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Le pasquinate ovvero la grande satira
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E-book291 pagine1 ora

Le pasquinate ovvero la grande satira

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Antologia di grandi autori dall'antichità a Trilussa. Tutti parlano della satira. Tutti sanno che cos’è la satira. Pochi conoscono le sue origini. Facciamo un breve “excursus” per rinfrescarci le idee.
Da quando esiste il potere costituito, esiste lo sberleffo al potere. Esso assume le forme più svariate: in rima, in prosa, in vignetta o più semplicemente una pernacchia o un lancio di uova al capo tribù. E’ evidente che fare satira è pericoloso, lo era maggiormente un tempo ma anche adesso è terribilmente pericoloso. La satira più pericolosa è sempre stata quella religiosa, poi viene quella politica, infine quella sociale. La satira sociale, dunque, è quella che più sovente è stata utilizzata: prendere in giro i costumi non è solo meno pericoloso, ma anche più semplice. In particolare, i più bersagliati sono i vizi come l’avarizia. Illustri esempi si trovano in tutte le commedie più note di Molière, Goldoni, Plauto...
Una panoramica di grandi versi satirici e di grandi autori, da Dante a Trilussa.
A corredo anche un breve compendio di storia della satira.

LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2012
ISBN9781301481439
Le pasquinate ovvero la grande satira
Autore

Duilio Chiarle

Duilio Chiarle, writer and guitarist of "The Wimshurst's Machine".Duilio Chiarle, scrittore e chitarrista dei "The Wimshurst's Machine".Ha ricevuto il premio "Cesare Pavese" nel 1999. Gli sono stati attribuiti i premi internazionali "Jean Monnet" (patrocinato dalla Presidenza della Repubblica Italiana, dall’Università di Genova e dalle Ambasciate di Francia e Germania) e "Carrara - Hallstahammar" (quest'ultimo per due volte consecutive).Con il gruppo musicale "The Wimshurst's Machine" ha ricevuto tre nomination hollywoodiane consecutive: sono suoi i racconti dei "concept" musicali.Ha ricevuto l'onorificenza di "Ufficiale" dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

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    Le pasquinate ovvero la grande satira - Duilio Chiarle

    Le pasquinate ovvero la grande satira

    Duilio Chiarle

    © Duilio Chiarle 2012

    Edizione Smashwords

    Prima edizione

    Smashwords Edition,

    Licenza d’uso

    Questo ebook è concesso in uso per l’intrattenimento personale.

    Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.

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    Grazie per il rispetto al duro lavoro di questo autore.

    PROLOGO

    Caro lettore, non volermene se in questo libro ci saranno soltanto opere in versi! L’opera (certamente non esaustiva dell’argomento) vuole essere una amena lettura (ma anche una utile documentazione) per tutti gli amanti di un’arte che dovrebbe oggi trovarsi all’apice e che invece è particolarmente censurata: la satira.

    Si, perchè oggi la censura non è più fatta direttamente dai potenti. La censura è esercitata da opinionisti prezzolati, critici banfoni, editori allineati. Insomma, se il politico di turno urla in TV che Tizio e Caio stanno esagerando, ecco che uno dei tanti servi si affretta a liquidare Tizio e Caio. E quando viene permessa (sempre e soltanto in rari periodi e solo sempre contro il diretto rivale politico) viene immediatamente strumentalizzata. E guai a chi non è buonista! E quando comanda uno che la parte politica avversa non vuole prendere in giro, i comici hanno un comodo metodo alternativo: la parolaccia. Parla del culo se non ti è permesso far battute su quel Presidente del Consiglio che sta salvando la Patria! Così è accaduto e accadrà sempre: non è che quello lì non fa ridere: è che se ti provi a parlarne male sei morto. E pensare che la costituzione italiana afferma che ciascuno può esprimere liberamente le proprie opinioni... Me’ cojoni!

    La realtà, la scomoda realtà, è che sovente è un comico a darci quelle notizie che dovrebbe essere il servizio pubblico a farci pervenire. Sovente un comico è più serio e realista, non soltanto dei politici (quelli mentono per mestiere: oh! Finalmente ho potuto fare una battuta qualunquista!): almeno, il comico di mestiere lo vede il lato ridicolo e ci avverte con le sue battute che qualcosa non va per il verso giusto.

