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Catalogo del Fondo Pepeu
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E-book436 pagine3 ore

Catalogo del Fondo Pepeu

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Rendendo il giusto valore alla biblioteconomia ed alla bibliografia, crediamo che segnalare l’esistenza di un fondo librario per metterlo poi a disposizione degli studiosi, ed al di là delle sue caratteristiche intrinseche (che saranno in seguito delineate), sia un fondamentale dovere di noi medici, che abbiamo a cuore anche gli aspetti storici della nostra professione e del nostro agire. Rivisitare la raccolta libraria del Clinico Francesco Emerico Pepeu (1822-1897) ci consente di conoscere non solo i suoi interessi professionali, ma anche le sue curiosità e la voglia di continuo aggiornamento.
LinguaItaliano
Data di uscita29 dic 2022
ISBN9788831484794
Catalogo del Fondo Pepeu

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    Anteprima del libro

    Catalogo del Fondo Pepeu - ALESSANDRO PORRO

    Introduzione: i medici e le loro biblioteche

    Al di là dei destini delle singole biblioteche private dei medici, l’interesse storiografico sui medici e le loro biblioteche private non è mai cessato. Non ci si riferisce qui alla dimensione collezionistica, antiquaria e del mercato ad essa connesso, anche se essa deve essere sempre tenuta in considerazione, soprattutto per quanto concerne la formazione delle biblioteche private. Questo interesse può e deve essere espresso anche in un senso generale: possiamo infatti ricordare che già alla metà degli anni Trenta del Novecento fu pubblicato un fascicolo monografico della rivista CIBA Zeitschrift dedicato espressamente alle Ärzte-Bibliotheken¹. Il ruolo rilevante di tale rivista, che fu tradotta in molte lingue², appare acclarato ed i rispettivi fascicoli, impostati come numeri monografici storico medici, possono ancor oggi essere ritenuti un prezioso riferimento per la storiografia medica³.

    Allorché i volumi appartenuti ad un professionista medico o sanitario entrano (di norma per donazione o per acquisto) nel patrimonio librario di grandi o piccole istituzioni, essi vanno incontro ad un possibile, duplice destino: essere inseriti (o dispersi) in un’unica grande dotazione libraria, ovvero mantenere, in qualsivoglia modo, la loro autonomia e riconoscibilità.

    Siamo ben consci che, in questa nostra epoca informatizzata, dovrebbe essere sempre possibile una ricostruzione virtuale dei singoli fondi (almeno laddove i metadati determinanti tali caratteristiche siano stati in qualche modo conservati); tuttavia in passato la redazione di strumenti di corredo e Cataloghi (sia in forma manoscritta, non destinata ad una diffusione, sia in forma di volumi a stampa, di norma pubblicati e diffusi) ha spesso consentito di non disperdere la memoria della provenienza dei singoli fondi librari. Fra i molti esempi possiamo ricordare quelli della raccolta di Erik Waller (1875-1955) conservata presso l’Uppsala Universitet⁴, ovvero di quella di Sir William Osler (1849-1919) conservata presso la Mc Gill University di Montréal⁵, ovvero ancora di quella di Alfonso Corradi (1833-1892) a Pavia. Ricordiamo che il Fondo Corradi rappresenta una delle principali dotazioni di testi medico-chirurgici della Biblioteca Nazionale Universitaria di Pavia. Alfonso Corradi, insigne esponente dell’ateneo bolognese e di quello pavese (ne sarebbe stato anche Rettore), medico, storico, professore di materia medica (farmacologia) in quelle Università, fu autore di ancora attuali apporti storiografici, sia d’indole generale, che speciale; sia d’ambito nazionale, sia locale.

    Anche quando la loro individualità di Fondo sembra essere compromessa, non è escluso che da coevi strumenti di corredo non si possano ricostruire con buona approssimazione caratteristiche, numerosità e consistenze: valgano gli esempi del già citato Fondo Corradi (per quanto concerne l’importanza degli strumenti di corredo), ovvero dei libri di Giovanni Battista Morgagni (1682-1771)⁶ a Padova.

