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La Guerra Finita: Diario di mio padre dall'8 settembre del 1943 al 2 luglio del 1944
La Guerra Finita: Diario di mio padre dall'8 settembre del 1943 al 2 luglio del 1944
La Guerra Finita: Diario di mio padre dall'8 settembre del 1943 al 2 luglio del 1944
E-book273 pagine2 ore

La Guerra Finita: Diario di mio padre dall'8 settembre del 1943 al 2 luglio del 1944

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Info su questo ebook

Il libro racconta delle vicende vissute dai cittadini di Gaeta dalla firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943 al 2 luglio 1944, quando l’illusione di una guerra che sembrava ormai finita, è spenta dalla brutale ferocia della reazione nazista. L’autore prende spunto dal Diario del padre, riportato fedelmente, e dalle testimonianze di chi quella storia amara e tragica l’ha vissuta direttamente, per affermare come la guerra sia un male da evitare ad ogni costo. Ne scaturisce una cronistoria degli eventi esauriente e sorretta soprattutto da fatti documentati o verificati che nulla lasciano all’immaginazione. Proprio il corredo documentario rappresenta un sicuro valore aggiunto alla pubblicistica locale sull’argomento.

"Nel pomeriggio apprendo per radio che il Generale Pietro Badoglio ha firmato un armistizio con il Generale Dwight D. Eisenhower...ore 22.00 allarme aereo." 

Antonio Di Tucci nasce a Formia il 29 Aprile del 1969 da Salvatore e Rosa Leboffe. 
Ingegnere e dipendente del Comune di Gaeta, è socio attivo in diverse associazioni culturali e sportive del territorio,  È sposato con Alessandra Guglietta con la quale nel 2010 ha il figlio Salvatore. 
 
LinguaItaliano
EditorePasserino
Data di uscita11 set 2018
ISBN9788893459112
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    Anteprima del libro

    La Guerra Finita - Antonio Di Tucci

    Ai miei genitori il cui esempio ancora mi guida

    Antonio Di Tucci

    LA GUERRA FINITA

    Diario di mio padre dall’8 settembre 1943 al 2 luglio 1944

    Si ringraziano:

    ADELE DI TUCCI, ERMENEGILDA LEBOFFE, ANTONIO LIETO,

    VINCENZO LIETO e ALESSANDRA GUGLIETTA,

    per la collaborazione

    LUGI CARDI e ERASMO MAGLIOZZI

    per i preziosi consigli e per il contributo scritto

    LORETA GUGLIETTA e UMBERTO PIGNATIELLO

    per le traduzioni

    TERESA NOCELLA

    per i racconti e le notizie riportate nel testo e nelle note

    CLAUDIO SALIMEI

    per la disponibilità

    Collana editoriale dell’Associazione Culturale Novecento

    © Tutti i diritti riservati sui testi e sulle immagini

    ISBN 978-88-88391-86-1

    di Artist & Publishing Company di Roberto Sasso

    SALUTO

    del Sindaco di Gaeta

    Siamo entrati nel settantantesimo anniversario di uno dei periodi più tragici della storia recente di Gaeta e della sua intera popolazione, costretta, come mai era successo prima, ad abbandonare le proprie case e la città stessa e vivere per mesi in situazioni di fortuna e di estrema precarietà.

    C’è voluta tanta fatica e l’unione di tutte le forze migliori per uscirne fuori e consentirci un periodo di pace così lungo in condizione di generalizzato benessere.

    Il tempo, ahimè, tende ad offuscare la nostra memoria e sta progressivamente portando via gli ultimi testimoni diretti di quel periodo; allora, se non si vuole scivolare nuovamente in situazioni come quelle narrate da Salvatore Di Tucci nel suo diario, occorre perpetuare nelle nuove generazioni il ricordo delle tragiche conseguenze che certe scelte hanno comportato.

    Ben vengano, dunque, iniziative, convegni, mostre, cerimonie e pubblicazioni volte a tenere alta l’attenzione e vivo il ricordo di certe ferite.

    In questo ambito si inserisce il libro di Antonio Di Tucci, La guerra finita, che col suo lavoro compie un gesto di grande rispetto e affetto nei confronti del padre Salvatore pubblicando il suo diario di guerra e porta, inoltre, il proprio contributo alla ricostruzione di uno dei più difficili momenti per il nostro Paese e per la nostra città.

    Questa pubblicazione evocherà tanti ricordi, ma anche orgoglio per la forza e la dignità dimostrata, in chi ha patito le vicende narrate; ma essa deve essere rivolta soprattutto alle nuove generazioni attraverso la diffusione e la lettura nelle scuole.

