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Pianto Silente
Pianto Silente
Pianto Silente
E-book76 pagine34 minuti

Pianto Silente

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Info su questo ebook

Esiste un pianto

che si cela dietro le gote asciutte di un viso che gronda di lacrime

invisibili. Esso esprime in tal modo l'immane Dispiacere provato

dalla persona che, ormai affranta da sì tanta atroce ed inaudita

Sofferenza, stranita e spaventata com'è, assume

quest'atteggiamento discreto, affinché non s'intraveda il suo

patimento.

Infine, vinta da

tale afflizione, essa si perde nel rutilante groviglio d'aspri

mutamenti perniciosi e stucchevoli determinati dal giogo entro cui si

manifesta questa Vita terrena.

L'autore

Franco Emanuele

Carigliano
LinguaItaliano
Data di uscita1 dic 2022
ISBN9791221429015
Pianto Silente

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    Anteprima del libro

    Pianto Silente - Franco Emanuele Carigliano

    Sinossi

    Ho scritto le poesie di questo libro tra gli anni 2015 e 2018.

    La forma poetica dei brani, adotta il verso libero, sciolto e rimato.

    Buona lettura!

    L’autore

    Franco Emanuele Carigliano

    Capitolo Primo

    POESIE

    Anno 2015

    C’era, mi ricordo, l’Aria

    C’era, mi ricordo, l’Aria

    in quel tempo di cielo terso:

    luce che nel cuor mai varia;

    là mi volgo ora, disperso

    in quest’evo gravoso.

    L’aria, sì, era fragranza

    di stagioni inebrianti:

    come dire di speranza,

    che sporgeva là davanti

    l’altopiano selvoso.

    C’era, mi ricordo, l’Aria:

    odoravan le vie di vino,

    di rugiada straordinaria,

    di nepitella, di rosmarino,

    di pineta e fior d’agrumi.

    Poscia mutò… e tal bellezza:

    si smarrì, per non tornare

    intra quest’evo di tristezza.

    L’Uomo la volle abiurare…

    adottò al fine i fumi.

    Costernazione

    Giorni di pianto e stento:

    rami che il tempo recide

    come frasi dal pensiero,

    che affranto si sente.

    Sfiora il viso e gocciola

    lacrima, che si dispera:

    Non trovo − par dica –

    il ciel che tanto bramai, solinga!.

    Ora il cuor si frange

    nel mesto far del pianto:

    gelo che costerna il fior

    nel dì di lacerante rugiada.

    Riede e più non torna, ormai,

    la pia età del tempo gradito,

    che danzava di note e sorrisi

    sì tanto da esser sogno lieto.

    Visi e stelle mai più tornati,

    Attese che già colse il cuor,

    sovente, sì cangiò piangendo…

    Cadente e disperato sì stette.

    Fiato mesto che, infine, si consumò

    intra il cuor solingo e pregno di doglia.

    Ah, cuore, che lacrimi di fiato,

    qual truce stento ti crogiolò sì?

    Ah, sì, tu o solingo fiato muto,

    che di me rechi l’inibizione,

    di’ di quella mia paura innata,

    di quell’angoscia che incaglia il pensiero,

    di quel panico che già scorsi nel nascer quivi.

    Di’ della paura che da sempre mi arreca questa vita.

    Di’ di questa mia perenne angoscia, di questa mia atroce pena.

    Di’ di questo mio non saper vivere questa vita.

    Di’ questo al lettore, perché legga fra le mute righe il mio Non detto.

    Sì, di’ che sempre fu spaurita l’anima mia:

    Sempre!

    Sì, tanto che il dir mio mai potrà dir mai.

    Vasta è l’anima mia, vasto il mio dire che cela,

    pur sempre, la mia greve fatica di essere quivi:

    Eppure, mai tal sventura io bramai, sì mai!

    Divaga e si perde e si disperde e più non c’è

    l’età gradita, il fiato di fragranze avvinto:

    nepitella, menta, zagara… limpidi sentieri verdi

    ove il cuor sovente si perdeva, sì: da tal vita si celava!

    Sì, ché di questa ‘vita’ sempre io mi dolsi tanto e più.

    Sì, ché di questa ‘vita’ tanto e più s’impaurì il frale cuor mio.

    Sì, ché l’anima mia sì tanto si dolse di tal sventura.

    Sì: nascer quivi fu per me tremenda sventura!

    Sicché, d’inibizione e paura si avvinse il

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