    In questo libro troverete soltanto opere in versi, non troverete Boccaccio, Villaggio, Amurri, Campanile, Marchesi e tutti gli altri che hanno fatto la storia dell’umorismo. E soprattutto vi troverete soltanto italiani (un paio di latini li ho infilati, giusto per citare qualche illustre precursore e far felici i parrucconi criticoni). Io stesso ho scritto sonetti satirici, ma in questo libro non ce li ho messi: come faccio a mettermi in coda dopo Trilussa?

    Comunque, se la presente dovesse risultare una raccolta povera o carente, nulla ci vieta di aggiungere materiale nella seconda edizione!

    Duilio Chiarle

    BREVE STORIA DELLA SATIRA

    Tutti parlano della satira. Tutti sanno che cos’è la satira. Pochi conoscono le sue origini. Facciamo un breve excursus per rinfrescarci le idee.

    Da quando esiste il potere costituito, esiste lo sberleffo al potere. Esso assume le forme più svariate: in rima, in prosa, in vignetta o più semplicemente una pernacchia o un lancio di uova al capo tribù. E’ evidente che fare satira è pericoloso, lo era maggiormente un tempo ma anche adesso è terribilmente pericoloso. La satira più pericolosa è sempre stata quella religiosa, poi viene quella politica, infine quella sociale. La satira sociale, dunque, è quella che più sovente è stata utilizzata: prendere in giro i costumi non è solo meno pericoloso, ma anche più semplice. In particolare, i più bersagliati sono i vizi come l’avarizia. Illustri esempi si trovano in tutte le commedie più note di Molière, Goldoni, Plauto…

    Come ogni cosa letteraria che si rispetti, l’invenzione della satira viene attribuita a Omero, con il poema Margite. La satira politica, comunque è ben presente soprattutto nelle commedie greche. L’esempio più illustre è Le donne a parlamento di Aristofane: per prendere in giro l’istituzione parlamentare, solita a parlare e a nulla decidere, Aristofane fa compiere un golpe alle donne; visto che gli uomini non riuscivano a prendere una decisione, le loro mogli decidono di esautorarli. Occorre premettere che nell’antica Grecia le donne erano considerate poco più che animali e dunque la satira era decisamente forte. Il secondo libro della poetica di Aristotele non si è purtroppo salvato dai grandi roghi dell’antichità e salvo qualche incredibile colpo di fortuna, non sapremo mai che consigli abbia dato il filosofo a chi vuol fare satira religiosa.

    La satira politica nell’antica Roma e la sua evoluzione parte da Quinto Ennio e Marco Fabio Quintiliano, tra i III ed il II secolo a.C. (senza dimenticare Lucilio) e di solito è legata al momento politico. A parte alcuni illustri esempi, la satira latina è di solito meno raffinata di quella greca e più popolare. L’ultimo Sindaco di Pompei, deceduto pochi giorni prima della grande eruzione nel 79 d.C., fu oggetto di sberleffo postumo: ignoti dipinsero un gigantesco fallo sulla sua tomba che si è conservato sino ai giorni nostri. In alcuni casi si sono conservati dei pamphlet indirizzati a singoli personaggi. I caustici Annali di Tacito, ad esempio, ci dipingono un Nerone mezzo matto e semideficiente ed è proprio con la visione di Tacito (insolitamente divertente) che Nerone è passato alla storia.

    La calata dei barbari, fa calare anche il sipario sulla satira. Nei secoli bui, si torna allo sberleffo, alla pernacchia, al disegnino sconcio, fatto salvo la colta Bisanzio, ove i pamphlet divennero d’uso comune, il più noto dei quali quello contro Teodora e Giustiniano. Solo nel basso medioevo ritroviamo qualche letterato, anche di grande caratura, che indirizzi a satira le proprie opere. Il più noto è Dante, il quale riuscì a mettere all’inferno tutti quelli che in qualche modo gli stavano sui corbelli ed a riabilitare re Manfredi, morto (scomunicato) in battaglia.

    Nel medioevo, comunque, ecco nascere il fenomeno dei giocosi, ovvero poeti che iniziano a fare vero e proprio sberleffo in rima: tra tutti, Cecco Angiolieri, Meo de’ Tolomei e Folgòre da San Gimignano. Per non parlare di Giovanni Boccaccio con il suo Decamerone.

    Esiste anche una satira particolare, quella fatta dagli stessi regnanti. Una tra tutte quella che un duca di Savoja dedicò al suo ambasciatore il quale, partito pieno di boria e arroganza per la sua missione, ritornò con risultati peggiori dello status quo.