    I nostri giovani devono sapere in che condizioni i loro padri hanno dovuto vivere per lunghi mesi per scelte sbagliate e ideologie fuorvianti.

    Ragazzi, esercitate con giudizio il vostro esercizio di cittadini sovrani, la democrazia e la pace vanno guadagnate, e una chiave fondamentale è la conoscenza.

    COSMO MITRANO

    PRESENTAZIONE

    dell’Associazione Culturale Novecento

    Circa un anno fa, conversando con l'amico e collega Antonio Di Tucci, seppi che stava ordinando, sotto l'esperta supervisione del Prof. Luigi Cardi, il cospicuo archivio che il papà Salvatore, morto prematuramente, aveva lasciato. Tra i documenti, mi raccontava Antonio, c'era un diario che il padre aveva scritto giornalmente nei terribili mesi, dall'8 settembre 1943 al 2 luglio 1944, in cui Gaeta e i gaetani furono letteralmente sconvolti dalla follia della guerra, nonostante l’armistizio. E proprio a proposito del diario, Antonio mi disse che ci stava lavorando da mesi per una sua prossima pubblicazione, e che al riguardo cercava chi potesse dargli una mano. Mi raccontò con calore, preso com'era dal progetto, sorta di debito morale e doveroso tributo al genitore scomparso, dell'impegnativo lavoro di decifrazione della scrittura autografa e della sistemazione dei suoi appunti, oltre il difficile e delicato riscontro delle notizie riportate. Inoltre, mi fece vedere la documentazione che doveva corredare il testo e leggere il commento che egli stesso aveva scritto per inquadrare gli avvenimenti raccontati nel più generale contesto nazionale.

    Mi sembrò subito un lavoro interessante: un racconto, il diario di papà Salvatore, scarno ma vibrante e carico di tensione, semplice e conciso come il momento imponeva ma pregno di dignità autentica; e il lavoro di cesellatura e assemblaggio di Antonio, interessante, scrupoloso e soprattutto un bel segnale d'amore per il papà (e la mamma) a cui troppo presto ha dovuto rinunciare. Mi sentii immediatamente partecipe dell'iniziativa e promisi ad Antonio che avrei sottoposto il progetto all'Associazione per una eventuale pubblicazione del Diario. In breve il progetto fu adottato, soprattutto per il consueto mecenatismo di mio fratello Tonino.

    Come è ormai noto, la nostra Associazione, si interessa soprattutto di arte contemporanea ma è vicina, nei limiti dei pochi fondi disponibili, veramente pochi in proporzione a ciò che riesce a sviluppare, agli autori locali che ci presentano lavori che si ritiene meritevoli di interesse e tesi alla valorizzazione ed alla tutela del patrimonio storico e culturale della nostra città. Dopo le monografie su Pasquale Di Ciaccio e sul Preside Giovanni Viola, scritte in colaborazione con le famiglie, dopo la Storia delle Bande musicali a Gaeta dall'800 in poi di Giovanni Rispoli, Aveana juca...invece di Franco Sapio e Gaeta e il calcio di Vincenzo Lieto, Erasmo Di Perna Lombardi e Antonio Mitrano, dopo la ristampa anastatitica de La luce blu e Gaeta d'altri tempi di Pasquale Di Ciaccio e Assemblea studentesca con professore di Salvatore Mignano, siamo ora in tipografia con La Guerra Finita - Diario di mio padre dall'8 settembre 1943 al 2 luglio 1945" di Antonio Di Tucci.

    Nonostante la drammaticità e la delicatezza dei fatti narrati, sui quali occorre, in ogni caso, conservare la memoria per far conoscere alle nuove generazioni avvenimenti bui affinchè certi errori non siano più ripetuti, il lavoro risulta scorrevole, descrivendoci in modo chiaro i fatti che sconvolsero la Nazione e Gaeta. Inoltre, la lettura è senz'altro alleggerita da numerosi documenti, poco conosciuti, oltre che tradotti ove scritti non in italiano, che costituiscono sicuramente valore aggiunto all'opera e alla ricerca fin qui eseguita sull'argomento. Inoltre, la pubblicazione è supportata da numerose note esplicative e da una cospicua bibliografia che da il senso della serietà del lavoro, specialmente se si considera che è stato affrontato da un ingegnere con la passione della storia e non da un professionista della ricerca storica.

