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Short stories: The firtst
Short stories: The firtst
Short stories: The firtst
E-book496 pagine5 ore

Short stories: The firtst

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Info su questo ebook

Nello scrivere questi racconti mi sono posta alcuni obiettivi: 1) suscitare interesse 2)denunciare alcuni problemi della società attuale 3)non dilungarmi in narrazioni prolisse. Spero d’esserci riuscita.
LinguaItaliano
Data di uscita21 apr 2015
ISBN9788891174987
Short stories: The firtst

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    Anteprima del libro

    Short stories - Luana Zaami

    matrimonio

    ANDATA E RITORNO AL 41° PARALLELO NORD

    Questo racconto è di fantasia.

    Il riferimento ai fatti storici serve a stabilire il periodo in cui si svolge il racconto mentre ogni riferimento a persone è puramente casuale.

    Alla mia nipotina Nicole perché impari presto a perseguire un obiettivo .

    , VOCE NARRANTE

    ---------------------------------------

    Dall’aldilà nessuno è mai tornato per raccontare la storia di un mondo sconosciuto.

    Ma noi che bene conosciamo questo mondo e le sue così spesso contorte realtà, noi si che possiamo narrare le vite degli uomini, quelle più ricche e colme di eventi, di nobiltà , di egoismi,di amore, passione,sacrificio, perseveranza, coraggio, di tutte quelle virtù e umane miserie che servono per tessere le vite degli uomini con una vita non comune.

    Già perché solo sfoderando gli artigli, in questo mondo , si salgono i gradini e si diventa grandi.

    Qualcuno da imitare e rispettare e che ricorderemo sempre per la sua statura morale.

    E’ vero tra i grandi ci sono anche i peggiori, quelli col marchio di Satana, che facendo prevalere il peggio dei loro istinti,lasciano un segno di stampo diverso.

    Ma chi vorrebbe imitarli?

    Collocarli tra i pazzi criminali dona loro una parvenza di umanità.

    Non spendiamo altre parole per loro.

    Dedichiamoci a narrare ciò che conosciamo, dei migliori, affinchè rimanga di essi e soltanto di essi la traccia più significativa.

    E’ vero, le tracce col tempo tendono a sbiadire,mutano i contorni ,ma qualcosa rimane l’essenza di esse si amalgama al pensiero,al ricordo,e dal pozzo del tempo prende forma la STORIAquella da cui l’umanità tutta potrebbe attingere in sapienza ed esperienza per sollevare il velo dell’ignoranza e abbandonarla finalmente alla sua insignificanza,retaggio di un passato morto e sepolto.

    ANDATA E RITORNO AL 41°PARALLELO EST

    -------------------------------------------------------------------

    Era una famiglia storica su quel lembo di terra del Sud.

    Le origini si perdevano nell’intricata storia delle invasioni, dai turchi ai normanni. Poi per qualche oscuro motivo , avevano deciso di mettere radici in quella città. Una città che porta chiari i segni delle dominazioni subite. Nell’architettura spesso chiaramente araba , nelle tradizioni, e nei gusti.

    Così era iniziata la storia della famiglia, si erano incrociati e moltiplicati con poche altre famiglie, mantenendo la loro identità prioritaria rispetto alle altre, ciò li aveva resi, orgogliosi .

    L’antico lignaggio non li esimeva dall’odiarsi cordialmente,all’occorrenza.

    C’era un segno caratteriale ricorrente,un’arrogante supponenza, forse un’ingenua vena di propensione all’accettazione che faceva presagire sviluppi imprevisti ed incontrollabili.

    Si favoleggiava come in una leggenda metropolitana che fossero stati cinque gemelli assolutamente identici i fondatori Poichè nei documenti si trovano le tracce solo di tre predecessori è logico dedurre che siano stati tre, di cui due emeriti bastardi e l’altro forse….la pecora nera…o bianca che dir si voglia.

    Perché bastardi? Soltanto perché nel corso della loro vita riuscirono a mettere insieme un patrimonio che sarebbe durato per molte generazioni, se ben gestito.

    Si potrebbe dunque concludere che arricchirsi dà automaticamente la patente di bastardo?

