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Outbreak
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E-book262 pagine4 ore

Outbreak

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Info su questo ebook

Giappone 2011
A causa di un terremoto e il conseguente maremoto la Centrale Nucleare di Fukushima Dai-Ichi subisce ingenti danni che portano alla fusione del nocciolo e al conseguente rilascio di radioattività che si propaga per km nelle zone circonstanti.
Giappone oggi
Un team internazionale di esperti si reca nelle zone contaminate dal disastro, per verificare gli effetti delle radiazioni sulla genetica di flora e fauna. Quello che trovano cambierà per sempre le sorti del pianeta.
In una città come tante
Una studentessa alle prese con l’Università e il suo mondo.
Un vecchio poliziotto che vorrebbe essere ancora al centro dell’azione.
Un impiegato di banca frustrato e psicotico.
Un’élite di soldati: per loro il fallimento non è un’opzione.
Un agente di commercio nel viaggio che gli cambierà la vita.
Tutti schiacciati dalla loro quotidianità dovranno affrontare l’inizio della fine.
Come reagiranno?
Come reagiresti tu?
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2023
ISBN9791222058627
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    Anteprima del libro

    Outbreak - Matteo Manzi

    MATTEO MANZI OUTBREAK

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write http://write.streetlib.com

    immagine 1

    Indice dei contenuti

    INDICE

    GIAPPONE

    MARTINA

    GIOVANNI

    MATTEO

    ALESSANDRO

    TENENTE COLONNELLO AMORUSO

    SAMUELE

    RICCARDO

    NATALINO

    GIORGIO

    ENRICO

    EPILOGO

    OUTBREAK MATTEO MANZI

    Sotto shock… Devo essere per forza sotto shock… Come può ancora muoversi dopo tutto quello che è successo…

    GIAPPONE

    - Dai ammettilo!... Ci siamo persi, vero?!... Randhal?... -

    - Non dici niente?... - Sono ore che vaghiamo nel bosco, non ne posso più!-

    - E dai Chantal smettila di lamentarti. Insomma non è colpa mia se il GPS e la radio non funzionano più. Tutti quei fulmini che sono caduti stamattina qui intorno, devono avere cotto gli strumenti elettronici. -

    Randhal e Chantal sono due giovani e promettenti DOTTORANDI. Randhal ha studiato etologia all’Università di Oslo e ora è qui per completare la specializzazione in genetica delle popolazioni, mentre Chantal viene dalla Facoltà di biologia e biotecnologia della Università di Villejuif. Tutti e due sono accumunati dalla passione per la natura e la sua salvaguardia. Ed è per questo che sono qui in Giappone, fanno parte di un più folto gruppo di ambientalisti coordinati dall’ONU, che da settimane si trova‐ no immersi nelle foreste, al centro dell’isola di Honshu, a qualche centinaio di km a ovest di FUKUSHIMA teatro dell’ormai triste e noto disastro nucleare. Le foreste di cedri giapponesi, larici e abeti sono immense, gli alberi svettano fino a quaranta metri e oltre tenendo in una penombra costante tutto l’ambiente sottostante, permettendo a muschi e licheni di crescere liberamente sui km di corteccia del fusto e dei rami di questi alberi secolari. Lo scopo del team è quello di verificare l’impatto del danno che le radiazioni ionizzanti possono aver causato alla fauna e alla flora in questo angolo di paradiso. Biologi, etologi, entomologi, etnologi, agronomi, botanici, geologi, insomma tutti i massimi esponenti della cultura scientifica del mondo sono qui per valutare il danno a pochi anni dal disastro, cercando di monitorare gli effetti genetici sulle specie non umane negli anni e decenni futuri, per poter creare un protocollo di intenti da mettere in atto, nel caso in cui, si dovesse verificare un altro disastro nucleare sul nostro caro pianeta.

