Iano: L'orco della palude
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Anteprima del libro
Iano - Luigi Monfredini
SATURA
FrontespizioLuigi Monfredini
Iano – L’orco della palude
ISBN 978-88-6393-922-4
© 2018 Leone Editore, Milano
www.leoneeditore.it
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.
A Vanna e Leonardo
IlMostroMostruosoCapitoloPrimoSono un orco e mi chiamo Iano, vivo in una palude fetida, un luogo malsano, umido, pieno di acquitrini, sabbie mobili, insetti fastidiosi e animali pericolosi, e sono convinto che nessuno di voi potrebbe sopravvivere molto in un ambiente così ostile, dove per mangiare non ci sono frigoriferi pieni di cibo preconfezionato e si deve lottare anche per respirare. Però, nonostante le difficoltà, amo moltissimo questa palude ed è per questo che voglio raccontarvi alcune storie che sono accadute qui, e dimostrarvi che non sempre ciò che appare pauroso lo è poi veramente.
Noi abitanti della palude fetida ci conosciamo tutti e, anche se ci mangiamo tra noi per sopravvivere, siamo amici: ci rispettiamo e siamo pronti a unirci quando un qualche pericolo minaccia la nostra strana comunità. Per dimostrarvelo voglio raccontarvi la storia del Mostro Mostruoso che per qualche tempo terrorizzò gli acquitrini della palude.
Ricordo che, quando quest’avventura cominciò, avevo appena finito di cenare e me ne stavo alla finestra della mia casa ad ascoltare i lamenti di una pallida luna, che non riusciva a mostrarmi il suo brillante colore giallo perché un sottile strato di nuvole grigie la copriva e le rubava luminosità.
L’alligatore Filippo uscì dall’acqua rumorosamente e si incamminò verso casa mia con la sua solita andatura goffa, raggiunse il portico e colpì con il muso la porta aspettando il mio arrivo. Dopo aver aperto il battente, lo guardai, curioso di sapere il motivo della visita. Immaginate il mio stupore quando la sua enorme bocca si spalancò davanti al mio viso, come se volesse aggredirmi. Rimasi leggermente stordito dall’alito pestilenziale e anche spaventato dagli affilati denti che avrebbero potuto maciullarmi la carne.
Stavo per colpirlo con un calcio quando mi accorsi che non era venuto solo: in un angolo della sua bocca vidi una grossa mela selvatica all’interno della quale viveva il saggio verme Gustavo. Ormai tranquillizzato, afferrai la mela e feci accomodare i visitatori in casa.
Filippo, che adorava il mio tappeto di vimini, cominciò a rotolarci sopra per grattarsi la pelle, mentre Gustavo spuntava dalla mela che avevo appoggiato sul tavolo. Era visibilmente scosso e ci mise parecchio tempo a scegliere con quale parte del suo corpo parlare. Sapete, Gustavo è un verme che pratica il mimetismo, nel senso che la faccia e la coda sono uguali; quando ha voglia di scherzare ti fa parlare con la sua coda mentre lui, con la testa dentro alla mela, dorme o mangia tranquillamente. Tuttavia quella sera non era in vena di scherzi e cominciai a preoccuparmi; per togliere un po’ di ombre attorno ai miei ospiti, accesi una candela e l’appoggiai vicino alla mela.
Filippo si mise tranquillo e assunse la posizione del mimo, cioè quella dell’alligatore immobile che sembra una statua. Gustavo uscì dalla mela, raggiunse la candela e al chiarore di quella piccola luce tremolante cominciò a raccontare una storia stranissima: parlava di un terribile Mostro Mostruoso che stava terrorizzando il suo isolotto; mi chiedeva aiuto per scacciarlo. Gli chiesi di descrivermi questo Mostro Mostruoso, ma non ne fu capace.
Era evidente che la sua paura fosse sincera e lo tranquillizzai dicendogli che avrei fatto delle indagini. Non me la sentii di mandarlo a casa e permisi a entrambi i miei visitatori di restare ospiti nella mia residenza, mentre mi recavo sull’isolotto del verme Gustavo per vedere questo terribile e spaventoso Mostro Mostruoso. Vi confesso che uscire di casa per raggiungere il centro della palude, di notte per giunta, non era proprio nei miei programmi, visto che speravo di coricarmi presto quella sera, ma quando un amico ti chiede aiuto non si può certo rifiutare di dargli una mano. Così presi il sentiero più buio che c’era e mi incamminai con coraggio verso il luogo più umido del mondo.
Dopo un’ora di cammino arrivai all’isolotto del verme Gustavo. Quello che vidi spaventò anche me, e vi assicuro che non sono un tipo impressionabile.
