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Il Mulino Del Passo:  Avamposto socialista in Calabria
Il Mulino Del Passo:  Avamposto socialista in Calabria
Il Mulino Del Passo:  Avamposto socialista in Calabria
E-book175 pagine1 ora

Il Mulino Del Passo: Avamposto socialista in Calabria

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Info su questo ebook

Il libro di Francesco Fiumara è il racconto delle vicende storiche, umane e politiche che fecero da sfondo alla vita del mulino del Passo di Serrata, proiettando un nucleo familiare e la comunità di un piccolo paese con i loro sogni ed i loro ideali sullo sfondo delle vicende nazionali ed internazionali del fascismo e del dopoguerra.
Il racconto segue le vicende del mulino e dei suoi frequentatori sotto il regime fascista, nei giorni frenetici del passaggio dalla dittatura alla democrazia, fino all’esaltante conquista del comune da parte dei partiti di sinistra negli anni Cinquanta con l’elezione di Ferdinando Fiumara che divenne il primo sindaco socialista di Serrata.
Oggi, dell’edificio del mulino del Passo non rimangono che pochi ruderi ricoperti dalla vegetazione pressoché irraggiungibili.
L’unica traccia visibile della sua esistenza è una piccola chiazza biancastra su una foto aerea di Google Earth, alle coordinate lat. 38°30'35.98"N e long. 16°5'43.78"E, in un canalone fra due piccoli paesi della provincia calabrese.
Il racconto, minuziosamente documentato, vuole mantenere – in un epoca di disincanto e qualunquismo – la memoria di un microcosmo dell’Italia meridionale del dopoguerra, povero di risorse economiche ma ricco di forti tensioni ideali.
LinguaItaliano
Data di uscita21 mag 2014
ISBN9788868221928
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    Anteprima del libro

    Il Mulino Del Passo - Francesco Fiumara

    Francesco Fiumara

    Il mulino del Passo

    Avamposto socialista in Calabria

    Prefazione di Gianni Oliva

    Proprietà letteraria riservata

    © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy

    ISBN: 978-88-6822-192-8

    Edizione eBook 2014

    Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza

    Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672

    Sito internet: www.pellegrinieditore.com - www.pellegrinilibri.it

    E-mail: info@pellegrinieditore.it

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    All’indimenticato Nino

    fratello amatissimo

    che come me visse le stesse passioni

    e le stesse speranze.

    Prefazione

    Un bel libro, un bel libro davvero: scritto con scioltezza, documentato con attenzione, partecipato col cuore. Nel racconto, che segue un sottile filo narrativo autobiografico, ci sono la Calabria e la politica, la famiglia e la memoria, il paese d’origine e il mulino di nonno Antonino. Ma, soprattutto, c’è il socialismo: non il PSI di governo degli anni Sessanta, e neppure il partito liberal-laburista craxiano degli anni Ottanta; c’è il socialismo delle origini, palingenetico, eroico, messianico, forse più emotivo che politico, certo capace di infiammare le coscienze e di far crescere i militanti.

    Il mulino del Passo è un luogo fisico, un fabbricato adagiato nel fondovalle del fiume Custo là dove un ponte di legno collega le due rive del corso d’acqua e mette in comunicazione Serrata con Candidoni. Siamo in provincia di Reggio Calabria, diocesi di Mileto, per secoli terra di viti, di campi di grano, di uliveti, di coltivazioni di gelso. La grande storia sembra passare lontano da questi angoli remoti di ruralità: il regno borbonico, il Risorgimento, l’Italia sabauda sono realtà successive percepite più attraverso gli esattori delle tasse e le chiamate di leva che attraverso le trasformazioni politico-culturali. Tutto cambia nel 1915, quando la Prima guerra mondiale mobilita oltre cinque milioni di maschi italiani mandandoli a combattere e a morire nelle trincee del nord-est: non c’è famiglia, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, che non abbia al fronte un congiunto, un figlio, un padre, un fratello, un cugino. Tutti vogliono sapere che cosa rappresenta quella guerra, per che cosa si combatte, quali sono le città coinvolte, quali i nomi dei comandanti, quali le località delle battaglie. Paradossalmente, nasce in quegli anni tormentati la cittadinanza italiana: anche le zone più remote, anche la valle del Custo sono finalmente partecipi di una stessa esperienza nazionale: i contadini del Sud, così come i montanari del Nord, imparano in questo modo a sentirsi italiani, e quando nel 1918 il conflitto finisce il Paese è ormai cambiato e maturato.

