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Cenerentola cambia scarpe
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Cenerentola cambia scarpe
E-book191 pagine2 ore

Cenerentola cambia scarpe

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Info su questo ebook


Cosa è successo a Mati e Pedro? La loro storia, che sembrava una sorta di favola moderna pronta a sfidare qualsiasi virus e coprifuoco, era davvero destinata a durare? Il liceo li ha condotti su strade diverse, ma poi il fato ha deciso di farli ritrovare, proprio quando la ragazza sta per voltare pagina e costruirsi un'altra vita anche grazie ai nuovi amici. Ecco allora l'eterno dilemma del riaprire la porta al passato o guardare avanti, mentre il mondo è tornato a vivere, con la foga di fare tutto e subito, sfruttando ogni occasione. Ma Matilde, in questa era piena di stimoli, non riesce a capire quale sia la sua via. E se Pedro fosse veramente il principe azzurro che ogni donna sogna di incontrare? O forse è solo un modo di rimanere attaccata a belle sensazioni per paura di scoprire cosa potrebbe offrire il futuro? Non sarà facile prendere una decisione, tra nuovi incontri, una strana band che arriva a portare un po' di scompiglio e...
LinguaItaliano
EditoreDialoghi
Data di uscita28 lug 2022
ISBN9788892792326
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    Anteprima del libro

    Cenerentola cambia scarpe - Paolino Michela

    Capitolo uno

    31 ottobre 2022

    «Ciao Cenerentola, lo sai che ormai la mezzanotte è passata da un po’? Sicura di poter rimanere?». Un pirata misterioso le si era avvicinato da dietro scostandole i capelli con fare garbato, e le stava sussurrando queste parole. Lì per lì Matilde era rimasta sorpresa, anche perché, dopo aver provato mille costumi, essersi lagnata con Rebby perché non si vedeva bene con niente, aver rimandato indietro un paio di completi da coniglietta, alla fine aveva optato per un banale travestimento da diavoletta. Halloween era bello finché si era alle elementari: un vestito da streghetta, tanti dolcetti da mangiare, e l’unico stressamento era quello di inventarsi qualche scherzetto per quei pochi che non volevano sganciare dolciumi. Ma alle superiori era tutta un’altra storia. Era la scusa per conciarsi in modo volgare e spinto, con trucco pesante e gonne molto corte. Peccato che, per una timidina come lei, non era semplice entrare nel giusto mood; non riusciva a lanciarsi come le altre ragazze. Si era accontentata di un set composto da cerchietto con cornini da diavolo, forcone e mantello, che aveva indossato insieme a pantacollant effetto pelle, e un toppettino nero attillato senza spalline. Guardandosi allo specchio era rimasta soddisfatta dell’immagine che le aveva restituito. Ma una volta arrivata alla festa, la sua autostima era finita sotto i tacchi rasoterra degli stivali, facendola sentire inadeguata e come un pesciolino fuor d’acqua. E ora cosa voleva questo giovanotto del mistero che la chiamava come una principessa, quando lei si era davvero impegnata per apparire, almeno per una sera, come una cattiva ragazza?

    Il tempo di voltarsi, e tutto fu chiaro. Davanti a lei il bandito dei mari più bello di sempre, l’avventuriero con il ciuffo in cui ogni donna avrebbe voluto affondare le proprie dita, il corsaro con lo sguardo più profondo di qualsiasi oceano. «Ciao Pedro, anche tu qui?». Lei stessa si meravigliò della scioltezza con cui riuscì a rispondere, mentre dentro sentiva come un vortice che iniziava ad avvolgere prepotentemente lo stomaco. Diede forse il primo sorso convinto al Sex on the beach che teneva in mano, e lasciò che il ragazzo la baciasse sulla guancia in segno di saluto. «Eh già, come stai?» fu la risposta del giovane. «Molto bene, grazie. Adoro le feste di Halloween!» mentì lei. «Ma dai, e chi l’avrebbe mai detto. Miss perbenino Frischietto! Si fa presto a passare da angioletto a diavoletto, e questo look dark ti dona proprio». Ma a che gioco stava giocando? Perché non riusciva a trattarlo con indifferenza? Perché le sue parole toccavano sempre quella corda del cuore che dava il ritmo a tutte le altre, e sapeva farle andare all’impazzata? Perché quella maschera lo rendeva ancora più maledettamente figo? Perché si divertiva a stuzzicarla così?

    Per fortuna i rinforzi non tardarono ad arrivare. «M, che ci fai qui impalata? Questa canzone è stupenda!» le urlò addosso una Rebecca tutta ancheggiante e animata. «Oh, ciao Pedro. Senti, ti rubo questa diavoletta, prima che tu me la riesca a ferire per la seconda volta con quell’uncino appuntito. Divertiti caro…». E così dicendo R trascinò l’amica al centro della pista, la invitò ad alzare il calice, e provò a farla scatenare a tempo di beat.

