Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Una notte, Una Vita
Una notte, Una Vita
Una notte, Una Vita
E-book469 pagine6 ore

Una notte, Una Vita

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Una storia fantastica che, tuttavia, narra vicende molto vicine alla realtà.

I fatti si svolgono in Russia e in America del Nord, ma anche in Africa.

È il periodo della guerra civile fra sudisti e nordisti, della lotta per la liberazione degli schiavi neri che dalle coste dell'Africa venivano deportati per lavorare nei campi di cotone.

Una storia di uomini e di donne, di famiglie e di Stati, di guerrieri coraggiosi e avventurieri privi di onore; di battaglie e di tradimenti, ma anche di grandi amicizie e gesti di estremo coraggio.

È una storia di sentimenti profondi confessati a cuore aperto, di amori e di tragedie, di fughe e di riscatti, di abbattimenti e rinascite, di partenze obbligate e ritorni a lungo agognati.
LinguaItaliano
Data di uscita4 gen 2023
ISBN9791221455304
Una notte, Una Vita

Correlato a Una notte, Una Vita

Ebook correlati

Narrativa storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Una notte, Una Vita

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Una notte, Una Vita - Sandro Cogliati

    Capitolo I

    1856 Dalla Russia, San Pietroburgo, all’America, Baltimora

    Mi chiamo Alexander Tetjakov e una volta sono stato un intraprendente diciottenne, russo, cadetto della Scuola della Marina dell’Impero Russo e grande servitore della mia patria, come, del resto, tutta la mia famiglia.

    Mio padre si chiamava Andries, cugino di secondo grado di sua Maestà lo zar di Russia Alessandro II e al suo servizio come armatore e proprietario di una grossa compagnia di navi mercantili, grazie alle quali aveva fatto fortuna trasportando nelle loro stive tonnellate di legno, armamenti, derrate, alcolici e pellame che poi rivendeva nei porti del Mare del Nord o della penisola scandinava. Il suo matrimonio con mia madre, Kalinin Olga, affascinante quarta figlia di un generale della cavalleria dei ciuvasci della regione caucasica, fu molto probabilmente ‘combinato’ visto l’alto lignaggio di entrambe le famiglie ed ebbe come suoi frutti me stesso e mia sorella maggiore Yalina. L’agiata condizione economica permise a mio padre di comprare una sontuosa villa in pieno centro a San Pietroburgo, anche se, per essere più vicino ai capannoni dei quali si serviva per lo stoccaggio della merce, cominciò sempre più spesso a soggiornare in una dacia poco distante dal porto di Strelha, a sud ovest della città, nella quale oggi viviamo. Quando ero ancora un bambino, mia sorella aveva sposato un capitano di vascello della marina militare russa, Dimitri Hofer ed aveva avuto una bambina, Katerina, la quale all’epoca dei fatti aveva otto anni. Proprio il piglio militare che tanto mi ammaliava e l’autorevolezza di mio cognato mi avevano spinto ad entrare in marina, per cui ebbi più volte l’occasione di incontrarlo nei corridoi della caserma mentre impartiva ordini ai suoi sottoposti.

    A dire il vero, dietro alla disciplina militare di Dimitri, si nascondevano i vizi e le abitudini del peggiore degli sbandati: prodigalità, sfacciataggine, lascivia, inclinazione al gioco d’azzardo e violenza, tanto che si era spinto ad alzare le mani contro mia sorella, cosa che mio padre non aveva per nulla gradito, ma che tollerava perché Dimitri, oltre all’abitudine di giocare, aveva, per sua fortuna, anche quella di vincere spesso molto denaro.

    Nonostante avessi tutto quello che un giovane della mia età avrebbe potuto desiderare, la monotonia della Scuola Militare e della dacia spesso mi infastidivano al tal punto che desideravo ardentemente un’evasione, che sfortunatamente non tardò ad arrivare. Un giorno infatti, di ritorno dall’Accademia della Marina, quasi arrivato alle soglie di casa, mi ritrovai di fronte un plotone di soldati che aveva già circondato il perimetro dell’abitazione.

    Che cosa sta succedendo? chiesi al primo soldato che vidi. Stiamo cercando il signor Tetjakov e Dimitri per arrestarli! mi disse un ufficiale con tono militare sprezzante.

    Attonito, con la voce che faticava ad uscirmi dalla gola domandai di che cosa fossero accusati.

    L’ufficiale non rispose.

    Paralizzati dalla paura e dallo stupore io, mia madre e mia sorella non riuscimmo ad opporci ai soldati che infatti, poco dopo, uscirono dalla dacia trascinando con loro mio padre e mio cognato per portarli alla prigione militare di San Pietroburgo.

