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Il conte vampiro: Signori della notte, #2
Il conte vampiro: Signori della notte, #2
Il conte vampiro: Signori della notte, #2
E-book350 pagine4 ore

Il conte vampiro: Signori della notte, #2

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Info su questo ebook

Lui la ama ma non riesce a convincerla...
Rafe Andrew Edward Astley, dodicesimo conte di Devon, è condannato ad una duplice esistenza da un'antica maledizione. Pur essendosi rassegnato da tempo alla sua metà vampira, la sua presenza gli impedisce di conquistare l'unica donna che non potrà mai dimenticare, la donna di cui si è innamorato anni prima quando le ha rubato qualcosa che non gli apparteneva. Eppure questo periodo natalizio è promettente.

Teme la sua bestia ma vuole l'uomo...
Lady Elizabeth Sinclair, sorella del duca di Manchester, è soddisfatta della propria vita e dell'attività di beneficenza alla quale si dedica, ma desidera qualcosa di più. Più vecchia e più saggia rispetto all'ultima volta che si è innamorata, decide di rimettersi in gioco, partecipando agli eventi della buona società. Ma, inevitabilmente, nelle sale da ballo di Londra rivede l'unico uomo di cui ha paura, l'uomo che ha preso il suo sangue e la sua innocenza undici anni prima, l'uomo che ancora desidera. Ma l'orrore per ciò che Rafe nasconde la rende ancora diffidente, nonostante l'attrazione che prova per lui.

Una storia d'amore dolcemente tempestosa che travolge i due protagonisti... Rafe ed Elizabeth portano avanti un corteggiamento clandestino, nonostante le insidie che devono affrontare. Comprensione e compassione sono le chiavi per sbloccare la paura a cui lei si aggrappa e la depressione che lui combatte, ma quando arriva il momento di spezzare la maledizione, tutto va storto. Un pericolo inaspettato li perseguita e non viene da una creatura della notte. Solo il sacrificio estremo li salverà dall'oscurità e donerà loro l'agognato finale da favola.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita8 set 2023
ISBN9781667463056
Il conte vampiro: Signori della notte, #2

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    Anteprima del libro

    Il conte vampiro - Sandra Sookoo

    La leggenda dei Lord maledetti

    Circa cento anni fa un piccolo gruppo di nobiluomini viziati e insolenti se la spassava con delle zingare che attraversavano le campagne d'Inghilterra. In preda ai fumi dell'alcool, diedero fuoco ad un carro e, tra urla e risa, lo guardarono bruciare mentre il resto della carovana fuggiva terrorizzato. Quel carro apparteneva ad una strega immortale che volle punire quel gesto e l'atteggiamento irridente dei lord inglesi. Sotto la luce della luna piena, la strega scagliò una potente maledizione su quei malcapitati.

    Da adesso e per tutta l'eternità, non avrete mai più pace, perchè la vostra vita non sarà più quella di uomini normali, ma diventerete dei mutaforma e sarete schiavi della bestia che albergherà in voi. Tutte le donne che guarderanno il vostro viso nei momenti di emozione più intensa si allontaneranno disgustate, perchè vedranno la verità. Una volta che il vostro segreto sarà svelato, vivrete nel terrore perchè sarete costretti a confessare tutto. E, anche se vi sarà permesso sposarvi, sarete destinati ad unioni fredde e prive di gioia, a meno che non troviate il vero amore. Porterete questo fardello da soli, perchè la maledizione ricadrà solo su di voi e non potrà essere trasferita o condivisa con nessuno.

    Ma voglio essere benevola, uomini senza cuore, senza morale e del tutto privi di sentimenti. Ogni cinque anni, durante il plenilunio che cade ogni tre mesi, la maledizione potrà essere spezzata, ma solo se sarete abbastanza saggi da uscire dall'ombra e rendervi conto dei vostri errori. Sotto la luce della luna piena, quando il bacio dell'amore puro e disinteressato sfiorerà le vostre labbra, scacciando l'orgoglio, la paura e l'egoismo, allora tornerete a vivere come esseri umani completi, liberi da afflizioni e da rischi per la vostra prole. Perchè sì...a meno che la maledizione non venga spezzata, essa potrebbe ricadere sui figli maschi.

