Innamorarsi dei fiori di Bach: Taccuino per insegnanti, artisti e sognatori
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Anteprima del libro
Innamorarsi dei fiori di Bach - Marina Bambara
PARTE I
Vivere in compagnia dei fiori
I fiori ci riducono al silenzio, ma è un silenzio di velluto...
1. Gli insegnanti
Dedicato a tutti gli insegnanti, ma proprio tutti, perché al giorno d'oggi non esiste insegnante che non abbia bisogno di un po' di coraggio per andare avanti.
COME DIVENTAI UN’INSEGNANTE
CON UNA BIBLIOTECA NEL CUORE
Talvolta mi accade di ripercorrere la mia vita e di vederla come un fiume in piena, dove le correnti si alternano dando vita a situazioni casuali che ribaltano le mie rigide convinzioni su come, dove e quando vivere qualsiasi cosa.
Dopo aver conseguito il diploma magistrale mi sono iscritta a un corso di Operatore dei Beni culturali, indirizzo Biblioteche. Come in tanti momenti della mia vita da Scleranthus*, non sapevo che pesci pigliare. E così ho scelto ciò che fino a quel momento era una semplice passione… la lettura. Durante il secondo anno di frequenza una cooperativa di gestione dei servizi bibliotecari mi propose di iniziare a lavorare in biblioteca. Sapendo di essere alla prima esperienza mi sentivo inadeguata a interagire con il pubblico, ma con il tempo e grazie al contatto con la gente ho vinto la mia timidezza e questa avventura lavorativa è diventata, ai miei occhi, un'esplosione di divertimento, svago ed entusiasmo verso la vita.
Al tempo non conoscevo ancora i fiori di Bach e non ero, quindi, consapevole di quale grande sostegno avrei potuto ricevere da Mimulus* per superare la mia paura di incontrare la gente. Tant'è che all’inizio del corso per Operatori di biblioteca avevo scelto il ramo di catalogatore, proprio per sottrarmi al contatto diretto con il pubblico.
Già mi immaginavo, sola e felice a leggere libri con la scusa di classificarli, ben nascosta agli occhi del mondo. Benché avessi sperato di incontrare l’utenza della biblioteca il più tardi possibile, le mie manovre strategiche non servirono a nulla. Mi accadde immediatamente di dover supplire alcuni colleghi che si erano messi in malattia. Questa fu la mia fortuna! Perché mi accorsi che stare a contatto con il resto dell’umanità poteva essere la mia strada. Solo oggi mi rendo conto che certe coincidenze sono apparse nella mia vita come supernove, a rivoluzionare il mio modo di essere, ribaltando ogni progetto dettato dalla paura.
La mia vita da bibliotecaria, iniziata nell’incertezza, alla fine è durata ben undici anni. Nel corso di questa esperienza mi è capitato di incontrare alcune insegnanti che volevano valorizzare e promuovere la diversità culturale, presente ormai in tutte le classi delle nostre scuole. Ho accolto con piacere tale richiesta, che andava di pari passo con il mio pensiero. Le differenze tra i popoli sono una ricchezza da non trascurare, per la quale vale la pena di impegnarsi in tutti i luoghi dove si fa cultura; e naturalmente la biblioteca e la scuola sono al primo posto.
In quei fervidi anni della mia giovinezza – detto così sembro vecchissima! – cercai di creare e rafforzare nei giovani l’abitudine alla lettura sin dall’infanzia e mi cimentai a stimolare l’immaginazione e la creatività dei bambini e dei ragazzi.
Ripensando a quel periodo mi rendo conto che la mission della biblioteca, la promozione alla lettura, è stata da me completamente interiorizzata e riproposta anche in seguito come un approccio piacevole al libro e al desiderio di leggere.
Ancora oggi, come insegnante, mi diverto molto a portare una scatola di libri in classe, lasciando poi liberi i miei studenti di dare l’assalto a infiniti mondi, tutti racchiusi in quella semplice scatola di cartone.
Questa esperienza io la chiamo Gioia di Leggere.
La promozione alla lettura e il contatto con i bambini della scuola primaria hanno rappresentato la parte fondamentale del mio percorso lavorativo e spirituale. Hanno fatto nascere in me il desiderio di rispolverare il mio vecchio
diploma magistrale e lanciarmi in una grande avventura: l’insegnamento. All'inizio non avevo ben chiara la decisione di insegnare, ma sentivo che la mia crescita personale nel mondo della biblioteca si stava esaurendo e parlai dei miei dubbi a un’amica, che mi convinse a cambiare registro, a iscrivermi nelle graduatorie della scuola per insegnare.
Dopo poco tempo, con mia grande sorpresa, arrivarono le prime telefonate. Mi trovavo a un bivio: scegliere se abbandonare il mio lavoro di bibliotecaria, che svolgevo ormai da undici anni, per l’insegnamento o viceversa rimanere dov’ero. Un Istituto Comprensivo, però, mi offrì un contratto part-time, che mi permise di continuare il lavoro in biblioteca e al tempo stesso iniziare una nuova esperienza come docente.
Non nascondo di aver avuto molta esitazione e paura, tuttavia l’idea di cimentarmi in una sfida così allettante fece svanire ogni titubanza. È da considerare che, in quel periodo, i fiori avevano già fatto capolino nella mia vita. Dapprima si era presentato timidamente Mimulus, per incoraggiarmi, poi era arrivato con discrezione Larch, per aumentare la mia autostima. Per mesi interi Scleranthus ha bussato alla mia porta per farmi abbandonare la paura di sbagliare, specie quando mi perdevo nel buio dell’indecisione. E che dire di Pine? Fedele compagno nel dissolvere sensi di colpa sottili e pesanti al tempo stesso.