    Il giorno seguente, realizzato a pieno quello che era accaduto la sera prima, decisi a scoprire il vero motivo dell’arresto dei nostri familiari, ci recammo in carcere di prima mattina. L’ingresso al penitenziario non fu facile, sia per la riluttanza delle guardie a concederci un permesso per un motivo che loro ritenevano futile, sia per i numerosi controlli prima di essere ammessi tra le mura di una delle carceri più dure dell’intero continente.

    Una volta accettati, chiedemmo di parlare con il comandante; ricevemmo l’ordine di aspettare in una fredda e buia anticamera adiacente al suo ufficio. L’attesa, che si protrasse per due ore, fu snervante e quando fummo finalmente ammessi alla presenza del comandante, ci si gelò ancor di più il sangue. Aperta la porta ci trovammo davanti un uomo austero, alto e magro con una faccia segnata dalle rughe e dalla fatica, i cui occhi facevano trapelare il suo cinismo e la sua insensibilità. Lo riconoscemmo immediatamente: era il colonnello Losivic.

    Sapevamo chi fosse perché lo avevamo visto più volte in compagnia di mio padre al quale il comandante era solito chiedere il noleggio di un’imbarcazione per inoltrarsi in mare e pescare d’altura. Mia madre, non appena fu fatta accomodare su quelle squallide e gelide sedie in pelle che campeggiavano davanti alla scrivania di Losivic, si lasciò andare al dolore e squarciò il silenzio della stanza gridando: Cosa hanno fatto di così grave?

    A questo punto il comandante, dopo aver trangugiato un bicchiere di vodka e aver sospirato, impassibile davanti alla sofferenza di mia madre, iniziò a raccontare freddamente tutto quello che conosceva della vicenda. Ci disse che l’arresto era avvenuto a causa della delazione di una spia che aveva raccontato come le navi della compagnia di trasporto di mio padre avessero contrabbandato rifornimenti di ogni sorta con i ribelli Murd, i quali in cambio avrebbero consegnato a mio padre ingenti quantità di oro e pellicce da rivendere sui mercati di tutta Europa. Noi in famiglia eravamo a conoscenza delle tratte di mio padre e delle merci che era solito trasportare, comprese le armi, ma non avremmo mai immaginato che fosse coinvolto in una faccenda tanto torbida e controversa. Infatti il racconto del comandante fu subito interrotto dalle parole incredule e sdegnate di mia madre che si scagliò contro l’ufficiale con una veemenza inusuale per una donna dell’alta nobiltà russa: Non posso credere a queste menzogne!

    Sfortunatamente però Losivic sembrava possedere tutte le prove che avrebbero inchiodato sia mio padre sia Dimitri. Quest’ultimo infatti era stato pedinato per settimane come anche i suoi soldati, che apprendemmo in quel momento, essere stati ugualmente arrestati per favoreggiamento al contrabbando, le sue navi e i magazzini setacciati di nascosto. Le indagini avevano portato alla luce il complesso meccanismo delle tratte illecite.

    Una parte della merce destinata al rifornimento delle guarnigioni del Nord, che lo stesso Dimitri caricava sulle navi mercantili del suocero, veniva infatti ammassata e nascosta nel magazzino del porto dal quale poi veniva caricata e traghettata su un’imbarcazione che la scaricava direttamente nei porti dei ribelli nella più completa segretezza.

    A questo punto mia sorella, già di per sé molto provata, a sentire queste enormi e pesanti accuse rivolte al marito svenne nell’ufficio del comandante ma fu prontamente soccorsa dai presenti tanto che si riprese in fretta. Il colonnello Losivic, avveduto e sagace oratore, incrociato lo sguardo di mia madre, comprese immediatamente i suoi pensieri e i suoi dubbi a riguardo della storia appena ascoltata e anticipò la domanda che effettivamente lei avrebbe voluto rivolgergli:

    Lei si chiede cosa c’entri in tutta questa storia suo marito viste le evidenti colpe di Dimitri?

    Senza concederle nemmeno il tempo di replicare, continuò in modo arrogante: È vero, il responsabile di questa brutta storia sembra essere solo suo genero, ma a casa di suo marito Andries a San Pietroburgo, durante la perquisizione, è stata trovata nella cassaforte nascosta in salotto, una grande quantità di banconote e diversi documenti riservati della marina russa, che lo incastrano nella vicenda dei ribelli Murd.

    Terminato il racconto, il comandante ci accompagnò verso le celle di detenzione del carcere affinché potessimo vedere mio padre e Dimitri. Prima arrivammo alla cella di mio padre e, quando la guardia che lo sorvegliava aprì la porta della cella, mia madre si gettò nelle sue braccia supplicandolo in lacrime:

    Andries, dimmi che tutto questo non è vero!

