Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il Consiglio dei Quattro
Il Consiglio dei Quattro
Il Consiglio dei Quattro
E-book183 pagine2 ore

Il Consiglio dei Quattro

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

I tre Giusti, Poiccart, Manfred e Gonsalez, si trovano ad affrontare un caso che darà loro del filo da torcere e che si rivela subito carico di pericoli, tanto che già nelle prime pagine rischiano l’arresto. Chi è il misterioso personaggio che interviene a trarli d’impaccio, e che, in questa avventura, diventerà il «quarto Giusto»? La fortuna sembra volgere le spalle ai Giusti, e a un certo punto Manfred si avvia verso il patibolo. Riusciranno i suoi compagni a escogitare un sistema per salvarlo?
LinguaItaliano
Data di uscita18 ago 2021
ISBN9788892966703
Il Consiglio dei Quattro
Autore

Edgar Wallace

Edgar Wallace (1875-1932) was a London-born writer who rose to prominence during the early twentieth century. With a background in journalism, he excelled at crime fiction with a series of detective thrillers following characters J.G. Reeder and Detective Sgt. (Inspector) Elk. Wallace is known for his extensive literary work, which has been adapted across multiple mediums, including over 160 films. His most notable contribution to cinema was the novelization and early screenplay for 1933’s King Kong.

Correlato a Il Consiglio dei Quattro

Ebook correlati

Classici per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Il Consiglio dei Quattro

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il Consiglio dei Quattro - Edgar Wallace

    GEMME

    frontespizio

    Edgar Wallace

    Il Consiglio dei Quattro

    Titolo originale dell’opera:

    The Four Just Men

    ISBN 978-88-9296-670-3

    Traduzione: Andrea Cariello

    © 2014 Leone Editore, Milano

    www.leoneeditore.it

    CAPITOLO I

    I Cento Rossi

    Non sta a me o a voi giudicare Manfred e le sue azioni. Dico Manfred, ma avrei potuto benissimo dire Gonsalez oppure Poiccart, dal momento che sono tutti ugualmente colpevoli o virtuosi, a seconda del punto di vista da cui li si vuole guardare. I più anarchici tra noi esiterebbero a prendere le loro difese, mentre i più umani farebbero fatica a condannarli.

    Dalla nostra prospettiva, quella di chi vive nei limiti della legalità e bada ai propri affari nel rispetto delle regole tenendosi incondizionatamente sulla sinistra o sulla destra in base alle direttive della polizia, i loro metodi risultarono atroci, indifendibili, ripugnanti.

    Non si corre il rischio di influenzare la vicenda se, in mancanza di un termine più preciso, chiameremo costoro criminali. Perché tali li giudicherebbe il genere umano. Tuttavia, penso – in verità ne sono certo – che essi rimarrebbero indifferenti a qualsiasi opinione espressa della razza umana. Inoltre, dubito fortemente che si aspettassero di essere celebrati dai posteri.

    Per quel che riguarda la loro azione nei confronti del ministro, si è trattato di omicidio, punto e basta. Eppure, considerate le forti implicazioni umanitarie, chi potrebbe definirlo un atto dannoso?

    Quanto ai tre uomini che hanno ucciso Sir Philip Ramon e che hanno colpito spietatamente in nome della giustizia, devo francamente ammettere di essere dalla loro parte. Ci sono crimini per cui non esiste una pena adeguata e offese che gli ingranaggi della legge non possono cancellare. È in questo che sta la motivazione dei Quattro Giusti, chiamati anche Consiglio dei Quattro, dal momento che è così che ora si autodefiniscono, un consiglio di intelletti elevati, privi di sentimenti.

    Poi, non molto tempo dopo la morte di Sir Philip e mentre in Inghilterra risuonava ancora l’eco di quell’avvenimento, si resero protagonisti di un’azione, o una serie di azioni, che valsero loro una sorta di approvazione non ufficiale da parte non solo del governo britannico, ma di tutti quelli europei. Quanto a Falmouth, il suo desiderio si era avverato, perché da quel momento in poi i Giusti dichiararono guerra ai grandi criminali internazionali – impiegando la loro energia, il loro ingegno e i loro straordinari intelletti contro la più potente organizzazione malavitosa che ci fosse –, ai consumati maestri di scorrettezze e a menti altrettanto argute.

