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Quando l'amore fa volare
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Quando l'amore fa volare
E-book307 pagine3 ore

Quando l'amore fa volare

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Info su questo ebook

Delicatezza, romanticismo e una buona dose di ironia

Dall’autrice del bestseller La mia eccezione sei tu

Virginia è innamorata, senza essere ricambiata, di Alessandro, il più caro amico di suo cognato. Lui è il suo Clark Kent, il suo supereroe senza mantello: veterinario, aspetto vagamente nerd, occhiali da vista e non particolarmente alto, per la precisione più basso di lei. Ma Alessandro, dopo una grande delusione d’amore, si è convinto che le donne sia meglio tenerle a distanza, perché portano solo guai. Tollera l’amicizia con Virginia perché non ha alcuna complicazione sentimentale. Lei, d’altra parte, continua a stuzzicarlo per dimostrargli che, anche se in passato è stato ferito, la vita è troppo bella per trascorrerla chiudendo a chiave il cuore. E quando Alessandro la assume temporaneamente come segretaria del suo ambulatorio, Virginia crede che sia finalmente arrivato il momento di far crollare tutte le sue difese. Riuscirà a fargli capire che non serve avere un mantello per essere dei supereroi?

Lui ha perso ogni fiducia nelle donne.
Lei gli farà cambiare idea.

Hanno scritto dei romanzi di Patrisha Mar:
«Una moderna favola di Cenerentola adatta alle lettrici più romantiche e dal cuore tenero come me, con l’assicurazione che l’amore vero trionfa sempre alla fine.»
Crazyforromance

«Una deliziosa commedia romantica, frizzante come un ruscello freschissimo, da leggere per sorridere, sognare e innamorarsi.»
Amabile Giusti

«Questa favolosa commedia romantica è un’eccezione continua, una spumeggiante rivoluzione che fa di questo romance un gioiellino perfetto.»
Romanticamente Fantasy
Patrisha Mar
vive ad Ancona con il marito e la figlia. Le sue grandi passioni sono da sempre la scrittura e la lettura. Non esce di casa senza un libro nella borsa. Adora la pizza, la cioccolata fondente, Superman, i film in costume, le serie televisive coreane e le commedie romantiche americane. La Newton Compton ha pubblicato Il tempo delle seconde possibilità, La mia eccezione sei tu, Ti ho incontrato quasi per caso, Apri i tuoi occhi e La poesia dell’anima. Quando l’amore fa volare è il suo ultimo romanzo.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2018
ISBN9788822721747
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    Anteprima del libro

    Quando l'amore fa volare - Patrisha Mar

    Capitolo 1

    Risiko insegna

    Virginia

    C’è un luogo in cui il cielo e il mare si incontrano, un orizzonte lontano, una linea sottile sfumata, che attira il mio sguardo languido e sognante. Le acque sono increspate, il loro suono è una carezza. Mi sento felice. Con un sorriso soddisfatto dipinto in faccia, il sorriso delle grandi possibilità, delle aspettative e dei piani ben riusciti, sprizzo entusiasmo da ogni poro, anche se il cielo è diventato plumbeo e la spiaggia un luogo deserto. Sono le sei del pomeriggio e minaccia burrasca. Amo il mare silenzioso e coraggioso, quello fatto dalle onde che vogliono gonfiarsi e infrangersi sulla spiaggia, amo il momento in cui i gabbiani diventano i proprietari del litorale e sfrattano i loro fastidiosi coinquilini, cioè noi umani, sempre così chiassosi e caotici.

    È un pomeriggio di luglio, di un luglio particolarmente piovoso, ma non mi importa. Non vengo a Fregene perché voglio sfoggiare il mio bikini, anche se sono un vero schianto con tutte le curve nei punti giusti, o perché voglio una di quelle abbronzature da lampados. Vengo qui perché amo osservare il mare, i suoi colori sempre diversi e intensi, il movimento increspato delle onde, un andamento mai uguale a se stesso, irregolare e imprevedibile proprio come è la vita, proprio come mi sento io a volte.

