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Sette (quasi) brevi lezioni sulla psicologia scientifica
Sette (quasi) brevi lezioni sulla psicologia scientifica
Sette (quasi) brevi lezioni sulla psicologia scientifica
E-book151 pagine2 ore

Sette (quasi) brevi lezioni sulla psicologia scientifica

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Info su questo ebook

Cos’è la psicologia scientifica? Quali sono i requisiti del metodo scientifico? Che materie psicologiche si insegnano all’università? Che cosa può fare uno psicologo? Ha senso osservare il comportamento per capire i processi mentali? La psicanalisi ha validità scientifica? Il cervello spiega il comportamento? Il comportamento è definito dai geni o dall’ambiente? Il caso Cambridge Analytica quali conseguenze ha avuto sullo sviluppo della psicologia? Che effetti hanno i social media sulla validità della ricerca?  Queste e altre domande vengono trattate in questo libro dove si descrivono, soprattutto per i non esperti del settore, i requisiti epistemologici ed i criteri metodologici che stanno alla base dell’approccio scientifico della psicologia.
LinguaItaliano
Data di uscita24 feb 2023
ISBN9791222072609
Sette (quasi) brevi lezioni sulla psicologia scientifica

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    Anteprima del libro

    Sette (quasi) brevi lezioni sulla psicologia scientifica - Marco Tommasi

    Marco Tommasi

    Sette (quasi) brevi lezioni sulla psicologia scientifica

    UUID: a94cf9a6-9ca5-4e1f-a73c-e5353b5575fb

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    Prefazione

    Introduzione

    Prima lezione: Cos’è uno psicologo e cosa si studia all’università

    Seconda lezione: Nascita della psicologia scientifica

    Terza lezione: Psicobanalisi e dintorni

    Quarta lezione: Dov’è l’anima?

    Quinta lezione: Nature and nurture

    Sesta lezione: Pensare e saper pensare

    Settima lezione: Quale futuro per la psicologia scientifica?

    Note

    Sette (quasi) brevi lezioni sulla psicologia scientifica

    Marco Tommasi

    Ad Anna Mirella

    perché le stelle non stanno tutte in cielo

    Prefazione

    Spero mi perdoni il Professor Rovelli (di origini veronesi come me) se ho ignobilmente copiato da lui il titolo del suo libro. Libro, tra l’altro, che ho apprezzato non solo per il contenuto ma anche per il messaggio. Il messaggio (se ho correttamente decifrato) è che ci sono, al mondo, persone che amano la scienza e che si dedicano allo studio dei fatti reali per capire com’è che funziona il mondo, la realtà, com’è che esistiamo, perché siamo fatti in un certo modo, ecc. La scienza, perciò, non è un’attività volta a manipolare e dominare il mondo secondo precisi interessi economici e politici, un’attività motivata dal desiderio di dominare la natura, ma un’attività che serve a rispondere all’esigenza dell’uomo di conoscere. Lo spirito con cui è stato scritto questo libro è, sicuramente, lo stesso con cui Rovelli ha scritto il suo, Sette brevi lezioni di fisica pubblicato da Adelphi, ossia quello di far capire alle persone non esperte del settore il valore di una disciplina, quello della psicologia scientifica che, al pari della fisica, ha una sua valenza e consistenza nonostante le complesse difficoltà che deve affrontare. Nessuna disciplina scientifica è esente da limiti e difficoltà. Ma quello che importa è lo sforzo, più che il risultato, con cui ci impegniamo a capire e a migliorare le cose. Sempre. E la scienza rappresenta bene questo sforzo messo in atto, giorno dopo giorno, dalla comunità di scienziati, di cui sia Rovelli che io facciamo parte .

    Introduzione

    Mi ricordo che, anche se tanto tempo è passato da allora, appena dopo la laurea in psicologia cercai di spiegare ad un mio parente quale era il mio argomento di tesi.

    -È un lavoro di psicologia della percezione. Dovevo validare dei modelli algebrici che, sulla base delle risposte dei soggetti permettono di prevedere il grado di trasparenza percepita, dissi io.

    -Non ho capito ancora cosa fai veramente. Ma gli psicologi non si occupano dei matti o chiedono alla gente cosa sogna?, mi rispose il parente.

