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Sherlock Holmes a Roma
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E-book324 pagine14 ore

Sherlock Holmes a Roma

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Info su questo ebook

ROMANZO (205 pagine) - GIALLO - Holmes e Watson in un intrigo internazionale in cui le spie di alcuni paesi europei si fronteggiano senza esclusione di colpi

Nella fitta nebbia di Londra, come nelle autunnali e limpide giornate romane, Sherlock Holmes è sempre all'altezza della sua fama. In Italia, con Watson, per un'indagine poliziesca su tre quadri e due morti, il grande investigatore si ritroverà coinvolto in un intrigo internazionale in cui le spie di alcuni paesi europei si fronteggiano senza esclusione di colpi. Doppie identità, omicidi e travestimenti sono infatti gli ingredienti di questa storia ricca di colpi di scena. Nella Roma di fine Ottocento i protagonisti incontrano alcuni personaggi storici dell'epoca, e sono attratti dalle inquietanti suggestioni della città e dai curiosi aspetti della sua vita quotidiana.

Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, scrittori in proprio, da tempo firmano insieme saggistica e narrativa poliziesca, svolgendo un'ideale "detection" sui tanti generi che il giallo ha prodotto nel suo secolo e mezzo di vita. I loro ultimi lavori sono: "Ladri e guardie" (Editori Riuniti, 2007), "Un delitto elementare" (Sovera 2008), "Teoria e pratica del giallo" (Edizioni Conoscenza, 2009) e l'ebook "Clandestini" (ilpepeverde.it, 2014). Luigi Calcerano scrive anche di fantascienza, con Loredana Marano ha pubblicato "L""'""ultima Eneide" (Bonaccorso, 2014). Giuseppe Fiori, nel suo ultimo lavoro "La conversazione sparita" (Manni, 2013), tesse un sottile elogio della conversazione nel secondo dopoguerra.  
LinguaItaliano
Data di uscita14 lug 2015
ISBN9788867758586
Sherlock Holmes a Roma

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    Anteprima del libro

    Sherlock Holmes a Roma - Luigi Calcerano

    a cura di Luigi Pachì

    Luigi Calcerano, Giuseppe Fiori

    Sherlock Holmes a Roma

    Romanzo

    Prima edizione luglio 2015

    ISBN 9788867758586

    © 2015 Giuseppe Fiori, Luigi Calcerano

    Edizione ebook © 2015 Delos Digital srl

    Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano

    Versione: 1.0

    TUTTI I DIRITTI RISERVATI

    Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate.

    Informazioni sulla politica di Delos Books contro la pirateria

    Indice

    Il libro

    Gli autori

    Sherlock Holmes a Roma

    1. SOS per un detective

    2. L'arrivo a Roma

    3. Indagine a Muro Torto

    4. L'albergo al Pantheon

    5. Un senatore del Regno

    6. Watson a San Clemente

    7. Il messaggio del morente

    8. Irregolari nel Bosco Parrasio

    9. Un incontro ad alto livello

    10. Furto al Ministero degli Esteri

    11. Due personaggi al di sopra di ogni sospetto

    12. Quadri veri, quadri falsi

    13. La passatella a piazza de' Renzi

    14. Carabinieri a Trastevere

    15. Un incarico per Holmes

    16. La lettera di Mycroft

    17. I misteri della pittura

    18. Gli studenti manifestano

    19. Di fronte a Paolina Borghese

    20. Una Storia di spie

    21. Nelle mani di von Rahtzen

    22. Un salvataggio alle Sette Sale

    23. La carica degli irregolari

    24. Collodi e D'Annunzio all'Ambasciata inglese

    25. Un caso di avvelenamento

    26. Due gentili signore

    27. Nelle viscere di Roma

    28. Sulla Buckingham

    Epilogo

    Delos Digital e il DRM

    In questa collana

    Tutti gli ebook Bus Stop

    Il libro

    Holmes e Watson in un intrigo internazionale in cui le spie di alcuni paesi europei si fronteggiano senza esclusione di colpi

    Nella fitta nebbia di Londra, come nelle autunnali e limpide giornate romane, Sherlock Holmes è sempre all’altezza della sua fama.