    Quest'anno ricorre il Settantesimo anniversario degli avvenimenti raccontati, e non poteva capitare momento migliore per la pubblicazione del Diario.

    VINCENZO LIETO

    PREFAZIONE

    Sull’ultimo conflitto mondiale, in Italia ed anche in relazione al nostro territorio, è stato scritto tanto.

    Questa pubblicazione non si propone di aggiungere nuove pagine di storia, ma ha lo scopo di portare un’ulteriore testimonianza sul periodo tra settembre del 1943 e luglio del 1944.

    Le memorie delle crudeltà della seconda guerra mondiale, inequivocabilmente, si affievoliscono sempre più con il passar del tempo che porta via gli ultimi testimoni diretti.

    Rimangono e rimarranno ancora, però, i ricordi dei racconti di chi, come me, li ha sentiti narrare da coloro che, purtroppo, hanno avuto la triste esperienza della guerra.

    E rimarranno anche le sensazioni dei lettori dei testi, che riportano le sofferenze patite dalle popolazioni nel periodo bellico.

    Quest’ultimo è il motivo che mi ha spinto alla presente pubblicazione, oltre l’affettuoso omaggio a mio padre, Salvatore, che è stato un triste testimone del secondo conflitto mondiale ed anche un appassionato della storia patria.

    Mio padre iniziò la stesura del diario già dagli anni ’70, ordinando le proprie memorie di quando, appena diciottenne, si trovò a vivere l’esperienza terrificante della guerra.

    La semplicità delle parole che caratterizza lo scritto è pari allo sgomento ed alla sofferenza che lui provò in quelle terribili giornate.

    Mia madre Rosa Leboffe, anche lei testimone di quel drammatico periodo, lo aiutò a ricordare gli eventi che entrambi vissero malgrado la loro volontà ed a riordinare gli appunti, testimonianze e documenti.

    Gli eventi della vita, purtroppo, non permisero ad entrambi di portare a termine il proprio lavoro, che, io, umilmente ho raccolto.

    Le memorie, riportate nel presente libro, in molti aspetti, riguardano sensazioni personali e riferimenti familiari specifici, che dal lettore, saranno colti come se fossero romanzati.

    Rimarrà ignoto il sentimento che lui, come testimone, avrebbe voluto riportare nelle pagine che descrivono una periodo quanto mai amaro della propria vita, cosa che non può essere sostituita dal rispetto di un figlio nei confronti sia della memoria del padre che degli argomenti trattati.

    Il diario, che riporta fedelmente il manoscritto di mio padre Salvatore senza alcuna modifica, è stato diviso in capitoli per migliorarne la lettura.

    Ognuno di questi è introdotto da una breve cronistoria degli eventi storici nazionali e locali al fine di rendere più intensa la partecipazione del lettore alle sensazioni vissute dai protagonisti del diario e dall’intera popolazione italiana.

    Tali notizie, in gran parte derivanti dai testi indicati nella bibliografia, sono arricchite da appunti che mio padre ha raccolto nel tempo e dai ricordi di mio zio Erasmo Magliozzi e di Teresa Nocella che hanno condiviso con mio padre alcuni eventi riportati nel diario.

    ANTONIO DI TUCCI

    Ricordando…

    A ripercorrere, dopo settant’anni, una vicenda tragica di cui tutta la popolazione di Gaeta, senza colpa alcuna, a parte quella di diversi ignobili personaggi locali del regime fascista, poi mai perseguitati in modo concreto, si è trovata coinvolta, non è certo facile.

    Ricostruire compiutamente quei mesi, così lontani, ma così vicini alla mente ed al cuore di chi li visse, è un sincero e valido contributo per la storia contemporanea, aprendo uno squarcio sul ruolo della popolazione meridionale di fronte alla barbarie teutonica. Settant’anni fa accaddero gli avvenimenti di cui si dirà, ma speriamo che non siano passati invano e che i lutti, i dolori, la tragedia immane della popolazione resti d’insegnamento e di monito a tutti. Si sostiene dai più che l’uomo, per natura, è portato a dimenticare, a superare le più immani tragedie subite.

    Sarà anche vero questo assunto per tanti, ma non è certo vero almeno per chi, scrivendo queste note, ancor oggi, rivive quei giorni.

    Quando si capirà che opprimere gli innocenti è un delitto senza limiti, solo allora si comprenderà che cosa è la guerra, si comprenderà la tragedia infinita dei popoli.

