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Re di cuori
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E-book70 pagine45 minuti

Re di cuori

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Info su questo ebook

RACCONTO LUNGO (41 pagine) - THRILLER - Mariano Santalucia è un ottimo cardiochirurgo. Bravo, ricco, potente e filantropo. Il migliore, il Re di cuori. Allora perché qualcuno gli lasciato un cadavere davanti casa?

Perché il corpo di un uomo è stato abbandonato sul lungomare di una cittadina laziale? Perché l'assassino ha lasciato accanto al cadavere i suoi documenti? Che cosa lega il morto al dottor Santalucia, stimato cardiochirurgo romano detto "il Re di cuori"? Il maresciallo Maranti sarà costretto a rimestare le acque putride della malavita organizzata mentre un killer silenzioso sembra intenzionato a giocare con lui una partita mortale.

Federica Leonardi, classe 1984, laureata in Scienze Politiche, ha all'attivo una serie di racconti gialli e dell'orrore che, nel corso degli anni, hanno trovato spazio in antologie ("GialloLatino" e "Si scrive Terracina"), riviste digitali ("Ziguline") e settimanali ("Cronaca Vera"), oltre che in portali aperti agli aspiranti scrittori. Alcuni suoi lavori sono già stati pubblicati da Delos Digital sotto pseudonimo. Ha una passione per gli horror anni '70/'80 e per il genere poliziottesco. Collabora con il portale Horror.it e cura un blog di recensioni letterarie. Vive in una casa sperduta nella pianura pontina in compagnia di un marito, due gatti, due cani e un coniglio nano.
LinguaItaliano
Data di uscita13 gen 2015
ISBN9788867756216
Re di cuori

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    Anteprima del libro

    Re di cuori - Federica Leonardi

    nano.

    1.

    Non l’aveva mai vista da quelle parti.

    E sì che lui, quelle del giro, le conosceva tutte.

    Ma quella bambolina, gambe lunghe, fianchi stretti, un seno notevole e capelli di un rosso tanto chiaro e dai riflessi così morbidi che gli avevano subito ricordato un buon vino rosé, quella non era dell’ambiente.

    Una nuova, aveva pensato, mentre versava in un flûte meno sporco degli altri il prosecco che la rossa gli aveva ordinato appena varcata la porta del bar. Il tacco dodici aveva stilettato dieci volte sui marmittoni del locale, accompagnando il movimento seducente delle anche fasciate in un abitino latte e menta.

    Si era seduta sul primo sgabello del bancone, dandogli le spalle. Aveva fissato la sua attenzione sull’ingresso e sulla piazza che, a quell’ora del pomeriggio, era vuota quanto il locale. Non si era più voltata; non aveva più parlato. Le bollicine del prosecco avevano fatto in tempo a risalire in superficie, dissolvendosi nell’aria. Sembrava se ne fosse dimenticata.

    Mezz’ora.

    Mezz’ora di silenzio, che la rossa aveva passato a osservare la piazza, battendo con il piede il tempo della musica portata dalla radio; vecchie canzoni mescolate alle nuove hit, The Knack e Lady Gaga.

    – È strano, questo tempo, non trova?

    Le aveva chiesto una sola volta, passando lo straccio sul bancone. Era come parlare a una statua. Lei si era passata una mano tra i capelli e questo era stato tutto.

    Attorno alla base del flûte si era formata una piccola aureola di condensa.

    A poco a poco, mentre i minuti scorrevano sull’orologio, una manciata di turisti si era sparsa sulla piazza, occupando i tavolini, liberandolo dal silenzio inquietante della rossa e dalla noia crescente. Durante l’estate ingaggiava un paio di ragazze per il servizio ai tavoli, ma l’ultimo weekend di agosto le aveva licenziate, confidando nell’arrivo dell’autunno. Così aveva avuto il suo da fare, servendo a rotazione cappuccini senza schiuma e coppette di gelato al limone.

    Non immaginava che l’estate si sarebbe prolungata tanto da costringerlo a fare su e giù tra il bancone e la piazza. Ma, in fondo, non era più quel gran lavoro da giustificare lo stipendio di due cameriere, per quanto a buon mercato.

    Ogni volta che percorreva la distanza dall’ingresso al bancone, portando tazze di caffè vuote o piene, aveva avuto l’impressione che la rossa cercasse in tutti i modi di guardare dall’altra parte, come se non volesse farsi vedere in viso. Non ne era sicuro, ovviamente. Né aveva pensato di approfondire la questione, non in quel momento.

    Ci avrebbe ripensato solo giorni dopo, quando tutta la faccenda avrebbe assunto una nuova importanza; quando il maresciallo Maranti sarebbe entrato nel bar per chiedergli notizie su un suo cliente, ritrovato nudo e morto nel bel mezzo di una strada privata, a pochi metri dal mare. Ma in quel momento, che la rossa ordinasse un alcolico senza berlo, che scrutasse la strada quasi annoiata e incurante del tempo e di tutto quanto le passasse accanto, gli erano sembrate solo stranezze che possono capitare alle sei e mezza del pomeriggio, in un bar frequentato a settimane alterne dall’umanità più varia.

    Gualtiero Spagnoli era entrato nel locale quaranta minuti dopo la rossa, un po’ in ritardo rispetto alla sua abituale routine.

    Avevano scambiato quattro chiacchiere, lui e Gualtiero; discorsi sul tempo, sul governo, sulle donne. Solo allora quella donna si era rianimata e si era voltata verso Gualtiero, mostrando al barista solo il profilo nascosto da una tenda di capelli infuocati, la stanghetta di un paio di occhiali da sole e la metà di un sorriso che avrebbe fatto sciogliere il ventre di un eunuco.

    Un quarto d’ora dopo, Gualtiero e la rossa erano già fuori dal bar, abbracciati come una vecchia coppia, fianco a fianco; la mano di lui aggrappata alle natiche di lei. Il barista li aveva

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