Ugo Forno. Il Partigiano Bambino
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Anteprima del libro
Ugo Forno. Il Partigiano Bambino - Felice Cipriani
Prefazione
Il biografo Felice Cipriani annota, con notevole acume antropologico, un fondamentale dato caratteriale di Ugo Forno, il martire dodicenne del ponte dell’Aniene, una via di comunicazione essenziale per permettere l’avanzata degli Alleati in quel 5 giugno 1944: Ci sono uomini, e Ughetto lo era, a cui la guerra, le privazioni, portano in avanti il calendario dell’età... Questi uomini, quando vengono coinvolti in qualcosa che appartiene al male, non possono fare a meno di combatterlo per gli altri ma anche per se stessi, e per la propria dignità e per il loro avvenire
.
Chi ha un figlio, o una figlia, di dodici anni sa bene quali siano i loro problemi di oggi: una dipendenza diffusa per tv, telefonini, iPod, Nintendo. Nel secondo decennio del terzo millennio, bisogna compiere uno straordinario sforzo per immaginare come il piccolo Ughetto, proprio all’età di dodici anni, abbia avuto una consapevolezza da adulto (come la descrive Cipriani) tale da fargli prendere letteralmente il proprio destino tra le mani, spingerlo a esporsi senza protezione contro il nemico nazista che si stava allontanando, a predisporre addirittura un piano d’azione. Tutto questo a dodici anni. Viene in mente un parallelo con un altro dodicenne romano, quel Righetto
di Trastevere che, nelle ore più tragiche della gloriosa Repubblica Romana del 1849, rimane dilaniato da una bomba francese che lui stesso tenta di disinnescare come ha già fatto tante altre volte (bastava spegnere la miccia con uno straccio bagnato). Anche Righetto, come Ughetto, lotta contro un invasore. E sempre Righetto fa parte di un gruppo di agguerriti coetanei che condivide la stessa lotta degli adulti. Dunque non c’è un’età per ottenere quella consapevolezza che ti porta a scelte definitive. Così come non c’è età per scoprire in te stesso la passione per una fede o, al contrario, la tendenza all’opportunismo.
Ughetto, anche come personaggio narrato, sarebbe stato perfetto in Roma città aperta. Ha la stessa dignità, per fare un solo esempio, del Don Pietro Pellegrini interpretato da Aldo Fabrizi. Qui non si tira in ballo Roberto Rossellini a caso: perché ciò che più colpisce nell’ultima giornata di Ugo Forno è la perfetta comprensione della complessità, e soprattutto dell’irripetibilità, del momento storico che sta vivendo, e di cui diventa straordinario protagonista senza un attimo di esitazione.
Ughetto non ha bisogno di discorsi tattici per capire quali fossero le conseguenze per gli alleati, se fosse saltato il ponte sull’Aniene. Insomma, il gesto di Ugo Forno è esattamente l’opposto di un atto d’incoscienza, perché la coscienza
è perfettamente vigile. Il lavoro di Felice Cipriani è lodevolissimo soprattutto perché ricostruisce questa figura sottraendola alla banalità di una facile retorica e ci restituisce Ughetto vivo, nel pieno della sua effervescenza, allegro e pieno di vita.
Anche le istituzioni si sono mosse, dopo anni di silenzio e di esitazioni, per ricordare la figura di Ughetto. Il ponte ferroviario sul fiume Aniene, dove oggi corrono i treni dell’alta velocità, è intitolato dal 5 giugno 2010 dalle Ferrovie dello Stato a Ugo Forno: ed è bello pensare a questo collegamento tra il sacrificio di questo ragazzo e la contemporaneità. Amici e famigliari di Ughetto da tempo si sono organizzati in un comitato spontaneo e si dedicano alla pulizia e all’abbellimento dell’area. Un lavoro destinato a mostrare, soprattutto ai tanti frequentatori della pista ciclabile, il luogo del martirio di un dodicenne che s’immolò per la libertà del nostro Paese.
L’8 gennaio 2013 il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha attribuito a Ughetto la Medaglia d’Oro al Valor Civile alla Memoria. In tempi più recenti, il suo successore Sergio Mattarella ha ricordato il ragazzo al Quirinale il 25 aprile 2015 nell’ambito della festa della Liberazione. In quanto all’amministrazione comunale di Roma, il 5 giugno 2015 è stato intitolato a Ughetto il giardino di via Pietro Mascagni: lì vicino il ragazzo combatté e fu ucciso.
