Riaprire i sipari: Rilanciare il settore della cultura dopo la pandemia da Covid-19: riflessioni e proposte per la ripartenza
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Anteprima del libro
Riaprire i sipari - Antonio Capitano
Note/Documenti/Bibliografia/Sitografia
Programmare, progettare e semplificare: per un vero riformismo culturale
Introduzione del curatore del volume,
Antonio Capitano
Antonio Capitano scrive su Atlante, magazine della Treccani. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore e con Il Ponte, rivista fondata da Piero Calamandrei. Ha un blog culturale sul Fatto Quotidiano.it e su Formiche.net. Scrive per le principali riviste giuridiche, di economia della cultura, con particolare riferimento alle connessioni tra turismo e cultura. Ha collaborato con il blog Buone notizie del Corriere della Sera. Ha scritto per Il Riformista; ha pubblicato saggi su temi socio-culturali. È stato autore, attore e regista teatrale, allievo di Luigi Squarzina e Giorgio Albertazzi al Teatro Argentina di Roma.
Un percorso comune per evitare luoghi comuni. E’ finito il tempo di teorie sterili buone solo a farci assistere all’arte oratoria di relatori, più o meno brillanti, in convegni che si concludono quasi sempre con frasi di rito o con slogan per conquistare applausi e momentanei consensi. Attenzione però perché la pandemia ha moltiplicato tutte le nuove opportunità on line
e così webinar, meeting, conference call, in barba al primato della lingua italiana, ci costringono a ore e ore di ascolto virtuale spesso passivo, troppo passivo.
In questo quadro o meglio in questa cornice, qual è l’utilità di un Quaderno? Proprio quello di evitare luoghi comuni con quel percorso, invece, comune, teso a proporre un catalogo di idee in maniera chiara e immediatamente operativa. In altre parole i contributi presenti nelle pagine che seguono risentono tutti di esperienze sul campo e si pongono come necessario approccio al ventaglio delle possibilità offerte dalla promozione e valorizzazione culturale ampiamente intesa, oltre il solito ripetersi di concetti che ormai sono talmente abusati da essere rottamati nelle giornate ecologiche.
Si avverte l’urgenza di intervenire con un Fate presto
per risollevare più comparti feriti a morte non solo dal fenomeno pandemico, ma anche dall’indifferenza. Albeggi Edizioni con questo Riaprire i sipari
intende lanciare un manifestazione di interesse nei confronti di tutti coloro che a vario titolo possano decidere sia a livello nazionale sia a livello locale per cambiare il vento, il corso delle cose con strumenti in grado, finalmente, di invertire la rotta.
In un contesto di mutevolezza repentina del quadro politico istituzionale la scena
che potrebbe scaturire è duplice: o un mantenimento dello status quo perché il tempo è poco e dunque non vi sono le condizioni per agire, oppure, come si auspica, una rivoluzione in termini di azioni strutturali che possano mettere il carburante ai tanti veicoli
fermi. E questo carburante potrebbe avere forme diverse ma con altrettanta forza se destinato davvero a far muovere le cose immobili.
Ne consegue la messa in opera e non la messa in scena di agevolazioni fiscali, contributi a fondo perduto (ma mirati, sostanziali e destinati a coloro che ne hanno effettivamente bisogno e in grado di utilizzarli). C’è una netta distinzione tra liberare risorse e renderle effettivamente disponibili, laddove servono davvero, mutuando dalla scienza medica la capacità interventistica tipica dell’individuazione della migliore soluzione senza peggiorare la salute del paziente.
Occorre puntare su due fattori fondamentali: un riformismo culturale e una Programmazione di breve e medio periodo.
Quanto al primo è fondamentale ripensare gli interi comparti da ricondurre alcuni alla necessaria unitarietà o univocità. Troppe voci spesso servono solo ad alimentare confusione che si aggiunge alla confusione normativa, la stessa che produce burocrazia e dunque lentezza. Riguardo la Programmazione siamo di fronte al bivio che biforca due strade: il lavoro nella cultura e nello spettacolo, nel turismo è un vero lavoro. Sono professionisti spesso anonimi che faticano per sbarcare il lunario aspettando chiamate, risposte, contratti, proposte sovente mortificanti, magari per pochi giorni per poi essere ignorati sotto una coltre di dimenticanza. È compito dei decisori programmare per cercare alternative e in questo sono preziosi anche i suggerimenti espressi in questo volume in un itinerario
felliniano, attraverso il quale i titoli di alcuni suoi capolavori costituiscono un sipario, che lascia intravedere gli attrezzi del mestiere che trasformano il silenzio in azione.
Quei Bauli in piazza
stanno a significare una presenza essenziale, silenziosa e rumorosa al tempo stesso, con un grido di dolore e con una immagine
che sintetizza tutta la disperazione, perché di questo si tratta, di persone che debbono sfamare se stessi e propri figli. Quei bauli chiusi sono la rappresentazione evidente che senza la loro apertura si ferma la vitalità di un Paese, di quella bellezza che salverà il mondo ma anche vite perché la poesia senza la sostanza non permette agli artisti e non solo di creare, di pensare. Di quella bellezza che si dovrebbe insegnare a tutti per migliorare la società - come ci hanno ricordato maestri preziosi in strade difficili, pagando un prezzo altissimo - ma in questa società, ed è questa l’altra strada del bivio, devono essere presenti teatri, cinema, librerie, biblioteche aperte sempre, aperte a tutti aperte perché vivono e brillano di luce propria senza la piaga di un assistenzialismo a tempo che mortifica e spegne anche la luce che cerca di resistere.
