I simboli maya, inca e aztechi
Di Heike Owusu
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Anteprima del libro
I simboli maya, inca e aztechi - Heike Owusu
Pacifico
Gli
INCA
La storia dell’imponente regno andino può essere ripercorsa a ritroso fino all’anno 1200 circa, ossia al momento in cui, secondo la leggenda, quattro fratelli partirono in direzione dei quattro punti cardinali per mettere ordine nel mondo. Il primo grande regno sorto sulle Ande prima di quello degli Inca fu il regno dei Chimù, che dominarono dal 1050 al 1460. L’impero degli Inca nacque dall’unione dei popoli Aymara, Kechua e Uru, i costruttori di Tiahuanaco, e in seguito assimilò a poco a poco popolazioni di altri ceppi. A testimonianza della grande cultura inca rimangono i resti delle città di Machu Picchu e di Cuzco, nelle quali gli Inca si mostrarono esperti nell’arte di accostare perfettamente a secco enormi blocchi di pietra.
Il termine inca
indicava sia il popolo, sia il re, considerato l’incarnazione terrena del dio del sole. L’influsso esercitato dagli Inca sui popoli andini fu in gran parte benefico: questi ultimi abbandonarono infatti i riti cannibalici e ridussero sensibilmente la pratica dei sacrifici umani. Il regno inca si fondava su un’organizzazione assai rigida, che lasciava ai singoli scarsa libertà d’espressione individuale.
Al compimento del nono anno d’età, infatti, a ogni abitante dello stato inca veniva assegnato un compito preciso: dai nove ai dodici anni si scacciavano i corvi dai campi seminati, poi, fino ai diciotto anni, si badava alle mandrie di bestiame. Fino a vent’anni i ragazzi, cui veniva costantemente raccomandato uno stile di vita quanto più possibile sobrio e misurato, fungevano da messaggeri e custodivano le greggi di lama*. L’età del matrimonio e del servizio militare si estendeva dai venti ai cinquant’anni.
Gli anziani e gli invalidi svolgevano attività commisurate alle loro forze. Tutti gli abitanti dovevano corrispondere regolarmente dei tributi allo stato, che venivano loro restituiti nei periodi di carestia. La religione ufficiale prevedeva un solo dio, Viracocha. Il culto di quest’ultimo, tuttavia, era praticato esclusivamente dai nobili, mentre i contadini rimasero fedeli alle divinità locali e agli spiriti della natura.
Nessun altro stato, a eccezione dei moderni sistemi totalitari, ha mai perseguito un controllo pari a quello praticato nel regno degli Inca. Un particolare sorprendente è che gli Inca non abbiano mai sviluppato alcuna forma di scrittura. Per registrare le informazioni, gli eventi e i pagamenti, veniva utilizzato un sistema di nodi*, con il quale però non era possibile fissare per esempio i nomi delle principali personalità politiche. Indagini più recenti hanno stabilito che le decorazioni geometriche sui tessuti e sulle ceramiche sono in realtà dei segni geroglifici, il cui significato è a tutt’oggi ignoto.
* Lama: piccolo cammello adatto alle altitudini elevate delle Ande, utilizzato come animale da soma e nella produzione di carne e lana.
* Si tratta del quipu
(nodo
nella lingua inca), un sistema di archiviazione e memorizzazione costituito da una corda alla quale erano annodate cordicelle multicolori, raggruppate a intervalli regolari, con differenti tipi di nodi, secondo particolari significati convenzionali. I quipu venivano utilizzati come memorizzatori, calendari, mezzi di contabilità e di trasmissione di messaggi e per altri svariati scopi. (N.d.T)
NASCITA
Per gli Inca, i Maya e gli Aztechi la vita del cosmo consisteva in un ciclo di morte e rinascita. Soltanto i Maya, però, ritenevano che dovesse trattarsi di un processo temporale illimitato, eterno, perché sulla base della loro esperienza credevano che soltanto l’incarnazione terrena consentisse il perfezionamento intellettuale e spirituale. Nell’aldilà il defunto si trovava in una sorta di passività spirituale finché, divenuto consapevole della propria situazione, provava il desiderio irrefrenabile di rinascere quanto prima possibile.
Ciònonostante, secondo il credo maya il defunto non poteva reincarnarsi di sua spontanea volontà, ma doveva essere guidato dagli uomini di questo mondo. Questo compito spettava prevalentemente al sacerdote Chilam, che era in grado di stabilire un contatto spirituale con le anime dei defunti per aiutarle a reincarnarsi nel migliore dei modi possibili.
Contrariamente a molti altri popoli primitivi, i Maya sapevano perfettamente che il concepimento fisico conseguiva dall’atto sessuale. Secondo la loro concezione, tuttavia, era necessario l’intervento divino o sacerdotale per instillare l’anima nell’essere vivente che si andava formando.
Anche le donne gravide preparavano la nascita con numerose preghiere e sacrifici. Per partorire senza complicazioni chiedevano aiuto alla giovane dea della luna, nel suo aspetto di Ixchel (la Signora Arcobaleno).
Gli Aztechi trattavano le gestanti con gli stessi riguardi riservati alle persone malate. Rivolgevano loro attenzioni e premure e si preoccupavano di proteggerle da situazioni emotivamente troppo intense. Le partorienti assumevano inoltre droghe che facilitassero il parto. Se una donna moriva di parto, le spettava nel regno dei morti uno status particolare, che le garantiva il diritto di giungere direttamente in cielo. Lo stesso valeva anche per gli dei: il disegno mostra la dea detta dei tre coltelli di selce
che ha appena partorito il dio Yei Tecpatl. Colpiscono i seni grandi e pesanti, assenti in altre raffigurazioni femminili azteche. In generale l’immagine denota un buono spirito d’osservazione.