    Mio padre, che si commosse profondamente nel vederci ancora vivi, tacque per un attimo e poi sbottò infuriato:

    Olga, tutto questo è un complotto, non è vero niente! Sono innocente! È tutta colpa di quel bastardo di nostro genero Dimitri! Tempo fa mi aveva chiesto di pagargli un debito di gioco, ma io ho rifiutato e da allora si è messo contro di me per farmela pagare! Sono certo che le prove nella cassaforte le abbia messe lui a mia insaputa. Non sarà facile dimostrare la mia innocenza: se quel cane avrà il coraggio di negare ancora, allora sarò responsabile insieme a lui ed i suoi soldati di quanto accaduto.

    Con le lacrime agli occhi salutammo nostro padre, non sapendo quando e se l’avremmo nuovamente rivisto; fummo condotti in un’altra cella, dall’altra parte del penitenziario, nel braccio d’isolamento, per incontrare Dimitri. A differenza di mio padre, distrutto dalle accuse, dalle privazioni fisiche e psicologiche a cui era sottoposto, trovammo lui incredibilmente tranquillo, in attesa della nostra visita.

    Mia sorella Yalina, che indubbiamente lo conosceva meglio di chiunque altro, disse che lo trovava cambiato.

    Il suo attaccamento alla patria e al senso dell’onore sembravano totalmente annichiliti da quei vizi che lo rendevano noncurante verso tutto ciò che stava accadendo, tanto che non appariva nemmeno preoccupato della tragica situazione che si era venuta a creare a causa del contrabbando di armi con i ribelli.

    Alla vista di così tanta ingiustificata e inopportuna spavalderia, gli ricordammo che per ciò che aveva fatto sarebbe stato sicuramente fucilato, come prescritto dalla legge. La sua reazione all’udire queste parole fu sorprendente; si mise a ridere e borbottò: Vuol dire che morirò insieme a mio suocero!

    A quel punto mia madre, che non scorse un minimo senso di colpa o rimorso in quell’uomo, né la volontà di risparmiare Andries gli si si gettò ai piedi e lo pregò piangendo:

    Prenditi tutta la colpa! Salva tuo suocero che non c’entra nulla! Fallo almeno per tua moglie e per tua figlia.

    Dimitri restò totalmente indifferente a tale richiesta e, voltate le spalle a mia madre, se ne andò senza dire nulla in un angolo della sua cella. Venimmo quindi accompagnati fuori dal carcere tra le urla di pianto di mia madre, e decidemmo di ritornare a casa a San Pietroburgo. Durante il tragitto cercammo di riordinare le idee riguardo a quanto successo. All’improvviso mi resi conto della doppia vita che conduceva Dimitri, ripensai a quanto lo avevo stimato sia come ufficiale sia come uomo e ne provai ribrezzo.

    Non potevo ancora credere che fosse così meschino e insensibile, mi prese un desiderio di vendetta così grande che in quel momento avrei voluto averlo tra le mani per ucciderlo e fargliela pagare per aver infangato il nome della nostra famiglia in tutta San Pietroburgo! Passammo i giorni successivi nella preoccupazione e nell’ansia dell’attesa di una sentenza: mangiavamo poco, passeggiavamo nervosi per le stanze della casa, mia madre piangeva spesso la sera e mia sorella pregava febbrilmente, ma le sue pregherie non furono ascoltate. Pochi giorni dopo purtroppo le accuse a carico di mio padre e Dimitri si aggravarono ulteriormente poiché sulle spalle di mio cognato, oltre ai reati descritti, pesarono anche le imputazioni di sfruttamento della prostituzione, gioco d’azzardo e corruzione della Marina Militare.

    Nel frattempo mio padre si sentiva abbandonato da tutti. Nessuno credeva alla sua innocenza, neppure i suoi cari amici nobili e commercianti. Le accuse nei confronti di quel suo odioso genero ricadevano di riflesso anche su di lui. Le prove trovate nella cassaforte lo inchiodavano senza alcuna via di scampo.

    Vista la situazione giuridicamente irreparabile, mia madre in extrema ratio chiese al comandante della prigione, in nome dei favori a lui concessi da mio padre, di organizzare un colloquio con il governatore di San Pietroburgo, il principe Boris Vasijliev. Facendo perno sulla parentela di mio padre con lo zar, mia madre avrebbe richiesto allo stesso governatore una grazia per il marito, purtroppo la grazia venne rifiutata e infine giunse il giorno del processo.

    Il tribunale di San Pietroburgo, volendo lanciare un duro monito a tutti i ribelli Murd, che collaboravano come contrabbandieri, optò per una linea di giudizio dura e spietata: mio padre e Dimitri furono entrambi condannati a morte per fucilazione, perché giudicati colpevoli di alto tradimento alla Corona zarista e alla marina militare russa. La pena sarebbe stata eseguita dieci giorni dopo.

    Io, mia madre e mia sorella fummo devastati dalla sentenza: la corte, non aveva nemmeno avuto pietà per l’età avanzata di mio padre, uscimmo dal tribunale sommersi da insulti al grido di traditori e infami. L’umiliazione però non finì in quell’aula. Poche ore dopo ricevemmo un ordine dallo stesso tribunale che ci confiscava tutti i beni di famiglia: navi, case, terreni, ville, magazzini, tenute agricole: non ci rimaneva nulla!