    Punti di vista dirà qualcuno.

    Tuttavia mettere insieme una tale fortuna poteva dare adito a mille congetture.

    Avevano iniziato con tre bastimenti, e già questo avvalorava la tesi dei tre fratelli che nell’immaginario divennero gemelli.

    Forse lo erano o forse no, è certo che si assomigliavano.

    Erano gli armatori dei bastimenti e i documenti dell’epoca lo dimostrano. La SANTA, la NORA e la VANNA.

    Si racconta che i tre bastimenti fossero il tributo d’onore pagato da un armatore dell’epoca che trovandosi in difficoltà si era giocata l’ultima risorsa per far fronte ai debiti di gioco in cui si era cacciato dopo il naufragio di altri due bastimenti della sua piccola flotta.

    Erano i tempi in cui il gioco d’azzardo spesse volte apriva o concludeva un affare.

    Era la fine del secolo. L’anno domini 1900.

    Le assicurazioni erano ancora un’ipotesi .

    Tuttavia i bastimenti erano belli e robusti a vela s’intende, spesso con un supporto di caldaie a carbone e potevano navigare con ogni mare.

    Gli equipaggi erano uomini rudi un po’ naviganti un po’ filibustieri, non molto dissimili dal loro armatore.

    Erano i tempi di una marineria particolare in cui si riversavano avvicendandosi i personaggi più disparati . Spesso violenti per lo più molto attenti ai profitti anche se spesso dentro i limiti mai troppo definiti della legalità.

    A bordo vigeva un regime di obbedienza totale ed indiscutibile al comandante che, padrone assoluto, poteva decidere la sorte del suo manipolo di uomini e del suo carico (tranne che in caso di ammutinamento in verità abbastanza raro).

    Simone, Lorenzo e Michele D’Auria , i tre fratelli armatori facevano navigare i loro bastimenti cariche di merci e di uomini come mai s’era visto.

    2

    Non c’era situazione meteorologica che li trattenesse in porto.

    Si partiva sempre, col mare forza otto o col mare piatto bastava che ci fosse il vento giusto per riempire le vele e far decollare la barca verso il mare aperto poi il comandante avrebbe intuito con la sua sagacia, gli strumenti disponibili e gli astri, la rotta giusta per incontrare e sfruttare le situazioni più favorevoli alla navigazione.

    Le rotte erano transoceaniche per Michele e Lorenzo.

    Il nuovo mondo rappresentava un notevole polo d’attrazione con un mercato in espansione come quello degli anni tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900.

    I bastimenti partivano con carichi umani, i primi emigranti, attratti dai racconti mirabolanti che giungevano con un passaparola , di terre vergini e sconfinate, di prodotti spesso sconosciuti oppure di derrate a prezzi più convenienti. Il tabacco, il riso, la canna da zucchero, il legname, il grano ed alcuni prodotti totalmente sconosciuti in Europa come il pomodoro. Tutto ciò riscuoteva interesse e speranze che presto si tramutavano in un desiderio insopprimibile di andare per sperimentare di persona il nuovo mondo e le nuove risorse.

    Gli stati sovrani d’Europa, dall’Inghilterra in primis al Portogallo tentarono la colonizzazione delle nuove terre.

    L’Italia provò una nuova formula di fatto molti italiani si stabilirono nell’America del Sud, Venezuela,Brasile, molti altri preferirono il Nord America, dove le grandi fabbriche li fagocitarono strappandoli al loro destino di agricoltori, pescatori, pastori.

    Simone, il minore dei tre fratelli batteva le rotte del Nord Europa da cui si importava il carbone.

    Con l’avvento della seconda rivoluzione industriale si sentiva forte l’esigenza di produrre energia che si estraeva quasi esclusivamente dal carbonfossile di cui le terre della lega anseatica erano ricche.

    Simone dedicava tutto il suo impegno a questa attività ,era soddisfatto del suo ruolo di cui valutava l’importanza.

    Le loro stesse navi usufruivano del prodotto che importavano ed era una collaborazione vantaggiosa una proficua simbiosi nonostante la pericolosità delle rotte su cui viaggiavano in cui oltre ai mari tempestosi si sviluppavano violenti scontri armati tra le nazioni del Nord che tentavano di accaparrarsi questo o quel territorio con relative acque territoriali.