    Fate molta attenzione, maledetti, altrimenti vivrete per sempre circondati dal freddo, privi d'amore, temuti e isolati.

    Da allora, quegli uomini sono chiamati i Lord maledetti d'Inghilterra -i Signori della notte- e, fino a quando non si ritroveranno innamorati in modo così profondo da non poter sopravvivere senza riuscire a conquistare il cuore della donna prescelta, sono condannati a vagare sulla terra con l'unica compagnia della loro metà bestiale.

    CAPITOLO 1

    2 dicembre 1815

    Londra, Inghilterra

    Le strade di Mayfair erano battute da una brezza gelida che gli sollevava l'orlo del cappotto e gli fischiava nelle orecchie. Quel vento annunciava l'inverno imminente, anche se era altamente improbabile che a Londra arrivasse la neve. Tuttavia, quelle raffiche sporadiche erano preferibili alla pioggia gelida. Inoltre, l'accorciarsi delle giornate gli avrebbe permesso di uscire più spesso, piuttosto che restare nascosto nella sua casa di Mayfair per nascondersi dal sole.

    Mancavano due ore alla mezzanotte e avrebbe dovuto partecipare alla festa organizzata da un amico -uno dei lord maledetti come lui, ovviamente, visto che i membri rispettabili del ton preferivano evitarlo. Invece, si stava dirigendo al suo club per occuparsi di una questione di una certa urgenza.

    Una questione che riguardava la sua afflizione.

    Il solo pensiero risvegliò nel profondo del suo petto quella ben nota e travolgente fame che non poteva essere saziata dal cibo che un normale lord britannico era solito concedersi. No, la sua fame andava oltre ciò di cui i comuni mortali avevano bisogno. Quel desiderio, quel vuoto vorace e palpitante, quella piaga, perseguitava ogni momento della sua vita, perchè era fame di sangue.

    Sangue, del quale andava continuamente a caccia, perchè era quella la maledizione di un vampiro.

    Scuotendo la testa nel tentativo di ridurre al minimo quel bisogno, Rafe Andrew Edward Astley, dodicesimo conte di Devon -Rogue per gli amici più intimi- cercò di godersi l'oscurità della notte. Era l'unico momento in cui poteva permettersi di vagare per la città, perchè la luce del sole gli bruciava gli occhi e la pelle a causa della maledizione che lo affliggeva fin dalla nascita. Le ore diurne, quelle in cui la città era più viva, non erano gentili nè con lui nè con quelli come lui, ammesso che ci fossero. Probabilmente no, altrimenti li avrebbe incontrati durante le sue escursioni notturne.

    Rafe grugnì. No, in questo era completamente solo, condannato a vagare sulla terra come una bestia a causa di un crimine perpetrato da uno dei suoi antenati. Almeno finchè non si fossero verificate le circostanze giuste per spezzare la maledizione.

    Quando arrivò nel club esclusivo che lui e gli altri lord maledetti avevano fondato come una sorta di rifugio sicuro, fissò l'esterno dell'edificio.

    Il Bête Noir era il nome che avevano dato al club anni prima -piuttosto adatto, dal momento che tutti loro erano creature da incubo- e i gentiluomini che lo desideravano potevano trovarvi qualsiasi genere di scandalo, poichè nessuno in tutta Londra sapeva chi e che cosa fossero i proprietari.

    Rafe e i suoi amici più cari avevano lavorato duramente per questo. Il club offriva rifugio dai pettegolezzi del ton ed era anche un modo per i Signori della notte per sentirsi parte di quella società senza doverla frequentare. Non che avessero modo di farlo, dal momento che non erano ben accetti.

    I fiocchi di neve che gli fluttuavano pigramente intorno, sebbene il loro bacio gelido sulle guance non servisse ad alleviare il calore e la fame che gli ribollivano nelle vene, concentrò l'attenzione sulla facciata del club. Senza pretese, realizzata più o meno nello stesso stile del tanto elogiato White's, completo di bovindo, il Bête Noir era per lui una sorta di santuario. Aveva trascorso innumerevoli notti sotto il suo tetto, in preda alla sete di sangue, ed era stato un bene, perchè gli aveva risparmiato di dover vagare per le strade buie alla ricerca di una vittima.