    Una postilla al documento ci invitava a cercare una nuova dimora entro venti giorni in quanto tutto sarebbe diventato proprietà dell’impero zarista a guisa di risarcimento. Chiedemmo quindi ospitalità a parenti ed amici, dentro e fuori San Pietroburgo ma tutte le porte ci venivano chiuse in faccia, anche quelle delle persone che ritenevamo più sincere e fidate. Non avevamo perso solo i nostri averi, ma anche la credibilità e l’onore che ci contraddistinguevano, eravamo sprofondati in un baratro senza via d’uscita: eravamo passati improvvisamente da una vita di lusso e sfarzi, fatta di cerimonie e ricevimenti alla corte imperiale ad elemosinare una stanza nelle più squallide bettole della città. Eravamo letteralmente a pezzi e abbandonati a noi stessi.

    Aspettammo impotenti il giorno della fucilazione, ci chiedevamo che cosa avremmo fatto dopo la loro morte, senza poter nemmeno più soggiornare nella nostra dacia. Il malaugurato giorno non tardò ad arrivare. Il tribunale aveva deciso che i due condannati sarebbero stati fucilati al sorgere del sole fuori le mura di San Pietroburgo, per evitare l’accalcarsi della folla, che sicuramente avrebbe voluto partecipare all’evento per puro sadismo. All’esecuzione sarebbero stati presenti anche il comandante della prigione, un alto prelato e diversi nobili di San Pietroburgo.

    Lasciammo a casa Katerina con la servitù, salimmo quindi sulla carrozza per recarci sul posto; eravamo scortati da altre due carrozze e da un reparto di cavalleria a capo del quale c’era un giovane tenente di nome Itrov che avrebbe dovuto preoccuparsi che nessuno attentasse alla nostra vita per vendetta. Ci fermammo davanti a un cimitero, dove si trovava un muretto che pareva appositamente studiato per le fucilazioni e dove avvennero i primi rituali per l’esecuzione. Scesi dalla carrozza vedemmo i due condannati sistemati uno accanto all’altro, il tenente chiese loro se volessero esprimere il loro ultimo desiderio. Rispose per primo mio padre che

    desiderava poter salutare per l’ultima volta sua moglie. Il tenente riportò la domanda al capitano per avere il permesso, che venne accordato. Immediatamente mia madre corse verso mio padre, si abbracciarono, ma incredibilmente nessuno dei due versò una lacrima, forse perché non ne avevano più.

    Mia madre non raccontò mai cosa si dissero in quegli ultimi attimi ma dalla fierezza del viso pensai che mio padre l’avesse rassicurata sul futuro e giurato la sua innocenza. Dopo poco il tenente si avvicinò a mio cognato Dimitri, chiedendogli se anche lui avesse un ultimo desiderio prima dell’esecuzione. Dimitri rimase impassibile, il volto calmo di ghiaccio, desiderava solamente essere fucilato dopo il suocero. Lo stesso tenente rimase sbigottito, pensava che anche lui avrebbe chiesto di salutare per l’ultima volta la moglie. Mia sorella restò sconcertata.

    Il plotone si preparò quindi per la fucilazione di mio padre, si sentì il rumore dei fucili che vennero caricati nel silenzio più assordante, mio padre chiese di essere bendato, ma la sua richiesta fu ignorata. Quando tutto il plotone fu pronto il tenente urlò: Fuoco!

    In un attimo vidi mio padre accasciato al suolo esanime.

    Senza un minimo di tentennamento il plotone si preparò per l’esecuzione di mio cognato. I fucilieri erano pronti, si attendeva solo il comando. All’improvviso si sentì da lontano il suono di una tromba che intonava la carica di uno squadrone di cavalleria.

    Subito il cimitero fu circondato dai cavalieri armati di tutto punto comandati dal governatore Boris. Nel panico e nell’incredulità del momento, non capimmo bene cosa stesse succedendo ma percepimmo come l’atmosfera fosse tesissima. Boris aveva saputo, tramite la sua fitta rete di spie, che i ribelli del nord, i Murd stavano per liberare uno dei loro più fidati collaboratori e amici: il capitano Dimitri.

    I Murd in effetti si erano ben appostati dietro il muretto del cimitero, pronti ad intervenire come d’accordo solo dopo la prima fucilazione, quella di mio padre. La strategia concordata era di sparare sia sul plotone di esecuzione sia sugli ufficiali nell’attimo in cui il tenente Itrov avesse ordinato il fuoco, in tal modo i fucilieri non sarebbero riusciti a riorganizzarsi per respingere l’attacco, perendo senza possibilità di scampo.

