Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Modernità chirurgica (1831-1841): L’ESEMPIO TRIESTINO
Modernità chirurgica (1831-1841): L’ESEMPIO TRIESTINO
Modernità chirurgica (1831-1841): L’ESEMPIO TRIESTINO
E-book179 pagine1 ora

Modernità chirurgica (1831-1841): L’ESEMPIO TRIESTINO

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

L’oggetto del presente studio si inserisce nel percorso di analisi storiografica medico chirurgica che interessa proprio il periodo immediatamente precedente l’attivazione del grande Civico Ospedale triestino. Tale periodo, delimitabile nel decennio 1831-1841, si rivela particolarmente meritevole di approfondimenti storiografici, che valgano a completare l’analisi dei complessi rapporti che legavano tutte le realtà al tempo soggette alla Casa d’Austria, italiane ed italofone.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2023
ISBN9788831484824
Modernità chirurgica (1831-1841): L’ESEMPIO TRIESTINO

Correlato a Modernità chirurgica (1831-1841)

Ebook correlati

Medicina per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Modernità chirurgica (1831-1841)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Modernità chirurgica (1831-1841) - Alessandro Porro

    Introduzione

    Generalità e particolarità: Trieste

    La storia della medicina e della chirurgia triestina dell’Ottocento può essere declinata (e spesso viene declinata) dalla scansione delle grandi svolte metodologiche ed operative di ordine generale del periodo, quali l’introduzione delle pratiche anestetiche (negli anni Quaranta del secolo), di antisepsi e di asepsi (negli anni Sessanta/Settanta del secolo), l’imporsi del paradigma microbiologico e contagionista, solo per citare quelle maggiormente rilevanti.

    Ci troviamo, dunque, in un intervallo di tempo delimitato dagli anni Quaranta e dagli anni Settanta/Ottanta del secolo, e possiamo valutarne gli effetti, non solo facendo riferimento a quelli di ordine generale, giacché possiamo o dobbiamo tenere conto anche delle ripercussioni in ambito eminentemente locale.

    In questa dimensione, volendo analizzarne la componente maggiormente interna alla realtà triestina, l’attivazione del nuovo, grande Civico Ospedale, riferibile al 1841, si è spesso posta come cesura significativa, ed espressione dei rapporti con la Capitale, Vienna, intesa anche come espressione di modernità e innovazione.

    Questa determinazione di forte momento post quem (od ante quem, se specularmente osservabile) ha talora adombrato gli avvenimenti, le idee, le prassi operative del tratto precedente del secolo, quasi che le stimmate di modernità loro proprie fossero inevitabilmente destinate ad andare incontro al destino di una sottovalutazione (come di fatto è avvenuto).

    Esemplificativo, a questo proposito, appare un seppur pregevolissimo lavoro di Loris Premuda (1917-2012)¹.

    L’oggetto del presente studio si inserisce nel percorso di analisi storiografica medico chirurgica che interessa proprio il periodo immediatamente precedente l’attivazione del grande Civico Ospedale triestino. Tale periodo, delimitabile nel decennio 1831-1841, si rivela particolarmente meritevole di approfondimenti storiografici, che valgano a completare l’analisi dei complessi rapporti che legavano tutte le realtà al tempo soggette alla Casa d’Austria, italiane ed italofone².

    Dobbiamo tuttavia dichiarare preliminarmente che l’osservazione e l’analisi si accentreranno non sull’ambito della sanità, della salute, dell’organizzazione, dell’economia, della legislazione, del commercio, dell’urbanistica, della demografia (tutti ambiti che potrebbero e possono riportarci utili spunti di riflessione), bensì sulle applicazioni pratiche medico chirurgiche. Ciò ci mette in contatto con una dimensione, quella della casistica, che di norma viene sottostimata nella storiografia medico chirurgica.

    Si è usato il termine di casistica, per sottolineare che non si tratta di aneddotica, ma di rintracciare quelle punte dell’iceberg che restano spesso sepolte nelle pubblicazioni periodiche medico chirurgiche.

