Il nomadismo conviviale: Manuale semiserio di bon ton
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Info su questo ebook
Fiorella Chiappi. Psicologa, psicoterapeuta e scrittrice livornese, intervalla i momenti di lavoro e cura familiare con ogni forma di vita sociale: partecipazione alla vita associativa, cene e feste, anche danzanti.
Da molti anni alterna, inoltre, la scrittura saggistica con la piacevole composizione poetica o produzione di testi teatrali, fra cui Chiappi F. Vannini A. M.,Conte M. (2009) La Trilogia della Livornesità, Livorno: Debatte Editore; Chiappi F. Vannini A. M. (2021) Livorno Teatro dei Teatri. Livorno: PM.
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Anteprima del libro
Il nomadismo conviviale - Fiorella Chiappi
Introduzione
Questo libro si rivolge a chi ama sentirsi cittadina o cittadino del mondo e che, all’idea di pensarsi solo come facente parte di un paese, di una città, di una nazione, si sente un po’ soffocare. Per queste persone un obiettivo interessante nella vita diviene ovviamente quello di poter passare da un mondo
all’altro. Cosa facile a dirsi, ma molto più difficile a farsi!
Cominciamo dicendo che il mondo e, di conseguenza quella sua parte che è la nostra Italia, non è ciò che vediamo rappresentato in televisione. È molto di più! Più vario, diverso, complesso e, per questo motivo, veramente interessante, talvolta inaspettatamente emozionante, di tanto in tanto buffo e, in alcuni casi, insopportabile, ma pur sempre attraente per chi è curioso delle umane cose.
Non arriveremo – mettiamoci l’animo in pace – a conoscerlo tutto!
Salvo alcune eccezioni di nomadismo estremo
, tutti dobbiamo lavorare, dormire, occuparci di noi, delle persone care, della casa e non sempre abbiamo tempo, soldi e opportunità per allontanarci troppo dalle nostre quattro mura.
Se vogliamo, peraltro, intraprendere il cammino che porta a essere un po’ cosmopoliti, non possiamo non cominciare a praticare quella forma di disciplina, che è il nomadismo conviviale
.
Chi imposta la vita da stanziale può solo raccontarsi, un po’ conoscersi, ma come fa a parlare degli altri?
Qualcuno potrebbe dire che c’è chi conosce il mondo studiando, andando su Internet e per social!
Tutte balle!
Per capire gli altri, occorre avere la voglia di frequentare le persone più disparate, anche chi non ci piace a pelle. E per saperci stare bene assieme, serve guardarli, vederli e, ogni tanto, imparare a evitarli.
Attenzione! Il nomadismo, di cui ci stiamo occupando, non può essere praticato per dovere, ambizione e potere, ma solo per il gusto di scoprire e scoprirsi.
È una forma particolare della sindrome di Ulisse con tutte le sue varie manie di esplorazione.
Si sa da dove si parte, ma non si sa dove si arriva.
L’unica cosa certa è che ogni incontro un po’ ci cambia. E, se questo non avviene, non siamo dei veri nomadi, ma solo degli stanziali a spasso.
Gennaio 2023
I. La vita salottiera
Dio ci ha dato la vita...
tocca a noi darci alla bella vita!
O. Wilde
1. Il benessere conviviale
Stare bene, stando con gli altri
è senz’altro lo slogan tipico dei nomadi conviviali, di quanti praticano nelle loro frequentazioni un po’ di devozione ad Afrodite: la dea dell’amore, del piacere condiviso. E guardate non è cosa da poco, perché richiede di puntare dritti verso quest’obiettivo, con lo spirito delle discipline interiori, quali quelle Zen: dal tiro con l’arco¹ a tirare in su.
Non riescono, pur se sostenuti da mentori eccellenti, quanti non imparano a concentrarsi su questa sorta di mantra: Voglio star bene, stando bene con gli altri!