    La festa a cui si trovavano i tre compagni delle medie era stata organizzata da un amico di Rebby, un tipo nuovo conosciuto all’istituto superiore che frequentava, e che racchiudeva sotto lo stesso edificio più indirizzi di studio. Terminato il ciclo di scuole secondarie di primo grado, le due amiche per la pelle avevano infatti intrapreso strade diverse. La più secchiona si era iscritta al liceo linguistico, con sede in città, a Varese. Una realtà piccolina, che le avrebbe permesso di approfondire le lingue, materie per cui era particolarmente portata, e allo stesso tempo ricevere una buona infarinatura di tutte le altre discipline. I professori le avevano caldamente consigliato questa opzione, ritenendola sprecata per un istituto tecnico. Non avevano invece dato lo stesso suggerimento all’altra alunna, sicuramente intelligente, ma meno adatta a questo tipo di corsi. Lei stessa ne era consapevole, non si riconosceva in quegli scenari, anche se l’idea di doversi separare dalla compagna di sempre le metteva un po’ di ansia. Ad ogni modo, conscia del fatto che il percorso istruttivo non andava scelto sulla base delle amicizie, che potevano comunque essere portate avanti all’infuori, aveva preferito una scuola tecnica da perito aziendale e corrispondente in lingue estere. Questa si trovava in un paesino vicino a quello di residenza delle due fanciulle, in una struttura condivisa che ospitava anche altri indirizzi, tra cui diverse varianti per il liceo scientifico. E proprio una di queste era stata la prescelta da Pedro e ovviamente da Davide. Guarda caso di nuovo insieme. Anzi, forse il caso qui proprio non c’entrava. Le classi erano tante, la costruzione si sviluppava su più piani, ma durante l’intervallo, gli eventi comuni e il tragitto in pullman, era facile che Rebecca e i coetanei si incrociassero. E altrettanto facile era instaurare amicizie comuni, così come era capitato con l’organizzatore dell’Halloween Party. A dire il vero R sapeva che esisteva il rischio di poter incontrare i bei calciatorini compaesani, ma non voleva rinunciare al festino del secolo, e senza ombra di dubbio ci voleva andare con la sua bestie. Così le aveva messo davanti un pacchetto completo al quale era impossibile resistere: pizza da asporto da lei, trucco e parrucco insieme, super party e pernottamento chez l’amica, così da scavallare il problema orari da asilo che imponevano i genitori di Mati.

    La serata non aveva di certo deluso le aspettative: una villa pazzesca in una zona alta della provincia che dava sul lago di Lugano. I proprietari erano partiti per qualche giorno, sfruttando la festività dei morti, e avevano lasciato la dimora nelle mani dei figli che l’avevano trasformata nella location perfetta per bere e ballare immersi in un clima spettrale studiato al dettaglio. Il salone principale aveva ampi finestroni tutto vetro, che permettevano allo sguardo di vagare sino alla sponda opposta, cosparsa di lucette della notte. Era stato addobbato con zucche, candele, luci soffuse e da discoteca. Troppo curato per essere opera dei due fratelli; probabilmente si erano fatti aiutare da qualche organizzatore di eventi o simile. Si trattava di un ambiente molto ampio, che inglobava cucina e soggiorno, e sulla penisola, che fungeva un po’ da spartiacque tra le due zone, era stato allestito il bar. Al comando un bartender professionista che sembrava davvero competente, attrezzato e abituato a lavorare nell’ordine dei suoi strumenti di lavoro. Sul lato opposto, un giovane dj che doveva essere pappa e ciccia con i padroni di casa, metteva i pezzi del momento; al suo fianco un aiutante gestiva laser, strobo e teste rotanti. Non che le due ragazzette avessero grande esperienza nel campo, ma sembrava anche meglio di mille locali.

    Appena arrivate le amiche erano rimaste piacevolmente colpite, e un’ondata di entusiasmo aveva investito entrambe. Era innegabile: la casa era stupenda e un allestimento così non lo avevano mai neanche immaginato prima. Le loro famiglie non potevano certo permettersi questo tipo di cose; le festicciole si limitavano a un po’ di musica messa a caso, e luci improvvisate in qualche modo. Poi però Mati aveva iniziato a squadrare gli altri invitati, e il suo umore improvvisamente era mutato. I fratelli Bonelli avevano invitato una marea di persone tra amici di amici del maggiore, e del minore. Tutti sembravano vestiti in modo studiato, con costumi costosi e di certo non improvvisati. Persino la sua migliore amica, che solitamente vestiva in modo semplice, pareva uscita dalle mani di un costumista provetto. Si era travestita da pipistrello, con una tutina nera conformata che valorizzava i giusti punti e la snelliva nascondendo quei chiletti in più che normalmente le conferivano un aspetto un po’ pesante. Una specie di corpetto la fasciava proprio sotto al seno, ma il tocco speciale erano le ali: giganti e allo stesso tempo eleganti e leggerissime. Così come elegante, seppur ben visibile, era il trucco che la donna pipistrello aveva applicato a occhi e viso. Aveva acquisito una buona manualità in fatto di make-up guardando tutorial su tutorial online. Conosceva i prodotti; si intendeva di pennelli e arnesi con cui applicare polveri e creme. E quel 31 ottobre, bisognava ammetterlo, aveva dato il meglio di sé per creare un maquillage ad hoc. Per non parlare delle altre ragazze, che sembravano uscite da uno studio fotografico a seguito di uno shooting a tema Halloween. A dire il vero molte maschere non ci azzeccavano nulla con il mondo degli inferi, ma ormai quella era diventata la notte in cui tutto era concesso. Il popolo femminile era strizzato in canottierine super aderenti, abbinate a shorts e gonne che a pelo coprivano i glutei. E non importava che il sedere fosse bello sodo e delle giuste dimensioni, anche chi aveva delle natiche meno compatte e importanti sembrava perfettamente a proprio agio. Le parole d’ordine a quanto pare erano: scoprire, mostrare, osare. Apparivano tutte così sicure sotto quei rossetti appariscenti, e nell’insieme erano davvero belle. Certo, probabilmente le luci soft aiutavano, ma non riuscivano a coprire il fatto che lei a confronto sembrava una povera bimba sfigata uscita ad assistere alla parata del giorno di Carnevale. Tutta l’autostima che aveva immagazzinato specchiandosi nel comfort della sua cameretta, era stata spazzata via alla vista di quelle party-girl.