    Mentre i pedoni gli passavano accanto, Rafe si concesse un lieve, cupo sorriso. Tra quelle mura poteva trovare una donna calda e vogliosa che gli avrebbe dato esattamente ciò di cui aveva bisogno senza lamentarsi.

    Era un altro motivo per cui lui e i suoi amici avevano costruito il club, perchè tutti nascondevano nel profondo delle loro anime dei segreti che li rendevano schiavi delle rispettive bestie. La discrezione era la prima regola, e, anche se qualcuno avesse svelato le loro storie, chi avrebbe mai creduto a storie così fantasiose? Orrori come i Signori della notte non esistevano nella realtà, il che era ciò che la maggior parte della gente pensava.

    Così, quando non c'era altro da fare, potevano sempre ritirarsi nelle loro stanze private al Bête Noir e lasciare sfogo alla parte bestiale, lontano da occhi indiscreti.

    Non appena Rafe aprì la porta d'ingresso ed entrò nel club, fu avvolto dal calore, dalle immagini e dai suoni familiari. Il fruscio delle carte proveniente dalle sale da gioco, il tintinnio delle monete e le risate dei gentiluomini...c'era qualcosa di confortante in quel posto, qualcosa che Rafe non riusciva a trovare nell'esistenza di tutti i giorni.

    E che, per qualche istante, gli permetteva di dimenticare.

    Percorse i corridoi che si snodavano nelle viscere del club, ogni passo che pulsava della fame innaturale che lo divorava dentro. Il fumo usciva dalle sale da gioco, mentre i camerieri vestiti di nero si affrettavano con vassoi d'argento carichi di caraffe di cristallo e bicchieri.

    Si affacciò sulla soglia del suo salone preferito e colse lo sguardo verde brillante di uno dei suoi amici, Evan Sedgewyck, conte di Coventry.

    Che diavolo ci fa qui stasera? mormorò tra sè e, spinto dalla curiosità, andò a sedersi al tavolo del conte.

    Pensavo stessi partecipando alla disfatta di Mountgarret, o, per lo meno, che lo stessi tormentando per essersi gettato in quell'impresa.

    Il visconte era un altro dei suoi amici, ed era davvero raro che Valentine organizzasse un ricevimento, visto che disprezzava la vita londinese e preferiva di gran lunga la sua tenuta di campagna vicino al mare. Senza dubbio, per un tritone, stare lontano dall'acqua era come essere in prigione. Ma Valentine amava sua sorella e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, persino impegnarsi a presentare le nipoti nella società che tanto aborriva.

    Eppure, il marchio e i pettegolezzi legati al suo nome non avrebbero loro giovato granchè. Sicuramente, una buona parte degli ospiti aveva accettato l'invito per curiosità.

    Già. La sorella di Mountgarret aveva due figlie adulte che avevano appena debuttato e che cercavano un marito. Ma, a causa della maledizione che incombeva sul visconte, degli amici che frequentava e delle voci mai dimenticate, la maggior parte della società si limitava a scrutare approfonditamente le due ragazze, forse per verificare che i pettegolezzi fossero veri, per poi voltare loro le spalle Avrei voluto evitare di partecipare al ricevimento, ma questa volta non avevo scuse valide.

    Lo stesso vale per me, e, dal momento che ultimamente ho rifiutato parecchi inviti da parte di gente che più o meno mi tollera...ho pensato che questa sera sarebbe stato meglio fare un'apparizione. I capelli corvini del conte, così scuri da sembrare quasi blu sotto la luce delle candele, erano tagliati secondo la moda corrente e la sua mascella squadrata lasciava intravedere un carattere ostinato.

    L'uomo era un drago mutaforma, il che lo costringeva a stare lontano da Londra per la maggior parte del tempo. Non poteva di certo scatenare la bestia per le strade senza attirare l'attenzione, pensò Rafe, disgustato dalla loro situazione.

    Non ho alcuna voglia di finire incatenato ad una ragazzina appena uscita da scuola, se è questo a cui mira Mountgarret.

    Al contrario, dubito caldamente che sceglierebbe uno di noi per le sue nipoti. Ognuno dei lord maledetti è deciso ad impedire che le loro parenti di sesso femminile sposino uomini simili a loro. Che senso avrebbe addossarsi ulteriori problemi? protestò Rafe con una risatina. Ecco l'ennesimo ostacolo sul suo cammino che prima o poi avrebbe dovuto essere superato. Ma, al momento, la fame dentro di lui richiedeva un'attenzione immediata ed era impossibile ignorarla.