    Il governatore Boris giunse prima che il piano si potesse attuare. Dimitri quindi non riuscì a fuggire, i ribelli, una quarantina, erano stati scoperti, ed essendo numericamente inferiori allo squadrone del governatore, si arresero senza opporre resistenza.

    Il governatore si avvicinò a Dimitri, gli mostrò una misteriosa lettera, dicendogli che non sarebbe mai arrivata a destinazione. Dopo aver fatto legare ed imprigionare tutti i ribelli, il governatore Boris si apprestava a ritornare alla sua fortezza di San Pietroburgo, dando l’ordine di procedere con la fucilazione del capitano Dimitri come se nulla fosse successo.

    Restai esterrefatto. Non appena passò lo stupore, nella mia mente si accumularono molti punti interrogativi, che continuavano a tormentarmi per i quali non seppi trovare una risposta: come facevano i ribelli a sapere che la fucilazione sarebbe stata eseguita al cimitero? Perché il governatore si era precipitato con il suo squadrone per impedire la fuga di Dimitri? E poi quella lettera. Che cosa c’era scritto?

    Ero più confuso di prima, di colpo ritornai alla realtà. Il capitano stava per ordinare al tenente di proseguire con l’ultima fucilazione, quella di Dimitri. Il plotone si riposizionò, Itrov alzò, come aveva anche fatto per mio padre, la sua enorme spada al cielo per impartire l’ordine. Tutto era pronto, la tensione mi spezzava il fiato, mentre sentivo il cuore in gola.

    Il tenente ordinò a squarciagola: Caricare! e dopo alcuni secondi: Puntare! I brevi attimi che seguirono mi apparvero lunghi come giorni, il tempo sembrava essersi dilatato, la mia mente affollata da mille pensieri, la spada di Itrov si abbassò mentre egli stesso urlava: Fuoco!

    Nel preciso istante pensai che tutto fosse finito, la giustizia, nonostante la disgrazia di mio padre, sarebbe stata fatta, invece il tanto atteso epilogo di quella vicenda, che aveva straziato la mia famiglia, si tramutò in un nuovo colpo di scena.

    Il fuoco diretto su Dimitri fu scatenato con tutto il suo impeto contro la maggior parte dei soldati e degli ufficiali presenti, morirono in massa senza quasi accorgersene. Il plotone d’esecuzione non era composto da marinai, bensì da altri ribelli, stretti amici di Dimitri. Sopraggiunsero inoltre altri complici rimasti nascosti, apparvero a cavallo provenienti dai boschi circondando il cimitero. Dopo aver danneggiato tutte le carrozze della Marina, liberato i cavalli dello squadrone del governatore rimasti nel cimitero, la banda fu pronta per la fuga. Sul posto regnava una confusione generale, panico e delirio: la gente correva lontano urlando di paura, i soldati rimasti illesi non sapevano a chi sparare; Dimitri venne liberato, montò a cavallo e si dileguò con i ribelli.

    Il tenente Itrov era ferito ad una spalla mentre Losivic, rimasto miracolosamente indenne, cercò di organizzare un inseguimento, ma non c’erano più cavalli ed i pochi soldati rimasti erano quasi tutti feriti. Io, dopo aver assistito a tutti questi fatti confusi e inaspettati, cercai di proteggere la mia famiglia: gridai a mia sorella di stare vicino a nostra madre.

    Mi domandavo dove si stesse dirigendo Dimitri. A San Pietroburgo, a casa nostra per rapire la figlia Katerina? Mi guardai intorno per individuare un mezzo per raggiungere velocemente casa nostra. Liberai un cavallo accasciato a terra imbrigliato dalle redini e partii subito alla volta di casa sperando di riuscire ad arrivare prima di Dimitri.

    Dopo una corsa sfrenata mi precipitai in casa: c’erano già i ribelli complici di mio cognato, i quali mi catturarono con poca difficoltà. Alcuni di loro avrebbero voluto spararmi subito, ma Dimitri ordinò di liberarmi. Con la mano destra teneva strettamente una borsa piena di gioielli e denaro, che aveva sicuramente trafugato in casa, mentre con la sinistra stringeva la mano della figlia Katerina. Mi guardò: Che cosa vorresti fare? mi disse. Sei circondato, non fare pazzie! Ed io: Lascia Katerina! Non farla diventare una bastarda come te! I suoi uomini iniziarono a ridere di gusto e Dimitri, offeso a morte, mi urlò: Ora morirai!

    Lasciò la borsa e la figlia, mi tese una spada dicendo: Combatti da vero uomo! Se vincerai, Katerina resterà con te!

    Iniziò lo scontro. I ribelli erano molto agitati, scalpitavano per scappare, consci del fatto che a breve sarebbero arrivati soldati e marinai di rinforzo.