    Gli esempi ricordati fanno riferimento ad istituti di conservazione di carattere universitario. Tuttavia, anche gli ospedali possono essere stati oggetto di consistenti donazioni librarie: valgano qui gli esempi, non esaustivi, dell’Ospedale Maggiore di Milano⁷, dell’Ospedale Civile di Venezia⁸, dell’Ospedale di San Matteo di Pavia. Nel caso dell’istituzione veneziana si segnala, per la sua grande rilevanza storico medica, il fondo librario di Davide Giordano (1864-1954), che in essa operò e raggiunse posizioni dirigenziali. Per quanto concerne la realtà pavese, si pensi alla dotazione libraria che il Protochirurgo Imperiale Giovanni Alessandro Brambilla (1728-1800) lasciò in dote, per scopi eminentemente formativi dei giovani chirurghi, all’Ospedale di San Matteo a Pavia. La sua biblioteca è attualmente conservata presso la Civica Biblioteca Carlo Bonetta di Pavia⁹.

    In un senso più generale, e per quanto concerne gli ospedali, si assiste spesso ad una stratificazione di donazioni ed incorporazioni di fondi librari. Si deve tuttavia riconoscere che oggi tale fenomeno viene ostacolato da molteplici fattori, quali la carenza degli spazi, la dematerializzazione di molte fonti di riferimento scientifico, l’accentuata selezione delle donazioni e non ultima, la minore propensione alla costituzione e gestione di biblioteche specialistiche e specializzate.

    Esistono poi casi, nei quali le biblioteche personali dei medici sono state usate anche per scopi molto particolari, ed indipendenti dal successivo incorporamento negli istituti di conservazione. Valga l’esempio della biblioteca privata di Tommaso Giannotti Rangone (1493-1577): durante i suoi funebri, alcuni volumi della sua preziosissima biblioteca¹⁰ furono oggetto di una ostensione pubblica¹¹. A riguardo del loro destino successivo, possiamo ricordare che i volumi di Tommaso Giannotti Rangone sono ora conservati presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Possiamo ora soffermarci sulla situazione milanese.

    Contestualizzare un patrimonio da salvaguardare: alcuni esempi milanesi

    Nella città di Milano, la presenza di Fondi librari di ambito medico-chirurgico nel senso che a noi maggiormente interessa (cioè quello di una produzione legata all’attività del singolo medico), può annoverare illustri esempi, che rientrano pienamente nelle categorie precedentemente evidenziate.

    Di primo ed assoluto rilievo è il Fondo Haller, conservato presso la Biblioteca Nazionale Braidense. Per qualità, numerosità, completezza esso ci si presenta come uno fra i maggiori fondi librari di dimensione continentale. Albrecht von Haller (1708-1777) può essere considerato, con Hermann Boerhaave (1668-1738), uno dei massimi esponenti della medicina europea d’ancien régime. Il riferimento va allo sviluppo delle teorie d’ordine meccanicista e della ricerca in ambito fisiologico: intorno ai suoi concetti di sensibilità (dei nervi) e di irritabilità (quale proprietà dei muscoli) si svilupperanno dibattiti scientifici per decenni. Le tracce, i risultati, i materiali della sua poliedrica attività rimangono come fonti preziosissime ed ineludibili per ogni indagine storico medica. Alla sua morte, la biblioteca personale fu acquistata dall’Imperatrice Maria Teresa (1717-1780) e destinata all’erigenda Biblioteca Braidense di Milano. L’importanza del Fondo Haller per la storia della medicina è da tempo riconosciuta¹² e l’elaborazione del suo catalogo (il quale, purtroppo, non va esente da mende) occupò un decennio di lavoro e consta di 13 tomi¹³.