    Almeno, finchè non fosse riuscito a liberarsi del conte.

    Perchè non sei lì? volle sapere Coventry, inarcando un sopracciglio scuro.

    Prima ho bisogno di nutrirmi. Un'altra fitta gli scosse il petto, più forte delle altre. Se non avesse soddisfatto al più presto il suo bisogno, la sete di sangue lo avrebbe sopraffatto e non sarebbe stato in grado di controllare la bestia.

    Le gengive gli dolevano già. Presto, gli incisivi si sarebbero trasformati in zanne e se non si fosse trovato in un posto sicuro...

    L'amico annuì.

    Non ti vedo in città da un paio di mesi. Va tutto bene?

    riuscì a rispondere Rafe, la parola strappata dalla sua gola. Non aveva voglia di soffermarsi sul motivo per cui era fuggito dalla capitale dopo il matrimonio del suo migliore amico Ho deciso di prendermi una specie di vacanza e sono andato per un po' in Baviera. Per non perdere il senno. Per stare lontano dalla tentazione. Per non pensare ad Elizabeth E' stato...facile nascondersi lì, dove girano molte storie intorno a quelli come noi. Il fatto che si fosse davvero imbattuto in un paio di vampiri mentre vagava per le strade di notte era indicativo. Miti e leggende erano accettati ovunque in Europa, soprattutto nei piccoli villaggi e città.

    Scommetto di sì. Il conte lo fissò intensamente Il tuo viaggio è coinciso con l'assenza di Manchester e senza voi due questo posto è alquanto solitario. Valentine diventa sempre più sdolcinato con l'avvicinarsi della luna piena, quindi ultimamente è una compagnia piuttosto noiosa continuò Coventry, apparentemente ignaro della tensione di Rafe.

    Sì, immagino che tu abbia dovuto inventarti qualcosa per passare il tempo mormorò Rafe, ponendo fine ad ulteriori congetture, dal momento che la verità era che aveva lasciato la città per stare lontano dalla residenza del suo amico Donovan...e della sorella.

    Non importa replicò Coventry agitando una mano per congedarlo Vai a fare quello che devi. Al ritorno di Manchester, discuteremo del suo recente cambiamento di stato civile e ci congratuleremo con lui. Rimpiango fortemente di non essere stato in città per assistere al dramma.

    Ottimo. La saliva calda si raccolse nella bocca di Rafe, costringendolo a deglutire per alleviare il pulsare delle gengive. Devo nutrirmi. Subito.

    Quasi barcollando, si diresse verso la scala privata sul retro, mentre una foschia rossa gli annebbiava la vista. Non invidiava Donovan per essersi sposato. Dio sapeva che il duca aveva avuto bisogno dell'amore di una donna forte per calmare la sua bestia. Rafe desiderava la stessa cosa, certo, ma la sua visione romantica era una causa irrimediabilmente persa.

    Il duca aveva incontrato molte difficoltà nel suo tentativo di conquistare la moglie, e, per aiutarlo, Rafe non aveva avuto altra scelta che interagire con Elizabeth, la sorella di Donovan. Era stato un inferno vederla e sapere che tra loro non avrebbe mai potuto esserci niente. Aveva odiato la cortesia formale con cui si erano trattati, la conversazione pomposa, la tensione...ma cos'altro poteva esserci?

    Niente, a parte l'odio e il rimpianto.

    Mentre saliva le scale fino al secondo piano, la morbida moquette rossa che attutiva i suoi passi urgenti, lasciò che la sua mente si soffermasse su Elizabeth, la donna che non aveva mai dimenticato, quella che avrebbe torturato i suoi pensieri per sempre.

    Anni prima, si era innamorato di lei in un folle, inebriante impeto di passione. Incapace di controllare la bestia che il desiderio aveva scatenato, l'aveva quasi aggredita e poi si erano uniti con violenza.

    Lei aveva avuto vent'anni, appena una donna, e, sebbene gli avesse risposto con la stessa passione, quello che le aveva fatto era stato imperdonabile. Le aveva tolto qualcosa di troppo importante, anche se lei era stata consenziente.