    In Italia, con Watson, per un'indagine poliziesca su tre quadri e due morti, il grande investigatore si ritroverà coinvolto in un intrigo internazionale in cui le spie di alcuni paesi europei si fronteggiano senza esclusione di colpi. Doppie identità, omicidi e travestimenti sono infatti gli ingredienti di questa storia ricca di colpi di scena.

    Nella Roma di fine Ottocento i protagonisti incontrano alcuni personaggi storici dell’epoca, e sono attratti dalle inquietanti suggestioni della città e dai curiosi aspetti della sua vita quotidiana.

    Gli autori

    Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, scrittori in proprio, da tempo firmano insieme saggistica e narrativa poliziesca, svolgendo un’ideale detection sui tanti generi che il giallo ha prodotto nel suo secolo e mezzo di vita. I loro ultimi lavori sono: Ladri e guardie (Editori Riuniti, 2007), Un delitto elementare (Sovera 2008), Teoria e pratica del giallo (Edizioni Conoscenza, 2009) e l’ebook Clandestini (ilpepeverde.it, 2014).

    Luigi Calcerano scrive anche di fantascienza, con Loredana Marano ha pubblicato L’ultima Eneide (Bonaccorso, 2014).

    Giuseppe Fiori, nel suo ultimo lavoro La conversazione sparita (Manni, 2013), tesse un sottile elogio della conversazione nel secondo dopoguerra.

    1. SOS per un detective

    Nel rivedere i miei appunti ho sempre selezionato per la pubblicazione quei casi che più illustravano le specialissime doti intellettuali del mio amico Sherlock Holmes e il suo metodo di indagine strettamente scientifico, che ha rivoluzionato, in pochi anni, i sistemi di Scotland Yard e delle polizie di tutta Europa. Fino a oggi mi era stato impossibile rendere di dominio pubblico il susseguirsi degli avvenimenti incredibili connessi al caso del Caravaggio bruciato, legato com'ero al silenzio dalla stessa fedeltà agli interessi del mio paese.

    Nei sotterranei della Banca Cox & Co. è rimasto per anni custodito il resoconto sommario di questo come di altri casi che non potevano essere divulgati perché coinvolgevano importanti segreti di Stato o fatti che potevano ledere il buon nome di innocenti e sfortunate famiglie.

    Ora che gli eventi storici hanno fatto il loro corso mi è peraltro possibile rendere ancora una volta omaggio a quelle straordinarie capacità analitiche che hanno reso famoso Holmes in tutto il mondo e che in questo caso hanno avuto modo di rivelarsi a più di duemila chilometri da Londra.

    Era una mattinata nebbiosa. Vedevo sopra i tetti un velo sporco come il fango di cui erano ricoperte le strade. La lettera che avevo ricevuto quella mattina da parte di mio zio Henry Doyle, direttore della National Art Gallery di Dublino mi bruciava nella tasca del pastrano.

    Caro John,

    un mio carissimo amico è nei guai. Avrai sentito parlare, qualche tempo fa, della tragedia dei capolavori bruciati a Roma, Palazzo Borghese. Un Caravaggio e un Dürer! Morelli, il mio amico era nel museo, quella notte, ma nessuno sano di mente potrebbe accusare lui di aver solo pensato di distruggere quei capolavori, piuttosto si sarebbe tagliato un braccio. Sospetto una macchinazione politica. È un parlamentare e, da giovane, è stato un patriota italiano molto noto, credo.

    Potresti convincere il tuo amico detective a recarsi in Italia a toglierlo d'impaccio? Te ne sarei riconoscente e potresti così smetterla di dire che rimarrai sempre in debito nei miei confronti. Fa presto perché li la polizia va per le spicce, mentre la magistratura va per le lunghe. Telegrafami appena ricevi la lettera se ci sono speranze di smuovere Sherlock Holmes.

    Tuo zio Harry

    P.S. Ho appena scoperto qui nel convento dei gesuiti, un quadro straordinario, La cattura di Cristo nell'orto con Giuda che trattiene Gesù per una spalla. Che storia di tradimento! Sospetto ci sia la mano di Caravaggio, solo il genio di Morelli potrebbe risolvere il caso."