    Ebbene il comportamento dell’esercito nazista in Italia, dopo l’8 settembre 1943, fu al di fuori ed al di sopra di ogni logica, considerando appena che la popolazione meridionale non accettò minimamente l’oppressore, ma non poté organizzare una resistenza armata, a parte il caso di Napoli e qualche altra azione militare, come a Roma. La mancanza di armi, di organizzazioni parabelliche furono i motivi fondamentali di una non resistenza nel senso più classico. Ma è, altresì, vero che i rapporti tra la popolazione italiana ed i nazisti furono soltanto basati sull’odio reciproco e sull’indifferenza totale: la prima stoicamente subiva, gli altri opprimevano, saccheggiavano, senza motivo alcuno.

    Questa ricostruzione si basa sul diario steso da un amico, di data lontana, non più presente, l’insegnante Salvatore Di Tucci. Il diario è un esempio importante di queste nostre considerazioni.

    La chiave di lettura, per comprendere il comportamento fondamentale delle truppe tedesche nell’Italia meridionale, è in questo ordine per la futura direzione dei combattimenti : «L’esercito dovrà passare alla difensiva e stabilire un solido fronte est-ovest che con il passar del tempo dovrà essere progressivamente fatto arretrare, distruggendo completamente tutte le installazioni importanti ai fini della guerra e del traffico e asportando i beni più preziosi».*

    Klinkhammer nel ricostruire le vicende dell’occupazione tedesca in Italia nel periodo dall’8 settembre 1943 al 3 maggio 1945 non spende una parola sulle distruzioni, i saccheggi, l’evacuazione di molti centri urbani. In questo ordine si comprende il comportamento dell’esercito tedesco a Gaeta contro la popolazione, il centro urbano e le sue strutture civili e militari.

    Lo scontro tra grandi eserciti stranieri sul suolo nazionale spezzò l’Italia in due provocando delitti, distruzione, povertà, accrescendo le sofferenze di una popolazione già vessata dalla lunga guerra; per la dissoluzione delle istituzioni civili e militari dello Stato in una sola parola tramontava tragicamente un regime, trascinando nel baratro l’intero Paese.

    Benché preservata dai disastri della guerra dalla sua stessa posizione geografica, o proprio a causa di ciò, Gaeta si trovò ad essere, dalla sera dell’8 settembre 1943, teatro di tragici eventi, che sarebbero durati per mesi e mesi, fino, al 19 maggio 1944.

    Ripercorrere quei fatti, ricordare i protagonisti, riproporre lo spirito che l’animò, tentare di evidenziare gli obiettivi di quella lunga tragedia, ci sembra oggi al di là delle celebrazioni che possono lasciare il tempo che trovano, necessarie per un obbligo di verità spesso trascurato da una storiografia a volte superficiale e frettolosa; per un dovere verso chi si sacrificò per la Patria.

    Obbligo di verità che deve concentrarsi specialmente nell’accertamento di un punto fondamentale: calvario della popolazione di Gaeta, trattata come bestie, cacciata dalle sue abitazioni, perseguitata, rastrellata o abbandonata all’esodo più spaventoso.

    La ricostruzione, dunque, delle fasi tragiche vissute da Gaeta dall’8 settembre 1943 al 19 maggio 1944, giorno della liberazione da parte degli Alleati, è legata al diario di Salvatore Di Tucci. L’autore fu costretto a lasciare Gaeta, in seguito all’ordine del comando tedesco che imponeva l’allontanamento della popolazione dalla città.

    Dal diario si rileva che dal 10 settembre 1943 al 30 gennaio 1944 visse sfollato con i suoi familiari ad Arzano e poi su monte Lauro.

    Questa tragedia viene poi vissuta dal 31 gennaio fino al 13 aprile 1944 dall’interno del centro urbano; pertanto, Salvatore Di Tucci risulta un osservatore attento della tragica realtà di Gaeta.

    Gaeta, 8 settembre 2013

    LUIGI CARDI

    * Da L. KLINKHAMMER, L’occupazione tedesca in Italia 1943-1945, Torino 1993, pp 41-42. Un altro ordine, emanato il 29 settembre 1943, prevedeva «di trasformare in terra bruciata il territorio da cedere», p. 42. L’odissea della popolazione di moltissimi centri urbani dietro le decisioni dell’oppressore tedesco non trova riscontro alcuno in questa opera!

    Dalla famiglia al paese…

    Queste pagine rievocano il vissuto del mio caro cugino Salvatore Di Tucci durante il grande conflitto mondiale degli anni quaranta quando ebbe a scrivere di suo pugno episodi, sofferenze e cronache orrende di guerra su di una agenda riposta tra carte

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