    Quando ero piccola mi portavano sempre al mare a Fregene. I miei genitori combattevano con il bilancio familiare e con i loro sogni, una guerra persa in partenza, ma almeno ci davano da mangiare, ci vestivano, poco importava se non avevano i soldi per una vera vacanza. Poi c’era zia Linda, una zia acquisita, una buona amica per mia madre, una salvatrice per noi. Per cinque anni ci ha ospitato nella sua casa e ho ricordi bellissimi di quei giorni. Ho imparato a nuotare proprio qui, a giocare con il secchiello e il rastrello, a impiastricciarmi i capelli di sabbia e a divertirmi con poco. Sara non condivideva questo mio entusiasmo, lei aveva sempre l’aria musona, a quel tempo non amava il mare e credo che il motivo vero fosse che odiava il suo corpo. Non si vedeva carina, era un po’ rotondetta e tendeva a nascondersi dietro l’ombrellone, la sdraio o qualsiasi cosa potesse impedire agli altri di vederla.

    Per fortuna quella fase è stata superata da un pezzo. Ora è una attraente giovane donna, più sicura di sé, con un sedere invidiabile che attira gli sguardi di molti. Si è sposata con il figo più figo di questa terra, lo dico sempre che ha fatto bingo, vinto il jackpot, sbancato il casinò. Daniel Gant è bello come il sole, per usare una stupida frase fatta, ma è tutto vero, perché quando lui entra in una stanza, sembra che una lampada uva si posi sul volto di chi lo osserva, abbronza per la sua luminosità. Nudo poi è una cosa pazzesca. Dovrei vergognarmi, ma ho studiato i suoi servizi senza veli manco dovessi cominciare a dipingerlo, e io, sottolineo, non dipingo affatto. Non dimenticherò mai la prima volta che con mia sorella abbiamo commentato il suo servizio fotografico di nudo integrale più famoso, puntando il dito, in senso letterale, sulle sue qualità… qualità ben proporzionate.

    Non posso ancora crederci, un evento fortuito e inaspettato gliel’ha fatto incontrare, neppure la sua storia l’avesse scritta un’autrice di romanzi rosa. Bang, si sono piaciuti, si sono frequentati, si sono fidanzati e si sono sposati nel maggio di quest’anno. Mia sorella era incantevole.

    Ha lottato per il suo amore, ha messo da parte le sue paure più assurde e ha raggiunto la sua mèta, lasciando il suo lavoro e diventando l’assistente personale di Daniel. Ora gira con lui per il mondo, partecipa alle feste, presenzia alle sfilate del marito e veste persino alla moda, mia sorella! Il mio orgoglio! Oh, ma mi ha rassicurato che il suo look è solo una messinscena per non far sfigurare Daniel, rimane una ragazza da jeans e maglietta, da pigiamoni felpati a fiorellini e ciabatte di Duffy Duck. Anche se penso che con un marito come Daniel i vestiti le restino addosso poco. Una manciata di mesi di matrimonio e un uomo tanto focoso possono essere deleteri per il guardaroba. Chissà se le strappa gli abiti proprio come accade nei romanzi d’amore. L’uomo arriva, prende la donna per le spalle, la volta con irruenza, affonda la lingua nella sua gola e, visto che c’è, le strappa la camicetta con tutti i bottoni che volano per aria come fuochi d’artificio e cascano a terra con piccoli pof. Forse è meglio che non pensi a quello che fanno quei due in camera da letto, primo perché mi fa impressione pensare alle posizioni del kamasutra impersonate dalla mia sorella precisetti, secondo perché mi prende una sana invidia, di quelle che consumano senza essere pericolose, non provocano tsunami ormonali ma mi costringono a riflettere. Che cavolo faccio io vergine ancora a ventiquattro anni?

    Per fortuna che dell’opinione degli altri non me n’è mai fregato nulla; se le amiche mi rimproverano perché sto perdendo gli anni migliori della mia vita e perché ancora non ho dato libero accesso al parco dei divertimenti, fanno una fatica doppia. Non cambio certo idea solo perché loro non approvano. Intendiamoci, ho avuto le mie storie, mi sono sbaciucchiata a dovere, ma non ho mai permesso al signor Coso di fare una conoscenza intima con la mia signora Cosina. Insomma, ho sempre sognato quello giusto per farlo. Sono una ragazza moderna, ma su questo mi sento all’antica come mia nonna Glicine. Ok, non è proprio all’antica lei, è anziana ma è sveglia, attenta, saggia e simpatica, la persona più simpatica che conosca. Mi ha dato una sana pacca sulla spalla quando le ho detto: «Nonna, l’accesso è stato negato».

