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Un uomo buono e corrotto
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E-book156 pagine2 ore

Un uomo buono e corrotto

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Info su questo ebook

È un ex colonnello. Un killer su commissione. L’amante di un boss malavitoso. E anche un gigolò.
Sebastian DeMar è tutte queste cose. Ha imparato a convivere con i suoi peccati e pensa che la sua anima è ormai corrotta, che non può più redimersi.
Fino a quando non incontra Jean “John” Fontenot, che riesce a intravedere ciò che di buono è rimasto in lui. L’amore sembra quindi la risposta.
C’è solo un piccolo problema: John è un detective della polizia di New Orleans, e a Sebastian è stato dato l’incarico di ucciderlo.
LinguaItaliano
Data di uscita8 giu 2022
ISBN9791220703208
Un uomo buono e corrotto
Autore

Cristina Bruni

Cristina Bruni lives in northern Italy with her husband and child. Since she was a young girl, her biggest wishes were being a mother and an author and now, after fighting for it for years, she has finally succeeded in both. She loves travelling abroad, going to the cinema, reading Sherlock Holmes, luxury bags, and playing tennis and golf. She’s madly obsessed with the USA and UK. She made her debut writing fan fiction and, now, her new wish is writing MM romance stories for the rest of her life and living on a beach in Hawaii. Maybe dreams will come true again, sooner or later ...

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    Anteprima del libro

    Un uomo buono e corrotto - Cristina Bruni

    1

    Ali stava sognando.

    Si trovava a palazzo, nel suo paese, il piccolo ma prosperoso regno di Montcada. Era riuscito a entrare dalla porticina segreta nelle mura a sud, quella che si apriva sotto il grande cedro del Libano, facendola in barba ai giornalisti che sostavano perennemente davanti all’ingresso principale in cerca di qualche buono scatto di uno dei membri della famiglia reale.

    Poi era corso attraverso il grande salone, aveva superato il lungo corridoio, era salito su per la scalinata di marmo e infine aveva percorso un altro corridoio interminabile, fino ad arrivare davanti alle sue stanze, la cosiddetta suite rossa

    Lì, era rimasto in piedi con le mani sui due pomelli d’ottone, in preda a un dolce senso di attesa. Dietro quella porta a doppio battente, ad attenderlo nella sua camera, c’era il grande amore della sua vita, l’uomo che gli avrebbe regalato il suo tanto agognato Per sempre felici e contenti. Non stava più nella pelle all’idea di varcare quella soglia per raggiungere la persona che aspettava da una vita.

    Fece un respiro profondo per darsi coraggio. Aprì la porta, consapevole del sorriso che si stava aprendo ampio sul suo viso, e mosse il primo passo dentro la stanza.

    Ma la trovò vuota.

    Non c’era nessuno ad aspettarlo.

    Il sorriso scomparve subito dalla sua faccia, il cuore che gli appassiva dentro il petto.

    Avrebbe dovuto aspettarselo: le persone come lui, che trasudavano fama e soldi, non avevano alcun Per sempre felici e contenti. Ottenevano solo corpi che bramavano il suo denaro e il suo potere.

    All’improvviso, la suite rossa sembrò diventare sempre più piccola, quasi minuscola, risucchiandolo in un vortice fatto di grida e dolore e sofferenza. Seguì un rumore acuto, come di una porta che sbatteva. E poi qualcuno urlò: «Polizia, mani in alto!»

    Ali si svegliò di colpo, ritrovandosi faccia a faccia niente di meno che con la canna di un fucile d’assalto FAMAS G1.

    Ma che cazzo…

    «Dégage! Allez, allez

    «Face contre terre, je vous dis!»

    «Écartez les jambes!»

    Una scia di ordini urlanti e impartiti in francese si scaraventò addosso ad Ali, investendolo con una forza pari a quella che avrebbe avuto il FAMAS sparando.

    «Muoviti, stronzo!» gli gridò contro qualcuno nella sua lingua.

    Venne trascinato fuori dal letto – e dove diamine si trovava quel letto? Era così sbronzo che non ricordava in quale stanza si fosse addormentato la sera prima, né a chi appartenesse – e sbattuto con la faccia a terra. Sputò quando i pilucchi di quello che pareva un pregiato tappeto persiano gli entrarono in bocca e nel naso. 

    «Va bene, collaboro,» gracchiò, sforzandosi di dire al suo cervello di reagire. «Vedete? Sto collaborando.»

    Lo perquisirono senza andare troppo per il sottile e senza alcuna gentilezza. Poi gli fecero portare le braccia dietro la schiena e lo ammanettarono.

