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Nevada
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E-book277 pagine4 ore

Nevada

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Info su questo ebook

Pubblicato nel 1928 come seguito del fortunatissimo "Forlorn River", "Nevada" vede nuovamente al centro della scena l'omonimo cowboy – il cui nome è in realtà Jim Lacy – che, dopo essere riuscito a salvarsi dalle peripezie del precedente romanzo, lavora adesso in incognito, fra le sanguinose bande di ladri di bestiame che infestano l'Arizona. Cresciuto in mezzo a violenze di ogni tipo, e con un'abilità notevole sia nel cavalcare che nell'usare corda e revolver, Nevada ha però un cuore puro e un senso profondissimo della giustizia. Se si somma tale sua natura benevola a un amore sincero da cui tornare, si hanno già tutte le coordinate entro cui ambientare un'avventura senza tempo, che concilia i paesaggi immensi del Far West con le tribolazioni più umane.-
LinguaItaliano
Data di uscita15 feb 2023
ISBN9788728514986
Nevada
Autore

Zane Grey

Zane Grey (1872–1939) was an American writer best known for western literature. Born and raised in Ohio, Grey was one of five children from an English Quaker family. As a youth, he developed an interest in sports, history and eventually writing. He attended University of Pennsylvania where he studied dentistry, while balancing his creative endeavors. One of his first published pieces was the article “A Day on the Delaware" (1902), followed by the novels Betty Zane (1903) and The Spirit of the Border (1906). His career spanned several decades and was often inspired by real-life settings and events.

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    Anteprima del libro

    Nevada - Zane Grey

    Nevada

    Translated by Alfredo Pitta

    Original title: Nevada

    Original language: English

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1928, 2022 SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788728514986

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    NEVADA ¹

    I.

    Quando il cavallo, obbedendo al colpo di sperone, si fu lanciato sul sentiero, Nevada si guardò indietro, volgendo appena la testa sulla spalla. Lo spazio lasciato al suo passaggio dalle persone raccolte là gli permise di scorgere di nuovo i tre uomini caduti al suolo. Ancora il fumo azzurrognolo uscito dalla pistola si levava lentamente, svanendo. Il viso pallido di Ben Ide appariva convulso.

    — Addio, amico! — gridò Nevada; e si levò sulle staffe per agitare il sombrero. Quello era nella sua intenzione un addio definitivo all’amico che egli aveva salvato e sollevato, a quel Ben che amava più che un fratello.

    Poi egli parve volare sul sentiero giallastro; e le terribili emozioni che lo avevano agitato, dopo quella parentesi commossa, lo pervasero di nuovo.

    C’era qualche cosa di familiare per lui, e insieme di beffardo, in quella corsa precipitosa verso le scure montagne. Quante volte non aveva egli sentito il vento sferzargli la faccia in una rapida corsa che doveva decidere della sua vita! Ma non era timore, quello che lo spingeva ora, nè amore alla vita quello che faceva di lui un fuggitivo.

    Cinque miglia di corsa sfrenata lo condussero dall’altra parte del lago. Rivide le profonde tracce di zoccoli di cavalli lungo la spiaggia, le striature del ghiaccio là dove egli e Ben Ide, con l’aiuto dei banditi da loro espressamente liberati, avevano dato la caccia al grande stallone della California, il Rosso. E non poteva esimersi dal ripensare a tutti gli avvenimenti di quella mattina. Quanto era stato sciocco Ben Ide a dare la libertà a quella gente la cui cattura era costata ad entrambi tanta fatica, e che per Ben doveva essere la prova della sua innocenza verso coloro che lo accusavano di avere rubato del bestiame! E tutto ciò perchè Ben aveva voluto dare la caccia al Rosso, improvvisamente comparso sul ghiaccio dopo che da anni egli lo aveva inutilmente cercato. Sì, un atto da sciocco, quasi da pazzo; eppure Nevada non poteva che sentir aumentare il proprio affetto per l’amico. Era il vero cacciatore di cavalli selvaggi, Ben, lo scacciato dalla sua famiglia, che, la sera in cui Nevada gli si era presentato, fuggiasco, malato, affamato, lo aveva accolto rivolgendogli soltanto una domanda:

    — Da dove venite?