    Fino al 1895 anno in cui fu aperto il canale di Kiel che facilitò gli scambi tra il mare del Nord ed il mar Baltico.

    Successivamente con la scoperta dei pozzi petroliferi e l’estrazione del medesimo lo scenario commerciale mutò completamente.

    In quel preciso quadro sociale si svilupparono gli eventi che dettero vita alla storia della famiglia D’Auria.

    -------------------------------------

    Dai normanni avevano ereditato gli occhi freddi e blu come il mare del Nord, dagli ottomani il fisico robusto, slanciato quanto basta.Le caratteristiche morfologiche che si combinavano nel DNA avevano prodotto un tipo d’uomo, dalla pelle scura, abbiamo già detto che si assomigliavano nell’aspetto, nel portamento e nel carattere.Erano uomini fieri, orgogliosi ed arroganti ed infidi. Erano uomini che piacevano alle donne i fratelli D’Auria anche se non erano belli secondo i canoni acclarati.

    Ma ai fratelli D’Auria che donne piacevano? Le prostitute, le popolane un po’ grevi .

    Tuttavia Simone che fu il primo a sposarsi, scelse la sua donna nella piccola borghesia di fine secolo.

    Sapeva d’essere in contraddizione col suo passato più recente tant’è…..

    3

    Si chiamava Antonia Sidoti e non portava chiari i segni delle razze che si incrociano potenziandosi, anzi la sua gracilità fisica e la sua fragilità emotiva sottendevano l’anello vulnerabile delle razze che non rinnovando la linfa con gli incroci si perpetuano in una ripetizione di geni sempre più deboli.

    Tuttavia la sua bellezza diafana era senza ombra. Quasi una sfida alla estrema gracilità fisica.

    Simone ne rimase affascinato.

    Lui che aveva avuto solo donne di bordello, conoscendola gli parve di aver trovato un tesoro di inestimabile valore.

    Antonia era bella, con una chioma fluente e morbidamente ondulata, occhi scuri e profondi che sembrava nascondessero inespressi ed inesprimibili pensieri, labbra tumide e pelle trasparente e perlacea che ad un attento medico sarebbe apparsa come un chiaro monito di una salute non proprio perfetta.

    Era timida ed introversa ma la giovane età le donava quel tanto di entusiasmo tipico dell’adolescenza.

    Simone ne era ammaliato ed Antonia appena diciassettenne si trastullava con quel potere ipnotico che scopriva di possedere.

    All’inizio fu come un gioco un po’ sadico un po’ perverso, ma ben presto divenne una storia importante e nessuno più osò parlarne poiché il carattere di Simone non era di quelli che permetteva ingerenze più o meno bonarie.

    Antonia era stata attratta dall’aspetto e dalla fama che precedeva quell’uomo particolare che divenne ben presto il suo fidanzato.

    Ne fu talmente soggiogata da non riuscire più a controllare le proprie pulsioni.

    Si ritrovò morbosamente innamorata , gelosa e così vulnerabile che alla fine , l’occasione propizia, li trascinò fuori dalle regole a consumare quel rapporto prima che fosse benedetto da Santa Madre Chiesa.

    Panico e sensi di colpa fecero precipitare gli eventi e nel giro di qualche settimana il matrimonio fu celebrato con lo sfarzo che la posizione sociale e le tradizioni richiedevano.

    Simone sarebbe dovuto partire di lì a poco tempo per cui i due sposi ebbero solo poche giorni da dedicare al loro amore e li trascorsero nel podere della famiglia Sidoti situato nelle campagne che si stendevano a perdita d’occhio nell’immediata periferia della città.

    La loro camera aveva portefinestre a schiera che si affacciavano su un aranceto e gli alberi delle arance e dei limoni vegetavano rigogliosi e immobili sotto quelle finestre.

    Era il tempo della fioritura ed il profumo intenso saturava l’aria.

    La notte, mille richiami salivano verso di loro estasiati ed intenti a soddisfare i loro sensi.