    Dimitri era un ottimo spadaccino, ma anche io non ero da meno. Il desiderio di vendetta e la rabbia che mi divoravano ormai da giorni moltiplicarono le mie forze, con una mossa improvvisa riuscii a ferirlo di striscio all’orecchio sinistro, che prese a sanguinare copiosamente; in seguito la ferita si sarebbe tramutata in una vistosa cicatrice.

    La sua maggior esperienza ebbe però il sopravvento, subito dopo venni disarmato con un affondo fulmineo. Nemmeno il tempo di realizzare, che cosa stesse accadendo, mi ritrovai la lama di Dimitri al collo mentre un suo uomo urlava: Uccidilo! Uccidilo e scappiamo!

    Ma Dimitri, forse perché ero suo parente, non ebbe sufficiente sangue freddo ed ordinò di legarmi al pilastro del salone. Si riprese quindi la figlia e la borsa, dirigendosi verso la porta, mi disse: Addio cognato!

    Gli risposi prontamente e con tutta la furia che avevo in corpo:

    Vigliacco! Questo non è un addio, ma un arrivederci! Ti troverò anche in capo al mondo! Hai rovinato me e la mia famiglia, sarai maledetto per sempre!

    Dimitri mi fissò con un ghigno, corse e radunati i suoi ribelli, si diressero a cavallo verso il porto, sequestrarono una nostra nave mercantile della Compagnia dell’Orso e salparono all’istante.

    Pensavo che non avrei mai più rivisto Dimitri, si sarebbe sicuramente nascosto a Nord con l’aiuto dei ribelli. Pensieri tristi affollavano la mia mente mentre ero ancora legato alla colonna del salone ed attendevo l’arrivo di mia madre e di mia sorella. Si presentarono poco dopo con molti soldati e marinai insieme al governatore Boris; il quale sbraitava infuriato con i suoi ufficiali per la fuga di Dimitri, ormai troppo lontano per tentare un inseguimento con lenti barconi di trasporto del legname e vecchi pescherecci.

    Dopo aver perlustrato la casa, tutti i militari se ne andarono, mentre noi restammo impotenti e moralmente distrutti per il rapimento di Katerina. Le disgrazie per la nostra famiglia sembravano infinite. Yalina chiese a mia madre che cosa le avesse consegnato il comandante della prigione prima di andare al luogo di esecuzione. Solo allora mia madre ricordò di aver ricevuto una lettera da mio padre poco prima che lo giustiziassero, scritta di suo pugno mentre era in prigione. Cominciò a leggerla in silenzio e dopo che ebbe terminato si accasciò sfinita su divano. Mia sorella le sfilò di mano la missiva, lesse le prime righe, si spaventò al punto da non riuscire più a tenerla in mano. Io rimasi qualche istante a fissarle aspettando che mi dicessero cosa contesse di così scandaloso, ma nessuna delle due riuscì a rispondermi tra i singhiozzi.

    Mi piegai quindi verso il pavimento, raccolsi la lettera e iniziai a leggerla velocemente. Nostro padre era venuto a sapere che Dimitri era un contrabbandiere che lavorava con i ribelli del nord, i Murd, tradito da un marinaio per incassarne la taglia sulla sua testa. Ma la cosa che più ci sorprese e terrorizzò fu questa: il governatore di San Pietroburgo, Boris Vasjliev, era socio d’affari con Dimitri, nonché al comando dei contrabbandieri!

    Il governatore ordinava ingenti quantità di armi e viveri per rifornire le guarnigioni militari stanziate nell’estremo nord, mentre il suo complice Dimitri sottraeva parte del carico durante il viaggio, consegnandolo ai ribelli. Il tutto era orchestrato con estrema precisione e portava notevoli vantaggi ad entrambi: bella vita, donne, alcol e denaro a volontà.

    Il vantaggioso accordo tra i due si frantumò in occasione di una festa che il governatore diede a casa sua per festeggiare i 18 anni della figlia Veronika, una bellissima e procace ragazza bionda, con occhi di ghiaccio, educata nelle migliori scuole della Russia.

    Io peraltro mi ricordavo molto bene la festa poiché ero presente al ballo con altri cadetti della Marina che avevano scommesso con me su chi fosse riuscito ad ottenere il primo ballo, onore che nessuno di noi ebbe, visto lo stuolo di pretendenti da cui era circondata.

    Nella lettera trovai anche scritto che Dimitri se la spassava con la moglie del governatore, la signora Sonia, che tradiva il marito di frequente, finché un giorno fu sorpresa dalla figlia mentre era a letto con l’amante. Veronika già sapeva delle avventure amorose della madre in quanto aveva già più volte spiato i suoi incontri con Dimitri, ma mantenne sempre il segreto. Dimitri quindi tentò di sedurre anche lei e dal corteggiamento nacque un rapporto fatto di sguardi maliziosi e sorrisi, senza una vera e propria relazione. Tuttavia, proprio durante la festa, col favore della confusione, Dimitri si appartò con Veronika. Il Governatore stava al centro dell’immenso salone, circondato da amici, felice, al massimo dello splendore, orgoglioso della festa che pareva far divertire tutti gli ospiti. Mentre ballava con la moglie Sonia si chiesero dove fosse Dimitri. Notarono anche l’assenza di Veronika, pensarono si fosse ritirata per riposarsi.