    — Nevada — aveva egli risposto. E con quel nome Ben lo aveva sempre chiamato.

    Ed erano rimasti insieme, mentre la loro amicizia si sviluppava, diveniva quasi fraterna.

    — Ebbene — monologava Nevada, mettendo piede a terra in prossimità di quella capanna presso la sorgente del Fiume Abbandonato nella quale egli aveva vissuto con Ben — mi pare che non sia il caso di rimanere qui. Quello che è fatto è fatto, e non si può disfare; nè, del resto, avrebbe potuto essere altrimenti. Povero Ben! Era l’unico amico che avessi, salvo il mio cavallo… Ebbene, il suo nome è ormai mondato da ogni macchia, grazie a Dio. Suo padre, a quest’ora, sa la verità, e sarà lui a dover domandare perdono al figliuolo. Perdinci, che bellezza! E Ben non si farà troppo pregare, lui… Anche Hart Blaine saprà la verità. E dire che hanno creduto Ben un ladro! Poi, egli sposerà Ina Blaine, e sarà ricco. Ha preso anche il Rosso, sarà felice.

    Entrò nella capanna. Si aspettava di trovarla, come sempre, pulita e in ordine; e quindi vedendola tutta sottosopra ne ebbe come un colpo al cuore. Era stata saccheggiata addirittura, brutalmente. I falsi poliziotti, che incitati da Less Setter erano andati ad arrestare Ben, non si erano fatto scrupolo di rubare, anche. Per lo meno, ne avevano avuta l’intenzione, e dovevano aver messo tutto sottosopra cercando del denaro.

    — Ebbene — mormorò egli cupamente — Less Setter e i suoi poliziotti occasionali non verranno più qui; nè in alcun altro luogo, tranne che nell’inferno.

    E non sentì alcun rimorso ricordando di averli uccisi.

    Diede un addio alla capanna, e il momento fu doloroso; poi risalì a cavallo e partì. Giunto su uno dei primi rialzi montagnosi, a poco più d’un miglio dal fiume, si rivolse a guardarla. Qualche cosa di più sicuro della sua intelligenza gli diceva che non la avrebbe più riveduta, mai più. Ed un pensiero gli venne anche, che gli era passato più volte per la mente e che egli aveva voluto scacciare: che dicendo addio a quella capanna diceva addio non solo ad essa e al suo amico, ma anche a tutto ciò che di più prezioso era da qualche tempo entrato nella sua vita: alla sorella di Ben, a Hettie Ide.

    Camminò a lungo, finchè venne l’ora che egli temeva: quella che tante volte aveva trascorsa presso il fuoco dell’accampamento, nel silenzio e nella solitudine. Qualche cosa di incomprensibile era accaduto in lui, da qualche tempo, che lo aveva trasformato, che aveva acuita la sua intelligenza, ravvivata la facoltà di provare emozioni. Ne aveva la precisa sensazione: ed era questo che aumentava la sua sofferenza in quell’ora.

    La notte era fredda e calma. Il vento non si era levato. Udiva lontano il melanconico latrato dei coyotes, e null’altro.

    Ora se ne stava seduto davanti al piccolo fuoco che aveva acceso, con le gambe incrociate, alla maniera degli indiani. Stese le mani alla fiamma, giacchè gli piaceva di sentirne il calore, per una vecchia abitudine che aveva del voluttuoso. Temeva di coricarsi, sebbene avesse già preparate le coperte, che aveva scaricate dal cavallo, giacchè sentiva che si sarebbe addormentato subito, e si sarebbe risvegliato poi nel cuor della notte, in una ancor maggiore solitudine. E poi, la fiamma gli teneva compagnia: pareva qualche cosa di vivo, che volesse confortarlo.