    Antonia aveva scoperto l’amore fisico e si abbandonava al consenso erotico con l’ingenua consapevolezza del potere dei sensi.

    Simone aveva scoperto la purezza e la verginità della donna sposa e madre e ne apprezzava le doti, intuendo in lei quel patrimonio d’amore e di dedizione che mai aveva conosciuto né valutato.

    Quel miracolo che gli era capitato gli sembrava un vero dono del Signore di cui mai più avrebbe potuto fare senza.

    I giorni seguivano le notti in una estasi infinita ma il tempo non è una chimera e ben presto venne il momento della partenza.

    Portami con te, ti prometto che resterò chiusa nella tua cabina.

    No Antonia, siamo in primavera ma al Nord è ancora inverno, soffriresti per il freddo e potremmo incontrare venti contrari. I temporali primaverili possono essere peggiori di quelli invernali. Non voglio correre simili rischi, vederti soffrire sarebbe terribile. Ti porterò con me ma nei tempi migliori, verrai a vedere i paesi del Nord, se vorrai.

    Non mi interessano i paesi del Nord,desidero solo stare con te.

    4

    Ma le parole di Simone misero fine ad una discussione ormai ricorrente.

    La luna piena alta nel cielo di marzo invadeva con la sua luce bianca l’ombra della camera.

    I pensieri si persero nel vuoto dilatato della notte e solo parole sussurrate rimasero a galleggiare in quel tenue lucore.

    Sussurri ed echi di una felicità senza confini, sospiri di un amplesso il cui ricordo dovrà durare a lungo……….fino al ritorno.

    Quando tornerai?

    Due mesi te lo prometto

    Saranno lunghi , infiniti

    E’ vero, cercherò una rotta più breve.

    Ti aspetto già.

    Poi il sonno li colse improvviso.

    ---------------------------------------------------

    Anche Lorenzo e Michele convolarono a giuste nozze. Entrambi con belle popolane.

    Sanguigna e robusta Angela sposò Michele.

    Meno prosperosa Graziana, sposò Lorenzo, ma ambedue fiere figlie del popolo.

    Le tre cognate si conobbero e civilmente si accettarono.

    Ciascuna di esse espresse al proprio consorte l’impressione elaborata e non furono tutte parole benevole quelle che i tre fratelli dovettero ascoltare. Tuttavia ognuna si riservò saggiamente di rivedere e correggere la propria impressione ad un esame più accurato.

    Il tempo, la frequentazione ed il comportamento avrebbero suggerito a ciascuna la giusta valutazione.

    Il carattere di Angela sembrava essere obiettivamente irruente e generoso per contro Graziana era o sembrava controllata e riflessiva, per Antonia sempre insicura e timida le due cognate divennero ben presto punti fermi su cui all’occorrenza poter contare.

    I rapporti interpersonali sostenuti da mutui interessi di parte e da pie illusioni giovanili, come materia viva, devono essere testati e solo vivendo ciò si realizza.

    Quelli erano tempi in cui le gravidanze capitavano come eventi divini , sempre non programmate, sempre benedette.

    La prima a rimanere incinta fu Angela seguita da Graziana.

    Sembrava che l’impero che Michele, Lorenzo e Simone stavano costruendo avesse i suoi eredi, ma ben presto la gravidanza di Graziana si interruppe tragicamente.L’aborto sia pure spontaneo è sempre vissuto come un lutto dalla donna e Graziana non fu esclusa dalla frustrante sensazione di aver fallito nel suo importante compito di collaborazione alla continuità della specie.

    Simone alle prese con i viaggi verso il Nord Europa che coprivano quella parte di mercato in espansione e così fondamentale quale era l’importazione del carbon-coke, desiderava anch’egli un figlio, ma il grande amore che nutriva per Atonia lo ponevano in second’ordine.

    Nell’anno domini 1910 anche Antonia rimase incinta, ma la notizia restò celata poiché Simone era partito per il Nord ed il suo bastimento non era ancora fornito di telegrafo.

    Bisognava attendere il primo scalo commerciale per poter comunicare.

    Il telegrafo senza fili, ultima frontiera della tecnologia era agli albori della sua storia.