    Volendo rimanere nell’alveo delle istituzioni pubbliche, ma in un ambito accademico, possiamo ricordare l’Istituto Lombardo-Accademia di Scienze e Lettere, che origina nel periodo Napoleonico¹⁴. Infatti, l’Istituto Lombardo fu creato da Napoleone Bonaparte (1769-1821), sul modello dell’Institut de France nel 1797, con la fondazione della Repubblica Cisalpina con sede a Bologna. Napoleone, divenuto Imperatore dei Francesi e Re d’Italia, nel 1810 diede all’Istituto il nuovo nome di Istituto Reale di Scienze, Lettere ed Arti e ne spostò la sede a Milano nel Palazzo di Brera¹⁵. Ricordiamo che l’Istituto Lombardo fu per oltre un secolo (fino all’attivazione dell’Università degli Studi, operativa a partire dal 1924) una fra le maggiori istituzioni accademiche milanesi, e che sono molteplici le donazioni pervenute all’Istituto di biblioteche private di interesse medico chirurgico, soprattutto da parte dei Membri dell’Istituto stesso. Per gli scopi del nostro lavoro, non possiamo non citare, esemplificativamente, l’acquisizione della biblioteca privata del già citato medico e storico della medicina Luigi Belloni¹⁶. Egli può, con il triestino Moshè (Moisé) David Chaim (Arturo) Castiglioni (1874-1953) storico medico dell’Università di Padova, Loris Premuda (1917-2012) suo successore sulla cattedra patavina, Piero Capparoni (1868-1947) e Adalberto Pazzini (1898-1975), essere considerato fra i maggiori storici della medicina del Novecento. La caratteristica principale della scuola storico medica milanese, sotto la guida di Luigi Belloni, fu quella della ripetizione dell’esperimento scientifico¹⁷.

    Diamo ora qualche cenno delle biblioteche di alcune istituzioni ospedaliere milanesi, alla luce della stratificazione della loro costituzione. Possiamo identificare quattro linee di tendenza generali. La prima tendenza si riferisce alle acquisizioni, finalizzate alla formazione della biblioteca ed in questo caso possono identificarsi almeno due specifiche situazioni. Può trattarsi di un’attività istituzionale di acquisto di materiale librario, legata alle possibilità ed alle disponibilità di bilancio (non sempre adeguate e bastevoli), ovvero può trattarsi di donazioni provenienti dai sanitari durante la loro attività professionale all’interno dell’istituzione stessa. Un’altra tendenza, si riferisce all’eventuale ingrandimento dell’istituzione per incorporazione di altre istituzioni, che mantengono l’attività di riferimento all’interno della nuova istituzione: esse possono portare in dote le loro biblioteche. La terza tendenza ci mette al confronto dell’istituzione come istituto di conservazione: si vuole qui far cenno all’incorporazione delle biblioteche di istituzioni non più attive. L’ultima tendenza si riferisce, in senso più generale, alla categoria delle donazioni dei singoli.

    Senza alcuna velleità di esaustività, possiamo proporre alla riflessione dei lettori l’istituzione ospedaliera milanese che per secoli è stata identificata con la denominazione di Ospedale Maggiore. La letteratura sulla grande istituzione milanese è vastissima, e non può essere compendiata in poche righe¹⁸. A riguardo della Biblioteca¹⁹, possiamo ricordare che la presenza delle opere a stampa nell’Ospedale Maggiore risale ai primi anni del Cinquecento, ma essa si struttura a partire dalla donazione del medico Carlo dell’Acqua (1776-1846²⁰) avvenuta nel 1846. La Biblioteca dell’Ospedale Maggiore fu inaugurata nel giugno 1846 e nel 1867 si stabilì la sua apertura anche nelle ore serali²¹. Come già ricordato, la Biblioteca si venne man mano accrescendo²², con donazioni successive, sia interne, sia esterne²³, come nel caso dei volumi appartenuti all’illustre chirurgo Giovanni Battista Palletta (1748-1832), entrati nel 1886²⁴.