    Possiamo anticipare che la scelta delle pubblicazioni da sottoporre ad analisi sarà inevitabilmente campionaria. Sono state scelte quattro pubblicazioni di rilievo per il decennio considerato: la prima, di interesse e spessore più generale, è rappresentata dagli Annali Universali di Medicina, l’autorevole periodico stampato a Milano e diffuso a livello Europeo; anche la seconda, gli Annali universali di statistica economia pubblica, storia, viaggi e commercio era stampata a Milano e diffusa a livello Europeo; la terza, di ambito più locale, e geograficamente maggiormente prossima a Trieste, è rappresentata dal Giornale per servire ai progressi della patologia e della materia medica [poi terapeutica], espressione della medicina e della chirurgia veneziane pubblicato a far data dal 1834; anche la quarta rivista, il Memoriale delle Scienze mediche, era stampato a Venezia, a partire dal 1838.

    Tuttavia, a completamento di questi concetti introduttivi, vale la pena tratteggiare talune particolarità triestine, di ordine generale e di ordine medico chirurgico.

    La coscienza dell’esistenza di una particolarità, ovvero di molteplici particolarità triestine non si è mai compiutamente strutturata se non con qualche eccezione, almeno per quanto concerne la storiografia medica.

    Ad esempio, all’atto dell’incorporazione del residuale territorio triestino (Zona A del Territorio Libero di Trieste) nella Repubblica Italiana (1954), la Società di Minerva, illustre istituzione culturale triestina di autorevole e plurisecolare tradizione, pubblicò un volume, emblematicamente intitolato Per conoscere Trieste. Cenni e dati essenziali³. Il capitolo redatto da Loris Premuda⁴ si dimostra utile, seppure nella sua schematicità, a dimostrare tali particolarità per l’ambito della medicina, della chirurgia e della sanità.

    Nell’arco di tempo delimitato dal XIX secolo, la città di Trieste godette di una sostanziale stabilità istituzionale, volendo riferirsi alla dimensione ed appartenenza statuale (anche se i sovvolgimenti del 1848-1849 ne segnarono tangibilmente la vita). Tuttavia, si devono segnalare alcuni elementi di cambiamento che non possono essere ignorati. Essi si dovrebbero porre quasi come una necessaria integrazione con quelli di ordine generale, relativi alla chirurgia e precedentemente espressi.

    Si pensi ai mutamenti amministrativi del 1850, in rapporto con lo status di Città immediata dell’Impero, ovvero, andando verso la fine del secolo, alla cessazione dei privilegi concessi all’intera città quale Porto Franco (1891⁵).

    La città di Trieste si andava sempre più proponendo come punto di snodo fra le realtà dei territori occidentali e orientali dell’Impero; come suo porto principale e terminale di commerci marittimi di dimensione planetaria, intensificatisi soprattutto dopo l’apertura del Canale di Suez⁶; come emporio commerciale; come luogo di passaggio lungo un asse che collegava i territori Lombardo-Veneti alla capitale Vienna ed all’Ungheria e alle marche orientali od anche, in senso ortogonale a quello precedente, i territori imperiali alle marche balcaniche di confine.

    Non dobbiamo poi dimenticare che Trieste era un autentico crogiolo di Comunità, Etnie, Lingue, Credi e Confessioni religiose, Tradizioni di vita, Commerci, Idee. Si pensi alla rilevanza della dimensione portuale per la vita di talune comunità cittadine. Per quanto concerne quella Ebraica ciò è stato autorevolmente approfondito dagli studi di Lois C. Dubin, ai quali si rimanda come utile premessa all’analisi del periodo che a noi più interessa⁷.

    Trieste era una calamita di progresso e sembrava prospettare l’opportunità di ogni avventura personale; la sua brulicante attività mercantile da un lato tendeva a mitigare le problematiche sociali, ma dall’altro ne proponeva di sempre nuove (soprattutto in ragione dei limiti intrinseci e geografico-ambientali alle possibilità di sviluppo territoriale). Ad esempio, si potevano determinare risvolti sulla crescita, talora tumultuosa e poco ordinata, del patrimonio abitativo, foriero di carenze di igiene pubblica e sociale.

    Anche la medicina rifletteva questo polimorfismo, e si confrontava con i problemi propri delle città in rapido sviluppo. Allora alcuni suoi tratti caratteristici meritano di essere ricordati, seppure per sommi capi.

    Le particolarità della medicina Triestina nella prima metà dell’Ottocento

    Il primo concetto che possiamo proporre alla riflessione è quello conchiuso nell’attributo mitteleuropea, giacché Trieste e la sua medicina non possono essere pienamente comprese prescindendo da questa definizione attributiva.

    Ancora una volta, ci conforta in questa posizione il pensiero del già citato Loris Premuda: egli sosteneva l’esistenza di una medicina triestina mitteleuropea. Trieste non è alla periferia: è nel Mitte, nel centro dell’Europa, ma si tratta di un centro del tutto particolare.