    Quando Simone, avendo la nave la stiva carica di carbone, uscì dal porto di Rotterdam per il suo viaggio di ritorno, nulla sapeva della lieta novella.

    La Vanna D’Auria stava transitando sul canale della Manica quando dal mar Baltico dalle coste dell’Alaska e del Canada iniziò a discendere un fronte temporalesco.

    Il bastimento che navigava da tanti anni ed accusava la sua vetustà rollava e beccheggiava con violenza, nonostante le manovre esperte che il nostromo imprimeva al timone.

    5

    Simone intabarrato , come ogni altro uomo dell’equipaggio nel suo nordovest,controllava le carte nautiche ed il suo sestante alla ricerca di una rotta sottocosta che gli consentisse di mettere al sicuro

    la nave i suoi uomini ed il suo carico.

    Il canale della Manica col suo stretto passaggio caratterizzato dalle alte scogliere di Dover lo imprigionava obbligandolo a manovre azzardate.

    Il vento infuriava gonfiando le vele di strallo di maestra e di trinchetto.

    Il bastimento volava sulle onde ed il faro alto di Portsmouth diceva chiaramente che la costa era pericolosamente vicina.

    La nebbia era arrivata improvvisa incapsulando il bastimento che procedeva emettendo ogni tre secondi il suono lugubre della sirena.

    Simone sapeva che fra quelle nebbie col vento che faceva scarrocciare il suo bastimento l’insidia maggiore sarebbe stata l’isola di Wight ed ogni altra isoletta o scoglio che si trovasse tra la nave e la costa.

    Il vento lo sospingeva dentro il passaggio a Nord-Ovest , la rotta della Compagnia delle Indie.

    Simone ed il suo nostromo intuirono che l’Atlantico sarebbe stata la loro tomba se non avessero prontamente trovato un riparo sottocosta.

    Trovare un riparo sottocosta con un vento così impetuoso poteva essere solo un colpo di fortuna.

    L’azione della tempesta fu più veloce del pensiero. L’ennesima furiosa raffica disalberò la Vanna D’Auria.

    L’albero di maestra crollò sul ponte trascinando la velatura. Un groviglio di sartiame, uomini e vele mentre le onde continuavano ad investire il bastimento.

    Il caos ed il pericolo incombente produssero in Simone l’effetto di acuire le sue nozioni di marineria. Lanciarono un S.O.S.

    Puntarono il timone e assecondarono le onde. Si ritrovarono alla deriva sull’Atlantico sconfinato e ribollente, consapevole Simone, che oltre l’oceano la prima terra che non fosse banchisa polare col rischio di rimanere intrappolato nei ghiacci,sarebbe stato il Canada.

    Simone pensò alle insidie che quei mari celavano.

    Era da poco affondato il Titanic con le sue moderne tecnologiche apparecchiature nonostante le quali gli iceberg rimanevano per la navigazione dell’epoca un incubo da non sottovalutare.

    Continuarono ad andare alla deriva , per giorni, mentre il vento calava ed il mare si calmava.

    Avevano due morti a bordo e li onorarono come d’uso tra la gente di mare.L’equipaggio si produsse per mettere il bastimento in condizione di poter navigare e coprire le miglia che ormai li separavano dal porto più prossimo.

    -----------------------------------------------------

    La notizia del naufragio della Vanna D. giunse in Italia e adagio scese lungo la penisola con un passaparola fatto di chiacchiere ed illazioni poiché non vi erano notizie ufficiali tranne quell’unico S.O.S. lanciato dalla nave prima che disalberasse.

    Antonia che era al terzo mese di gravidanza e soffriva violente nausee che la costringevano spesso a letto udì colpi violenti al cancello d’ingresso della sua nuova e bella dimora ubicata molto prossima al centro del paese rivierasco in cui vivevano.

    La casa era circondata da un giardino dove la vegetazione mediterranea cresceva rigogliosa in ogni stagione.

    6

    Il profumo degli alberi dei limoni si percepiva in ogni angolo del vasto giardino ed Antonia viveva la sua gravidanza piuttosto difficile in quell’angolo di paradiso che Simone aveva disegnato e fatto realizzare per lei.