CapitoloSecondoSopra l’isolotto e sotto l’albero di mele verdi selvatiche, un gigantesco essere se ne stava immobile con la bocca spalancata, mostrando denti minacciosi, affilati come pugnali. Era orribile, aveva la testa ricoperta da squame azzurre e verdi, sopra le quali spuntavano tre appuntiti corni. Il corpo massiccio era ricoperto di piume rosse, a loro volta coperte da due grandi ali da pipistrello, nere e con uncini alle estremità. Le zampe possenti erano due e munite di temibili artigli. Ancora più sorprendente era la coda che terminava con la testa di un serpente velenoso. Veramente spaventoso era lo sguardo: i suoi occhi avevano le pupille gialle e non esprimevano emozioni.
Rimasi a guardare la sua posizione del mimo per qualche secondo e notai che era più bravo di Filippo, il mio amico alligatore, già considerato un fenomeno nella palude perché era capace di restare immobile per ore, suscitando ammirazione anche nelle vittime che cadevano nelle sue temibili fauci. Conoscevo troppo bene quel tipo d’agguato per avvicinarmi al Mostro Mostruoso con la curiosità dello stupido che si fa trasformare in cibo. Sapevo troppo poco su quello strano essere per affrontarlo e, senza fare rumore, mi allontanai.
Stavo percorrendo il sentiero di casa, nel buio della palude, e una serie di pensieri paurosi si impadronì di me. Avevo la sensazione di essere seguito e osservato, ogni albero mi sembrava un mostro, ogni fruscio mi annunciava un agguato e iniziai a sudare freddo. Il buio che mi circondava sembrava nascondere pericoli d’ogni sorta. Per fortuna la luna si liberò delle nuvole grigie che la coprivano e con la sua debole luce poté rincuorarmi. Ora almeno riuscivo a vedere il percorso che dovevo fare.
A volte, quando credi che il pericolo sia terminato e ti rilassi, ecco che arriva la catastrofe. Non so come sia successo, ma mentre guadavo una pozza melmosa, mi accorsi che qualcosa mi aveva afferrato le gambe e non mi permetteva più di muoverle. Incredibile: ero finito nel bel mezzo delle sabbie mobili e queste, giustamente, stavano per inghiottirmi.
Un orco della mia esperienza non poteva fare una fine così stupida. Mi guardai attorno e non vidi nulla a cui attaccarmi. Sembrava proprio che la mia ora fosse giunta. Ero sprofondato quasi del tutto, quando vidi avanzare verso di me un esemplare di drago bolognese che, come una gigantesca anatra con la testa di serpente, nuotava nell’acquitrino utilizzando le zampe palmate come propulsione.
Fu lui che mi vide, venne verso di me per aiutarmi e ironico mi disse: «Ci sono problemi Iano?».
Poi, senza aspettare la mia ovvia risposta, fece una virata maestosa e mi allungò la sua coda da serpente che afferrai appena in tempo, prima che la melma inghiottisse tutta la mia orripilante persona. Le zampe palmate del drago cominciarono a muovere acqua e fango con forza, e presto mi ritrovai sano e salvo sulla riva dell’acquitrino, con il mio amico rettile attento ad ascoltare ciò che mi era accaduto.
La storia del Mostro Mostruoso non lo spaventò, ma il drago non l’aveva ancora visto con i suoi occhi. Era d’accordo con me: bisognava risolvere il mistero e decise di accompagnarmi a casa per studiare un piano d’azione.
Quando rividi la mia abitazione e la luce della candela che usciva dalla finestra, mi sentii felice, di quella felicità che ti danno le cose che conosci. Il drago bolognese mi seguiva e non fu semplice farlo passare dalla porta di casa, ma mai avrei permesso che un amico, che mi aveva salvato la vita, se ne restasse fuori dal mio soggiorno solo perché la porta era troppo stretta per lui. Bastarono alcuni colpi di scure ben assetati alla parete per allargare l’ingresso a sufficienza.
Ora eravamo tutti attorno alla tavola e ci guardavamo l’un l’altro senza sapere veramente come risolvere il problema. La presenza del Mostro Mostruoso incombeva su di noi; nessuno sapeva bene cosa fare per scacciarlo o per diventarne amici, perché in realtà nessuno di noi aveva avuto il coraggio di andare da lui per conoscerlo. Filippo continuava a sbattere le palpebre nervosamente, Gustavo entrava e usciva dalla mela senza sosta, il drago aveva appoggiato la testa da serpente sul tavolo e continuava a muovere la lingua biforcuta. E io, in piedi, gironzolavo e cercavo di esprimere un piano degno della mia fama, ma in realtà il mio cervello non riusciva a produrre niente di intelligente.
All’improvviso scattò l’allarme. Il corvo Anselmo entrò volando e gridando come un forsennato: «Umani! Umani!».
Tutti noi balzammo verso