    Ci fu un momento in cui gli parve di vedere chiaramente, fra i pezzi di legno ardenti, la faccia di Hettie Ide. Risplendeva in quella gloria di luce, quel suo viso giovanile, coronato di capelli biondi, coi vivaci e grandi occhi grigi, con la bocca ben disegnata dalle labbra così dolci; e sembrava, per la sua fermezza, appartenere a una fanciulla di età maggiore di quella che realmente ella aveva: sedici anni appena.

    — Hettie, Hettie! — mormorò egli, dolorosamente — sei giovane, tu, e mi dimenticherai. L’amara verità è come uscita oggi da quei colpi che ho tirato; e tu e Ben saprete che Nevada non è altri che Jim Lacy!… Ah, se avessi potuto mantenere il segreto, celandovi così per sempre che sono stato nella mia vita trascorsa un sanguinario, un bandito! Ed ecco che non vi sarà nemmeno qualcuno che possa dirvi quanto fermamente io abbia deciso di non essere più tale.

    In quell’ora triste tutto il gran coraggio di Nevada fu scosso. Ben lo avrebbe certamente accettato per cognato, e lietamente anche, quando non sapeva… Eppure, sentiva che se anche i terribili avvenimenti di quel giorno non fossero stati, egli non avrebbe avuto il coraggio di mantenere continuamente con lui e con Hettie il vergognoso segreto per non tradire così l’assoluta fiducia che essi avevano riposta in lui. Ora, poi…

    E la perdita di Hettie era insopportabile. Senza saperlo, senza accorgersene quasi, egli era stato per un po’ di tempo felice. Era risalito dall’inferno nel quale era dapprima precipitato per la scala dell’amicizia e dell’amore. Era trasformato. Mai potrebbe ritornare indietro, mai diminuire ciò che aveva fatto per salvare il suo amico dal tradimento di un malvagio. E quell’atto, certamente, aveva salvato dalla rovina le due famiglie, gli Ide e i Blaine, e senza dubbio anche Ina ed Hettie da chissà quale sorte che i piani diabolicamente abili di quel Setter preparava loro.

    — È il perderla che mi ucciderà — mormorò ancora, lasciando cadere la testa sul petto. — È troppo penoso… Non posso sopportarlo, questo.

    Il giorno dopo, triste e depresso, riprese il suo viaggio. Ancora camminò a lungo, e si fermò soltanto in una piccola valle solitaria, nella quale vi erano acqua ed erba in abbondanza. Gli parve che quello fosse un luogo ideale, perfettamente tranquillo, per celarvi la sua stanchezza e la sua pena. Vi trascorse parecchi giorni, vivendo coi pochi viveri portati con sè e di caccia. Ma il tempo venne in cui quella solitudine, che dapprima gli era parsa un conforto, gli divenne intollerabile; ed egli si disse che se fosse rimasto ancora là sarebbe impazzito. Giacchè quella solitudine non era soltanto popolata dalla visione di Ben e di Hettie, ma anche da quella degli uomini la cui vita egli aveva troncata. Già qualche cosa di simile gli era accaduta altra volta; ed egli sapeva che l’unica cura contro quell’assalto del passato era l’azione, il lavoro, il movimento, il mescolarsi di nuovo alla gente, l’udirne di nuovo le voci. Anche la compagnia dei peggiori uomini l’avrebbe salvato da quel continuo implacabile ricordo.

    D’altra parte i viveri erano finiti, spesso la caccia non dava alcun frutto. No, egli non poteva rimanere ancora là, a indebolire il corpo con la fame e l’anima in quel tormento; e tuttavia rabbrividì pensando che quasi fatalmente poteva essere ripiombato in quella sua antica vita che egli aveva da qualche anno abbandonata.