    Almeno in parte.

    Adesso Elizabeth lo odiava, lo temeva, lo evitava nei contesti sociali o quando lui si recava a trovare suo fratello.

    Praticamente, se Rafe provava ad avvicinarsi, puntualmente gli sfuggiva. Chi poteva biasimarla? Sarebbe stato suo dovere pensare alle conseguenze del suo gesto, e invece aveva lasciato che fosse la bestia a prendere il controllo. Poco importava che in quei giorni si fosse sempre assicurato di essere sazio quando sapeva di doverla incontrare.

    Forse, è meglio che trascorra da solo il resto di questa vita miserabile.

    Una smorfia sul viso, continuò ad avanzare lungo il corridoio, cercando di non pensare ad Elizabeth per evitare di cadere in qualcosa di molto simile alla depressione.

    C'era un'altra luna piena, quell'anno, il che significava che aveva un'altra possibilità di spezzare la maledizione, altrimenti non avrebbe avuto altra scelta che aspettare cinque anni prima l'opportunità si presentasse di nuovo. Ma una nuova opportunità era improbabile quanto pensare che Elizabeth potesse improvvisamente innamorarsi di lui e di quello che era quando calavano le tenebre.

    Potresti porre fine al tuo tormento smettendo di nutrirti, rinchiudendoti da qualche parte e lasciando che la sete di sangue ti tolga la vita...

    Scacciò quei pensieri. Non posso arrendermi, non ancora. Potrebbe esserci ancora una speranza.

    Ma, per quanto desiderasse avere una seconda possibilità con Elizabeth, lei continuava a sfuggirgli. E, come se non bastasse, Donovan era irremovibile sul fatto che non avrebbe mai concesso la mano di sua sorella ad uno dei Signori della notte. Se avesse anche solo immaginato i sentimenti che Rafe nutriva per Elizabeth o, ancora peggio, ciò che avevano condiviso, lo avrebbe sfidato a duello.

    Bah! Come se fosse più rispettabile lui come lupo che io come vampiro.

    La logica era ineccepibile, ma questo non la rendeva un'imposizione.

    D'altra parte, neanche Donovan aveva mai pensato di innamorarsi. Era successo, ed era cambiato in un modo che nessuno dei suoi amici aveva previsto. Restava da vedere se avrebbe permesso che la sua maledizione continuasse.

    Se fosse stato necessario, Rafe avrebbe usato quella stessa logica a proprio favore.

    Aprì la porta della sua suite privata ed entrò in una zona salotto, mentre la sua fame diventava sempre più intensa e gli incisivi si allungavano fino a diventare zanne affilate come rasoi. Si guardò intorno nel piccolo appartamento, arredato con gusto con colori scuri e maschili. Un lieve suono, il fruscio di stoffe proveniente dalla camera da letto adiacente, lo avvertì che la femmina che aveva ordinato era già lì ad aspettarlo. Ovvio. Era per questo che il club esisteva, per quanto ripugnante fosse l'idea.

    Attirato dal suo profumo e dall'odore del sangue caldo che le scorreva nelle vene, Rafe avanzò a grandi passi sullo spesso tappeto orientale. Quando comparve sulla soglia, la donna si alzò dal letto.

    Avete richiesto i miei servigi, milord? gli chiese, il tono tranquillo ma venato da un brivido d'eccitazione. O forse era la paura suscitata dalle sue zanne.

    . Lo sguardo di Rafe percorse la sua figura minuta e voluttuosa. Aveva i capelli rossi e indossava una camicia da notte e una vestaglia diafane e adorne di pizzo, senza dubbio progettate per sedurre. Era bella e seducente, com'erano tutte le donne del club, ma non fu il suo aspetto a catturare l'attenzione di Rafe. Il rapido pulsare della sua gola era più ammaliante delle sue curve. Almeno per ora.

    Vieni qui disse Rafe, sedendosi in una poltrona dallo schienale alto in un angolo della stanza.