    - Accidenti è da ore che procediamo verso Ovest, dovremmo essere già arrivati al campo base sul lago da un pezzo.! -

    - Che cosa stai blaterando? Come fai a dire che stiamo andando a Ovest? Il bosco è così fitto che la luce del sole fatica a passare, si vede a malapena a dieci passi di distanza. -

    - Chantal, sai che cosa è questa? Si chiama bussola! Si è vero, sono un tipo tecnologico ma mi è rimasto ancora un po’ di spirito pionieristico, non mi muovo mai senza la mia amata bussola. –

    - Accidenti! Questa volta mi hai davvero stupita! –

    All’improvviso la radio ricomincia a ricevere dei segnali, scariche elettrostatiche precedono una voce tanto desiderata di sentire.

    - C'è nessuno all’ascolto? Sono il Professor Censi. Qualcuno mi riceve? Passo. –

    - Professore che bello sentirla. Sono Randhal, qui con me c’è Chantal. Credo di essermi perso. -

    Il Professor Censi è a capo di quella spedizione. E’ un hippy convinto e, grazie, a un quoziente di intelligenza fuori dal comune tale da renderlo geniale in tutti i campi scientifici, è arrivato ai vertici degli Istituti di ricerca del suo paese d’origine, l’Italia, e poi in tutti gli atenei del mondo. Dopo centinaia di pubblicazioni che spaziano in tutti i campi della scienza si è convinto che il Pianeta Terra sia il suo giardino di casa e come tale lo tratta creando non poco imbarazzo all’UNESCO che ha deciso, un po’ spavaldamente, di arruolarlo tra le fila dei suoi cavalieri senza macchia.

    - Randhal ascolta ci troviamo al campo base, c’è stato un incidente ci sono molti feriti alcuni di noi sono scomparsi…-

    - Feriti? Scusi Professore ho capito bene? –

    - Ragazzo mio non è il momento di discutere, dovete assolutamente uscire della foresta. Non mi importa che torniate al campo base. Localizzate un villaggio, una strada, oppure la ferrovia che taglia per la foresta. Dovete andarvene da lì il prima possibile. –

    - Ho capito, Professore. Dovremmo essere a qualche km dal lago Hibara ai piedi del Monte Bandai, se proseguiamo in linea retta dovrei incrociare la città di Sohara.-

    - Benissimo Ranhal prosegui. Appena in città voglio che mi chiami. Un’ultima cosa dimenticate i compiti del‐ la missione a voi assegnati. E’ tutto annullato. Non interagite con nessun tipo di animale, neanche il più innocuo. Mi raccomando. Poi quando sarete al sicuro in città vi racconterò tutto. Passo e chiudo. –

    - Randhal ho paura!. Cosa sta succedendo, prima quel temporale pazzesco fuori stagione, ora tutto questo.- - Non so cosa dire Chantal, ma lo hai sentito anche tu ci sono feriti e dispersi. Qualcosa di brutto deve essere successo! –

    Intanto al campo base il Professor Censi dopo aver ter‐ minato la conversazione con i ragazzi si reca dentro una tenda improvvisata a infermeria.

    - Professore Censi Buongiorno. –

    -Buongiorno a lei, Dottore. Quale è il suo parere? –

    - E’ molto strano. La ferita di per sé non sembra pericolosa. E’ poco profonda e come può vedere anche lei si notano appena i segni dei denti, ma evidentemente l’animale che lo ha morsicato era portatore sano di qualche malattia, come vede la lacerazione è già completamente infetta. –

    - Lo vedo Dottore, ma quello che non capisco è la febbre, è comparsa quasi subito dopo l’aggressione, due ore dopo ha perso i sensi. Gli antibiotici si sono rivelati inefficaci, non ricordo nessuna infezione con un decorso così rapido e debilitante, era uno dei ragazzi più atletici che avessi nel mio gruppo, fino a oggi non lo avevo mai sentito neanche starnutire. –

    - Non ho risposte al momento Professore. Sta arrivando l’elicottero che ci porterà a Tokio in ospedale, lì eseguirò tutti gli accertamenti per venire a capo di questo mistero. Dovrò anche spiegare la situazione ai Colleghi prima di dare il via libera per il rimpatrio delle salme. Che cosa è successo nella foresta Professore?-