    La storia del mulino del Passo inizia da lì, dal primo dopoguerra: un’Italia nuova, più condivisa e più forte; un’Italia dove si comincia a discutere, a ragionare sulle ingiustizie sociali, a sognare una realtà diversa; un’Italia mutata che ha voglia di continuare a mutare. Nella ricostruzione di Francesco Fiumara, proposta sotto forma di dialogo tra il nipote adolescente e il nonno ormai ottantenne, scorrono quattro decenni, dalla fine della prima guerra mondiale sino a tutti gli anni Cinquanta: il mulino del Passo è un riferimento per il territorio, un luogo dove si porta il grano alla macina ma anche dove si chiacchiera, si esprimono idee, si prospettano soluzioni, si denuncia e si sogna. Durante il Ventennio fascista tutto avviene sottovoce, tra i timori della repressione; dalla fine del 1943, dopo la liberazione, il filo di ferro della dittatura si allenta, ma la testimonianza di una fede socialista resta comunque difficile in un ambiente profondamente clericale, dove i grandi poteri sono abituati a transitare da un’esperienza storica all’altra senza pagare pegno e dove l’accusa di sovversivismo pesa come una condanna. L’ammirazione per nonno Antonino nasce dal contesto nel quale matura e si manifesta la sua testimonianza: essere socialisti, a Serrata, è difficile. È difficile nel Ventennio, dove le idee sono costrette alla clandestinità della sfera privata; e continua ad essere difficile dopo, quando l’Italia della conservazione è ancora abbastanza forte da frenare gli sforzi di trasformazione e da demonizzare la tenacia di quanti guardano avanti (non a caso la lagnanza ripetuta di nonna Nuzza è: avresti dovuto pensare più ai fatti della tua famiglia che a quelli della politica).

    Personalmente, ho un’esperienza parallela a quella di Francesco Fiumara, sebbene vissuta con una decina d’anni in meno: anch’io provengo da una famiglia di origine modesta, con un nonno falegname di fede socialista. La realtà di mio nonno, però, era quella della Val Sangone, alle porte di Torino, terra di resistenza partigiana, di brigate garibaldine, di fermenti indotti dal proletariato di fabbrica. È una considerazione scontata, ma ugualmente utile per comprendere il libro: nel 1950 era assai più facile essere socialisti in provincia di Torino che a Serrata. Nelle aree industrializzate del Nord c’era un retroterra sociale pronto a raccogliere le sfide della modernità: nelle aree rurali della Calabria il percorso era tutto da costruire. Per questo il socialismo di cui si parla nel libro ha un’intonazione messianica: credere nel socialismo – afferma nonno Antonino – è credere nell’umanità nel suo complesso…e l’umanità non è un’astrattezza, rappresenta il bene superiore, l’interesse generale. I socialisti di Serrata sono un gruppo sparuto, al momento del voto troppi contadini e troppe contadine sentono lo sguardo di Dio e del parroco sopra la scheda: ma sono le minoranze a muovere la storia. E quando il testimone di nonno Antonino viene preso dal figlio, Ferdinando, classe 1910, avviene il miracolo: il 1 giugno 1954 a vincere le amministrative è la lista con le tre spighe di grano legate con un nastro tricolore e Ferdinando Fiumara è il primo sindaco socialista di Serrata. Vittoria della credibilità personale del candidato, ma anche vittoria del mulino del passo, l’avamposto che ha anticipato il futuro e testimoniato la prospettiva di un’Italia migliore: e vittoria solida, destinata a confermarsi alle successive elezioni del 1958.