    Quando rientrai nell'appartamento al 221/B di Baker Street, Holmes s'era già alzato e lavorava all'angolo destinato agli esperimenti chimici. In una storta un liquido bolliva tumultuosamente, alla fiamma blu di un becco Bunsen.

    Alzò appena gli occhi e mi fissò per un attimo senza dar l'impressione di avermi riconosciuto; quello che stava facendo doveva essere molto importante e mi sedetti in poltrona ad aspettare. L'ampia stanza, che prendeva luce e aria da due finestroni, era nel solito disordine: non sono mai stato una persona particolarmente ordinata ma fin dai primi giorni di convivenza m'ero dovuto adattare a un compagno di camera impossibile per chiunque. Il tabacco, fortissimo, conservato in una babbuccia persiana, la posta trafitta da un coltello al centro della mensola di legno del caminetto, i sigari nel secchio del carbone e la parete istoriata da patriottiche lettere V disegnate coi fori delle sue revolverate.

    Scossi la testa. Lo Stradivario che aveva scoperto da un rigattiere era fuori dall'astuccio, vicino allo scaffale ricolmo di fascicoli, appunti personali e monografie edite e inedite, in cui Holmes archiviava tutte le informazioni che riteneva potessero prima o poi servirgli per le sue indagini.

    Avvolto nella sua vestaglia color topo, il mio amico trafficava con una bottiglia e una provetta, traendone gocce di un liquido colorato con una pipetta di vetro.

    – Ricordate la prima volta che ci incontrammo, Watson? – mi domandò poggiando la pipetta sul piano del banco.

    – Sto applicando la mia scoperta di allora, sarò a vostra disposizione tra un minuto. Hanno portato i vostri sigari. – Non avevo voglia di fumare. Mi alzai dalla poltrona e mi avvicinai prima al caminetto e poi a una finestra. Holmes non era di buonumore. Per quanto ne sapevo era poco propenso a farsi sedurre dalle bellezze del paesaggio italiano, preferiva vivere in mezzo a cinque milioni di persone in una città come Londra, dove si muoveva come in una foresta., attento a cogliere tracce, indizi di un crimine o di una personalità, con la sua eccezionale capacità di osservazione.

    Traversai il tappeto di pelle d'orso, piuttosto spelacchiato, che s'era di recente arricchito di un'altra vistosa macchia d'acido. Fuori aveva cominciato a piovere. Il vento ululava giù per Baker Street e la pioggia tempestava contro i vetri. Ormai riuscivo a malapena a distinguere il muro giallastro del palazzo dall'altra parte della via.

    Andai a raccogliere lo Stradivario, con tutta la delicatezza di cui ero capace e ne sfiorai le corde. Anche quello era un mistero italiano, uno strumento di cui non s'era più riusciti a ricreare l'inimitabile suono. Stavo ancora fantasticando sull'Italia, dove tanti compatrioti si recavano a completamento della loro formazione culturale, quando Holmes diede una esclamazione soddisfatta. Si avvicinò alla scrivania, scrisse velocemente due biglietti e li consegnò alla signora Hudson; solo dopo si rivolse ver so di me con un mezzo sorriso.

    – Avete ragione Watson, l'Italia meriterebbe una nostra visita di questi tempi, non fosse altro che per il clima. Siete stato fortunato a non bagnarvi quando siete andato a spedire quel vostro telegramma a Dublino.

    – È vero – ammisi sollevato dal fatto che la conversazione andasse per il senso voluto, prima di accorgermi che Holmes aveva fatto ancora esercizio di serendipity, della sua capacità di fare trovate geniali e apparentemente gratuite in base a dati scarsissimi, quasi insignificanti. Era il suo modo di leggere il pensiero che non mancava mai di stupirmi.

    – Suppongo che anche stavolta la spiegazione successiva sarà abbastanza semplice! – commentai mentre prelevavo un sigaro dal secchio.

    – Tanto semplice che sarei tentato di non svelare il mio procedimento mentale.

    Per l'esperimento riuscito o per il mio sincero apprezzamento, ora Holmes sorrideva apertamente. Accavallò le lunghe gambe e intrecciò le dita attorno alle ginocchia ossute.

    – Non è particolarmente degno di nota costruire una serie di illazioni basate sull'osservazione. L'effetto sorprendente si ottiene tacendo gli anelli centrali del ragionamento e presentandosi davanti al pubblico solo col punto di partenza e la conclusione.