    - Non lo so! Ancora non comprendo alcune cose. Stavamo procedendo con la nostra spedizione. Come lei sa stiamo cercando di verificare il danno della nube radioattiva all’ecosistema millenario di queste foreste. Ad un certo punto abbiamo sentito le scimmie strillare in un modo assurdo. Mai sentito delle grida simili, abbiamo seguito quelle grida e ci siamo ritrovati al centro di uno scontro tra macachi. Mai visto niente del genere. Credevo che in natura solo l’uomo potesse avere comporta‐ menti così violenti contro un suo simile. C’erano… aspetti… due branchi, si due schieramenti che si fronteggiavano. Il macaco sappiamo può essere aggressivo per proteggere i cuccioli, lottare per la femmina o per il territorio. Insomma puro istinto animale. No… Quello a cui stavamo assistendo era un comportamento insolito per la specie. Quegli animali sembravano rabbiosi. Tant’è che abbiamo iniziato a riprendere. Tutti, nessuno escluso, abbiamo preso le nostre videocamere e cellulari e come ipnotizzati abbiamo cercato di documentare quell’insolito istinto di violenza. Del resto eravamo lì per quello. Lo scontro ha avuto presto fine, un gruppo ha finito per sur‐ classare l’altro. La cosa strana? E mi creda sto ancora cercando una risposta a quello che sto per dirle, il gruppo che ha vinto era quello che già prima dello scontro aveva tra le fila feriti, alcuni animali erano mutilati ma ciononostante hanno avuto la meglio sugli animali apparente‐ mente più sani. Santo Cielo, ne sono convinto, quelli che non presentavano ferite o mutilazioni avevano misera‐ mente perso, perdendo non solo il territorio o qualunque cosa ci fosse in ballo, ma la vita stessa. Erano tutti morti. Abbiamo aspettato che i macachi rimasti si allontanassero e poi abbiamo raggiunto il campo di battaglia. Un massacro. C’erano decine di macachi a terra morti o moribondi. Adulti, cuccioli, maschi, femmine alcuni erano stati smembrati non c’era stata nessuna pietà. Eravamo così di‐ stratti dall’orrore della scena che non li abbiamo sentiti arrivare. -

    - Chi Professore? –

    - I macachi. I responsabili del massacro. Ci hanno circondato. Un ragazzo sudafricano è stato aggredito e buttato a terra, in pochi secondi aveva decine di scimmie ad‐ dosso che lo hanno trascinato via nel folto della vegetazione. Non l’ho più rivisto. A quel punto è scattato il panico. Ci siamo dispersi nel bosco, ognuno pensava a salvare la propria vita dalla ferocia di quegli animali. In quell’istante ho sentito Richard gridare, era poco dietro di me, aveva sulla schiena una scimmia. Lo aveva appena morso. Sembrava che fossi lo spettatore di un rodeo, con il ragazzo al posto del toro e la scimmia che cercava di resistere per non essere disarcionata. Ho agito d’istinto. Ho raccolto una pietra e ho iniziato a colpire l’animale che alla fine ha mollato la presa, una volta a terra ho continuato a colpirlo fino a che non gli è esplosa la testa. Mentre aiutavo Richard a rialzarsi ho notato alcune cose che non scorderò tanto facilmente…-

    - Cosa Professore? -

    - Alcuni dei miei compagni erano già morti mentre altri venivano fatti a pezzi poi c'erano le scimmie, quelle morte nel primo assalto avevano cominciato a rialzarsi! -

    ***

    - Randhal hai sentito? –

    - Si. Lo sento. Sembra il rumore di una macchina. Ci deve essere una strada. Coraggio andiamo! - Finalmente i due ragazzi riescono a raggiungere la strada numero 2 una delle arterie più importanti di quella Regione. Avevano chiaramente sbagliato direzione deviando verso sud, ma non aveva importanza, se c’era una strada voleva dire che prima o poi sarebbero passate delle macchine.

    - Laggiù. Finalmente ecco una macchina! –

    - Accidenti cosa è questa puzza? -

    - Porca miseria. Hai ragione è puzza di animale morto! Si, eccolo laggiù. Sembra un procione o quello che ne è rimasto, deve essere finito sotto un camion per ridursi così. –

    L’animale non ha più la testa e il corpo è spelacchiato segno tangibile che prima è stato investito e poi trascinato per la strada dal potente mezzo, è gonfio dai gas di putrefazione che ammorbano l’aria intorno all’animale.