    Terminato il ballo con la moglie, Boris si congedò discretamente dagli invitati in cerca di Veronika e Dimitri. Controllò le stanze del palazzo, le cucine, i magazzini, persino le stalle, ma niente! Sembravano spariti nel nulla. Mentre rassegnato stava per rientrare nel salone, incrociò un giardiniere che trasportava un vaso di fiori, gli venne in mente di cercare nella serra nel giardino, e vide la figlia e Dimitri nudi avvinti l’un l’altro su un tappeto, senza nemmeno accorgersi della sua presenza. D’istinto Vasjliev cercò la pistola, che era solito tenere alla cinta, per uccidere Dimitri, purtroppo non aveva la fondina nell’abito cerimoniale. Passato l’impulso d’ira, Boris, per evitare uno scandalo e una tragedia, decise di allontanarsi di soppiatto. Rientrato al salone come se nulla fosse accaduto, si riunì agli amici bevendo e scherzando, ma nella sua testa stava già pensando alla vendetta: eliminare Dimitri, ma non sapeva ancora come.

    Ora mi fu chiaro perché Dimitri era spesso presente al loro palazzo, aveva diversi ‘affari’ da sbrigare. Quando si congedava dal governatore passava dalla scuderia per riprendere il cavallo ed incontrarsi con Sonia. In realtà la relazione con la moglie non era nemmeno segreta agli occhi del marito, che la tollerava poiché se Sonia non lo avesse tradito con Dimitri, lo avrebbe tradito con altri uomini. Per il quieto vivere era conveniente che le vicende restassero confinate tra le mura del palazzo senza destare scandalo.

    Boris quindi sapeva ed accettava che Dimitri fosse l’amante della moglie, ma dopo ciò che aveva visto nella serra non poteva più sopportare la presenza di quell’uomo nella sua vita, non si accontentava più della moglie, ma voleva avere anche la figlia diciottenne!

    Accecato d’ira e rabbia Boris elaborò un piano di vendetta. Fu Boris a mandare il marinaio dal comandante della prigione con tutte le prove dei traffici illeciti per incastrare Dimitri e, per completare la sua vendetta, decise di coinvolgere anche la mia famiglia mettendo dei documenti molto compromettenti e del danaro sporco nella cassaforte della dacia durante la perquisizione, sperando nella confisca di tutti i nostri beni dei quali poi sarebbe venuto in possesso. Alla luce di tutto ciò nostro padre ci chiedeva di prendere tutto quello che avevamo di valore e di fuggire in America del Nord, all’Ambasciata Russa dove un diplomatico suo amico, di nome Suzenka, ci avrebbe aiutati ad iniziare una nuova vita. La lettera terminava con i saluti e l’addio commosso di nostro padre.

    Dopo aver letto la missiva, una particolare domanda mi assillava la mente: perché Boris si era così accanito contro la mia famiglia? La rabbia nei confronti di Dimitri era comprensibile, ma perché non limitarsi a punire lui? La risposta più plausibile arrivò dalla bocca di mia madre, che mi spiegò come Boris avesse voluto gettare la nostra famiglia nella rovina, perché in quel modo avrebbe avuto occasione di eliminare un membro d’opposizione del Consiglio Parlamentare, ovvero mio padre, che era anche il suo unico rivale alle prossime elezioni di governatore di San Pietroburgo.

    Nel frattempo i soldi iniziavano a mancare a tal punto che mia sorella e mia madre cominciarono a vendere diversi oggetti che possedevamo: pellicce, vestiti da sera, abiti nobili, argenteria e gioielli, e i libri della nostra preziosa biblioteca.

    Infine un giorno, radunata tutta la servitù fu comunicata la nuova situazione creatasi a seguito della morte di nostro padre: eravamo costretti a licenziare tutti, fatta eccezione per la nostra fedele governante Alessia. Ormai la mia famiglia non era più padrona di nulla.

    Pochi giorni dopo Boris giunse a casa nostra informandoci che il tribunale militare della Marina aveva emesso una sentenza definitiva: tutti i nostri beni erano ufficialmente confiscati in risarcimento dei danni verso lo Zar. Noi non dicemmo nulla sul contenuto della lettera perché Boris era un uomo molto potente e avrebbe potuto colpirci ancor più duramente. Continuò quindi elencando tutti i beni sottoposti a sequestro e, da ultimo, ci propose di rimanere nella nostra casa a San Pietroburgo, ma solo a condizione che accettassimo di essere alle sue dipendenze. Mia madre, molto legata alla sua terra, chiese timidamente a Boris qualche giorno per riflettere. Accettò ma promise che sarebbe tornato presto con i suoi uomini.