    Accese una sigaretta e io attesi la spiegazione che non sarebbe tardata.

    – Vi siete precipitato fuori questa mattina presto e dal fango rossastro con cui avete sporcato la nostra povera pelle d'orso ho potuto inferire che siete stato all'ufficio postale. Ci vado spesso anch'io, con gli stessi risultati per le mie scarpe. Terra di quel colore non mi risulta che, a Londra, esista altrove. Poiché perfino da qui vedo che in casa ci sono francobolli in abbondanza, ho dovuto supporre che abbiate dovuto fare un telegramma.

    – Sia pure, ma perché a Dublino?

    – Che il destinatario fosse vostro zio, Henry Doyle, che s'occupa d'arte a Dublino, ho potuto arguirlo dalla busta che in parte fuoriesce dalla tasca del vostro pastrano. Reca lo stemma verde della National Art Gallery, uno stemma che già altre volte avevo notato nella vostra corrispondenza. Abbiamo parlato di lui circa un mese fa, quando i giornali erano pieni di sdegno per le tele bruciate a Roma, veri e propri capolavori a quanto pareva; l'abduzione che suo zio le abbia proprio oggi scritto in merito non mi è parsa peregrina.

    Mio malgrado sorrisi. Tutto si concatenava alla perfezione.

    – Tempo fa mi avevate raccontato – prosegui cominciando a caricarsi la pipa – dello strano caso del Raffaello falso, che solo la speciale tecnica elaborata da un amico italiano di vostro zio aveva potuto identificare, salvando vostro zio da una figuraccia e il Museo da una truffa. Il nome dell'intenditore, Morelli, m'era rimasto vagamente familiare e l'ho ricordato vedendolo riportato nell'articolo. Niente di strano che vostro zio vi avesse scritto pregandovi di coinvolgere le mie abilità professionali nel caso. Che pensaste all'Italia mi è stato confermato da come avete preso in mano il mio violino. Lo avete pizzicato come un mandolino. Avete poi guardato fuori dalla finestra la furia del nostro autunno e avete dato un'occhiata al barometro. Ci voleva poco a pensare che una nostra gita in Italia sarebbe stata giustificata anche solo dal bel clima mediterraneo che vi avremmo trovato.

    S'era tolto la pipa di bocca e aveva emesso una fitta nuvola di fumo, non sorrideva più.

    – Ritenete il caso abbastanza interessante? – lo sondai confortato di trovarlo così ben disposto. – Quasi certamente si sarà trattato di un teppista o di un anarchico, so che in Italia ve ne sono bande numerose…

    Holmes si alzò quasi infastidito. – Quante volte vi ho raccomandato di non balzare a conclusioni affrettate, che poi intralciano nella raccolta obiettiva dei dati.

    Tornò all'angolo degli esperimenti chimici e prese a riordinare il tavolo.

    – Non si poteva, apparentemente né uscire né entrare, da Palazzo Borghese, ma, secondo i resoconti della stampa, un uomo è morto avvelenato e tre quadri, di diverse dimensioni, sono stati distrutti. Tutto potrebbe spiegarsi se Morelli potesse essere sospettato d'aver bruciato quei due capolavori. .., i capolavori erano due, del terzo quadro, mi pare, nessuno si preoccupa gran che.

    – Mio zio giura sull'innocenza di Giovanni Morelli…

    – Ma sì, ma sì, Watson, non vi posso negare questa cortesia; suppongo abbiate già consultato gli orari ferroviari, se ci sbrighiamo potremo prendere un buon treno per Dover domani mattina…

    2. L'arrivo a Roma

    Arrivare a Roma mi procurò una notevole emozione. All'uscita dalla Stazione Termini ci guardammo soddisfatti: il lungo viaggio non ci aveva stancato troppo e credo che perfino l'imperturbabile Sherlock Holmes fosse contento di passare qualche giorno in questa città piena di storia. Il sole, che non ci aveva mai abbandonato da quando eravamo entrati in territorio italiano, era ancora abbastanza alto nel cielo e l'aria sembrava davvero più leggera e profumata di quella che si poteva respirare nel nostro paese. M'ero portato da leggere in viaggio il libro che il nostro connazionale Charles Dickens aveva scritto durante il viaggio che, una quarantina di anni prima, aveva fatto in Italia e confrontavo le mie prime impressioni italiane con le sue.