    I colpi si ripeterono con urgenza e l’unica donna che aiutava Antonia nelle sue mansioni di padrona di casa corse verso il cancello impedita dalle lunghe sottane nere dell’epoca.

    Un piccolo corteo di donne anch’esse vestite di nero, come in gramaglie irruppe cercando a gran voce Antonia.

    Antonia, Antò dove sei?

    Hai saputo la notizia?

    Che notizia , io non so nulla rispose Antonia che si era alzata e si affrettava verso il corteo delle donne trattenendo a stento la nausea che la sommergeva .

    La Vanna D. ha fatto naufragio.

    NAUFRAGIO……..

    Le parole acquistarono un senso introducendosi nelle sinapsi del suo cervello.

    Il senso di quelle parole poteva essere solo uno per l’instabile psiche della giovane donna, sottoposta inoltre allo stress della gravidanza.

    Dentro le oscure connessioni esplose la verità senza ombra di dubbio, l’equazione :naufragio = morte. Simone era morto.

    Prontamente la sua mente rifiutò il dolore che voleva travolgerla.

    Ella arretrò col fisico e col pensiero poi per difesa svenne.

    Graziana e Angela erano sopraggiunte consapevoli di quanto fosse opportuno comunicare con estrema delicatezza l’infausta notizia.

    Non avendo fatto in tempo a prevenire le comari dovettero prodigarsi per soccorrere la cognata.

    Le comari furono messe alla porta, con argomentazioni più o meno violente. Anche se come una tradizione prettamente meridionale prevede in caso di lutti erano iniziati pianti, lai e disperazione. Alla fine rimasero sole.

    Antonia lentamente riprese i sensi ma le cognate dovettero constatare con stupore che la mente di Antonia era regredita nel tempo e rimuovendo tutto il periodo trascorso con Simone si era come bloccata attorno ai suoi quindici anni.

    La donna , riemersa dal tunnel della sua tragedia la rifiutava, di fatto aprendo gli occhi cercò la sua mamma e volle andare nella casa paterna non riconoscendo come sua la casa in cui si trovava.

    I giorni trascorrevano nell’inerzia.

    Antonia era come barricata nella sua dimensione temporale priva di emozioni e nulla concedeva a chi tentava di riportarla in un presente che non le apparteneva in alcun modo.

    Il tempo passava inesorabile e venne il giorno in cui ella fu cosciente d’essere incinta.

    La madre confortata dal medico di famiglia tentò di spiegarle, con mille cautele, la situazione cercando di aggirare quanto poteva provocare turbamento, ma la reazione quasi immediata fu una terribile crisi di nervi che per il bene del bambino fu prontamente sedata.

    Il tempo continuò a scorrere, mentre le donne di famiglia, ognuna a suo modo, riempivano le loro giornate di tutto e di niente.

    Angela accudiva la sua bimba a cui avevano dato il nome di Stella .

    Graziana che aveva abortito al quarto mese di gravidanza , per non cadere in depressione si dedicava ad opere pie.

    Antonia così lontana ed abulica , inconsapevole Penelope , trascorreva il suo tempo ricamando

    Infinite tele e passeggiando in solitudine nelle campagne della tenuta paterna.

    Nessuno osava chiederle ed ella domande non poneva come in un caparbio ossessivo silenzio/rifiuto della mente.

    7

    Tra vigne ed alberi da frutto, negli assolati pomeriggi di un’estate ormai esplosa, camminava a fatica col suo incomprensibile fardello, sempre più pesante e prominente.

    Camminava , con negli occhi che vagavano attoniti il ricordo di una pena o a tratti la vacua fissità del suo testardo rifiuto.

    Sembrava che il sonno l’avesse abbandonata poiché anche di notte, quando la sua camera diventava troppo piccola per contenere le sue sconosciute angoscianti sensazioni, Antonia prendeva uno scialle ed usciva per parlare alla luna, alle stelle alle giumente che scalpitavano nelle stalle, agli uccelli notturni che rigidi osservavano il suo passaggio.

