte (ultima, in ordine cronologico, delle trasformazioni).
Il vecchio e l’empirico si sono integrati nel nuovo e nel razionale per risolvere il grave problema del dolore umano, sintomo di un perturbamento globale, cioè di uno squilibrio.
Non esistono malattie, esistono i malati!
Ognuno di essi è un piccolo mondo, con particolari sfumature di bene e di male, di normale e anormale.
La comprensione di tale mondo rappresenta un difficile momento della medicina bioterapica, che vede l’uomo immerso nel mondo che lo circonda e a esso legato da innumerevoli e segreti cordoni ombelicali
.
Parte Prima
Che cos’è il dolore?
Dolore cronico e infiammazione
Le cause del dolore
La Bioterapia dà grande importanza al dolore cronico e alla sua interpretazione. L’esperienza clinica mostra come molti individui soffrano, ad esempio, per lesioni artrosiche di poca importanza. In essi, praticamente, non v’è rispondenza tra alterazione anatomica e sintomo dolorifico. Il meccanismo biologico della trasformazione di lesioni normalmente indolori in dolorose, in rapporto a focolai infettivi, per molti secoli è stato inspiegabile.
Oggi lo sappiamo interpretare alla luce della scoperta delle prostaglandine. Queste misteriose sostanze (si tratta di ormoni o di intermediari di essi?) possono essere estratte da alcuni organi. L’aumento del tasso di prostaglandine è stato ritrovato in tutti gli stati tissulari che inducono trasformazioni della membrana cellulare, ivi comprese le cause meccaniche, cliniche, fisiche e patologiche (dalle ferite alle ustioni, dall’eritema solare alle dermatosi da contatto).
L’aumento di esse coincide con l’arrivo, nella zona sede della lesione, di leucociti polinucleati, cioè dei difensori a oltranza
. Vere truppe d’assalto, i polinucleati si affrettano a ingoiare
le sostanze estranee in un tentativo di difesa globale.
Numerosi ricercatori hanno mostrato come medicamenti aspirino-simili abbiano un effetto inibitore sulla sintesi delle prostaglandine, sotto l’influenza di un enzima che è stato chiamato prostaglandino-sintetitasi
.
I dolori legati a uno stato infiammatorio che perdura da tempo possono facilmente passare alla cronicità.
Le prostaglandine che si liberano nei focolai infiammatori aumentano dunque la sensibilità nervosa al dolore.
Le prostaglandine non sono il solo fattore conosciuto nella genesi del dolore. A esse si associano l’adrenalina, l’istamina, la bradicardina, la 5-idrossitriptamina, gli idroperossidi di acidi grassi e altre sostanze.
Una reazione dolorifica intensa può essere scatenata dallo stress. L’azione cumulativa di stress diversi, ivi compreso quello infiammatorio e infettivo, provoca la mobilizzazione e poi l’esaurimento delle catecolamine, della serotonina e della nor-adrenalina (che sono fattori inibitori delle prostaglandine). Il sistema nervoso, messo in tensione da parte di stress ripetuti, è facilitato nella ricezione e nella trasmissione delle sensazioni dolorose a livello dei nuclei della base (talamo ottico, prima stazione di percezione generica del dolore) e della corteccia cerebrale (ove il dolore si personalizza e diviene coscienza individuale).
Studio e trattamento del dolore
Il trattamento ideale per far scomparire il dolore consiste nell’eliminazione del focolaio infiammatorio o, se ciò è impossibile, nella somministrazione di medicamenti aspirino-simili (che agiscono bloccando le prostaglandine), o, infine, in un’anestesia locale nella zona infiammata mediante infiltrazione di