L’unica e suprema divinità inca
VIRACOCHA
Contrariamente a popolazioni messicane come i Maya e gli Aztechi, gli Inca veneravano un’unica, suprema divinità, Viracocha, che rappresentavano solo raramente, poiché l’immagine creata dagli uomini non avrebbe mai potuto renderne l’effettiva grandezza e varietà di aspetti. A questo dio non furono mai offerti sacrifici umani. Oltre al supremo dio creatore, il popolo contadino venerava vari spiriti naturali locali. In loro onore si celebravano piccole cerimonie entro le mura domestiche.
Il disegno riproduce la raffigurazione centrale della porta di ingresso di Tiahuanaco, la vecchia capitale. Oggigiorno gli esperti concordano sul fatto che si tratti di una rappresentazione del dio creatore Viracocha nella sua funzione di disco solare donatore di vita, circondato da uomini uccello simboleggianti altre stelle e pianeti.
Secondo il mito, all’inizio dei tempi il dio Viracocha emerse dalle acque del lago Titicaca per fondare la città di Tiahuanaco. Per porre fine all’eterna oscurità creò il sole e gli assegnò il compito di risplendere ogni giorno percorrendo un determinato arco nel cielo. Inviò quindi gli altri astri e la luna ai posti assegnati loro in cielo. Dopo aver popolato il mondo di svariate creature, scolpì delle statue di pietra e infuse loro la vita, generando così i primi esseri umani.
Scultura lapidea di enormi dimensioni, rivenuta a Tiahuanaco
GLI ANTENATI DI PIETRA
Queste statue di pietra di enormi dimensioni, rinvenute a Tiahuanaco, rappresentano gli antenati dell’umanità. Per creare i primi uomini, Con Ticci Viracocha scolpì statue di pietra simili a queste, vi infuse la vita e ordinò loro di abbandonare a coppie le montagne e di insediarsi nelle varie regioni del Perù, per fondare i singoli popoli. In onore del loro creatore anche i giganti di pietra furono chiamati Viracocha.
La presenza di questi monumenti ha spesso indotto gli studiosi a paragonare la cultura inca a quelle di varie popolazioni del Pacifico meridionale presso le quali sono state rinvenute statue simili, in particolare quelle sull’isola di Pasqua. Anche il nome Con Ticci fa desumere un legame con la Polinesia. Le saghe dei discendenti degli Inca, inoltre, riferiscono di uomini bianchi e alti che soggiornavano in città ai tempi della fondazione di Tiahuanaco e che furono successivamente scacciati via mare verso occidente.
Incisione su pietra raffigurante un guerriero preincaico
IL GUERRIERO
Questa incisione raffigurante un guerriero preincaico, rinvenuta in un gruppo di disegni su pietra che illustrano un evento guerresco, risale a circa tremila anni fa. Il personaggio è rappresentato con il braccio alzato, nella posa del vincitore. Agli albori della civiltà inca il perizoma riccamente decorato era un elemento tipico dell’abbigliamento maschile. Il guerriero indossava inoltre un copricapo simile a un elmo, impreziosito da penne stilizzate e decorato da simboli, che indicavano presumibilmente l’appartenenza di chi lo indossava a un gruppo etnico o a un determinato clan, considerato che gli stessi segni contraddistinguevano tutti i guerrieri vincitori della storica battaglia.
Nel corso dei secoli il vestiario degli Inca si modificò solo marginalmente. Quello maschile consisteva in un perizoma, una gonna a pareo e una camicia (con o senza maniche). Curiosamente, le stoffe non venivano mai tagliate su misura, bensì direttamente tessute della forma e delle dimensioni desiderate. Le stoffe erano riccamente decorate con motivi intessuti o dipinti in una fase successiva. Inoltre si indossavano dei sandali e, in alcune località (specialmente nelle più fresche zone montane) berretti a punta e a volte un’ulteriore mantella che fungeva da sopravveste. Specialmente gli uomini amavano molto la ricca oreficeria.
Chullpa sulle rive del lago Titicaca
LA TORRE FUNERARIA
Sulle rive del lago Tititaca e del lago Umayo, nei pressi dell’antica capitale del regno degli Aymara, sorgono centinaia di torri funerarie, i cosiddetti chullpas. Gli Aymara si erano insediati nelle immediate vicinanze della città sacra, Tiahuanaco, e furono in seguito annessi al grande impero inca. Alcune torri funerarie raggiungevano i dieci metri di altezza, altre la stessa misura in larghezza. Le forme variavano da quelle poligonali a quelle circolari, mostrando curiosamente alcune affinità con l’edilizia dei Maya, insediatisi molto più a nord.
I chullpas fungevano presumibilmente da dimore per i defunti. Le torri di grandi dimensioni erano riservate ai nobili e ai cittadini più importanti. Per mummificare i corpi, dopo averli privati degli organi interni, li si essiccava sul fuoco e li si riempiva di resina. Nella maggior parte dei casi si metteva la salma in posizione accovacciata e la si bendava per poi vestirla e decorarla.
In occasione della sepoltura di personaggi importanti si uccidevano e bruciavano da dieci a venti lama. Anche