    Antonia camminava e camminava come fosse alla ricerca di qualcosa di perduto , un inestimabile valore che richiedeva tutto il suo impegno poi tornava a casa e nei suoi occhi si poteva leggere lo sconforto che presto si mutò in ira. Una ira che avvelenava il suo tempo e la faceva irascibile e nervosa.

    Alla fine il medico le dette blandi tranquillanti nel timore fondato che si facesse del male.

    Si avvicinava il tempo del parto. Momento temuto e temibile.

    Era il 10 di Agosto ed un esercito di stelle cadenti disegnava nel cielo scie luminose e quelle luci che come pioggia incandescente scendevano dissolvendosi da un tempo e da un luogo così remoto e sconosciuto affascinavano Antonia che per tutto il giorno aveva avuto dolori che le strappavano gemiti silenziosi.

    Alla fine del giorno se ne stava chiusa nella sua camera ma le mancava il respiro e con sottile astuzia , eludendo la sorveglianza , si alzò ed uscì nella notte delle stelle cadenti.

    Entrò nel bosco ma i dolori le attanagliavano la schiena ed il ventre.

    Capì che stava accadendo ciò che la madre le aveva annunciato.

    Aveva visto nascere gli animali, sapeva cosa fare.

    Si accovacciò e spinse mentre l’urlo primitivo e lacerante le sgorgò dall’animo, un urlo che conteneva un nome.

    Un nome che non aveva alcun senso per la sua mente impegnata ad elaborare il travaglio.

    Simoneeeeeee Urlò ed urlò poi giacque con accanto quel viscido fagotto che era suo figlio.

    Coi denti lacerò il cordone ombelicale si rialzò e tornò a casa.

    Abbandonando il piccolo al suo destino.

    Sul suo cammino una scia di gocce di sangue che come stelle cadenti marcavano il percorso.

    Sulla soglia di casa cadde priva di sensi. Fu prontamente soccorsa e risalendo lungo quel filo scuro che segnava la strada, sua madre giunse al bambino.

    Il bimbo sporco del sangue materno e della terra sulla quale aveva trovato asilo urlava tutto il suo disagio e nei suoi occhi ancora impotenti qualcuno avrebbe potuto leggere l’orrore per quel primo ancestrale abbandono che la vita gli aveva riservato .

    Si sa che dal momento in cui diventiamo –esseri umani- l’accettazione diventa una regola di vita.

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    8

    La Vanna D. aveva continuato ad andare alla deriva per miglia e miglia senza incontrare altre navi sul grande mare del Nord.

    Era la Vanna D.uno degli ultimi se non proprio l’ultimo bastimento con tre alberi a vele quadre, una randa all’albero di mezzana e fiocchi a prua. Era un vecchio bastimento la Vanna D.non dotata di telegrafo armata come nave da carico e come tale navigava al comando di un vero lupo di mare come Simone D’Auria.

    Tuttavia i bastimenti come la Vanna D.avevano limiti ormai palesi evidenziati dalle più moderne tecnologie.

    L’era del vapore e del telegrafo stava soppiantando e sostituendo cognizioni ormai obsolete.

    La navigazione d’inerzia della Vanna D. alla fine ebbe termine sulle coste di Terranova.

    Era Terranova un dominio franco-inglese.

    Doppiato il Capo Race la Vanna D. entrò mestamente nella piccola baia di S.Jhon.

    La costa visibile di fronte era già Canada ed il golfo ed il fiordo del S.Lorenzo si stendevano immobili ed accoglienti come un approdo sicuro.

    Simone dopo più di un mese di navigazione in condizioni estreme mise piede sulla terraferma di quest’isola sconosciuta e lontana, ma avrebbe potuto finalmente provvedere a comunicare la sua posizione via telegrafo.

    I suoi fratelli e soci nella piccola compagnia di navigazione, dato il lungo periodo trascorso erano di certo convinti che la Vanna D. avesse fatto naufragio

    A Simone rimaneva il carico che nonostante tutto era riuscito a salvare ed una montagna di riparazioni da effettuare . E gli uomini da pagare.

    Ciononostante l’ebbrezza d’essere dei redivivi e di averla scampata bella, quella sera condusse tutto l’equipaggio dentro una scalcinata taverna borderline.