    Così la morettina iniziò a lagnarsi con la socia, dicendo che lei non era adatta a quel luogo. Pervasa da una crisi di insicurezza acuta, la accusò di non essersi preoccupata di lei e di non aver fatto nulla per impedire che uscisse conciata con quell’outfit così infantile. Si sentiva indietro rispetto agli altri ospiti, e temeva che se non se ne fosse andata all’istante, la sua reputazione sarebbe rimasta segnata per sempre. Aveva già impugnato lo smartphone e stava per comporre il numero di casa, quando Rebby con fermezza la prese per un braccio e provò a farla ragionare: «Ehi, ma che succede? Mi sembravi elettrizzata quanto me fino a qualche attimo fa. Che ti importa delle altre?».

    «Cerco solo di salvare il salvabile. Se rimango alla festa, farò la figura della bambina curiosona. Della piccola impicciona che cerca di entrare nel mondo dei tipi strafighi e ricchi, e tutti si prenderanno gioco di me. E anche tu, che sapevi il genere di scenario che ci aspettava, perché mi hai fatta…».

    Ma R non la lasciò finire, la trascinò in un angolo dove era sicura che avrebbero avuto la giusta privacy, e con dolcezza disse: «M calmati. Io ci ho provato a proporti dei costumini, ma tu li hai bocciati tutti senza alcuna pietà, ricordi?». E Mati non poté fare altro che annuire. «E probabilmente hai anche fatto bene, perché costavano un sacco e tu hai tirato fuori un ottimo risultato acquistando giusto un paio di accessori. Hai mille volte più stile di tante svergognate che si dimenano qui dentro. Sei originale e molto, molto carina nel tuo ruolo da diavolita. Certo, magari con l’eyeliner potevi farmi andare giù un po’ più pesante, ma così sei la diavoletta più cute che io abbia mai visto». Mentre pronunciava queste parole, la strinse in un abbraccio sincero e caldo, di quel caldo che rassicura il cuore.

    E proprio quando M stava riacquistando sicurezza, un tizio alto e super secco si era avvicinato a loro: «Ma ciao Rebbina, come stai? Che piacere vederti! Questa è la tipa di cui mi avevi parlato?… Non mi avevi detto che era così carina. Piacere, Bonellino, il fratello minore». Spiaccicò un paio di baci sulle guance di entrambe, e fece loro strada verso la camera dove erano ammassate tutte le giacche. Probabilmente non avrebbero mai ritrovato i rispettivi cappotti, ma poco importava. Il tempo di lanciarli su quello che una volta doveva essere un letto, che il signorino della villa le stava scortando verso la sala principale. «Che dici, rimaniamo?» aveva mormorato Rebby alla sua accompagnatrice, piena di speranza ma anche disposta a rinunciare inventando qualche scusa se proprio l’altra non se la fosse sentita. Mati le fece un occhiolino ammiccante: «Adesso diamo inizio alla festa!». Da quel momento, M decise di fregarsene del suo costume imperfetto, e provò davvero a lasciarsi andare. In fondo ne aveva bisogno: la sua generazione aveva già dovuto rinunciare a troppe cose per colpa della pandemia che aveva investito il mondo un paio di anni prima. Ora, che finalmente la normalità era ripristinata, bisognava recuperare. Le compagne di una vita si lanciarono in mezzo alla pista e iniziarono a dimenarsi, scambiandosi sorrisi complici. Era così bella quella sensazione di testa leggera e spensierata. Era così bello condividere quei momenti di pura allegria. Poi un tipo vestito da scheletro e il socio in versione Frankestein avevano provato ad attaccare bottone, e loro educatamente avevano glissato dirigendosi verso il bar. Si trovarono davanti a un elenco di cocktail di cui conoscevano il nome, ma non il gusto: Moscow Mule, Caipirinha, Gin

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