    All’atto, invece, dell’incorporazione degli ICP (Istituti Clinici di Perfezionamento), avvenuta nel 2005, entrarono nella dotazione libraria della neonata Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico le biblioteche ostetrico ginecologica²⁵ e pediatrica (mentre quella di medicina del lavoro restò ad orbitare nell’ambito universitario²⁶). Delle caratteristiche particolari della biblioteca ostetrico ginecologica diremo più oltre, mentre vogliamo sottolineare gli incrementi delle dotazioni relativamente all’istituzione intesa come istituto di conservazione. L’esempio che vogliamo proporre è quello dell’imponente dotazione libraria della Fondazione Mario Donati²⁷, che si proponeva:

    di provvedere alla sistemazione e all’ininterrotto aggiornamento della grande biblioteca scientifica del professor Mario Donati, affinché tutti gli studiosi possano giovarsene

    di istituire un Centro per gli studi della Medicina e della Chirurgia Mario Donati.

    Essa entrò nell’orbita dell’Ospedale Maggiore nel 1973²⁸.

    A riguardo, invece, della dimensione universitaria, si deve citare il principale fondo di ambito medico chirurgico: il Fondo Alfieri. Si tratta della biblioteca privata di Emilio Alfieri (1874-1949), che fu il successore di Luigi Mangiagalli (1849-1928) nella direzione della Clinica Ostetrico Ginecologica dell’Università degli Studi di Milano. Nella sua figura, esemplificata dalla struttura delle Biblioteche alle quali quotidianamente poteva avere accesso quotidiano (quella della Clinica e quella personale), si realizzano i concetti dell’integrazione e della complementarità. La figura di Emilio Alfieri, sfaccettata (se non controversa, stando ai suoi contatti con Nicola Pende) e complessa, può essere ricordata, per i fini del presente lavoro, proprio per il suo preziosissimo patrimonio librario ostetrico ginecologico, donato dagli eredi all’Università degli Studi di Milano nei primi anni Cinquanta del Novecento. La sua conservazione ebbe travagliate vicende: la parte antica del Fondo (considerando, secondo il sistema alfieriano, l’inizio della modernità con l’anno 1800), nonostante significative dispersioni, ottenne una completa classificazione solo nel 1975, grazie all’indefesso lavoro di Giuliana Sapori²⁹, il che consentì di salvaguardare quello che era considerato uno dei patrimoni librari di maggior importanza dell’Ateneo Milanese. I volumi della parte moderna (secondo il sistema alfieriano, stampati a partire dal 1801), e l’imponente miscellanea ostetrico ginecologica, antica e moderna, giacquero ancora per vent’anni in iscantinati (ed indi in locali meglio condizionati), ma soprattutto restarono non catalogati fino ai primi anni Duemila: finalmente questo patrimonio, ricomposto nella sua unità, è entrato a far parte del Centro APICE ed è nella sua interezza a disposizione degli studiosi³⁰.

    Possiamo ora introdurre il Fondo Pepeu, che con questo catalogo vogliamo illustrare. Come si inserisce, quindi, il Fondo Pepeu in questo contesto? La storia ci dice che esso precede di un decennio il citato esempio del Fondo Alfieri. L’acquisizione dei volumi del medico triestino si inserisce anche nel contesto di strutturazione dell’insegnamento della Storia della medicina nell’Università degli Studi milanese, nel senso che appare essere il frutto di una spiccata sensibilità storico medica del ricevente. Non appare allora casuale che la donazione si sia realizzata presso l’Istituto di Medicina Legale.

    Il Fondo Pepeu³¹

    Premessa

    In questo nostro mondo digitalizzato, trattare di oggetti fisici, quali gli strumenti dell’attività medico chirurgica ed assistenziale od i libri, rischia di portare con sé la taccia di feticismo (o quantomeno di passatismo), di descrittivismo, attento solo agli ambiti interni e disattento alla storia delle idee od all’epistemologia ed alla metodologia.