    - Oddio! -

    - Che c’è? –

    - Hai visto? -

    - Ho visto cosa? -

    - Randhal il procione si è mosso! - - Mosso? Che cazzo dici! –

    - Si te lo giuro si è mosso. Ecco. Guarda. Vedi?. –

    - Accidenti è vero, hai ragione. Forse sono i gas che si stanno liberando per quello che la pancia sussulta. –

    - Sarà? Comunque fa schifo. Dai andiamo via, la macchina si avvicina! -

    Facendo ampi gesti riescono ad attirare l’attenzione dell’automobilista, che si ferma. I ragazzi iniziano a chiacchierare con l’autista del mezzo, chiedendo gentilmente un passaggio, dimenticandosi per un momento della carcassa del procione che continuava a muoversi. Improvvisamente un muso sporco di sangue e interiora spunta dalla pancia dell’animale. Percepisce i ragazzi e inizia ad andargli incontro, metro dopo metro si avvicina. Intanto i ragazzi fanno per entrare nella macchina. Randhal fa accomodare Chantal dietro e lui prende posto davanti, in fondo l’automobilista è uno sconosciuto, meglio tenere lontano l’avvenente collega da un eventuale maniaco. Randhal si piega per salire sulla macchina, è già con la gamba destra dentro l’abitacolo, sta raccogliendo la sinistra quando sente la fitta. E subito dopo chiude lo sportello.

    - Ahi. Accidenti devo essermi graffiato salendo in macchina! –

    - Ah,Ah,Ah! Stai a vedere che sei sopravvissuto ad una tempesta di fulmini, alla rivolta degli animali della foresta o a chissà che cosa e finisci per morire di tetano salendo su una macchina scassata. -

    - Già! Mia madre lo diceva sempre che fare l’autostop è pericoloso! Bene, buon uomo dove si va? - gli chiede Randhal in un giapponese più che lusinghiero.

    - Kitakaka!- risponde l’automobilista con gli ampi gesti tipici della cortesia giapponese.

    -Kitakaka? Suona bene…! Cazzo però quel taglietto fa un male boia…-

    MARTINA

    La stanza sarebbe già piccola per viverci da sola figuriamoci dividerla con un’inquilina. Oltretutto è anche la persona tra le più stronze dell’intero campus, anzi dell’intero Universo. Ma la sorte, si proprio così la sorte aveva deciso per lei, perché la composizione delle stanze all’in‐ terno del Campus veniva sorteggiata. Così, mentre la sua fantastica compagna di stanza sotto la doccia sprecava acqua da più di mezz’ora, quando invece, a lei, le bastavano dieci minuti di orologio, il laptop si anima sparando a tutto volume l’avviso di chiamata Skype. Era Midori dal Giappone, lo sapeva perché aveva selezionato la sigla di Occhi di Gatto come suoneria, perché la sua amichetta orientale andava matta per quella serie di Manga.

    - Buongiorno Midori. Come stai? –

    - Ciao Martina. Io bene ma non so ancora per quanto tempo! -

    - Che succede? Sei malata? -

    - No cara, niente di personale. A dire il vero non si sa ancora niente di preciso, ma nel centro del paese è stato schierato l’esercito. La televisione racconta di aggressioni ingiustificate da parte di persone giudicate estremamente pericolose. Stanno cercando di mantenere l’ordine, ma alcuni blogger hanno postato dei video da quelle zone, sono immagini amatoriali molto convulse e poco chiare ma si capisce che qualcosa non va. -

    - Midori sei sicura che i video non siano dei fake virali per fare diventare famoso qualche cialtrone? -

    - No, ne dubito. Anche la NHK le ha trasmesse, perfino la giornalista Rurico Abe è laggiù a fare dirette ventiquattro ore su ventiquattro. Tieni presente che lei qui in Giappone è considerata una divinità, se si è scomodata è sicuramente per uno scoop. -

    - Così mi spaventi. Stai attenta e fai molta attenzione.! -

    - Si non ti preoccupare. Volevo solo dirti di chiamare il maestro Mazazumi le linee telefoniche e Internet sono molto instabili, anche questo mi conferma che le cose potrebbero solo che peggiorare. -