    Per i Cento Rossi si trattava del giorno più importante della loro storia. Lo straordinario congresso si riuniva a Londra, il primo grande congresso dell’anarchismo riconosciuto. Non era una riunione clandestina di uomini frettolosi che si bisbigliano qualcosa in modo furtivo, ma un evento alla luce del sole e senza paura. C’erano tre poliziotti appositamente in servizio, tanto di addetto a ritirare i biglietti all’ingresso e persino uno stenografo con conoscenze di francese e yiddish per trascrivere le dichiarazioni più salienti.

    L’incredibile congresso era dunque un fatto compiuto. Non erano mancati quelli che, al primo spargersi della notizia, avevano riso all’idea: tra questi Niloff Vitebsk, che riteneva impossibile una tale apertura. E, invece, l’ideatore era stato proprio il piccolo Peter (si chiamava Konoplanikova ed era corrispondente dello strampalato Russkoye Znamza), aveva architettato l’intera faccenda: aveva avuto l’idea di organizzare un congresso dei Cento Rossi a Londra, aveva affittato la sala e messo in circolazione i biglietti (premurandosi di inserire in alto a sinistra il simbolo dei Cento, un triangolo rovesciato) chiedendo ai russi residenti nella capitale inglese e interessati alla costruzione di una Casa dei marinai russi di procurarsi i biglietti. E sempre lui si era premurato di trovare una sala a prova di interruzione. Ebbene sì, cari miei, per Peter quello era un grande giorno.

    Nel frattempo, l’ispettore Falmouth scriveva al vicecommissario di polizia:

    Con riferimento alla Sua comunicazione. La riunione indetta per questa sera alla Phoenix Hall, Middlesex Street, E., allo scopo di raccogliere fondi per la costruzione di una «Casa del marinaio russo» non è altro che il primo congresso internazionale dei «Cento Rossi». Non mi sarà possibile introdurre uno dei miei uomini, ma non ritengo che ciò importi molto, poiché i membri dell’assemblea non faranno che scambiarsi complimenti; i lavori importanti non cominceranno prima che il comitato interno si sia riunito.

    Allego lista dei membri già arrivati a Londra e mi permetto di chiederLe di inoltrarmi le fotografie dei suddetti.

    Fra gli altri c’erano anche tre delegati venuti da Baden, Herr Schmidt da Friburgo, Herr Bleaumeau da Karlsruhe e Herr von Dunop da Mannheim. Non si può dire che fossero esponenti di rilievo neanche nel mondo anarchico, ma, proprio per questo motivo, quanto accadde loro la sera dell’assemblea acquista maggior risalto.

    Schmidt, lasciata la sua pensione di Bloomsbury, si avviò di fretta in direzione est, era tardo autunno e cadeva una pioggerella gelata. Stava ponderando se recarsi all’appuntamento fissato con i suoi due compatrioti o farsi portare in taxi direttamente all’assemblea, quando si sentì afferrare per un braccio.

    Si voltò di scatto, portando la mano alla tasca posteriore dei pantaloni. Dietro di lui c’erano due uomini e, a parte loro, nessuno stava attraversando quella piazza deserta. Prima che potesse impugnare la sua Browning, gli immobilizzarono l’altro braccio e il più alto dei due aggressori gli chiese: «August Schmidt?».

    «Sono io.»

    «Lei è un anarchico?»

    «Questi sono affari miei.»

    «In questo momento è diretto a una riunione dei Cento Rossi?»

    Sinceramente stupito, Schmidt spalancò gli occhi. «E voi come fate a saperlo?»

    «Sono il detective Simpson, di Scotland Yard. Ho avuto l’ordine di arrestarla.»

    «E con quale accusa?» chiese il tedesco.

    «Questo glielo dirò più tardi.»