    Ci troviamo quasi di fronte a un paradosso: se la città è un ineludibile punto di passaggio, come già ricordato, fra Occidente e Oriente (ma anche fra Settentrione e Mezzogiorno); se le attività portuali e di navigazione la proiettano in un ambito planetario; spicca il relativo (ed apparente) sottodimensionamento delle istituzioni culturali ed accademiche, che si possono contare sulle dita di una mano.

    Sembra, anche se in misura decisamente inferiore rispetto ad altre realtà soggette alla Casa d’Austria⁸, che le dimensioni di autonomia che pervenivano fin dalla dedizione all’Austria del 1382 (con il corollario dei privilegi cittadini ancora vigenti) facessero da sufficiente baluardo agli sconvolgimenti (od alle contaminazioni) provenienti dall’esterno. E non si poteva parlare di chiusure, di provincialismo, di localismo, giacché erano la multiculturalità, la multietnicità, la vivacità dei commerci a garantire apporti sempre nuovi e vitali.

    Se da un lato, i luoghi di formazione medico chirurgica dei giovani Triestini potevano essere rappresentati dalle vicine Università Austriache di lingua tedesca (Graz, Innsbruck, Vienna, Praga) o da quelle Lombardo-Venete di lingua italiana (Pavia e Padova), e senza dimenticare, su un’altra direttrice geografica, quelle Ungheresi, dall’altro il patrimonio che veniva riportato nel luogo d’origine (od importato da chi vi si stabilisse ex-novo) poteva diffondersi anche senza necessità accademiche di grande evidenza.

    Abbiamo già ricordato la data del 1841, anno nel quale il completamento del grande Civico Ospedale giungeva al termine, e si dava corso all’attività ospedaliera, in una struttura che si rifaceva a quella della Capitale, Vienna.

    Le analogie fra l’edificio viennese e quello triestino, mutatis mutandis, sono bene esemplificate nella scelta iconografica che li giustappone, in copertina di un pregevole lavoro di Premuda⁹, pubblicato in occasione della riunione del II Congresso Nazionale del Collegium Internationale Chirurgiae Digestivae che si svolse a Trieste nel 1975.

    Volendo prendere come riferimento il compimento della prima metà del secolo, possiamo dare un rapido cenno di talune espressioni della medicina e della chirurgia triestina, nel decennio successivo all’attivazione del nuovo Civico Ospedale. Esso si affiancava a preesistenti (o prospettate) realtà assistenziali, orientate in senso specialistico o caratteristiche delle varie Comunità cittadine, e si riprometteva di essere dimensionato (come dimostrò d’essere) sulle necessità sanitarie presenti e future di una città in grande sviluppo. Dai 33.000 abitanti del 1808 si era giunti a 50.000 abitanti alla fine degli anni Quaranta¹⁰.

    Quanto alle prime istituzioni, si pensi non solo a quelle per gli alienati, od a quelle determinate in occasione di emergenze sanitarie, come le cicliche recrudescenze coleriche¹¹, ma anche a quelle legate all’attività della navigazione mercantile e civile. Non a caso a Trieste si svilupparono la medicina e l’igiene navale, grazie soprattutto all’opera di Baruch (Benedetto) Saraval (1810-1851¹²).

    Dal punto di vista delle differenti Comunità cittadine, invece, possiamo rilevare esemplificativamente che le istituzioni ospedaliere Ebraiche¹³ continuarono ad operare autonomamente¹⁴, mentre quelle attivate dalle comunità Greche orientali furono meno strutturate e durevoli.

    Possiamo parlare di una modernizzazione ospedaliera¹⁵; si sostiene questa affermazione, considerando che la caratteristica che più ci interessa sottolineare è la presenza ed applicazione di una semeiologia e semeiotica moderna. L’applicazione dei nuovi dati semeiologici fu proposta e promossa da Francesco Saverio Verson (1805-1849) all’interno della costituzione del Civico Ospedale triestino.

    Tuttavia, alla data dell’inaugurazione del Civico Ospedale egli si trasferirà a Padova sulla cattedra di Clinica medica per i Chirurghi della locale Università (si trattava di una delle cattedre mediche attivate ed attivabili nelle due Università del Regno Lombardo-Veneto¹⁶). Però, possiamo ricordare che la presenza ed applicazione di una semeiologia e semeiotica moderna poteva essere riconosciuta anche all’interno di ergobiografie

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1