    - Grazie amica mia lo chiamerò subito. Fai attenzione. Chiamami più spesso anche al cellulare, voglio sentire che sei sempre al sicuro. D’accordo? -

    - D’accordo. Ti voglio bene Martina! –

    - Anch’io Midori. A presto! -

    La chiamata si conclude così. Martina non era per niente tranquilla la sua cara amica sembrava quasi averle detto addio. Si doveva informare, quei video, forse, erano ancora su Internet. Apre il Browser e inizia la ricerca che si conclude prima di subito. Quei video sono i più cliccati e visti dagli internauti negli ultimi giorni. Possibile che non ne avesse ancora sentito parlare nemmeno da quel gruppo di nerds suoi amici. Sembrava avere l’aria di un complotto. Ne trova in rete almeno quindici alcuni lunghi pochi minuti uno, invece, della durata di circa mezz’ora. Inizia da quello. Le immagini scorrono, la porta del bagno si apre all’improvviso, Martina viene raggiunta da una nube di vapore tale che perfino il monitor del laptop si annebbia.

    - Martina! Hai per caso visto un fantasma? Hai un’espressione orribile. Dovresti fare come me, questi sali da bagno sono dei veri toccasana.

    - Già un fantasma. Si o no… Cosa aveva visto? Nei primi tre video praticamente nulla, solo gente che scappa e che urla, qualche sparatoria, ma niente che sveli il mistero. Doveva saperne di più. Ma aveva anche voglia di parlare con il suo Maestro. Così si alza prende la giacca e esce dal‐ la stanza, mentre la sua compagna continua a parlare dei suoi sali tonificanti e saponi che usa durante i suoi bagni di bellezza. Vorrebbe urlarle in faccia un bel vaffanculo, ma ha altro per la testa e così si butta giù a capofitto per le scale fino a raggiungere l’atrio e poi via di corsa fuori nei giardini del campus, li attraversa accomodandosi in una delle tante panchine e da lì chiama il suo caro Maestro. Due squilli, poi la risposta.

    - Mi stavo proprio domandando quando mi avresti chiamato? - .

    - Maestro, non capisco! -

    - Non ti preoccupare imparerai presto a capire i segni del destino, sei la mia prediletta, nonostante tu sia occidentale. I miei antenati mi uccideranno per questo, ma d’altronde sei la migliore allieva che abbia mai avuto e per questo che ti ho scelta come mio successore. -

    - Maestro continuo a non capire. Lei è la seconda persona a me cara del Giappone che mi parla come se non ci fosse un domani. Che cosa sta succedendo laggiù? -

    - Mia cara vedo che hai già parlato con Midori. Bene. Ne sono felice. Il Giappone sta vivendo un’altra fase della sua travagliata storia e come tutte le altre volte ne usciremo, malconci, ma ne usciremo. Non ti devi preoccupare, siamo un paese forte e disciplinato riusciremo a riportare l’ordine. -

    - No. No che non va bene. Non sono per niente tranquilla! –

    - Martina io sono tranquillo! -

    - Appunto ed è questo che mi spaventa. Maestro lei è sempre stato proiettato verso il domani, dopo una lezione andata male o particolarmente faticosa mi diceva sempre che quella di domani sarebbe stata migliore. La sua positività mi ha fatto diventare quella che sono. -

    - Martina ti dico di non preoccuparti. Continua con gli allenamenti, hai una scadenza da rispettare con me, in più ti stai per laureare, quindi non farti distrarre dalla nostra cronaca. Concentrati sugli obiettivi e raggiungili come sei capace di fare. Noi ci vedremo il mese prossimo per l’ultima fase della tua crescita tecnica e spirituale. Ciao e buona giornata. -