Ecco perché questa biografia andrebbe diffusa nelle scuole medie e nelle superiori: proprio per raccontare che se la nostra città venne liberata dall’occupazione nazista lo si deve anche al puro eroismo di un ragazzo di dodici anni. In tempi in cui l’immaginario dei ragazzi si nutre di realtà virtuali e di fiction, a vari livelli tecnologici, offrire una testimonianza di vita e di morte autentiche è un regalo per il futuro delle nuove generazioni, e per una loro autentica crescita civile.
Paolo Conti
Introduzione
Francesco Forno è scomparso il 10 luglio del 2018 in una clinica a Casal Bernocchi che dista cento metri dalla via che è stata intitolata al fratello Ughetto. Egli si è sempre dispiaciuto che quella mattina del 5 giugno non riuscì a fermare il fratello, che gli aveva detto che sarebbe andato a trovare un amico. Ti ringrazio Franco per l’amicizia che mi hai concesso e stai certo continueremo a mantener viva la memoria di Ughetto. Questa la testimonianza che mi ha rilasciato negli anni scorsi.
"La vita non perde mai l’occasione di stupire, almeno per quello che mi riguarda. Infatti, in tempi andati, non avevo quasi mai valutato la possibilità di raggiungere i miei attuali anni. Di conseguenza mi ritrovo a rivedere il peso lieve e grave dei miei trascorsi che, ogni giorno, si aggiungono alla mia vita. Tra l’altro, non avrei potuto prevedere il rapporto di stima e di amicizia che si è instaurato con Felice Cipriani, egregio e raro autore di scritti che si sono imposti alla mia attenzione. Oltre al merito di intensificare un attestato di valido interesse nei confronti di mio fratello, mi ha riportato indietro nel tempo, ahimè tanto lontano, della mia gioventù. Si dà il fatto che la meritevole identificazione stessa nei confronti di chi solo per dodici anni mi fu vicino ha richiamato un periodo della mia vita che per varie vicende si era illanguidito, sommerso nella scomparsa crudele di Ugo.
Infatti, Cipriani, oltre al merito di avere dato risalto a quanto il tempo aveva fatalmente confinato nell’oblio, ha ravvivato il ricordo e richiamato alla mente quanto era stato sommerso dalla tragedia. Pur soffocando ricordi e rimpianti, l’oblio non ha cancellato quanto Ughetto fece quel drammatico 5 giugno del 1944.
Questo per dare il giusto merito al nostro storico e cronista, che ha riacceso ogni altro interesse e affettuoso ricordo che ho scoperto in quella lontana mia giovinezza. Cipriani ha posto un richiamo sopito di attenzione legato a un mio vicino delle elementari, fratello di un analogo compagno di Ugo; risvegliando in me l’eco di un periodo allora felice e spensierato, è stato come riaprire un capitolo della mia giovane età che si è profondamente imposto in un misto di grande e sempre viva amarezza, ma con il dolce rammarico di una gioventù lontana improvvisamente ravvivata dal piacere rivissuto di anni felici, di questo non posso che essere grato dell’imprevisto merito di Felice Cipriani".
Francesco Forno
Nota
Paolo Brogi, giornalista per molti anni al «Corriere della Sera», è stato quello che mi ha dato lo spunto per interessarmi di Ugo Forno. Infatti, fu un suo articolo pubblicato anni fa a farmi scoprire la sua storia. Per anni ha continuato a scriverne e a occuparsene, partecipando alle numerose iniziative che si sono svolte nel corso del tempo. L’ho invitato a scrivere una sua nota:
A colpire, subito, sono stati quei pantaloncini corti sul corpo esile, in una piccolissima foto che lo ritraeva accanto alla madre sorridente con lo sfondo un tram.
Pantaloncini ingannevoli, perché com’è poi emerso in altre vicende analoghe di giovanissimi della Resistenza a Roma, l’età era relativa, contava la guerra con le sue miserie e crudeltà ma anche con una spinta fortissima a far diventare grandi
anche i più piccoli. Vero, verissimo, però quel ragazzino aveva solo dodici anni...
Quando, nei primi anni Duemila, mi sono imbattuto nella storia dimenticata di Ugo Forno, ho subito avvertito il lato doloroso quanto inaccettabile per la sua morte eroica così trascurata. Nulla a Roma che lo ricordasse se non una stradina da poco in estrema periferia, nulla che lo tenesse presente nel plesso d’istituto in cui aveva studiato la media Settembrini, sotto il liceo Giulio Cesare, al quartiere Trieste, nulla che lo