Non ce la fanno, pur frequentando innumerevoli corsi sul bon ton, anche quelli che sono sempre pronti a vedere il bicchiere mezzo vuoto, criticare continuamente, esprimere i loro rancori da ferite narcisistiche vecchie e nuove, scaricare sui compagni di serata i loro stress, risentimenti e torti subiti, appesantire il clima con resoconti di tragedie, morti, malattie e problematiche irrisolvibili di ordine politico, ambientale, economico…
Non c’è niente da fare! Chi ha lo sguardo e l’animo sempre scuro non è indicato e soprattutto diventa un elemento di disgregazione del piacere comune. Una sorta di virus vagante che può creare potenti pandemie in giro per il mondo e riportare tutti a casa davanti al Grande Fratello o all’interminabile serie di telefilm americani a base di cadaveri squartati o di fiction italiane con amori sempre disastrati!
Per praticare il nomadismo conviviale occorrono, invece, persone gioiose, allegre, vivaci, curiose, amanti dell’antico gioco dello stare bene assieme
su cui alcuni nostri avi hanno costruito buona parte della nostra civiltà.
1 Nel libro Lo Zen e il tiro con l’arco (Adelphi, 1975) il professore di filosofia Eugen Herrigel spiega cosa occorra imparare in questa antica arte per fare centro.
2. Il talento per le relazioni sociali
Chi ha nelle vene la passione per il nomadismo sociale, in genere, comincia molto presto: fin dai primi anni di vita. Da bambino, è felice se sta assieme agli altri e, da grande, s’irrita o si deprime, se qualcosa – lavoro, impegni, doveri – o qualcuno – compagno, compagna, moglie, marito – lo tiene troppo lontano dagli altri umani, soprattutto se piacevoli e divertenti.
Levatemi tutto, ma non levatemi la gente
è il suo credo.
Questo non vuol dire che debba sempre stare in compagnia, anzi, come tutti i veri creativi, dopo periodici bagni di folla, possibilmente nuova, ha bisogno di immergersi nella sua solitudine meditativa.
Tutto ok per chi è consapevole di avere questo talento.
Qualche problema, invece, per chi non sa di essere così. Rischia di vivere come un brutto anatroccolo
in mezzo a stanziali incalliti
.
Spesso è l’incontro con un altro cigno
che lo aiuta a spiccare il volo.
Non è tutto oro quel che luccica, però, perché il nomade sociale, mosso sempre dalla voglia di conoscere, all’inizio sottovaluta i rischi dell’esplorare mondi inediti.
Il moderno viaggiatore può essere geniale, equilibrato e riflessivo, ma quando si tratta di conoscere gente nuova diventa inevitabilmente impulsivo. Per questo motivo è opportuno educarlo fin da piccolo alle grandi opportunità del viaggiare fra persone, ma anche ai rischi inevitabili e alle strategie per gestirli, se non prevenirli.
Come Ulisse bisogna saper uscire dall’antro di Polifemo!
Andare per case, per ambienti diversi vuol dire conoscere una varia umanità, imparare abitudini e stili sconosciuti, acquisire abilità sociali sempre più raffinate, ma anche trovarsi in situazioni di possibile disagio, emarginazione o noia lancinante. E la noia è la nemica più temuta da chi è affetto dal nomadismo conviviale!
3. L’autovalutazione conviviale
Non tutti siamo portati per il nomadismo conviviale.
Nessun problema!
Basta rendersi conto, a un certo punto della vita, quale direzione hanno preso i nostri talenti
.
A questo proposito sarebbe utile un servizio qualificato di orientamento
in tal settore.
I problemi nascono, invece, quando un nomade finisce col fare una vita da eremita, tormentandosi e incupendo chi gli sta attorno e, ancor peggio per noi, quando degli stanziali sono trascinati in mezzo a tribù di nomadi.
E li riconosci subito.
Sono quelli che cominciano ad avere la scarpetta o lo scarpone in mano verso le ventidue e