    Mia sorella spinse molto per rimanere, soprattutto perché non avevamo altri posti sicuri dove andare, ma io, pervaso dalla rabbia, le urlai:

    Se accettassimo di restare saremo per sempre i suoi servi! Sapendo che ha orchestrato tutto per rovinarci, ha fatto uccidere nostro padre ed ora vuole anche umiliarci!.

    Un interminabile attimo di silenzio separò la risposta di mia madre, molto preoccupata all’idea di abbandonare tutto. Disse:

    Non sono certa che Boris sia veramente il capo dei contrabbandieri. Io non ero per nulla d’accordo con lei, inoltre la mia paura più grande era che, se Boris avesse saputo che eravamo al corrente di tutto, ci avrebbe uccisi oppure spediti in una sperduta prigione siberiana. Alla fine, per non dare dispiacere a mia madre, decidemmo di restare nella nostra casa studiando di nascosto un piano per fuggire in America, mentre Boris credeva di essere tranquillo.

    Il giorno successivo ricevemmo anche la visita del comandante della prigione, Losivic, il quale era anche stato presente alla fucilazione. Ecco gli oggetti di vostro padre: un orologio con lo stemma della vostra famiglia: un orso in posizione eretta con un’ancora legata alla zampa, che anche Dimitri possedeva, un anello con una perla, una penna d’oca, cinque libri di narrativa e delle monete.

    Grazie, comandante! esclamò mia madre con volto commosso.

    Poi, rivolgensosi a me e a mia sorella: Per ricordare vostro padre voglio che Alexander prenda l’orologio e Yalina l’anello.

    Prima di salutare il Comandante, mia madre fece altre domande. Come stanno i soldati feriti durante la fucilazione al cimitero?

    Il Tenente Itrov a capo della fucilazione è stato ferito alla spalla, ma se la caverà poiché la ferita è meno grave del previsto. Ci sono stati altri venti feriti tra civili e militari e ben ventiquattro morti della Marina spiegò il comandante.

    Comandante, domandò ancora mia madre, non riusciamo proprio a capire come abbiano fatto i ribelli a nascondersi dietro al muretto del cimitero senza essere stati notati da nessuno.

    A questo punto il comandante espose la sua versione dei fatti sull’attentato e sulla fuga avvenuti al cimitero il giorno della fucilazione e il racconto ci lasciò alquanto sbigottiti.

    Qualcuno li ha sicuramente aiutati a preparare il piano di fuga di Dimitri, ma non abbiamo ancora capito chi possa essere stato, il nostro obiettivo principale al momento è comprendere proprio questo. Quando io e i miei soldati arrivammo al cimitero poco prima dell’esecuzione, si stava celebrando una funzione funebre. Per precauzione ordinai al tenente Itrov di inviare una pattuglia in perlustrazione per valutare se ci fossero persone armate, ma i miei uomini tornarono poco dopo, senza alcun sospetto. Anzi un soldato ci fece notare che molte persone al seguito del carro funebre piangevano e che si erano sentiti inopportuni in quel clima di dolore. Solo dopo gli spari abbiamo capito che quello non era un vero funerale. I parenti in realtà erano i ribelli, che avevano nascosto nella bara fucili e pistole per poter liberare Dimitri dopo la prima fucilazione. Furono arrestati quasi tutti con l’arrivo della cavalleria del governatore Boris. Il resto credo lo sappiate già, concluse il comandante prima di congedarsi.

    Mia madre non aggiunse nulla riguardo a Boris. Compresa la gravità della situazione e i possibili risvolti, disse: Ora conosciamo tutta la storia, tutto è chiaro. Prepariamoci ad abbandonare la casa prima che sia troppo tardi.

    Dopo tre giorni di intensi e segreti preparativi fummo finalmente pronti per fuggire con quel poco denaro racimolato per poter pagare le spese di viaggio. Con l’aiuto di un fidato marinaio della nostra ex compagnia mercantile, ci imbarcammo su una nave per il trasporto di legname, destinazione America del nord, Baltimora. Allontanandomi dal porto di San Pietroburgo verso il mare aperto, vennero in successione pensieri malinconici. Non stavamo abbandonando solo la nostra città ma molti ricordi legati alla nostra vecchia casa e a tutto ciò che ci era caro. Cosa ci avrebbe atteso in quella nuova terra che ci accingevamo a raggiungere?

    Dopo molte ore di viaggio trascorse dormendo a causa della stanchezza accumulata nei giorni passati, avvistammo le coste della Finlandia e a sera inoltrata sbarcammo nel porto di Helsinki.

    Il nostro marinaio, prima di congedarci, ci consigliò di alloggiare per la

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1