    Ha capito cosa intendevo e ha tutta la mia stima per questo.

    Comunque, come dicevo, ho avuto un paio di ragazzi, ma non ho incontrato il vero amore. No, sto mentendo. Non ho ancora incastrato il mio vero amore, ma sono certa di averlo già incontrato.

    È una storia lunga e quando mi ritrovo, come in questo preciso istante, davanti alla spiaggia a osservare il mare, allora i ricordi che lo riguardano riaffiorano, si intrecciano peggio delle treccine della signora nerboruta che voleva lavorare sui miei capelli un’oretta fa. I pensieri su Alessandro Gualtieri per me sono sempre molto semplici, ma non so come ho il potere di incasinarli talmente tanto da rendere tutto un pastrocchio.

    Ho solo una certezza che lo riguarda: è il mio lui, quello giusto. Ne sono certa, sicura come il fatto che la luna sta ancora lassù e orbita intorno al nostro caro vecchio pianeta. Il problema è che Alessandro non lo sa, o forse fa finta di non accorgersene.

    È scaltro. Un furbo travestito da misogino. Respinge tutto l’universo femminile e questo è per me un bene, in quanto le donne dopo un paio di grugniti e uno sguardo sbilenco gli si allontanano come se fosse un orso Grizzly pronto ad attaccare. Ed è così. Ha la battuta pronta ed è capace di congelare la malcapitata di turno con le sue sole parole affilate e il suo cinismo spicciolo.

    Peccato che con me non attacca, non mi spaventa, non mi allontana, anzi, accidenti a lui, mi avvicina. Sono una di quelle sfigatissime falene che si avvicinano alla luce, si scottano e si accartocciano su se stesse, ma muoiono felici per aver ottenuto il loro obiettivo. Magra consolazione.

    Ammetto che preferirei raggiungere un risultato da viva, ecco perché forse è meglio smettere di interpretare una falena dai colori smorti. Mi vedrei molto più come una leggiadra farfalla che svolazza intorno al fiore alto e fiero. Vorrei posarmi su di lui e trovare la pace. Ma Alessandro Gualtieri è più inaccessibile di me. No, non abbandono le speranze, non lo farò mai perché lui capitolerà, lo farà, e quando succederà, ringrazierà il Signore per avermi incontrato.

    Sì, ho deciso, non sono una farfalla ma proprio l’onda del mare che rosicchia la costa e lo fa un po’ alla volta, fino a prenderne possesso. Mi alzo dal telo su cui ho incrociato le gambe. Indosso ancora i pantaloncini corti e il pezzo di sopra del bikini. Il vento mi soffia tra i capelli e vorrei che Ale mi vedesse così proprio adesso. Alta, fiera, con lo sguardo perso verso il mare, i pensieri rivolti a lui.

    Alessandro Gualtieri è il miglior amico di Daniel. Porta gli occhiali, è più basso di me di circa quindici centimetri, ha i capelli castano chiaro, piuttosto anonimi, e un viso carino, ma nulla a che vedere con l’adone di mio cognato. Non so neppure che fisico abbia, l’ho sempre visto nascosto da magliette slabbrate, giacche svasate e camice fuori dai calzoni, ogni cosa pur di non delineare la muscolatura che c’è sotto. Sempre che ci sia. Eppure Ale è il mio tutto, ha gli occhi che sembrano gemme preziose di un grigio cangiante capace di assorbire mille sfumature, occhi che sanno sorridere anche senza volerlo, mi ipnotizzano insieme alla sua voce calda, capace di sciogliermi come un Magnum sotto il solleone. Se mi guarda, ho il cuore che si anima e inizia a ballare la salsa, il merengue e pure la baciata. Neppure una dose doppia di camomilla ridurrebbe il mio battito perché il mio cuore lo riconosce, grida per esser visto. È come se urlasse sono quiii, sono quiii.