    Rendendo invece il giusto valore alla biblioteconomia ed alla bibliografia, crediamo che segnalare l’esistenza di un fondo librario per metterlo poi a disposizione degli studiosi, ed al di là delle sue caratteristiche intrinseche (che saranno in seguito delineate), sia un fondamentale dovere di noi medici, che abbiamo a cuore anche gli aspetti storici della nostra professione e del nostro agire. Perciò il realizzare qualcosa, ancorché migliorabile, ci pare portatore di una sicura utilità, rispetto ai rischi dell’abbandono e dell’incuria. Riteniamo ineludibile il confronto con la salvaguardia dei beni culturali medico chirurgici ed assistenziali³², talché segnalare vale sempre quale primo passo per la conservazione, la condivisione e la fruizione. Insieme a noi medici interverranno poi gli specialisti della biblioteconomia e della bibliografia, a rendere concreta ed efficace la tutela e la valorizzazione.

    L’esempio che proponiamo deve essere anche ammaestrativo: il nostro lavoro, anche quello ritenuto più modesto, routinario, contiene in sé una valenza storica ineludibile, che abbiamo l’obbligo di tramandare. Le vicende legate alle vicissitudini del Fondo librario del quale ci occupiamo, devono farci riflettere anche sulla necessità di rinvigorire la memoria, quale tutela contro l’oblio e la dispersione (o la distruzione).

    Rivisitare la raccolta libraria del Clinico Francesco Emerico Pepeu (1822-1897) ci consente di conoscere non solo i suoi interessi professionali, ma anche le sue curiosità e la voglia di continuo aggiornamento. Tuttavia, anche se l’aspetto medico, in senso lato, parrebbe a prima vista il sottile filo conduttore dell’intera raccolta, costituito dall’interesse per la medicina nei suoi multiformi aspetti, se lo si considera nella sua globalità, in realtà l’attenzione di Pepeu si esprime anche sotto altri aspetti. Medico attento e studioso³³, Pepeu si dimostra anche strettamente legato al mondo professionale e accademico in cui si era formato e in cui opera: nella sua raccolta libraria emergono infatti anche quei momenti di amicizia, di affinità di intenti e di colleganza, che evidentemente gli sono sempre stati cari e che hanno rappresentato uno stimolo alla ricerca, allo studio e alla pratica clinica.

    Tuttavia, non troviamo solo questo: dal Fondo Pepeu traspaiono anche i temi del rispetto e della tutela dei pazienti e concittadini. In questo modo, noi pensiamo che nessuno potrà opporci di non avere compiuto quel che doveva essere compiuto: fare quel che deve essere fatto (e farlo bene, possibilmente) è un caposaldo dell’attività medico chirurgica, che quotidianamente ci mette a contatto con il valore del dubbio e con la responsabilità del nostro agire medico. Anche per quanto concerne la storia e le testimonianze della medicina del passato noi abbiamo, in quanto medici, lo stesso dovere e la stessa responsabilità.

    Alla ricerca del Fondo perduto

    L’idea che presso l’Università degli Studi di Milano esistesse una donazione di volumi di Medicina effettuata dal Prof. Francesco Pepeu (1887-1971), venne segnalata nel dicembre 2008 dalla Professoressa Donatella Lippi, docente di Storia della Medicina presso l’Università degli Studi di Firenze e confermata da un discendente del donatario, il prof. Giancarlo Pepeu (1930-2021³⁴), Emerito di Farmacologia dell’Ateneo fiorentino, contattato per avere informazioni più precise in merito. Quello che il professor Giancarlo Pepeu riferì fu di particolare importanza per ricercare e ritrovare ciò che avremmo poi identificato e definito con il nome di Fondo Pepeu. Si basava sui suoi ricordi di infanzia, giacché Francesco Pepeu aveva più volte riferito al figlio Giancarlo di aver donato la maggior parte dei libri del nonno, Francesco Emerico Pepeu (1822-1897), all’Università di Milano all’inizio degli anni ’30 del secolo scorso.