    Decise, quindi, di andare in Arizona, dove sperava di essere meno conosciuto. Si disse che Hettie si sarebbe aspettato che egli facesse appunto così, che forse ella aveva ancora fiducia in lui: ma era necessario che egli si nascondesse per lungo tempo ancora, fino a che la triplice uccisione che aveva commessa per salvare Ben non fosse dimenticata, giacchè, se fosse stato preso e riconosciuto per Jim Lacy, la cosa sarebbe stata gravissima, quali che fossero i motivi che lo avevano spinto ad agire.

    — Ed oltre tutto — si disse — questo porterebbe alla luce alcuni fatti… No, meglio morire, piuttosto che Hettie li conosca.

    II.

    Era un triste e freddo giorno di novembre quando Nevada giunse a Lineville. Il vento forte aggirava in furiosi mulinelli polvere e foglie secche. Colonne di fumo azzurrastro sfuggivano dai comignoli delle case e delle capanne. Di quelle abitazioni, quelle situate a un lato della via erano in California, quelle poste nell’altro lato appartenevano al territorio del Nevada. Molte volte era accaduto che colpi sparati da uno Stato fossero andati a colpire qualcuno nell’altro.

    Lineville era stato un villaggio di minatori con pretese di città al tempo in cui erano capitati là i primi cercatori d’oro. Capanne e recinti abbandonati stavano ora ad attestare che non sempre era stato così deserto. Profonde nere buche nelle colline dirimpetto ricordavano la trascorsa attività dei concessionari del suolo aurifero. Ancora in quei tempi vi si sarebbe potuto trovare dell’oro, ma in quantità molto scarsa. I cercatori giungevano a Lineville, vagavano nei dintorni per una stagione, poi ripartivano per riprendere altrove le loro interminabili ricerche, mentre altri giungevano ancora. Quando Nevada era stato in Lineville l’ultima volta, era ancora possibile di trovarvi qualche persona onesta, ma in una percentuale abbastanza piccola sui trecento abitanti di cui si componeva la popolazione.

    Il giovane si fermò davanti ad una capanna grigia, situata in fondo a un largo terreno recinto, proprio al limite del villaggio. Il luogo non era cambiato. Un cavallo bruno, al quale il vento furioso sollevava il pelame, correva qua e là disordinatamente. Nevada lo conosceva. Anche il cavallo non era cambiato, come cambiato non era il giardino circondato da una siepe di rovi, nè la rozza insegna inchiodata in cima a un palo all’ingresso del terreno, sulla quale era scritto: Alloggio.

    Nevada attaccò il cavallo ad un palo e si diresse verso la parte posteriore della capanna. Un portico largo e basso si stendeva sulla porta, come un prolungamento del tetto. Il giovane esitò un momento, poi picchiò. Udì nell’interno un rapido passo; la porta si aprì, e sulla soglia comparve una grossa matrona, dal viso largo e rosso, dai grandi occhi che denotavano franchezza. Non era più giovane, e i capelli cominciavano a divenir grigi.

    — Salute, signora Wood! — esclamò Nevada.

    La donna lo guardò un momento meravigliata e come incerta, poi proruppe:

    — Per l’amor del cielo! Ma voi siete Jim Lacy!

    — Lo credo bene. Ma, dite, non volete farmi entrare? Sono agghiacciato.

    — Jim, sapete bene che non avete avuto mai bisogno di permesso per entrare in casa mia — replicò ella; e lo condusse in una piccola cucina, nella quale il calore proveniente dalla stufa e un appetitoso odore di pane caldo sembrarono ristorare Nevada.

    — Grazie, sono contento che me lo diciate. Certo che qui mi pare di essere in casa mia. Ho fatta per un po’ di tempo la vita all’aria aperta, e sono mezzo morto di freddo e di fame.

    — Veramente, si direbbe che non esagerate, figliuolo — replicò la donna guardandolo e tentennando la testa in segno di disapprovazione. — Non vi ho visto mai così. Eravate un bel ragazzo, Jim; e ora… E poi, quei capelli lunghi e spettinati vi fanno sembrare un minatore. Ma dove siete stato, dunque?

    — Dite, signora Wood — disse egli freddamente, con la sua pronunzia strascicata di meridionale — scommetto che in questi ultimi tempi avete udito parlare di me.