Potrei continuare a lungo, se ripensassi al caro amico Agrimony che mi rimise in equilibrio rispetto al modo in cui aggredivo voracemente il cibo quando ero in ansia all’idea di svolgere la lezione, perché mi era stata assegnata una nuova materia d’insegnamento. Tutti questi fiori si riunivano insieme per darmi una mano. Allora affrontavo la classe con un coraggio da leone, entravo a passo deciso, mi guardavo intorno con fierezza e, con tono posato e parole chiare, trasmettevo concetti matematici e regole di grammatica ai bambini. Uscivo dalla classe soddisfatta, mentre Mimulus, Scleranthus, Larch e Agrimony cantavano vittoria dentro di me.
È durante questo rodaggio che ho iniziato ad apprendere i primi meccanismi dell’insegnamento. Successivamente mi sono sentita all’altezza di creare il mio di insegnamento! Prima di capire quanto fossi unica e preziosa nel mio modo di trasmettere entusiasmo ai bambini, mi ci sono voluti anni. E litri di fiori...
Nei primi dieci anni di insegnamento ebbi anche cattedre di sostegno, a cui non avrei mai pensato. Si trattava, come al solito, di coincidenze che intervengono nella mia vita quando devo cambiare rotta e sono lontana anni luce dall'immaginarlo.
Dal primo giorno in cui ho incontrato un bambino disabile mi si sono aperte diverse occasioni per crescere, non solo come insegnante, ma anche come anima in cammino. Inizialmente ero un po’ allarmata, perché non avevo nessuna competenza in merito, ma poi mi è venuta sempre più voglia di continuare quest’esperienza, che mi piace definire un’avventura d’amore.
Tali supplenze mi hanno permesso d’interagire con gli alunni in difficoltà, spronandomi alla ricerca di qualcosa di nuovo. Ho creato percorsi alternativi e progetti unici che portano il nome di ogni singolo bambino. Tutti abbiamo una capacità speciale che ci fa entrare in contatto con noi stessi e con il mondo che ci circonda e nel quale viviamo. Perché non avrei dovuto cercarla anche in quei bambini?
Naturalmente i fiori di Bach non mi abbandonarono, anzi, assunsero il ruolo di santi protettori delle mie esperienze.
Impatiens mi regalò la pazienza che non appartiene al mio carattere, Beech* l’attenzione per un mondo fatto di diversità e Vine* l’autorevolezza che non avrà mai bisogno di imporsi.
Insegnare è imparare a usare la testa e allo stesso tempo il cuore, senza rinunciare alla razionalità e all’emotività. E così la scuola può diventare una grande palestra in cui si dispiega la nostra esistenza.
Nel contesto del racconto:
*Vita da Scleranthus significa ondeggiare tra il voler fare una cosa e il non volerla fare, sentendosi in ansia di fronte a una decisione definitiva che pure si desidera;
*Mimulus indica il buon influsso del rimedio floreale che aiuta la persona timida a superare la paura di esporsi in pubblico;
*Beech in questo caso si intende sottolineare la forza del rimedio che stempera l'intolleranza di chi giudica spietatamente chi non rientra nei suoi parametri, in quanto culturalmente, etnicamente o fisicamente diverso. Il concetto viene ripreso in seguito parlando dei bambini disabili;
*Vine viene descritto come il rimedio floreale che trasforma un comportamento autoritario in un atteggiamento autorevole.
BIANCA, UN’ALUNNA E UN RAGGIO DI SOLE
E poi nella mia vita è arrivata lei, la bambina che mi ha cambiato, la bambina che ha modificato il mio approccio ai fiori, la bambina che mi ha fatto comprendere il loro valore infinito, la bambina che mi ha reso felice.
Bianca, un caso difficile. Una bambina di sette anni autistica, immersa completamente nel suo mondo e nel suo dolore. O almeno a me è apparsa così. Due occhioni neri, poche parole e un'unica frase: il bambino piange
. E scoppiava in lacrime. Camminava rasentando i muri e toccandoli con una mano, senza mai staccarsene, quasi fosse alla ricerca di un confine. Una tristezza infinita.
Ero ancora precaria e avevo accettato questa supplenza per due mesi, ma sapevo che avrebbe potuto protrarsi per tutto l’anno scolastico. Sono stata colta dal terrore, dallo scoraggiamento di non riuscire a gestire una piccola creatura, di non poterla aiutare in nessun modo. Lei ti guardava dondolando, emettendo suoni e sfarfallando le mani, tipici comportamenti dello spettro autistico. Era tutto qua, questa era lei e la sua interazione con il mondo. E io ero nel mezzo. Non riuscivo a irretire la sua attenzione in nessun modo. Non sapevo proprio cosa fare.
Sono andata alla ricerca di un aiuto, mi sono rivolta a Marina che mi ha sostenuto con i fiori. Fino ad allora avevo accettato con riserva i suoi consigli e li avevo assunti sporadicamente, perché il mio San Tommaso interiore mi portava a dubitare del loro effetto. Non appena risolvevo un piccolo problema li interrompevo quasi senza indugio. Questa volta il pensiero di Bianca mi tormentava anche di notte. Era una responsabilità troppo grande per una Oak* come me. In fin dei conti ero una giovane, povera, semplice e umile supplente Star of Bethlehem*. Che cosa si pretendeva dunque da me? Non ero abbastanza creativa per una Vervain-Soluzione*. Non mi sentivo capace di cambiare la realtà con un Walnut-Miracolo*.
Ero arrabbiatissima, ma nell’esatto momento in cui accettai di prendere i fiori con costanza la supplenza mi fu confermata fino a giugno. La possibilità di avere più tempo da passare con lei mi dava la speranza di trovare un modo per raggiungerla. Strano. Avrei