    Riguardo alla posizione del donatore Francesco Pepeu, medico triestino, sappiamo dalle fonti archivistiche milanesi consultate, che egli era stato dirigente del Reparto Sieri dell’Istituto Sieroterapico Milanese³⁵. Pepeu era stato abilitato alla Libera Docenza in Batteriologia e Immunologia con decreto Ministeriale 27 gennaio 1928; era stato definitivamente confermato nella Libera Docenza il 12 gennaio 1935 ed essa era stata depositata presso l’ateneo milanese fin dal suo conseguimento. Egli aveva insegnato nei corsi liberi e nei corsi di perfezionamento per medici approvati dalla Regia Università di Milano ed il suo nome risulta nell’elenco dei Liberi Docenti negli Annuari universitari milanesi fra il 1928-1929 ed il 1942-1943. Nel marzo del 1942 Pepeu decise di abbandonare le proprie attività milanesi per stabilirsi a Trieste, sua città di origine, per dirigere il locale Istituto Farmacoterapico Triestino³⁶. Fu proprio il riscontro del ritorno di Pepeu a Trieste a farci sospettare che, forse proprio all’epoca di questo suo trasferimento fosse avvenuta la donazione della Biblioteca del nonno Francesco Emerico alla Regia Università di Milano, e non nei precedenti anni Trenta.

    Per meglio indirizzare le ricerche in un modo costruttivo era quindi necessario avere qualche altra precisazione. Anche in questa occasione ci venne in aiuto l’erede della famiglia, professor Giancarlo Pepeu, il quale, cercando fra i documenti di famiglia ci fornì un ottimo indizio: trovò la lettera del Rettore dell’Università di Milano Professor Umberto Pestalozza (1972-1966), in data 15 Aprile 1942, con la quale si ringraziava il padre Francesco che aveva offerto "[…] in dono alla Biblioteca dell’Istituto di Medicina Legale di questa Università l’intera libreria del Vostro avo paterno [...]". Avevamo dunque definito con precisione il tempo della donazione ed avevamo anche un luogo preciso nel quale iniziare la nostra ricerca.

    Non restava che trovare ulteriori dati di conferma presso la nostra Università. Le nostre ricerche iniziarono presso l’Archivio Storico dell’Università degli Studi di Milano, conservato presso il Centro APICE (Archivi della Parola, dell’Immagine e della Comunicazione Editoriale). Dalla documentazione disponibile, la raccolta libraria risultava donata nell’aprile 1942 all’Istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni della Regia Università di Milano - allora diretto da Antonio Cazzaniga (1885-1973³⁷) - da Francesco Pepeu, che aveva ereditato la biblioteca medica dell’antenato. Proprio dal Registro di protocollo n. 45, registrazione in arrivo del 7 aprile 1942, apprendiamo della donazione libraria all’Istituto di Medicina Legale di Milano e del relativo invio di ringraziamenti da parte dell’Università al donatore in data 16 aprile 1942.

    Se la traccia documentaria della donazione era stata ritrovata e confermata, ci attendeva l’impresa più ardua: quella di ritrovare il Fondo librario presso l’Istituto di Medicina Legale, qualora i libri vi fossero effettivamente pervenuti e fossero giunti fino a noi. Dal Registro Inventario dei beni mobili infruttiferi di proprietà della R. Università di Milano, Istituto di Medicina Legale, categoria 3a libri, apprendemmo che un nucleo librario, donato da Francesco Pepeu, era stato inventariato. La data di ingresso della prima opera libraria ad esso riferibile era l’8 aprile del 1942 con n. di inventario 1562, mentre l’ultimo ingresso registrato era datato 18 settembre 1942, con il n. di inventario 2090. L’intervallo fra i citati numeri d’inventario era occupato anche da opere di altra provenienza, ma il numero di volumi del Fondo Pepeu appariva assai rilevante quantitativamente (nell’ordine di diverse centinaia di unità).

    Un altro tassello del puzzle era stato ricomposto: i libri erano effettivamente giunti all’Istituto di Medicina Legale dell’Università degli Studi milanese. Tuttavia, molta strada era ancora da percorrere, anche nel caso fortunato del riscontro della presenza dei libri donati.

    Perché mai la scelta della donazione era caduta sull’Istituto

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