    E la guardava, scrutando il viso di lei acutamente. Molto, infatti, dipendeva da quella risposta. Ma la donna disse semplicemente:

    — Neppure una parola, nè ultimamente, nè mai da quando andaste via.

    — No? Ecco una cosa che mi sorprende, e che mi fa piacere, anche — rispose Nevada con un sorriso di sollievo. — Ancora una domanda: non avreste un qualche lavoro per me? Sapete, qualche cosa per guadagnarmi la vita, come ho fatto altre volte.

    — Sì che potrei, e lo farò. E poi, non occorrerà che vi corichiate nel cortile.

    — Si vede che sono maledettamente fortunato, signora Wood — replicò Nevada in tono di gratitudine.

    — Mah! Questo non lo so, Jim. Può darsi intanto che non sia precisamente una fortuna venire a Lineville… A proposito, ragazzo, ho sempre sperato che, se foste ancora vivo, vi metteste su un’altra via.

    — Siete stata molto buona a pensare questo di me — disse egli, allontanandosi un po’ dalla stufa il cui calore cominciava a divenire eccessivo per lui. — Adesso, se permettete, andrò a dare un’occhiata al mio bagaglio e al cavallo.

    — Portate senz’altro dentro il vostro bagaglio. E non dimenticherò che mi avete detto di aver fame.

    Nevada uscì, pensoso, e lentamente condusse il cavallo fuori del cortile. Là, mentre lo scaricava, stette a riflettere alle parole della signora Wood e allo strano effetto che avevano avuto su lui: quale, forse, avrebbero avuto le parole di ogni altro abitante di Lineville, giacchè esse lo riportavano alla realtà. Infatti, la brava donna aveva sperato che egli non ritornasse più; ed era questo che aveva voluto dire. Rimase così a lungo occupato nell’accudire al cavallo e nello scaricare il suo bagaglio, che la signora Wood finì col chiamarlo. Allora egli, portando sulle spalle il suo rotolo di coperte e un piccolo pacco, ritornò nella cucina. La donna aveva preparato una zuppa, ben calda, giacchè era proprio evidente che Nevada aveva bisogno di un buon cibo ristoratore.

    — Povero figliuolo! — disse ella tristemente e con una certa curiosità; ma non gli fece alcuna domanda.

    Il giovane mangiò, mangiò tanto che finì con l’averne quasi vergogna.

    — Lo so bene come si chiamano quelli che fanno come me — disse; — ma che volete, signora Wood, era così buona la vostra zuppa!

    — Sì? Bene, bene. Intanto, Jim, fareste molto bene a prendervi un po’ d’acqua calda e ad andarvi a radere quella barbaccia. Occupate quella stanzetta in fondo, là, a destra nell’anticamera. C’è una stufa, e la legna pronta.

    E Nevada trasportò la sua roba là dove gli era stato indicato, ritornando poi a prendere tutto ciò che gli occorreva. Forse, era il piccolo specchio, che aveva perduto qua e là la sua pàtina, che dava al suo viso un così insolito aspetto. Si rase, si lavò, si cambiò d’abito, e trovò che sembrava addirittura mutato; e pure quella sua impressione di sollievo svanì al pensiero che Hettie era uscita dalla sua vita per sempre. Che gli poteva più importare, ormai, quel che fosse il suo aspetto?

    Quando, un’ora più tardi, egli ritornò nella cucina, la signora Wood lo guardò soddisfatta, pur sembrando scrutarne il viso.

    — Jim — diss’ella ironicamente — sarei portata a credere che la vostra pistola sia rimasta sempre al suo posto nella fondina; e mi pare una cosa un po’ strana. Che ne dite?

    — Già, sembra una cosa strana, infatti. Eppure, signora Wood, posso assicurarvi che veramente sono stato un pezzo senza cavarla fuori.

    — Davvero? E non avete neppure visto i liquori troppo davvicino? — continuò ella.