    Dickens aveva assistito a una esecuzione capitale, vicino alla chiesa di S. Giovanni Decollato e le catacombe gli avevano procurato cattive suggestioni tanto che le pagine su Roma erano tutte alquanto sbigottite e piene di inquietudine. Poiché la nostra avventura faceva prevedere al massimo qualche visita a una delle più belle collezioni d'opere d'arte del mondo, speravo di essere più fortunato, di potermi godere la città solare di cui parlavano tutti quelli che venivano in Italia a completare la loro educazione.

    Fin da Calais come compagno di viaggio avevamo avuto in sorte un piccolo frate irlandese che tornava a Roma dopo una breve visita ai suoi parenti di Tipperary. Padre Flann O'Hara, che era non soltanto un latinista ma anche un profondo conoscitore della lingua italiana e tedesca, mi aveva sottoposto alla prova di un metodo di sua invenzione per padroneggiare la musicale lingua degli italiani a partire da quel po' di latino che mi avevano cacciato a forza nella testa mentre studiavo medicina all'Università di Londra.

    Holmes che già si arrangiava nella lingua, sembrò profittare più di me di quel corso intensivo, ma fuori della stazione mi scoprii in grado di leggere alcune delle insegne più importanti e di cogliere qua e là qualche parola. Il piazzale della stazione era vasto e assolato e le palme che vedevamo ci annunziavano il tanto atteso clima mediterraneo; dal ristorante sulla destra proveniva un odore invitante, ma preferimmo cercare una carrozza per andare subito in albergo a rinfrescarci e depositare i bagagli. Un ragazzetto ci si accostò lievemente esitante. Aveva i capelli biondi tirati sugli occhi azzurri; indossava una camicia bianca che aveva visto giorni migliori e pantaloni a tubo blu in tela grezza di Genova. Le cuciture di filo bianco rifinivano vistosamente, come impunture, la linea dell'indumento e davano al giovane una strana aria da cow-boy del Far West americano.

    Attraversato un tratto della piazza, Holmes si era fermato e osservava con sospetto il ristorante alla destra del palazzo della stazione quando il ragazzetto gli si accostò e lo tirò per un lembo della mantellina.

    – Se i signori debbono pranzare è meglio sbrigarsi – disse in perfetto inglese. Qui vicino c'è una carrozza e conosco un ottimo albergo, servizio accurato, bella posizione in vista del Pantheon, frequentato da molti cittadini britannici.

    Guardammo meccanicamente verso il quadrante del grande orologio sulla facciata della stazione.

    Nonostante i miracoli fatti dal frate, quel ragazzo che parlava la nostra lingua mi sembrò provvidenziale, sicché senza neanche consultare Holmes gli affidai la mia borsa e mi disposi a seguirlo di buon grado.

    Come per magia, appena il ragazzo ebbe fatto un gesto, una carrozza si materializzò accanto a noi.

    – Questa è la tipica carrozza che i romani chiamano botte – volle spiegarmi Holmes. – Probabilmente il nome deriva dal francese tonneau, che a Parigi peraltro si riferisce solo a una specie di vettura leggera a due ruote.

    La nostra carrozza era però solidamente piantata su quattro ruote e poteva comodamente ospitare cinque persone. Il ragazzo si accomodò sullo strapuntino e, gesticolando in perfetto stile italiano, ci fece da cicerone durante il viaggio.

    Imboccammo ben presto un grande viale alberato in lieve declino, qua e là dissestato per lavori in corso. Ai bordi v'erano cumuli di selci quadrati, che il ragazzo definì sampietrini, accanto a fanali a gas molto simili a quelli di Londra. Sui marciapiedi a lastroni si poteva vedere, nonostante il caldo, un vivace via-vai di gente che osservava i negozi e faceva shopping. Lo stesso vetturino volle comunicarci che si trattava di via Nazionale, annunciandoci che poco più avanti si trovava il famoso teatro Costanzi, dove venivano eseguite le opere di Verdi.