    Fu in quel momento che vide che avevano trascinato anche un altro uomo fuori dal letto e ora quel tizio se ne stava inginocchiato e con una pistola alla nuca. Scambiò con Ali un’occhiata fugace e solo allora i frammenti della notte precedente iniziarono a ricomporsi nella sua testa.

    Era stato abbordato da quell’uomo in un locale, la sera prima, a Pigalle, il quartiere a luci rosse di Parigi. Non ricordava come si chiamasse, ma era abbastanza certo che il tizio fosse il proprietario del suddetto locale. Lo aveva portato nel suo attico, avevano bevuto, scopato, il tizio gli aveva addirittura offerto una bustina di droga, lui gli aveva semplicemente risposto Grazie, ma no, grazie (non era certo il tipo che prendeva quelle schifezze!), scopato di nuovo e poi... buio completo. 

    Fino a quando l’antidroga francese non lo aveva tirato fuori dal mondo dei sogni e dal letto di quello spacciatore-barra-sconosciuto-barra-amante.

    Sì, a quanto pareva, si era scopato uno spacciatore. Era nella merda, un grosso mare di merda… Vedeva già i titoloni dei giornali… Suo padre lo avrebbe preso a calci, e ne avrebbe avuto tutte le ragioni di questo mondo.

    «State prendendo un abbaglio grande e grosso,» disse Ali a fatica, la testa ancora schiacciata sul pavimento.

    «Taci, stronzo,» ringhiò lo sbirro tirandolo in piedi.

    Ali ignorava cosa la polizia volesse farne di lui, ma era certo di una cosa: quando i suoi sarebbero venuti a saperlo, lo avrebbero diseredato.

    Beh, se non altro si era fatto una bella scopata.

    «Uno spacciatore. Uno S-P-A-C-C-I-A-T-O-R-E, per l’amor del Cielo! Ti sei fatto beccare nel letto di uno spacciatore. Francese per giunta!»

    Suo padre, sovrano del piccolo regno di Montcada situato tra la Francia e la penisola iberica, era furibondo. Beh, come dargli torto? Però non capiva perché ce l’avesse tanto con il fatto che fosse francese. Dopotutto, nelle loro vene scorreva un pizzichino di sangue francese. In più, i francesi erano i loro vicini di casa e, soprattutto, grandi amatori, una caratteristica decisamente apprezzabile. Almeno, lui l’apprezzava. E tantissimo anche. Avrebbe preferito avere più sangue francese e meno sangue spagnolo e marocchino, se proprio doveva dirla tutta.

    Intanto suo padre, Camilo Al Mishari di Montcada, stava continuando a blaterare. «Chi sarà il prossimo che ti scoperai? Un terrorista dell’Isis, forse?»

    Ali sbuffò e accavallò le lunghe gambe una sull’altra, appoggiando con eleganza le mani sul pregiato tessuto di Armani. «Stai proprio esagerando, padre.»

    L’uomo dietro alla scrivania era un evidente fascio di nervi e impazienza. «A me e a quella povera donna di tua madre non interessano i tuoi amanti. Ma la droga! La droga, ragazzo mio…»

    Ali si accigliò. «La droga non c’entra niente. Non mi faccio, papà. Non ho accettato nulla di quel genere da Xavier.»

    «Xavier?» Re Camilo inarcò un sopracciglio. «Lo chiami addirittura per nome?»

    Ali scosse il capo con fare stanco e si legò i lunghi capelli in una coda morbida. «Solo perché è un bel nome.» Se non altro, dopo che l’avvocato di corte si era presentato per tirarlo fuori dalla scomoda cella francese, era riuscito a ricordarselo.

    Ma a quanto pareva suo padre non aveva intenzione di mollare la presa. «Ali, ragazzo mio, cosa devo fare con te?» Lo disse con un tono che lo fece quasi sentire indegno del suo affetto. Quasi.

    Ali rimase in silenzio.

    «Perché non mi parli? So che c’è qualcosa che non va. Un genitore lo intuisce,» lo incalzò il padre.

    Ali si massaggiò il mento e la lieve barbetta gli solleticò i polpastrelli. Sulle prime fu indeciso se rispondere con sincerità o meno. Ma, dopotutto, aveva sempre avuto un ottimo rapporto con i suoi genitori, non dissimile da quello delle famiglie normali. Sapeva che suo padre era seriamente preoccupato per lui, perciò decise di giocare a carte scoperte. «Non lo troverò mai, papà.»

    Il sovrano corrugò la fronte. «Che cosa non troverai mai? Di che stai parlando?»

    Ali si agitò sulla scomoda, ma pregiata poltroncina in stile rococò. «L’amore.»