    Nel secolo dei lumi, dopo spietate repressioni, finalmente il libero pensiero inizia timidamente a riprendersi, nonostante l’indice dei libri proibiti e la terribile censura che vigeva in ogni Paese del mondo. Alessandro Tassoni compone La secchia rapita, opera di poesia epica che narra di una guerra simile a quella di Troia, ma scoppiata tra due città italiane a causa di una secchia… Nella presente opera ne inseriremo solo la premessa. Teofilo Folengo descrisse nel Merlin Cocaii Macaronicon le epiche lotte di un contadino contro i suoi vicini con gli stessi aulici toni di un poema epico, ma in un maccheronico linguaggio che dileggia la cultura imperante. Voltaire, con il Candido, e Montesquieu, con le Lettere persiane, aprono alla satira una nuova via, quella illuminista.

    Un discorso a parte merita Il giorno di Parini. Il giorno è un’opera che illustra una giornata di un nobile, da quando si sveglia sino a quando va a letto ed è divisa tra le varie fasi della giornata. Non traspare alcuno sberleffo, bensì comprensione esagerata per le fatiche che il nobile deve compiere ogni giorno: insomma far nulla è faticoso. L’opera andrebbe letta interamente a parte!

    Ma la satira vera e propria inizia a rinascere dopo la rivoluzione francese, quando appena passata la bufera napoleonica, la restaurazione fa rimpiangere ben presto i francesi. Nel XVIII secolo, i letterati avevano iniziato a tradurre nuovamente dal greco e dal latino le grandi opere del passato: si nota la presenza di Orazio e Persio e qui ci troviamo soprattutto nel campo della satira letteraria. Baretti inventò la frusta letteraria e ci mise autentico impegno. Ma si parla sempre di cultura alta. Per quella bassa, ecco nascere le statue parlanti un po’ in tutta Italia: per tutte, a Milano l’Omm de preja e a Roma Pasquino in quella che ora si chiama Piazza di Pasquino. La statua di Pasquino è una statua monca che fu ritrovata nel 1501 e che il Cardinal Carafa fece montare su un piedistallo nella piazza aggiungendovi il suo stemma: la cosa divertì il popolo, abituato a statue intere, e che vide nella statua monca una cosa ridicola. Ben presto iniziarono ad apparire cartelli ridicoli appesi al collo della statua contenenti sberleffi di ogni tipo, specialmente in rima. Questo preoccupò a tal punto l’autorità pontificia che Adriano VI pensò seriamente di farla buttare nel Tevere e fu fermato nel suo proposito dalla curia, la quale intuì subito che la cura sarebbe stata peggio del male. Pasquino parlò per secoli e nessuno degli autori è mai stato colto davvero in flagrante. La cosa avviene ancora oggi. Riporteremo alcune delle rime più divertenti, una delle quali attribuita addirittura a Trilussa. Possiamo dire che la satira moderna sia nata proprio nella piazza di Pasquino.

    La satira dell’ottocento è quella che più somiglia a quella che conosciamo, quella moderna. Nacquero molte riviste, foglietti anonimi presero a circolare tra i banchi dei mercati, carbonari prima e scapigliati poi, trovarono di facilmente materiale per le loro opere. Le grandi riviste satiriche nascono da questo momento, vale la pena citare le maggiori:

    L’Asino, fondato nel 1892 da Guido Podrecca e Gabriele Galantara, di stampo socialista e anticlericale, critico verso il governo di Giovanni Giolitti (L'Asino fu costretto a chiudere nel 1925 dal regime fascista), il Marc'Aurelio e il Becco Giallo, anch’essi di opposizione.

    Invece, 420 e Il Selvaggio erano apertamente schierati, almeno inizialmente, a favore del regime fascista. Spiccò tra i giornali satirici anche il Guerin Meschino.

    Infine, possiamo citare una serie di testate indipendenti dalla politica, con satira a tutto campo, ma soprattutto antifascista (mettevano alla berlina le veline del minculpop): si tratta de Il travaso delle idee di Filiberto Scarpelli e il Bertoldo diretto dal trio Zavattini-Mosca-Metz e fondato dalla Rizzoli proprio per fare concorrenza al Marc'Aurelio. Nella redazione del Bertoldo vi era anche la terribile penna di Giovannino Guareschi.

