Il mistero del presunto innocente: Un emozionante giallo per ragazzi. Suspense, compromessi e tanti colpi di scena per un’avventura straordinaria
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Sembrava un risveglio come tanti altri nella villa dei Conti Solinas: i fiori appena annaffiati sul balcone, il giornale nella cassetta delle lettere e una deliziosa colazione sul tavolo della cucina. Ma qualcosa non va, dalla camera da letto della Contessa non proviene alcun rumore, possibile che non si sia ancora svegliata?
Questo è Il mistero del presunto innocente!
Un'avventura dai ritmi serratissimi che si districa tra indizi e colpi di scena, perché la verità, alla fine, è quella che nessuno si aspetta…
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Anteprima del libro
Il mistero del presunto innocente - Cristiano Girard
Capitolo uno:
La contessa viene ritrovata morta
Già da un po’ di tempo , Duccio aveva preso a frequentare la casa di Ercole Porrini e l’ultima passione che accomunava il ragazzo e il famoso investigatore privato era quella per gli scacchi. O, meglio, era stato proprio Porrini ad iniziarlo al gioco e, anche se al primo impatto lui era un po’ scettico, doveva dire che, una volta iniziato a capire il meccanismo, si era subito fatto prendere.
Riccardo Perani, in arte Duccio, nomignolo datogli dalla nonna a cui era molto affezionato, era uno studente della classe II media dell’Istituto Leonardo da Vinci di Genova e aveva conosciuto Porrini qualche mese prima. In realtà, Porrini era stato ingaggiato da Duccio per le sue prestazioni di detective quando la sua compagna di classe Cinzia era sparita durante le lezioni senza lasciare traccia alcuna. Le indagini avevano avuto un risvolto inaspettato e Porrini aveva fatto grande affidamento su Duccio e le sue intuizioni, malgrado la sua giovane età, tanto da volerlo come assistente anche per i casi successivi. Le lezioni di scacchi erano parte di un percorso formativo che mirava a far crescere le capacità deduttive di Duccio, in modo che potesse essere sempre più d’aiuto alle indagini.
Sì, perché se c’era qualcuno che potesse essere definito un maestro del ragionamento deduttivo, quello era proprio Ercole Porrini. L’investigatore era di origine francese, nato in Corsica nella cittadina di Ajaccio. A 20 anni si era imbarcato su un traghetto alla volta di Genova per una gita di piacere tra i monumenti della riviera ligure. Ma l’impatto con il mare e con il viaggio agitato dalle onde fu, a suo dire, talmente tremendo che il povero Porrini vomitò tutto il cibo che aveva ancora in corpo e promise che mai più avrebbe viaggiato in mare. La Corsica è un’isola, quindi ovviamente l’investigatore non fece mai più ritorno in patria e, addirittura, non si mosse più da Genova e le sue vicinanze per i successivi quarant’anni. Qui studiò criminologia e diventò investigatore privato. Grazie alla portata dei casi che risolse aiutando in maniera fondamentale la polizia, in poco tempo divenne un personaggio pubblico di grande rilevanza.
Ma ciò che più caratterizzava Porrini era il suo modo di fare, che lo aveva reso una vera e propria celebrità. L’investigatore soffriva infatti di una patologia chiamata disturbo ossessivo compulsivo
. Questo lo portava a calzare guanti bianchi già da appena sveglio, perché temeva troppo lo sporco e i germi. Inoltre, sentiva il bisogno di mettere a posto tutto quanto si trovasse intorno a lui, secondo un criterio di simmetria geometrica. Ma proprio questa necessità di mettere tutto costantemente in ordine lo portava a fare dei ragionamenti deduttivi incredibili, dove incasellava tutti i fatti a sua disposizione fino a trovare la risoluzione logica anche degli enigmi più difficili, come era accaduto nei recenti casi nei quali anche Duccio era stato coinvolto.
Duccio, mon ami, a Lei piace il gioco del calcio, vero?
gli aveva chiesto Porrini, quando il ragazzo tentennava ad approcciarsi alla scacchiera.
Sì, certo, ma cosa c’entra?
aveva risposto dubbioso Duccio. Amava il calcio e forse quella era l’unica passione che condivideva con i compagni d’età. Le altre passioni di Duccio erano la tecnologia, in particolare tutto ciò che riguardava il mondo di internet e della realtà virtuale, e i romanzi gialli. Non era amante dei giochi di società e non vedeva come il gioco degli scacchi potesse accomunarsi con quella che lui amava definire la nobile arte pedatoria
.
Le spiego, amico mio, ci sono molte affinità tra gli scacchi e il calcio. Prima di tutto, nel gioco del calcio esistono dei ruoli e ogni calciatore ha determinate caratteristiche che rispecchiano il ruolo che ricopre. Il difensore deve fermare gli avversari, l’esterno deve correre, il fantasista deve suggerire e l’attaccante deve fare gol. La stessa cosa succede negli scacchi. Ogni pezzo ha delle caratteristiche e dei modi di muoversi particolari e diversi dagli altri. La torre è il Suo esterno, si muove solo in orizzontale o verticale. Il cavallo è il centrocampista, in grado di sfondare e saltare l’avversario. I pedoni sono i difensori, che proteggono il Suo Re, che a sua volta è assimilabile al portiere, perché se viene mangiato Lei perde la partita, ossia prende gol. E così via per ogni pezzo della scacchiera...
.
Sì, vista così è vero
convenne Duccio i due giochi sono molto simili
.
E, come nel calcio, anche negli scacchi la tattica gioca un ruolo molto importante. La psicologia, mon ami. Come un allenatore prepara la partita studiando la psicologia utilizzata dall’allenatore dell’altra squadra, negli scacchi si gioca studiando la psicologia del proprio avversario
.
Ed era proprio quella considerazione sulla tattica, la grande passione di Duccio, che lo aveva convinto ad iniziare il percorso di formazione. Ma quel sabato mattina, proprio mentre Porrini stava spiegando i benefici della mossa di apertura chiamata Difesa Siciliana
, suonò il telefono.
Allô. Qui residenza Porrini. Chi parla?
.
Buongiorno, sono l’ispettore Giappi
arrivò dall’altra parte della cornetta.
Si può dire che l’ispettore Marco Raffaele Giappi fosse la persona che più aveva beneficiato delle capacità investigative di Porrini e doveva all’investigatore corso buona parte delle fortune che lo avevano portato a diventare Ispettore Capo della Polizia di Genova. 46 anni, era un uomo abbastanza alto che superava il metro e ottanta. La sua figura emanava un’idea di forza fisica, quasi fosse un atleta. Capelli a spazzola biondo-rossicci, Giappi portava sempre un lungo impermeabile di colore grigio, che ne era diventato un simbolo e lo contraddistingueva in tutte le immagini pubbliche. Lui ed Ercole Porrini, che era invece più basso e un pochino tozzo, messi accanto