    - Maestro…! Maestro…! -

    - Ha riagganciato. -

    -Sarà anche il mio Maestro ma certe volte è proprio uno stronzo! –

    Il giorno dopo Martina è in aula. Alza la testa. L’orologio sulla parete dice che sono le 10:15. Sono già cinque ore che è sveglia. Un’ora di corsa per rimettere a posto le idee e i pensieri. Un bel bagno caldo. Ci voleva proprio. Come la sua compagna di stanza le aveva sempre suggerito. Accidenti a lei. Una bella colazione e ora è lì sui libri che continua a leggere distrattamente. Con i suoi 23 anni Martina è la ragazza più sveglia del suo corso. Anche troppo per tutti gli altri, del resto le mancano pochi mesi alla Laurea in lingue orientali. La passione per l’oriente le è venuta da piccola, tutti quei cartoni animati giapponesi l’avevano incuriosita. I primi viaggi con mamma e papa. Bankok, le spiagge di Puket, tutte quelle meraviglie della natura da ammirare, gli indigeni e la loro cultura da imparare. Quei viaggi erano come delle enormi piscine ri‐ colme di sapere e di meraviglie, e lei, avrebbe voluto sguazzarci per l’eternità. Appena fu in grado di viaggiare da sola eccola visitare Myanmar, il Vietnam, tutta l’Indocina fin su alla Cina continentale. Mentre i suoi coetanei optavano per il mare delle Canarie o le discoteche delle Baleari piuttosto che verso faraonici villaggi tutto compreso in Egitto, fino a scivolare giù da una montagna con uno snowboard in inverno, lei viaggiava su dei fatiscenti autobus nelle tortuose catene Himalaiane in Nepal. Poi è arrivato il turno del Giappone, con le sue isole che iniziano dal caldo dei tropici per arrivare su fino al freddo della Siberia. Se ne era talmente innamorata che per due anni aveva vissuto lì, in una piccola città nel bel mezzo di niente. Aveva conosciuto Midori e grazie a lei ha imparato la lingua, gli usi e costumi di quella società tra le più avanzate del mondo ma ancora agganciata alle tradizioni millenarie della propria cultura. Non sarebbe tanto strano vedere un giapponese con un tablet in una mano e una spada nell’altra era solito dire il suo Maestro. In quei due anni vissuti laggiù nell’Impero del Sol Levante era diventata una esperta nell’arte marziale del kendo. Era orgogliosa di quello che aveva fatto, le discipline delle arti marziali erano stupefacenti, ma con un fisico gracile e longilineo come il suo le sarebbe stato difficile apprende‐ re le arti corpo a corpo, così aveva optato per le arti marziali con la spada e ne stava per diventare maestro. Poi, ne era certa, sarebbe finalmente passata a maneggiare la sacra spada cara ai bushido. La Katana. Sarebbe stato un passaggio delicato e per questo il suo maestro aveva deciso di rimandare, non era facile fare digerire a vecchi samurai uomini che forse una ragazza occidentale poteva diventare più forte dei guerrieri da loro allenati con dedizione e sacrificio. Quindi ora, eccola qua, sui libri, cercando di concludere il più velocemente possibile la sua carriera accademica, per poi volare a est e fare quello per cui era nata, maneggiare una spada. Purtroppo stamattina non riesce a concentrarsi, qualcosa la rode, in partico‐ lare l’ultimo filmato che aveva visto su you-tube, riguardo la situazione in Giappone. Le torna in mente ancora nitida la scena questa volta ben ripresa e commentata. Si vede, in quei fotogrammi, la reporter Ruriko Abe su un tetto della cittadina di Kitakaka. Da lì il cameraman inquadra quello che sta succedendo per le strade. I poliziotti in tenuta anti-sommossa fronteggiano una folla che continua ad avanzare, nonostante i lacrimogeni sparati. Tutta quella gente attraversa quei fumi urticanti come se fossero quelli di una stazione termale. Era in atto una vera e propria guerriglia urbana. Dopo vari appelli alla calma gli stessi poliziotti sono costretti a usare le maniere forti. Dai gas passano ai proiettili, dapprima in gomma ma quando un poliziotto viene accerchiato e aggredito vengono sostituiti da quelli veri. Decine di persone vengono uccise, le prime file cadono sotto i colpi esplosi dai poliziotti, queste sono sostituite dalle seconde linee anch’esse falciate come le prime e così via. Sarebbe potuto andare avanti all’infinito, ciò che è inspiegabile è perché

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