    L’uomo di Baden era atterrito. «Non sapevo che in Inghilterra fosse vietato manifestare delle idee.»

    In quel momento nella piazza entrò una macchina e, al fischio del più basso dei due, l’autista si accostò al gruppo.

    L’anarchico si rivolse all’uomo che lo aveva bloccato: «Vi avverto che dovrete rispondere di questo oltraggio» disse in preda alla collera. «Avevo un appuntamento importante e l’ho perso per le vostre stupidaggini…»

    «Dentro!» lo interruppe bruscamente il tizio alto.

    Schmidt salì in macchina e lo sportello si chiuse. Era solo e al buio. Quando l’auto partì, si accorse che il veicolo non aveva finestrini. Fu preso dall’insano proposito di scappare. Provò ad aprire lo sportello, ma… niente. Allora picchiettò con cautela l’interno dell’abitacolo, era rivestito con pannelli d’acciaio. «Una prigione su ruote» imprecò, rintanandosi in un angolo.

    Non conoscendo Londra, non aveva la minima idea di dove lo stessero portando. L’auto proseguì per una decina di minuti. Schmidt era confuso. Quei poliziotti non lo avevano perquisito, quindi aveva ancora la sua pistola addosso. Non avevano nemmeno provato a cercare eventuali documenti compromettenti. Non che ne avesse, eccetto il pass per la conferenza e… il codice segreto!

    Maledizione! Doveva distruggerlo. Allora infilò la mano nella tasca del cappotto. Vuota. Il sottile astuccio di pelle era sparito. Ebbe un tuffo al cuore, d’altronde quella dei Cento Rossi non era una bizzarra società segreta, ma un’organizzazione sanguinaria e più spietata con i propri membri incapaci che verso i suoi stessi nemici. Nel buio pesto della macchina, le dita di Schmidt frugarono nervosamente ogni tasca. Non c’era dubbio, i fogli erano scomparsi.

    La macchina si fermò interrompendo le sue ricerche. Sfilò adagio la pistola dalla tasca. Il tedesco si trovava in una situazione disperata, ma non era certo il tipo da tirarsi indietro di fronte a un pericolo. Pare che, una volta, un membro dei Cento Rossi avesse venduto un codice ai servizi segreti, scappando poi dalla Russia. C’era di mezzo anche una donna. Insomma, sembrava una squallida storiella che non vale nemmeno la pena di raccontare. Se non fosse che i due fuggirono insieme a Baden e lì vennero riconosciuti proprio da Schmidt, che ne aveva ricevuto le fotografie dal quartier generale. Così, una notte… Comprenderete che non accadde nulla di regolare. Visto che i dettagli dell’omicidio furono alquanto disgustosi, la stampa inglese lo definì un «omicidio rivoltante». Il maggior merito di Schmidt agli occhi dell’organizzazione fu che l’assassino non venne mai scoperto.

    Quando l’auto si fermò, all’anarchico tornò in mente proprio quell’episodio. Alla fine la polizia lo aveva scoperto? All’improvviso rivisse quella scena nella sua testa, sentì la voce dell’uomo… «No! No! Per l’amor del cielo, no!». Schmidt stava sudando. Lo sportello si aprì e lui armò furtivamente il cane della pistola.

    «Non spari» disse una voce dall’esterno, nell’oscurità. «Ci sono dei suoi amici.»

    Schmidt abbassò l’arma, aveva riconosciuto una tosse sibilante. «Von Dunop!» esclamò stupito.

    «E Herr Bleaumeau» aggiunse la stessa voce. «Dentro, tutti e due.»

    Due uomini entrarono in macchina, ma mentre uno era attonito e silenzioso – eccetto per la tosse sibilante – l’altro si lasciava andare a numerose imprecazioni.

    «Calma, amico!» sbraitava il corpulento Bleaumeau. «Datti una calmata o te ne pentirai.»

    Chiuso la sportello, l’auto ripartì. I due uomini rimasti fuori guardarono il veicolo sparire, svoltando l’angolo con dentro i suoi mesti passeggeri. Poi si incamminarono a passo lento.