    — Neppure.

    — Nè guardato in viso le donne?

    — Questo poi meno che mai. Ne ho avuto sempre paura — replicò egli ridendo. Ma la buona donna non sembrò convinta.

    — Eppure, figliuolo, vi deve essere accaduto qualche cosa — diss’ella seriamente. — Sembrate, non so, come più vecchio di quel che siete realmente. I vostri occhi non sono più quelli: me ne ricordo bene, sembravano pugnali, addirittura. Si direbbe che ci siano delle ombre che li velano… Sapete, Jim, io ho conosciuto una volta, nel Nuovo Messico, Billy, quello che chiamavano Kid Billy; ebbene, voi gli rassomigliavate, non nel viso, o nel corpo, o nel portamento, ma così, nell’insieme, in qualche cosa che non saprei precisare. Ma ora non più.

    — Ah, ah! Non so, in verità, se mi facciate un complimento o no — rispose Nevada. — Billy era un uomo un po’ stravagante, lesto di mano… Un mezzo selvaggio, addirittura…

    — Forse avreste detto qualche cosa di peggio, se vi foste trovato nella contea di Lincoln quando vi eravamo io e mio marito. Ci fu addirittura una guerra, laggiù, per accaparrarsi il bestiame, tanto che vi rimasero uccisi trecento uomini; e fra essi il mio povero Jack.

    — Sì, ne ho inteso parlare. E di quei trecento uomini, quanti furono quelli che uccise Billy?

    — Dio solo lo sa, figliuolo! Billy già aveva ventuno uomini sulla coscienza, prima di allora, senza contare gli indiani. Ebbene, Jim, voi gli rassomigliavate, come vi ho detto, e se aveste continuato così sareste un altro Billy. Ma qualche cosa deve esservi accaduto. Io non sono indiscreta, ma direi quasi che avete perduta la vostra audacia. Qualche volta accade, a voialtri.

    — Ma è proprio così, signora Wood — replicò Nevada con quella sua pronuncia strascicata che si accentuava quando parlava un po’ ironicamente. — Difatti, oramai non ho più coraggio di un pollastro.

    — Davvero? Sarà. E capisco che questo è tutto ciò che riuscirò a sapere sul conto vostro, cioè nulla. Eppure, Jim Lacy, vi dico che quando siete andato via di qui eravate un ragazzo, e invece siete ritornato uomo. Mi piacerebbe di sapere che penserebbe di voi ora Lisa Teller. Vi stava ben appresso, quella sgualdrinella!

    — Lisa Teller! — ripetè Nevada, come se cercasse di ricordarsi. — Ah, sì, ora me ne ricordo. Ebbene, è ancora qui?

    — Ma vi pare! Non è più presso la mia modesta persona; sta al Gold Mine, ora, nientemeno.

    Nevada s’era messo a sedere su una bassa panchetta fra la stufa e l’angolo della stanza, il posto che egli anticamente prediligeva e che ora riprendeva quasi macchinalmente. Avrebbe fatto volentieri quattro chiacchiere con la signora Wood, una brava donna che godeva la fiducia di giuocatori, di minatori, di banditi, di tutti, insomma, indistintamente: buona, e sempre pronta ad aiutare chiunque si trovasse in bisogno o in malattia. Quale che fosse stata la sua vita in passato — e Nevada immaginava che ella fosse stata sempre accanto al marito, che era un bandito — ora era una donna onesta, dedita al lavoro. Nei giorni in cui egli era stato a Lineville anni prima, giorni che avrebbe voluto cancellare dalla sua vita, egli non l’aveva apprezzata abbastanza; ma ora ricordava quanto ella fosse stata buona con lui, sempre, maternamente, forse perchè egli era il più giovane fra coloro che in un modo o nell’altro emergevano, a Lineville.

    — E Lisa si è maritata? — domandò egli, incidentalmente.

    — Ma che! Ed oramai non si mariterà più. Ebbe anche lei la sua buona occasione, un certo Holder, un mercante di

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