    «Lo dici perché sei gay? Sai bene che a me e a tua madre non interessa.»

    «No, papà. La questione è un’altra. Tu e mamma…» Prese a gesticolare con fare nervoso. «Guardatevi! Vi amate con sincerità. Vi siete scelti a vicenda mossi dall’amore, non dal potere o dal vile denaro. Invece io? Colleziono una storia anonima dietro l’altra. La maggior parte degli uomini con cui ho una relazione è interessata solo al mio nome, ai miei soldi. A finire sulle copertine delle riviste di gossip.» Serrò con forza i braccioli ricoperti di velluto rosso. «Io voglio qualcosa di più.»

    Voglio l’amore vero, quello di cui si legge solo nelle favole. Voglio il mio Per sempre felici e contenti, la mia principessa Disney… Deve solo essere un altro uomo.

    Suo padre sembrò riflettere con attenzione su ciò che aveva appena detto. Si massaggiò la lunga barba bianca, la tirò appena sotto il mento, quindi annunciò: «A partire da oggi ti impedirò l’accesso ai conti e alle carte di credito di famiglia.»

    Ali sbiancò. Era così scioccato da non riuscire a spiccicare parola.

    «E voglio che ti allontani dal regno per un po’,» continuò suo padre.

    «Come sarebbe?» riuscì finalmente a chiedere. «È una punizione forse? Ti ho già detto che non ho nulla a che vedere con la droga.»

    Re Camilo gli sorrise. «Ti credo. E ti capisco. Mio caro, voglio che sia chiaro: questa non è una punizione. Se non avrai denaro, le persone ti ameranno solo per ciò che sei.»

    «Cosa intendi dire?» chiese Ali, già allarmato. Suo padre a volte aveva delle idee… beh, folli.

    «Che ti tolgo tutto. Conto corrente, carte di credito… Tutto.»

    Ali saltò in piedi, sgomento. «Mi stai diseredando?»

    «No. Te l’ho detto, non è una punizione, è un’opportunità. Niente più bella vita, ma una vita normale, lontano dai riflettori e dal regno. Se troverai qualcuno che ti ama…» gli puntò il dito contro «lo farà perché sei Ali Cristiano Al Mishari, non il principe di Montcada.»

    Aveva senso, ma Ali non era ancora del tutto convinto. «E dove dovrei andare?»

    Re Camilo fece spallucce. «Dal tuo prozio in America.»

    «Chi? Non è intenderai per caso il prozio Morris?»

    Ali ricordava poco di quell’uomo, a parte il fatto che faceva parte di un ramo indiretto della famiglia di sua madre e che si era trasferito negli Stati Uniti. Una storia che era meglio non raccontare, un prozio eccentrico che era meglio dimenticare. Si diceva che Morris avesse sposato una specie di strega della Louisiana. Ali ricordava di averla incontrata solo una volta, da piccolo, e in effetti gli aveva messo un po’ di inquietudine addosso.

    «Proprio lui,» rispose suo padre. «Ti insegnerà un paio di cosette che potranno tornarti utili per trovare ciò che cerchi. Si è arricchito con la pesca, è un uomo tosto.»

    «E come dovrei mantenermi?» sbottò Ali, stizzito.

    Il sorriso del sovrano di Montcada era malizioso. «Facendo una cosa difficilissima a cui non sei abituato: lavorando.»

    2

    Arden Kleinmeermin si svegliò di soprassalto, avvertendo un dolore acuto al piede. Spalancò le palpebre e, nel buio denso e appiccicoso della camera da letto, allungò una mano alla ricerca dell’arto dolorante.

    Ma non lo trovò.

    Dov’era finito il suo piede destro? E quello sinistro?

    Le sue gambe, dal ginocchio in giù, erano sparite.

    Le sue gambe, che gli avevano fatto vincere tante gare di atletica a scuola.

    Le sue gambe, che gli avevano permesso di nuotare nelle acque dell’oceano assieme ai suoi amici.

    Le sue gambe, che lo avevano fatto camminare felice tra i vigneti di suo padre.

    Dov’erano finite?

    Disperato, ruotò su un fianco, il lenzuolo che si avvinghiava al suo corpo come un lazzo attorno a un vitello. Ruzzolò giù dal letto, picchiando con la spalla sul parquet. La sua mano sfiorò qualcosa di duro e metallico. Gli ci volle un attimo, ma poi capì che si trattava della sua sedia a rotelle.

    Tutti gli avvenimenti degli ultimi mesi gli piombarono addosso come un violento tsunami di emozioni, scaraventandolo giù in fondo all’abisso dal quale ogni

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