    Tra i libri satirici che circolarono contro il regime vi è anche il curioso La mia vita con il puzzone in cui il gatto di Mussolini descrive le sue giornate con il duce. E’ anche il periodo in cui nasce una timida ironia filmica: il principe della risata Antonio De Curtis, in arte Totò (dopo l’esilarante battuta su Galileo Galivoi che per poco non gli costò il confino) nel film Fermo con le mani si trova a servire in una bottega di barbiere un signore robusto, calvo ed in camicia nera che si vede soltanto di schiena e che non si fatica ad identificare con Mussolini: l’unica concessione satirica (a parte il fatto che un calvo dal barbiere è un paradosso) sono i piedi puzzolenti... Forse non si poteva osare di più. Tuttavia Ettore Petrolini ci ha regalato uno straordinario Nerone che recita ...e noi rifaremo Roma più bella e più grande che pria! dando chiaramente ad intendere che Nerone è Mussolini: una scena divertentissima ancora oggi replicata dai migliori attori comici. In quel periodo buio, la battuta dell’italiano medio ha il gusto del doppio e addirittura triplo senso, proprio per nascondere una raffinata ironia verso il regime con una apparenza innocua. Tra tutte ricordiamo una canzone allegra e notissima che parla de ...il tamburo principal della banda d’Affori che comanda cinquecentocinquanta pifferi...

    Come andò a finire, lo sappiamo e c’è poco da ridere: ma al termine della guerra ci fu una rinascita della satira in cui spiccò proprio Guareschi con il Candido: famoso questo per aver contribuito alla vittoria della Democrazia Cristiana contro il Fronte Popolare del 18 aprile 1948 e che poi divenne un impietoso accusatore della stessa Democrazia Cristiana, pur rimanendo visceralmente anticomunista. Candido divenne celebre per una vignetta sul presidente Luigi Einaudi del 1950, in cui si vedeva il Presidente passare in rassegna una fila di bottiglie anziché di corazzieri: Guareschi fu condannato ed ebbe la condizionale, ma fu invece nuovamente condannato per l’affaire De Gasperi, il quale era stato accusato da Guareschi di aver incoraggiato il bombardamento del Verano (per la cronaca: in Tribunale la firma apposta sotto al documento incriminato fu ritenuta autentica dai periti calligrafi, ma il Giudice fece distruggere il documento affermando che l’onorabilità di De Gasperi era fuori di ogni dubbio. Dopo questa vicenda, Pio XII rifiutò sempre di incontrare il celebre leader). Guareschi finì in prigione e scontò la condanna sino all’ultimo giorno, rifiutando sdegnosamente le continue richieste del segretario di De Gasperi per un abboccamento e relativa risoluzione amichevole della questione.

    Il merlo giallo divenne noto nel 1953 poiché sollevò il sospetto sul coinvolgimento di Piero Piccioni nel caso Montesi e compromise irrimediabilmente la carriera politica del Ministro degli Esteri Attilio Piccioni, padre del sospettato.

    Candido chiuse nel 1961, poi fu resuscitato dal 1968 al 1992. Anche il Travaso delle idee chiuse nel 1966 e poi fu riaperto nel 1973 e dal 1986 al 1988: i tempi erano cambiati. Negli anni ’70 prese piede Il Male, rivista che ebbe certamente il record assoluto di sequestri e di querele, noto soprattutto per le finte copie dei quotidiani (una finta copia de Repubblica con il titolo E’ scoppiata la terza guerra mondiale e del Corriere della Sera con una monografia dedicata ad una occupazione dello stadio di San Siro da parte degli alieni). Ovviamente durò poche stagioni.

    Poi i tempi cambiarono, giunse prima il tempo di Tango, inserto satirico dell’Unità che poi divenne Cuore e prese vita propria. Cuore che si ispirava al PCI, ebbe come rivale Fegato, esperimento della allora destra nazionale con poche idee peraltro ben confuse e che finì ben presto abortito. Cuore ebbe vita facile sino al termine della prima repubblica. Poi cominciò a diventare del tutto autonomo e non risparmiò pesante satira nemmeno ai partiti della sinistra. Celebre la prima pagina in cui pubblicò la foto di gruppo del primo Governo Prodi, composto da oltre cento persone e con il titolo a tutta pagina Prodi mostra i coglioni all’Europa. Poche settimane dopo la testata chiuse i battenti e non ha più avuto un successore. I giornali di satira, in Italia, sono morti definitivamente: la censura, oggi, in Italia è gestita direttamente dagli editori. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha sentito la necessità di definire esattamente cos’è la satira. Il testo recita:

    «È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili

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