    Matti e sogni. Psichiatria e psicanalisi, ecco a cosa si riduce la psicologia per la maggior parte delle persone. Altro che algebra e funzioni percettive. Sembra che la matematica debba fare a cazzotti con i sogni. Ed ancora adesso è così. Si, certo, qualcosa è cambiato, ma rimaniamo sempre in quel solco di pensiero per cui lo psicologo viene visto come quello del lettino, lo psicanalista à la Freud, l’esperto dei sogni e delle libere associazioni, il palombaro dell’inconscio. In un articolo scritto sul sito dell’American Psychological Association [1] , Steven Breckler afferma che ancora poche persone comprendono che la psicologia non ha esclusivamente a che fare con la salute mentale o l’assistenza clinica. La gente vede lo psicologo come una specie di assistente sociale e considerano la professione psicologica meno scientifica della medicina o dell’ingegneria. In un’indagine sulla percezione da parte della gente della figura dello psicologo, venne descritto ad un campione di persone l’attività di persone basate su situazioni reali come, ad esempio, quella di Kathy:

    Kathy lavora in una industria che si occupa di software e computer. Il suo compito è analizzare l’aspetto ergonomico dei computer e come le persone lavorino al meglio con i calcolatori. La sua ricerca principale consiste nel trovare un modello di computer che riduca la fatica e l’affaticamento degli occhi, come organizzare una linea di assemblaggio che renda il processo produttivo più efficiente e quale sia il carico di lavoro più idoneo per ogni individuo.

    La maggior parte delle persone, leggendo questa descrizione, ritiene che Kathy sia un ingegnere, o un tecnico informatico o un programmatore. Meno del 20% ha detto che Kathy è una psicologa (e anche voi lettori avete probabilmente pensato che il lavoro di Kathy non sia quello tipico dello psicologo) [2] . In realtà, esiste una vasta gamma di attività in cui lo psicologo può lavorare e che non necessariamente deve aver a che fare solo con la salute mentale: ergonomia, economia, educazione, criminalità, intelligenza artificiale, marketing, comunicazione, ecc. Ma ancora adesso lo psicologo, per la maggior parte delle persone, è quello che si occupa dei matti o quello del lettino. Negli anni ’70 venne pubblicato un libro dal titolo: Psicologia. La sconosciuta [3] . Beh, ancora adesso la psicologia, come disciplina, è una sconosciuta. Soprattutto la psicologia scientifica. A questo punto è necessario mettere una pezza. Questo libro ha come principale obiettivo quello di spiegare in cosa consiste la psicologia scientifica e di evidenziarne sia i punti di forza che di debolezza.

    Non esistono scienze perfette, nel senso che non esistono settori del sapere dove sono assenti lacune o contraddizioni. La scienza è sempre imperfetta, non ha tutta la verità in tasca, ma è progressiva grazie al lavoro continuo e faticoso di migliaia a migliaia di persone che ogni giorno si lambiccano il cervello per trovare risposte agli interrogativi. Cosa genera questo? Cosa causa quello?, queste sono le domande che gli scienziati affrontano ogni giorno per spiegare i fenomeni che osservano. Ma allo scienziato non interessa una spiegazione qualsiasi dei fenomeni. Una volta i fulmini venivano interpretati come i dardi scagliati da Giove. Con il passare del tempo questa spiegazione non era più soddisfacente. Soprattutto, non era vera. Ora sappiamo che il fulmine è dovuto al rapido passaggio di cariche elettriche da un corpo all’altro, di solito dalla nuvola al suolo (ma può essere anche il contrario), un fenomeno elettrostatico. Il lampo è la luce emessa dalla scarica mentre il tuono è la vibrazione dell’aria dovuta al forte calore della scarica. Il fulmine non è più un fenomeno magico, come veniva descritto in passato. Nello stesso modo, anche la psicologia scientifica cerca di dare una spiegazione realistica, non magica, del comportamento umano e del vissuto emotivo e cognitivo della persona. In passato si tendeva a considerare l’attività della mente umana come un’attività misteriosa e imprevedibile. Ora, invece, si cerca di descriverla in maniera oggettiva e di trovare un modo per prevedere gli effetti sul comportamento. Una volta le eclissi di sole e di luna venivano considerate come eventi magici, ma ora sappiamo prevederle perché ne conosciamo le cause. La stessa cosa vale per i fenomeni mentali. Tuttavia, l’impresa non è semplice e molti trabocchetti permeano il sentiero che dalla visione magica porta alla visione realistica del mondo.