    Il problema è che Alessandro non prova quello che provo io. Ho fatto di tutto per farmi notare da lui, ho persino flirtato al matrimonio con il cugino di Daniel, un certo Giovanni, un pezzo da novanta, tutti geni ottimi in quella famiglia, combinazioni di dna di prima qualità. Per un attimo ho creduto che Alessandro si sarebbe infastidito, mi ha raggiunto in terrazza quando Giovanni si era temporaneamente allontanato per andarmi a prendere qualcosa da bere. E io come una scema che ho fatto? Mi sono seduta sui suoi occhiali da vista. Bella mossa davvero! Con Ale divento maldestra, distratta, non è da me, ma accade e puntualmente faccio una figuraccia terribile. Proprio quello che mi ci vuole, considerando che il signor Gualtieri ritiene tutte le donne dell’universo non solo un fenomeno da baraccone, ma anche una mina vagante, soggetta a sbalzi umorali, e con la testa vuota. Per la verità, uno così lo dovrei solo prendere a botte. Ma lo amo e all’amore non si comanda di inforcare una strada a un bivio, sa già quale vuole percorrere e sei fregata.

    Alessandro è il mio Clark Kent, il mio eroe in incognito, non ho bisogno di un modello con i bicipiti e il fondoschiena marmoreo, ma pretendo che il suo ridere sia rivolto a me, che la dolcezza del suo sguardo sia per me, che una sua carezza, con la mano di chi ha lavorato per una vita, si posi sul mio volto e mi faccia shakerare le budella.

    La brezza si fa più intensa, l’aria ancora più fresca, raccolgo la felpa grigia e la indosso continuando a non staccare gli occhi da quell’orizzonte di possibilità.

    «Santo cielo, Virginia!».

    Ecco come riportarmi sulla terra. Lia, la mia migliore amica, non ci pensa un attimo a scrollarmi come un tappeto. «Vogliamo andare? Fra un po’ verrà giù il diluvio universale e non vorrei essere beccata da un fulmine su questa spiaggia deserta».

    Lia si è fatta ancora più avvenente, con i suoi capelli neri, le labbra a cuore e gli occhi furbi di chi la sa lunga. È di nuovo fidanzata e sono certa che abbia una voglia matta di riportarmi a casa e di andare a trotterellare con Teddy. Va bene, non si chiama Teddy, ma Teodoro. Lei gli ha affibbiato il soprannome Teddy e subito mi viene in mente un orsacchiotto di peluche innocuo, non certo lo stallone focoso che la rivolta come un calzino, a detta sua. Comunque l’ha risvegliata dal torpore, credo che i suoi ormoni siano accelerati come i bosoni di Higgs nell’esperimento al cern.

    «Ora andiamo, non temere, non ci sarà nessun fulmine».

    Non farei un soldo bucato come indovina, non solo perché un fulmine inaspettato squarcia l’orizzonte, ma un tuono poco dopo ci dà una svegliata stile tromba nelle orecchie.

    «Che cavolo!», impreca Lia, afferrando la borsa di tela e l’asciugamano. Non si preoccupa neppure di pulirlo dalla sabbia e inizia a correre.

    Alzo le spalle e mi chino per prendere le mie cose, mentre la pioggia comincia a bagnarmi tutta. Ma non mi importa, ho goduto di un bellissimo momento di quiete, un momento dedicato ad Alessandro.

    Inizio a correre, ma solo perché ne ho voglia e mi piace, non perché ho paura di quattro gocce. Ok, facciamo quattrocento.

    Una volta raggiunta la macchina entro e Lia è già lì al posto di guida, con il broncio storto mentre borbotta: «Pensavi di nuovo ad Alessandro, vero? Quando c’è di mezzo lui, non ti accorgi più di nulla intorno a te».

    Appoggio la testa sullo schienale e sorrido. Ha ragione, è proprio così. Sono una pera cotta. «Se anche fosse? Adoro sognarlo mentre osservo il mare!».

    «Ah, basta, non ti ho mai visto così». Ingrana la marcia continuando a brontolare. «Quello non ne vuole sapere di te. Non gli interessi».

    «Non gli interessano le donne in generale, non ce l’ha con me».

    Lia, capelli gocciolanti e occhi a fessura, si gira a scrutarmi, prima di fare partire la macchina con un sussulto. Lei e la frizione non vanno d’accordo. «Potrebbe essere un gay non dichiarato, ci hai mai pensato?».

    Scoppio a ridere e lo faccio con una tale naturalezza che Lia si acciglia. Ho sbirciato come Ale si volta a guardare le tette alle ragazze, quando ne passano di formose a zona periscopio. Altro che gay, è solo represso. Ora che ci penso però le mie tette non le guarda mai.

    «Non è gay, fidati».

    «Allora è morto, è un cadavere che cammina, perché è inconcepibile che un uomo a quell’età non scopi come un riccio».