    Quando la donna obbedì e si sistemò a cavalcioni su di lui, soffocò un sospiro di sollievo. Presto, quel bisogno che lo tormentava sarebbe stato soddisfatto. Infilò una mano nella cascata di capelli sciolti della donna e la reclamò con un bacio a bocca aperta, il cui scopo era eccitare. In effetti, la sua virilità si irrigidì immediatamente, ma quella notte Rafe non cercava soddisfazione sessuale. Una delle sue zanne le graffiò il labbro inferiore carnoso e il sapore metallico e leggermente salato di quelle minuscole goccioline gli esplose sul palato, incrementando la sua fame. Le sue dita pulsavano, ansiose di trasformarsi in orribili artigli capaci di squarciare una gola.

    Quando la lasciò andare con un rantolo, lei lo guardò con occhi verde muschio, mentre gli premeva i seni sul petto.

    Devo spogliarmi, milord? gli chiese, le labbra che gli sfioravano l'orecchio e il tono seducente Come desiderate prendermi? Ho sentito dire che siete un amante molto attento.

    Mi tenti... mormorò Rafe, sfiorandole la guancia con la punta del dito, dove l'unghia cominciava ad allungarsi. Usava le donne del club per reprimere gli impulsi fisici? Ovviamente. Anche i vampiri avevano una lussuria da placare, ma lui era riluttante ad avere un'amante, e questa creatura aveva occhi e capelli del colore sbagliato. E non profumava di rose. Al momento, non aveva intenzione di dare sollievo al suo membro, non quando c'era la possibilità di poter incontrare Elizabeth alla serata di Mountgarret. Desiderava apparire un più rispettabile di quanto lei probabilmente pensasse...di quanto egli stesso pensava di sè.

    No. Questa notte non avrò bisogno dei tuoi servizi.

    Un sorriso seducente incurvò le labbra rosate della donna, labbra sulle quali indugiava ancora una goccia di sangue. Le punte dure dei suoi capezzoli erano evidenti sotto il tessuto vaporoso della sua camicia da notte, mentre lei si dimenava sul suo grembo.

    Allora più tardi, magari. Speravo di poter sperimentare tutto di voi, questa notte.

    Mi spiace deluderti disse Rafe, anche se il turgore della sua virilità non accennò ad attenuarsi. No, Rafe. Se voleva fare bella figura con Elizabeth, doveva imparare a reprimere alcuni di quegli impulsi.

    La donna mise il broncio.

    Cosa desiderate da me?

    Oh, lo sapeva benissimo. Le donne del club non erano stupide, erano consapevoli di quel che veniva loro richiesto ed erano ben pagate per la loro discrezione, il loro servizio e il loro sacrificio.

    Quando aveva bisogno di nutrirsi, Rafe preferiva farlo in un ambiente controllato piuttosto che vagare per le strade di Londra dopo il tramonto, terrorizzando i cittadini e correndo il rischio che l'eventuale vittima avesse un sangue sgradevole.

    Il tuo sangue, mia cara sussurrò, e lei rabbrividì. Le sollevò il mento con dolcezza e le inclinò la testa di lato, in modo da avere accesso alla colonna del suo collo d'avorio Sei disposta a lasciarmi bere da te?

    Non che importasse, ma era più facile se erano ben disposte.

    Sì, ma preferirei che approfittaste di tutto ciò che posso offrirvi replicò la donna, premendosi contro di lui e mostrandogli quanto lo desiderava Rende il morso molto più piacevole.

    Scommetto che ti piacerà lo stesso. Rafe represse l'impulso di sorridere. Era piuttosto abile nelle arti carnali, per la qual cosa era molto popolare all'interno del club, ma quella sera non aveva voglia di indulgere in quell'attività. Erano relazioni vuote, vitali per il suo benessere, certo, ma prive di sentimenti. Il fatto che fossero mesi che non andava a letto con una donna al club la diceva lunga.

    Ancora una volta sono costretto a rifiutare. Ho altri impegni, stasera.

    Le donne qui servivano ad uno scopo e questo era tutto. In cambio, il Bête Noir offriva loro un rifugio dai pericoli della strada e una vita migliore. Un'unica regola vigeva all'interno del club: mai sviluppare sentimenti o preferenze personali per nessuna di loro.

    Posso fare in modo che ne valga la pena, milord. La sua voce, bassa e seducente, era una tentazione, ma non era lei quella che Rafe voleva.