    Un omnibus sferragliante con una coppia di nervosi cavalli neri ci passò accanto evitando di misura due biciclette e una carrozza a tre posti che tentavano di attraversare la strada.

    Mi accorsi che Holmes, fino a pochi istanti prima interessato alle chiacchiere del ragazzo e alla strada, aveva sfilato da sotto uno strapuntino un giornale ripiegato e si era immerso nella lettura. Un giornale in italiano era troppo per me sicché mi distrassi ancora a osservare come il traffico, in pratica, non fosse affatto regolato. Le carrozze tenevano la sinistra come a Londra, certo, ma non si vedeva l'ombra di un policeman e ogni cocchiere faceva in pratica quello che gli pareva, infischiandosi di pedoni e crocevia.

    – Non fa una strana impressione, Holmes, questo traffico cosi caotico?

    Il mio amico non rispose, aveva posato il giornale ed era tanto assorto nei suoi pensieri che nessuna veduta romana avrebbe potuto distrarlo.

    Nemmeno la maestosa mole del Pantheon, nella piazza dove si trovava il nostro albergo, ottenne un'occhiata da turista e mentre io cercavo di pagare il vetturino tentando di tener d'occhio il cambio e quel complicato sistema decimale, Holmes era sceso di corsa dalla carrozza ed era entrato nella hall.

    Quando mi volsi per dare qualcosa al ragazzo mi accorsi che questi era scomparso. Il dispiacere per non aver tempestivamente premiato la sua sveltezza fu di breve durata perché presto avrei dovuto rivederlo.

    Il portiere voleva mostrarci le nostre camere, con vista sulla piazza, ma Holmes lo liquidò in maniera sbrigativa e mi afferrò per un braccio.

    – Watson presumo che il libro che vi sporge dalla tasca sia una guida di Roma. Tirate fuori la pianta della città. Voglio controllare la posizione di Villa Borghese. Andremo subito se non è troppo lontana.

    L'ultimo giorno di viaggio era stato disastroso e, francamente, la fretta di Holmes di fare un sopralluogo appena arrivati a Roma mi parve eccessiva. Studiandomi di far trapelare appena il mio disappunto mi limitai a osservare che probabilmente a Palazzo Borghese la scena del delitto si sarebbe conservata nelle stesse condizioni almeno fino alla mattina dopo.

    Mi accorsi subito che le mie parole avevano fatto sorridere Holmes, che si degnò di replicare. – Dovevamo venirci addirittura due giorni fa per trovare qualcosa. Tra curiosi, poliziotti, cani e pecore rischiamo di non trovare assolutamente nulla del momento del preteso suicidio…

    – Pecore e cani a Palazzo Borghese?

    Holmes interruppe un attimo la sua marcia avanti a me e mi scoccò un'occhiata addolorata. – No. Pecore e cani a Villa Borghese, il palazzo dev'essere da tutt'altra parte.

    Qualcosa della mia espressione perplessa e affamata dovette commuoverlo se si degnò di spiegarmi finalmente qualcosa.

    – Caro Watson, dovete scusarmi – disse mentre mi stringeva la mano. – Ancora una volta, immerso com'ero nei miei pensieri, ho trascurato di mettervi a parte di qualcosa di importante. Consentitemi di riparare. Nel Messaggero, il giornale italiano che ho scorso sulla carrozzella, era riportata in prima pagina con notevole evidenza la notizia del suicidio di un nostro connazionale residente a Roma, uno scozzese di nome Wayne, Douglas Wayne. Un articolo stranamente reticente, nessun particolare degno di nota e, quasi, la convinzione che non sia strano per un cittadino britannico venire a suicidarsi a Roma. Il luogo dove è stato ritrovato il cadavere non è lontano dall'albergo… Perché una volta tanto non dovremmo seguire l'istinto più della ragione? Dopo tutto siamo in Italia… Affrettiamoci, si tratta in fondo di un dovere verso un nostro connazionale…

    3. Indagine a Muro Torto

    Eravamo usciti da porta del Popolo quando Holmes piegò a destra, rasente le mura. Ci trovammo in uno dei luoghi più cupi e sinistri della città. Il vicolo del Muro Torto puzzava di muffa e acqua putrida e non si vedeva anima viva. Calcolai che avremmo avuto

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