Le foglie non cadono mai uguali
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Ma in quel mese di marzo, tutto era fermo, gli uccelli non cantavano melodie gioiose, anzi sembrava che intonassero canti lugubri, cupi; gemme e teneri boccioli erano come storditi, quasi ad aver paura a mostrarsi, i profumi non esalavano più dalla terra. Era come se il tempo si fosse appropriato di tutti gli spazi e della nostra essenza; noi, fluttuando da un luogo all’altro, in silenzio e compostezza marciavamo passi pesanti, cadenzati.
Eravamo anime appese di fronte all’evidenza dei fatti. Quei fatti che non capivamo e che obbligatoriamente ci relegavano in una condizione di stallo, di smarrimento.
Da qui nasce la splendida idea della nostra bravissima poetessa e infermiera Maria Teresa Chechile, la quale, ripercorrendo quei momenti, ne evidenzia il travaglio interiore dell’essere umano, della sua solitudine e fragilità di fronte al pericolo e all’ineluttabile…
Nasce in Maria Teresa l’esigenza di non porre limiti alla sua arte, creando quel sottile fil rouge nel quale la prosa tende le braccia all’afflato poetico, e in esso si scioglie in umane congetture.
“Le foglie non cadono mai uguali”… noi, povere foglie, poveri esseri umani in balìa del vento.
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Anteprima del libro
Le foglie non cadono mai uguali - Maria Teresa Chechile
Chechile Maria Teresa
Le foglie non cadono mai uguali
L’alba di un nuovo giorno
© 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-7789-0
I edizione aprile 2023
Finito di stampare nel mese di aprile 2023
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Le foglie non cadono mai uguali
L’alba di un nuovo giorno
Nel tempo si festeggia l’umanità
In uno degli scritti presenti nella raccolta conosciuta come Operette morali
, e intitolato Dialogo di un venditore di almanacchi ed un passeggere
(1832), Giacomo Leopardi, immaginò un breve dialogo, così come può avvenire su una strada di un qualunque paese ed in un qualsiasi tempo, tra un venditore ambulante ed un occasionale passante.
Non avendo indicato contesti particolari, il poeta ci permette di pensare che il dialogo possa essere avvenuto in prossimità della fine di un anno e dell’inizio di un altro. Il venditore ambulante, infatti, è presentato nell’atto di proporre ai passanti l’acquisto di un calendario e, per incoraggiarne l’acquisto, augura a tutti, come si fa in simili circostanze, un anno nuovo migliore e più ricco di buone opportunità dei precedenti. Il passante, però, rappresentando il pensiero dell’autore, nel dialogo con il venditore mostra di avere un atteggiamento molto scettico circa le attese e le speranze di novità che ordinariamente tanti sembrano riporre nel solo fatto che inizi un nuovo anno. Il dialogo tra i due si sviluppa e, alla fine, anche il venditore di almanacchi ammette che non è ragionevole attendersi novità dal solo fatto che abbia inizio un nuovo anno.
In definitiva, lo scritto del Leopardi riporta le ansie comuni a tutta l’umanità nei confronti della vita e le domande che accompagnano sempre l’esistenza umana nello scorrere del tempo. Sempre ci si chiede: Come sarà il nuovo anno?
, il tempo che abbiamo davanti. In realtà tutti sanno che la possibilità che un nuovo anno sia migliore dei precedenti è soltanto un desiderio ma ciò basta perché si festeggi l’inizio di un nuovo tempo, anche se i presagi, orientati dall’esperienza già vissuta, non annunziano cambiamenti significativi e la storia sembra inesorabilmente ripetersi nella difficoltà delle stesse situazioni.
Consapevole di ciò, Leopardi concluse ordinariamente quel dialogo dicendo che "Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce, non la vita passata, ma la futura". Quasi a dire che la bontà di ciò che ci si attende nella vita è solo un’illusione, un sogno che svanisce rapidamente, man mano che il futuro sperato diventa fatica del presente.
Il riferimento al racconto di Leopardi viene naturale leggendo quanto ha scritto la nostra autrice Maria Teresa Chechile raccontando con intensa e coinvolgente sensibilità la sua esperienza di vita, di persona viva, di persona che guarda intorno a sé, che pone domande alla vita e ascolta attentamente le domande che la vita le pone. Il suo racconto, meglio potremmo dire: la sua condivisione di pensieri e di sentimenti, inizia proprio con il momento in cui si festeggia un Capodanno. Certo, ne ha festeggiati tanti altri e confessa che li ha vissuti sempre con piacere. Ma allora non fu come le altre volte. Mentre gli altri intorno a lei festeggiavano, uno strano senso di ansia e di insicurezza, quasi un presagio di difficoltà incombenti la portarono ad interrogarsi: "Perché festeggiare? In fondo ogni anno è solo un anno in più che passa".
Maria Teresa pensa che nemmeno il ripensare il tempo passato rileggendo le occasioni vissute positivamente e i buoni risultati ottenuti sia sufficiente a motivare dei festeggiamenti: si tratta di cose passate. Contrariamente alle altre volte in cui ha festeggiato il Capodanno, per la nostra autrice, pensare al futuro improvvisamente si rivela come portatore di uno strano senso di timore che "Quel tempo e quell’anno appena sbocciato si sarebbero presi gioco di noi, della nostra quotidianità". Più che oscuri presagi per un chiaro pericolo incombente, la nostra autrice racconta di aver percepito, in quella particolare sera di festeggiamenti, l’introdursi nei suoi pensieri di un senso di pessimismo generato dall’improvvisa consapevolezza dell’ineluttabilità di ciò che in ogni istante potrebbe avvenire e coinvolgere la vita di tutti.
Purtroppo quella sensazione percepita dalla nostra autrice trova immediatamente la sua conferma nell’inedita situazione di un’intera popolazione che, in quell’anno, viene come sottomessa alla presenza del virus che la contagia. E quasi come facendo un fedele diario dell’esperienza vissuta, dei pensieri e dei sentimenti provati in quei giorni, nel suo particolare ruolo di infermiera, nell’attenta vicinanza a quella grossa parte di umanità