    Forse un'altra volta. Mantenendo la presa sul suo mento, la fissò negli occhi. L'anello intorno alle sue pupille cominciò a diventare rosso, ipnotizzando la donna, che diventò arrendevole tra le sue braccia. Cadere sotto l'incantesimo di un vampiro stordiva temporaneamente la vittima, il che era utile per nutrirsi in modo sicuro. Se la vittima si dimenava, c'era una buona possibilità che finisse con la gola squarciata. E Rafe non era un assassino.

    Grazie in anticipo per il tuo dono sussurrò. Avvicinò le labbra al collo della donna fino a trovare la giugulare, poi spalancò la bocca e, con la forza e l'abilità che aveva impiegato anni a perfezionare, affondò le zanne nella sua pelle perforando quell'arteria vitale. Il sangue si riversò caldo e denso, e lui si sistemò più comodamente la donna tra le braccia mentre beveva da lei.

    Santo cielo, quello poteva anche essere il peggiore dei peccati, ma aveva il sapore dell'ambrosia. Una sola cosa avrebbe potuto rendere ancora migliore quel momento: raggiungere l'orgasmo un attimo prima del morso.

    Le succhiò il collo con avidità, inghiottendo il liquido della vita, la sua principale fonte di nutrimento, mentre lei gemeva e si contorceva nel suo grembo. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva mangiato del cibo normale a cena? In quel momento non riusciva a ricordarlo.

    Mentre Rafe si dissetava, la donna lo fissava con occhi vitrei e l'espressione colma di piacere. Ogni volta che si nutriva di una delle puttane del club, al mattino non ricordavano nulla tranne la sensazione di un intenso orgasmo, il che era un effetto collaterale del morso. Lui, invece, non traeva nulla di piacevole da quell'intimità.

    Faccio quello che mi serve per sopravvivere.

    Eppure, mancava sempre qualcosa, una parte di lui che desiderava qualcos'altro dalla vita.

    Si fermò quando fu sazio, prima di prosciugare tutto il sangue della donna. Non sarebbe stato giusto e, d'altra parte, poteva anche essere l'emissario del diavolo, come si vociferava, ma non era un criminale...almeno, non un criminale comune.

    Sollevò la testa. Il sangue gli colava sul mento, il suo profumo metallico gli riempiva le narici, donandogli uno strano conforto.

    Che ironia, pensò. Succhiare il sangue di una vittima era un comportamento immorale? In alcuni ambienti -la maggior parte- era così, ma per lui...era qualcosa che, suo malgrado, gli permetteva di vivere un altro giorno intrappolato in quella dannata maledizione. Qual era il crimine più grande?

    Rabbrividendo, la donna chiuse gli occhi, mentre l'incantesimo svaniva. Gli effetti narcotici del suo morso, dovuti ad una leggera tossina che si sprigionava appena i canini bucavano la pelle, le resero le membra pesanti e lei svenne, abbandonandosi con un profondo sospiro e un brivido soddisfatto.

    Rafe le leccò il punto dov'erano i piccoli fori. L'unico lato positivo della sua maledizione era che c'era qualcosa nella sua saliva in grado di guarire le ferite dei morsi, cosicché al mattino non ve n'era più traccia, nè sulla pelle nè nella mente della vittima. Sebbene fosse sufficiente la sua presenza ad evocare il terrore nell'unica donna alla quale tenesse, per tutte le altre era come se non fosse mai esistito.

    Sono un dannato ladro che si muove nella notte prendendo tutto ciò di cui ho bisogno.

    Sbuffando, Rafe prese la rossa tra le braccia e si alzò dalla poltrona. La sua testa che gli ciondolava su una spalla, si diresse verso il letto e ve la adagiò. La coprì con una trapunta, poi, una volta che si fu ripulito il sangue dalle labbra e dal viso, lasciò la stanza.

    La fame era diminuita, ma la rabbia nei confronti della maledizione rimaneva. Voleva spezzarla? C'erano alcuni giorni in cui sì, lo voleva. Ma per il resto, ormai si era abituato a quel modo di vivere. Sarebbe stato bello non essere più schiavo della sete di sangue, non essere costretto ad aggirarsi di notte, ad evitare il sole, a stare con le donne solo per nutrire e alleviare il bisogno fisico. In definitiva, si sarebbe volentieri liberato della maledizione semplicemente per sfuggire a quella vita a

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