    «Che tipi!» disse il più alto dei due.

    «Davvero» aggiunse l’altro. «Von Dunop… non è…?»

    «Quello che ha attentato alla vita del presidente svizzero con una bomba? Sì, proprio lui.»

    Il più basso sorrise nell’oscurità.

    «Ora dovrà passarsi una mano sulla coscienza, ammesso che ne abbia una» disse.

    Continuando a camminare in silenzio, la coppia svoltò in Oxford Street mentre l’orologio di una chiesa batteva le otto. Il tizio più alto sollevò il bastone e un taxi accostò al marciapiede.

    «Ad Aldgate» disse, ed entrambi entrarono in auto. Nessuno dei due aprì bocca fino a quando non infilarono Newgate Street, poi il più basso domandò: «Stai pensando a quella donna?».

    Quando l’altro annuì, lui si richiuse nel suo silenzio. Poi riprese: «Certo che è una grana non da poco… ma è anche la più pericolosa di tutti. È strano, se non fosse così giovane e bella non sarebbe per niente un problema. Siamo pur sempre uomini, caro George! Il Signore ci ha donato una parte irrazionale perché le questioni più futili non interferissero con il grande disegno. E il grande disegno vuole che gli esemplari maschi scelgano le femmine come madri dei loro figli».

    «Venenum in auro bibitur» citò l’altro, dimostrando di essere un detective fuori dal comune «e per me fa poca differenza che un folle assassino sia una donna splendida o un negro deforme.»

    Scesero dal taxi ad Aldgate Station ed entrarono in Middlesex Street. Il luogo stabilito per l’adunata era una sala costruita in origine da un fervente cristiano con la mania di voler convertire gli ebrei alla chiesa presbiteriana. E per tale lodevole intento era stata inaugurata in pompa magna e al suono d’inni sacri. Lo stesso donatore aveva parlato per due ore e quaranta minuti. Ma dopo un anno di fatiche, quel gentiluomo cristiano dovette prendere atto che i vantaggi del cristianesimo facevano leva soltanto sugli ebrei molto ricchi, sui Cohen che diventavano Cowan, sugli Isacco che si trasformavano in Graham e su quei bizzarri ebrei disonesti che stanno ai loro confratelli come i cafri bianchi alla comunità europea. Così il posto passò di mano in mano e, non avendo ottenuto il permesso per eventi musicali o di ballo, tornò a essere nuovamente utilizzato come missione. Generazioni di ragazzini ne avevano distrutto le finestre e imbrattato i muri; altre generazioni di affissioni abusive ne avevano consumato la spoglia facciata. Nulla lasciava presagire che quella sera, tra le sue mura, stesse per avere luogo un avvenimento di grandissima importanza. Nessun tipo di riunione, che fosse di russi o yiddish, avrebbe turbato la tranquillità di Middlesex Street. D’altronde, ci sarebbero stati solo tre poliziotti e un usciere anche se il piccolo Peter avesse apertamente annunciato il congresso dei Cento Rossi.

    I due uomini consegnarono le metà forate dei loro biglietti all’usciere, un uomo vestito in maniera impeccabile che sfoggiava sul petto le medaglie delle campagne in Chitral e Sudan; attraversarono l’ingresso e si trovarono in una sala più piccola. Sulla porta dal lato opposto della stanza si trovava un uomo dal fisico asciutto e con una barba rada. Gli occhi arrossati e vacui, portava delle specie di anfibi ben stretti e faceva degli scatti con la testa in avanti e ai lati che lo facevano somigliare a una gallina curiosa. «Parola d’ordine?» chiese in un buon tedesco.

    Il più alto dei due lanciò una rapida occhiata all’uomo di guardia in cui tutto attirava l’attenzione, dai lucidi anfibi di cuoio alla vistosa catena dell’orologio, e poi rispose in italiano: «Niente!».

    Il volto del guardiano si accese compiaciuto a sentire quell’idioma familiare. «Passa, amico. Che bello sentire questa lingua.»

    L’aria della sala gremita

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1