    «Come il tuo Teddy?»

    «Appunto».

    «Magari fa del sano autoerotismo».

    «Ma per favore!». Agita la mano, lasciando il volante. La pioggia è talmente intensa che pensa bene di riafferrarlo con tutte le dita. La ringrazio mentalmente per questo.

    «Sara mi ha detto che Daniel le ha riferito che ha avuto una terribile esperienza sentimentale e che da allora rifugge tutte le donne. Non vuole più soffrire».

    «Ma che cucciolo», ironizza Lia, ormai senza più pazienza. Poverina, le ho fatto una testa così su Alessandro, posso pure capirla se non ne può più.

    «È sensibile!».

    «Certo, come no, un campione di sensibilità quando ti prende in giro o quando ti punzecchia o quando…».

    «Lo fa perché ci tiene a me, ne sono convinta».

    Lia stira le labbra che da piene diventano una linea rigida. «Svegliati, Virginia. Stai sprecando tempo con il tipo sbagliato. Quello diventerà un vecchio solitario, panzone e incarognito con la vita, odierà tutti i bambini e finirà i suoi giorni collezionando giornali polverosi».

    Lia ama essere melodrammatica all’occorrenza e l’immagine di un Alessandro canuto è divertente, ma non finirà così. Lui sarà mio marito, avremo almeno tre figli, due cani, una casa a schiera e mi massaggerà i piedi davanti al caminetto che avrà fatto costruire per me.

    Ma se glielo dicessi, Lia mi riderebbe in faccia, mi prenderebbe per una smidollata romanticona, quindi tengo per me questo sogno a occhi aperti.

    La verità è che desidero una casa come quella di zia Nora, un focolare accogliente in cui tornare, un amore che sia per sempre. Non chiedo tanto, e so che Alessandro farà parte del mio futuro. Non ho mai avuto dubbi. A differenza di Lia, Sara e Daniel parteggiano per me, ed è grazie a loro che ho potuto frequentare di più Alessandro nei mesi prima del matrimonio.

    Adesso Alessandro mi telefona e usciamo insieme, a mangiare una pizza, a guardare un film al cinema, ma non c’è romanticismo in tutto questo, niente appuntamento uomo porta fuori donna, la coccola, la fa sentire importante e poi la bacia con passione, mentre la lingua mappa tutta la bocca di lei, per essere sicura di non dimenticare neppure un punto erogeno.

    No, le uscite con Alessandro sono quelle di due camerati, due amici maschi che chiacchierano, scherzano, giocano e parlano della giornata trascorsa. Io sono il rimpiazzo di Daniel Gant e Lia lo ha compreso bene, ecco perché si è fatta più acida di una torta allo yogurt andata a male.

    Ma a me sta bene così, perché posso vederlo, posso continuare a sperare; non deve fare altro che aprire i suoi occhi e capire che con me è al sicuro, che lo amerò sempre, che non lo deluderò e che sarò il suo approdo sicuro.

    Non ho fretta, lui non mi sfuggirà. Lia può mettersi l’anima in pace. Un giorno sarà invitata al nostro matrimonio e sorriderà per me e per il mio Clark. Lancio i dadi. Che la partita abbia inizio.

    Capitolo 2

    L’amore fa schifo

    Alessandro

    L’amore fa schifo!

    È la più grande bufala della storia.

    Una balla colossale a cui solo gli sciocchi, i romantici e gli psicotici credono ancora. Come se le regole dell’universo dipendessero da frasette zuccherose da Baci Perugina. Mi rifiuto di far governare il mio umore da parole sdolcinate condite di melassa grondante. Povero Shakespeare, morirebbe una seconda volta se sapesse che la sua arte immortale si è piegata al bieco servilismo, spacciando l’amore per il più importante dono della vita. Ditelo a Romeo e Giulietta, due tra i più famosi sfigati che siano mai stati creati, ditelo a loro quanto è bello amare ed essere riamati. Sapranno di sicuro che farsene.

    Lo ammetto, sono un cinico, e me ne vanto con orgoglio, ma non sono nato così, mi sono dovuto applicare con costanza per anni per raggiungere un livello di immensa soddisfazione personale. Il cinismo è un mestiere che si impara con un’attenzione maniacale e quanto sono stato attento!