    Si abbandonarono agli eccessi per stordirsi e dimenticare le lunghe ore di pericolosa navigazione.

    Anche Simone non seppe sottrarsi al codice dello sballo dei marinai che hanno visto le sembianze della morte. Perché è pur vero che la morte più temuta dal marinaio è quella in mare.

    Nei giorni successivi Simone riuscì a vendere in parte il suo carico per poter pagare le riparazioni della Vanna D. e nei giorni a seguire Simone capì che se non fosse ripartito velocemente da quelle lande desolate dominio di avventurieri, cercatori d’oro, pescatori o cacciatori vi sarebbe rimasto invischiato.Tanto può il richiamo dell’ancestrale madre terra sull’uomo che a lungo ne ha desiderato i valori : Famiglia-Cibo-Amore.

    Non fidandosi di fare a ritroso il passaggio a Nord-Ovest nella stagione delle nebbie, preferì doppiare Capo Bretone e avvicinarsi alle coste americane dove tra Boston e New York avrebbe potuto intercettare, con un po’ di fortuna, i bastimenti che viaggiavano al comando dei suoi fratelli.

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    Il piccolo fu pulito,scaldato, fasciato secondo l’uso dell’epoca.

    La madre di Antonia provvide a chiamare prontamente una balia che potesse nutrirlo.

    Fu una donna del paese che aveva da poco partorito a fornire il latte per il piccolo.

    Antonia in preda ad allucinazioni con la febbre da parto alta ed una forte emorragia sembrava non dovesse farcela,ma dopo parecchi giorni di prostrazione estrema cominciò a riprendersi, almeno fisicamente.

    Le fu portato il piccolo, ma si rifiutò di guardarlo e mostrò perfino un senso di ribrezzo quando la madre glielo impose in grembo, tanto che fu velocemente allontanato nel timore che Antonia potesse fargli del male.

    9

    L’ovvia conseguenza fu che Graziana chiese di poterlo accudire personalmente.

    E fu lei col suo senso materno represso e frustrato dalla gravidanza finita male che iniziò ad allevarlo amorevolmente.

    Della bellezza di Antonia era rimasto ben poco. Spesso si rifiutava di lavarsi, cambiarsi o pettinarsi.Gli occhi perennemente sconvolti.Parlava in maniera sconclusionata forse seguendo fili logici che si perdevano in frasi smozzicate con parole ripetitive che mai si concludevano. Era difficile mantenerla dentro le regole collaudate di un vissuto quotidiano.

    I mesi trascorsi e quelli avvenire persero il loro esatto significato.

    Era trascorso un anno da quando era partito Simone, ma per Antonia un anno non aveva alcun senso poichè il suo tempo era il tempo relativo di una dimensione sconosciuta. Una bolla temporale e sensoriale in cui ella galleggiava seguendo ritmi improvvisati ed arcani.

    Non dormiva mai o così sembrava. Non aveva un passato né un futuro ed il suo presente era fatto di scatti improvvisi, di parole ed azioni prive di senso senza sequenza logica, anzi si potrebbe dire che il presente non esisteva.Tranne per i frequenti pianti improvvisi e devastanti che la coglievano per abbandonarla, dopo pochi minuti, senza lasciare traccia.

    Fu visitata da medici che assolutamente impreparati a comprendere una malattia nervosa che sfuggiva ad una diagnostica collaudata la abbandonarono al suo destino prescrivendo placebo o rimedi che mai avrebbero potuto tirarla fuori dal suo sottovuoto emozionale.

    Le rare volte in cui Antonia mostrava un vago equilibrio psicofisico, la madre provò a suscitare in lei interesse per il piccolo ma fu ben presto dissuasa dalle reazioni di calma omicida che la presenza del piccolo suscitava in lei.

    La prima volta , sotto gli occhi di Graziana che sovrintendeva il rito del bagnetto, il piccolo corse il rischio di annegare poiché Antonia spinta da chissà quale istinto gli affondò il capino nell’acqua.

    L’orrore che suscitò quel gesto estremo convinse le donne a desistere dai loro tentativi di recupero ,ma puntualmente il tempo provvide a cancellare la memoria di quel gesto e venne il giorno in cui fu solo la

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