    Prima lezione: Cos’è uno psicologo e cosa si studia all’università

    La laurea in psicologia

    In Italia esistono corsi di laurea in psicologia ormai in quasi tutte le province. Ai miei tempi, quando mi iscrissi a psicologia, i corsi di psicologia erano limitati ad un numero relativamente ridotto di città. Solo Roma, Padova e Palermo garantivano dei corsi completi nell’ambito psicologico, nel senso che erano presenti tutti gli indirizzi psicologici, mentre in altri posti come Bologna, Trieste, Milano, Torino (mi limito a citare alcune sedi) c’erano sì dei corsi, ma all’interno di altre facoltà, oppure corsi limitati a pochi indirizzi. In più, quando mi iscrissi all’Università di Padova, si era da poco costituita la facoltà di psicologia. Prima psicologia era inserita a Magistero, la facoltà dei corsi di lettere, pedagogia e di scienze sociali. In seguito, dopo la rimozione della psicologia, il Magistero è stato denominato facoltà di Scienze della Formazione e Dell’educazione e poi scienze della Formazione Primaria. Adesso, dopo la legge Gelmini del 2010, le facoltà sono state abolite all’interno delle università, con buona pace degli studenti che, intenti ad immatricolarsi, vanno ancora a cercare sui vari siti internet notizie sulle facoltà universitarie per capire che corsi ci sono. Le università che ufficialmente hanno istituito i primi corsi di psicologia furono l’Università di Roma La Sapienza (il 21 Luglio 1971) e l’Università di Padova (il 5 Novembre, sempre del 1971). Agli inizi il corso di laurea durava 4 anni, poi portati a 5. I primi due anni venivano definiti biennio propedeutico in cui agli studenti venivano insegnate nozioni generali di psicologia relative all’ambito della psicologia cognitiva, sociale, dello sviluppo e nozioni di biologia e fisiologia del sistema nervoso. Poi c’era il triennio di specializzazione, durante il quale lo studente frequentava lezioni specialistiche riguardo a 4 principali aree: psicologia generale e sperimentale, psicologia dell’età evolutiva, psicologia clinica e psicologia sociale e del lavoro. Alla fine il titolo di studio era sempre quello di dottore in psicologia, indipendentemente dalla specializzazione. Tuttavia, a seconda del triennio di specializzazione scelto, il neolaureato poteva avere qualifiche diverse. Chi aveva seguito il triennio di psicologia generale e sperimentale molto probabilmente, poi, si sarebbe dovuto dedicare alla sperimentazione e alla ricerca scientifica in psicologia, prevalentemente da svolgere in ambito accademico ossia dentro le università; chi aveva seguito psicologia dell’età evolutiva si sarebbe poi dedicato o alla ricerca o al sostegno nei confronti dei bambini o adolescenti, ossia soggetti nel pieno periodo dello sviluppo; chi aveva seguito psicologia clinica si sarebbe poi dedicato alla diagnosi e terapia nell’ambito della salute mentale (incluso lo psicologo da lettino, anche); infine, che aveva scelto psicologia sociale o del lavoro avrebbe poi dovuto dedicarsi ad attività attinenti i luoghi di lavoro o i contesti sociali, come la selezione del personale, lo stress lavoro-correlato, la pubblicità, la qualità delle interazioni sociali e così via. Ovviamente questo detto in termini teorici, dato che tra il dire ed il fare c’è di mezzo ed il. Uno dei problemi più rilevanti della laurea di psicologia era, ed è, l’opportunità di trovare lavoro, soprattutto nel proprio ambito, ma questo è un tema che tratteremo più in dettaglio nei prossimi paragrafi.

    Non credo che, nel mio periodo come studente universitario, gli studenti valutassero come molto rilevante l’opportunità di trovare un lavoro quando sceglievano la facoltà. Tuttavia è vero che la scelta della facoltà era fondamentale (come adesso i corsi di laurea, dato che le facoltà sono state abolite) nel determinare il futuro lavorativo delle persone. Scegliendo il triennio di psicologia generale e sperimentale voleva dire doversi limitare alla carriera accademica, così come scegliendo il triennio di psicologia clinica significava doversi poi specializzare in qualche metodo o tecnica di analisi e cura psicologica. In tutti i casi, però, non sarebbe bastata la laurea per trovare subito lavoro, ma sarebbe stato necessario seguire ulteriori corsi, scuole, master, ecc., per poter, poi, trovare un impiego effettivo da qualche parte. Perciò il laureato che aveva scelto l’indirizzo sperimentale avrebbe dovuto fare poi il dottorato di 3 o 4 anni per partecipare ad un concorso come ricercatore; quello che aveva scelto l’indirizzo clinico avrebbe dovuto poi iscriversi a una scuola di specializzazione in psicologia clinica per 3-4 anni o addirittura 5, prima di poter esercitare come libero professionista.

    I corsi di laurea in psicologia da allora, hanno subito notevoli modifiche strutturali. Con la legge 509 del 1999 sono state istituite le lauree triennali e specialistiche. Le lauree triennali costituivano una sorta di infarinatura generale della disciplina e con la

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