    È anche vero che non ho meriti particolari, perché al posto mio chiunque lo sarebbe diventato prendendo la laurea. Lo ammetto, sotto sotto c’è il solito trauma irrisolto, il sassolino nella scarpa che in realtà è grande quanto il meteorite che ha distrutto gli inconsapevoli dinosauri. Cataclisma che ha travolto la mia vita, il mio carattere, i miei yin e yang. Non so perché l’ho detto, mica ci credo a tutte queste stronzate, ma suona bene.

    Ecco un altro mio pregio, perché per me è un pregio: quando devo dare fiato alle trombe lo faccio senza indugiare, poco importa se uscirà una buffonata di prima categoria o la frase più intelligente detta da un essere umano. Sono così, prendere o lasciare, e spero sempre che le mie parole facciano lasciare e subito.

    Mi piace stare solo, non desidero persone intorno, non voglio essere socievole né di compagnia, la mia natura gioviale potrebbe uscire allo scoperto e tutta l’immagine di uomo sfuggente scivolare via come l’acqua nello sciacquone. La mia croce è essere un tipo simpatico, non lo faccio apposta, vorrei essere l’uomo più odioso e scontroso e cattivo della terra, perché così non dovrei mai fare i conti con i miei sentimenti calpestati, con le ingiustizie che vedo ogni giorno e che mi toccano dentro anche se non voglio, con i sorrisi di una ragazza carina come Virginia, che mi fissa come se fossi un eroe e a cui non mi avvicino neppure.

    Ecco, lo sapevo, Virginia, come accidenti è finita in questo mio lungimirante discorso? Non voglio Virginia nei miei pensieri e nella mia vita, ma lei sembra esserne diventata una costante, è sempre presente, sempre lì in carne e ossa o in un mio fugace e terrificante pensiero. Escluderla può essere facile, devo solo pensare ai meteoriti e lei svanisce come uno sbuffo di fumo.

    Il problema è che poi si ripresenta, come una malattia cronica da cui non riesci a curarti. Come lo shopping compulsivo, ne vuoi sempre di più, e ti ritrovi come quella stupida di un film americano che non aveva soldi eppure continuava a comprare svuotando le sue già vuote carte di credito… Ah, il titolo del film era I love shopping… la parola love e io non dovremmo mai stare nella stessa frase!

    Meteorite, meteorite, meteorite… Ok, ora va meglio.

    Per la cronaca non vivo più con i miei genitori, mi sono emancipato quando ho cominciato ad avere uno studio tutto mio, un ambulatorio per i miei animali. Mi piace definirli così, i miei pazienti, loro sono il meglio che la vita mi ha donato, perché li amo e sono ricambiato. Posso permettermi di amarli perché non tradiscono, non ingannano, sono sinceri, seguono l’istinto e sanno come rispettare. Ho una passione in particolare per i cani. Ecco, mi sono appena smentito. So provare amore, ma preferisco rivolgerlo a chi lo merita: i miei animali.

    Diventare un veterinario è ciò che ho sempre desiderato, è ciò che sono dentro, una vocazione. Mi sono applicato e come sempre, quando mi applico caparbio, sono riuscito nel mio intento. Ho un piccolo ambulatorio al piano terra di una palazzina non proprio bella nel quartiere di Monte Mario a Roma. La facciata ha perso il suo colore vivo, qua e là si intravedono macchie di umidità, ma non è un problema mio, sono in affitto, non ho certo i soldi per comprare l’appartamento. Sono il nipote di Dario Gualtieri, il noto stilista, ma non ne sono il figlio e se anche lo fossi non vorrei i suoi soldi, ho da gestire un orgoglio grande come la cupola di San Pietro.

    Mio padre è quello che si potrebbe definire il perfetto opposto dello zio. È il classico professore in pensione. Una vita spesa tra i libri, con il naso sempre perso tra qualche pagina di un vecchio classico o di un trattato di filosofia. Detto tra noi, ho sempre odiato la filosofia, la trovo noiosa, poi mi sono accorto con orrore di essere un po’ filosofo anch’io e di trovarmi terribilmente noioso. Un bel problema.

    Carlo Gualtieri ha sempre i suoi fedeli occhialetti sul naso, sprofonda in una comoda e avvolgente poltrona che riconosce ogni centimetro del suo corpo e gli va incontro, modellandosi con gentilezza su di lui. Il suo studio è una stanza piccola ma funzionale, che sa di polvere, di passato e di felicità. Mio padre è sul serio

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