    Nelle pagine del libro ricorrono spesso le definizioni interesse generale, umanità, progresso, fede nelle idee, idealismo: oggi, di fronte alle miserie di tanta parte della vita pubblica, sembrano espressioni desuete, tramontate col tramonto di una società che non è più. Ma proprio per questo è importante rintracciare i percorsi di chi si è impegnato in politica con disinteresse personale, battendosi solo perché ha creduto nelle proprie idee: l’onestà intellettuale si riscopre anche attraverso la storia del passato e l’insegnamento di chi ha avuto l’orgoglio di spendersi per ciò che riteneva giusto.

    Francesco Fiumara, il nipote-autore che dopo l’emigrazione al Nord ha seguito le orme del padre e del nonno sino ad entrare nel Consiglio Regionale del Piemonte e che è stato testimone della diaspora socialista, tradisce un’evidente nostalgia per la stagione descritta nelle pagine del libro: il rimpianto naturale per la giovinezza si intreccia con il rimpianto per un periodo in cui politica significava lottare per un sistema di valori e in cui ogni simbolo di partito sottintendeva un progetto di società. Il testo, tuttavia, non ha nulla di retorico e l’ammirazione per l’altezza degli ideali non fa velo al riconoscimento delle piccolezze umane che spesso rallentano (o interrompono) i percorsi virtuosi: la caduta dell’amministrazione Fiumara di Serrata nel 1959, ad un solo anno dalla vittoria elettorale, è paradigmatica di come le trame interne possano essere talvolta più forti delle ragioni ideali e delle stesse opportunità politiche. Una stagione era finita – scrive l’autore a proposito dello scioglimento del Consiglio Comunale nel giugno 1959 – quell’unità di coscienze, quel modo straordinariamente affascinante di sentire la vita di quella piccola comunità si era rotto per sempre. Si chiudeva un’epoca.

    Al di là degli impeti e delle imprevedibilità con i quali si muove il ritmo della vita collettiva, il passato ci lascia tuttavia un patrimonio di memoria, una ricchezza morale che trasforma le testimonianze dei singoli in insegnamento per il presente. La chiusura del libro va in questa direzione, illuminando come meglio non si potrebbe il senso della ricerca: attraversato il ponticello sul fiume Custo, chiusi gli occhi [...] e continuai a conservare nella mente il ricordo del mulino così come mi era sempre apparso: avamposto socialista, fucina di idee e luogo in cui si erano intrecciati i sogni e le speranze di tre generazioni di Fiumara. Come ho scritto all’inizio, un bel libro davvero, da leggere e da apprezzare non solo da parte di chi conosce Serrata o la valle del Custo. In fondo, nella vita di molti di noi c’è un mulino del Passo e un nonno Antonino ai quali ispirarsi come modelli di integrità, di coerenza e di coraggio.

    Torino, 16 febbraio 2014

    Gianni Oliva

    I ricordi si materializzano lentamente,

    come bolle che risalgono in superficie dall’oscurità

    di un pozzo senza fondo

    Dan Brown

    Capitolo I

    Il Mulino

    Il nonno

    Nel 1960, mio nonno Antonino Fiumara era vicino agli ottanta ma non era vecchio. Era fresco di mente e manteneva una discreta forma fisica.

    Insieme al fratello più giovane Pantaleo aveva condotto per quasi cinquant’anni il mulino ad acqua detto del Passo, ubicato in fondo alla valle del fiume Custo, nel punto in cui un ponticello di legno univa le due sponde sulle quali passava l’impervia mulattiera che collegava Serrata, il loro paese natale, alla vicina Candidoni, e quindi a Laureana di Borrello.

    Quell’angusto passaggio era anche chiamato strada dei mulini per

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