Riaprire i sipari
assume una importanza costituzionale e citare l’art. 9 della nostra Carta diventa quasi un obbligo ma lo stesso deve passare con i fatti dall’enunciazione formale a quella sostanziale. Ci sono le comunità, quelle più prossime al cittadino, che hanno un ruolo decisivo. Gli ottomila comuni si trovano nella condizione di accendere i lampioni sul far della sera. Tutto deve essere illuminato e illuminante. È nel piccolo che occorre pensare strutturalmente a strategie possibili, a una sfida creativa non solo di facciata, ma tesa alla crescita territoriale, valorizzando dalla locale compagnia teatrale, a quel monumento coperto dalle ortiche che identifica un tratto della vita di quel luogo.
Nel bilancio dello Stato e nel bilancio degli enti locali dovrebbero esserci necessariamente capitoli non di spesa, ma di investimento per la valorizzazione di ogni contesto artistico, librario, cinematografico e turistico. Quel turismo che appare spesso snaturato e privato della sua funzione anche sociale e che potrebbe essere incentivato se si riuscisse finalmente a considerarlo attività produttiva da un lato e attività essenziale dall’altro.
Chi scrive da sempre è convinto, anche con proposte sostanziali, che le spese
culturali, e le spese
per una vacanza siano da considerare a tutti gli effetti elementi ristoratori della persona e dunque al pari delle spese (in questo caso senza virgolette) mediche da poter detrarre nella propria dichiarazione dei redditi. Sarebbe un segnale di grande portata perché il benessere personale partecipa al benessere della nazione e tutto potrebbe fluire con un meccanismo che permette una disponibilità economica da investire con conseguente ripartenza di vari contesti.
Naturalmente anche le sfide progettuali si pongono quale momento esclusivo di coinvolgimento di tutte le forze sociali, creative con metodologie innovative e con un sapiente utilizzo del digitale. Sul punto anche le logiche museali (ad esempio accordo con le strutture più blasonate per ottenere opere dai depositi da esporre con qualche collegamento con la propria storia territoriale) ma non solo, debbono essere completamente rivisitate e rivalutate, puntando su quel partenariato pubblico privato spesso esistente solo nel libro dei sogni.
Tuttavia la recente attribuzione a Procida del titolo di Capitale della Cultura con una efficace immagine comunicativa La Cultura non Isola
, aggiungendo concetti che si sposano perfettamente con la finalità di questo volume collettivo per far sbocciare nuove idee, abitate di nuovo e rinnovate: "L’isola è parte di terra che sboccia dal mare; dal mare è protetta, separata, esclusa ai continenti, le cui terra appare ferma, vasta, percorsa dai mille accadimenti e spostamenti che vi si stanziano, manipolandola, corrompendola, invecchiandola. La terra isolana è liquida, racchiusa. Può essere abitata di nuovo e rinnovata. Può essere un mondo nel mondo, con regole tutte sue. Pensiamo ad Atlantide, a Utopia, all’isola di Robinson Crusoe".
Per sopravvivere bisogna raccontare storie, ci ricorda Umberto Eco nella sua Isola del giorno prima
. Ma a quanto pare raccontando storie non si sopravvive più perché non c’è più un pubblico disposto ad ascoltarle e così al pari di negozi storici puoi vendere anche un prodotto di qualità ma se nessuno entra nel tuo esercizio commerciale sei costretto a chiudere. E a nulla servono i richiami alla concorrenza, perché la pandemia ha chiaramente indicato che il divano di casa, con la potenza dello schermo televisivo ormai ingabbiato nella rete
, è capace di essere più forte delle poltrone di un cinema, di un teatro, o di una sala concertistica. Ma mai con la stessa emozione di uno spettacolo dal vivo. Mai.
Ecco, è questa la vera forza da valorizzare. E così la libreria sembra resistere come un baluardo contro l’elettronica talmente veloce che non permette nemmeno di sfogliare ma di scannerizzare
anche un libro con un rapido sguardo senza immagazzinare l’essenza di pagine con quel fascino capace ancora di salvarle. Questi mestieri ormai precari fanno apparire quello del fantino un’attività stabile. Combattere contro le angustie della burocrazia, per decifrare carte di pertinenza di altri professionisti, fa perdere preziose energie creative.
Per sopravvivere, appunto, è necessario attaccarsi anche alla minima possibilità, come una rincorsa disperata dell’ultimo autobus che riporti a casa dopo una giornata sfiancante. Ma tornati a casa bisogna fare i conti e i conti con la vita. Ecco, in questo Quaderno, autorevoli professionisti hanno tentato di indicare una o più strade. Una trasmissione del loro sapere, frutto di una rispettiva esperienza militante
e concreta. Donne e uomini che sanno perfettamente che semplificare è un verbo essenziale. È quel verbo che permette